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Autore: okioki    24/08/2013    3 recensioni
Ancora oggi, quando dormo, mi sembra di sentire la sua voce.
È un ronzio.
Un'interferenza. Frapposta tra il mio respiro e quello di Elaine.
Fra il mio. E quello di Davide.
Perché lo so, in qualunque letto di uomo lui dorma e per quanta distanza ci sarà tra di noi, saremo sempre legati da quel sottile filo rosso.

Questa storia ha partecipato al contest "Finiamola" indetto da Gaea sul forum di EFP.
Genere: Malinconico, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un'esperienza

 


Genere_ Generale, Malinconico,

Raiting_ Giallo

Avvertimenti_ Shojo - ai

Note_ Le riservo alla fine. ^^

Riassunto_ La voce di una persona ormai lontana ci può riportare alla mente un'esperienza che ha messo in difficoltà un'amicizia, ora in cerca di rivendicazione.

 



Ancora oggi, quando dormo, mi sembra di sentire la sua voce.
È un ronzio.
Un'interferenza. Frapposta tra il mio respiro e quello di Elaine.
Fra il mio. E quello di Davide.
Perché lo so, in qualunque letto di uomo lui dorma e per quanta distanza ci sarà tra di noi, saremo sempre legati da quel sottile filo rosso.
Arriva ogni notte, quando il respiro si va a confondere con il sonno, c'è qualcosa nella barriera giornaliera che si attenua lasciando penetrare il suo richiamo. E i ricordi.
Il suo richiamo, che avvolte mi sembra una supplica, altre un'amara risata che si spezza nel vuoto, mi permette di lasciarmi abbandonare al sonno senza alcuna remora. È abbastanza inquietante.
Quando la sua voce mi chiama – forse in un'altra dimensione che mi permetta di percorrere le distanze alla velocità della luce o di rintracciare persone di cui ho perso il contatto – non riesco a resistere, e di conseguenza dormo, anche sul più bello. Non so cosa sogni, eppure, quando mi sveglio sento come se un pezzo della mia anima sia stata consumata nella notte, e vado a lavorare.
Oramai non riesco a darmi pace: solo sentire la sua voce mi permette di abbandonarmi in un mondo incoerente senza dover affrontare la paura che sento. Il problema è che mi chiama nei momenti meno consoni. Nemmeno con Elaine ho voluto parlarne, anche se delle volte lei stessa mi lancia sguardi preoccupati per la facilità con cui cado nel sonno.
L'altro giorno, mentre facevamo sesso, mi sono addormentata .
«Sei sicura di non avere nulla, Urs?» mi ha chiesto il giorno dopo.
Io ho scosso la testa, ma forse ha percepito che ero davvero strana.
«Tu devi andare a farti vedere da un dottore, bellissima» si è fatta promettere. «Sei troppo esaurita con il locale e tutto il resto!»
Ho annuito, per non farla preoccupare oltre.
«Farò come dici tu, anche se non penso sia questo.»
Il locale non mi esaurisce per niente, io amo il mio lavoro. Soprattutto negli ultimi tempi: arriva gente davvero interessante.
Quella voce è una litania che mi trasporta fuori dal mondo. Come un mix di coctail che mi toglie la percezione della stanchezza e del tutto, che mi fa stare bene.
Non posso parlarne a Elaine, non capirebbe. Forse sono mezza pazza, ma non è che non mi fidi di lei.
Elaine ha un viso dolce e tondo da bambina: è impossibile che io non la ami.
Il problema sta nel fatto che forse non l'amo troppo, il nostro rapporto è stabile e tranquillo, ma questa situazione è venuta gradualmente. Non è mai stato un colpo di fulmine o un'attrazione fatale. È solo un colmare le nostre vite di cui ormai non potremmo più fare a meno.
«Sto benissimo» l'ho rassicurata.


Quando avevo diciotto anni mi ero immischiata in una faccenda strana: una specie di triangolo che non aveva ne capo ne coda, tanto da assomigliare più ad un cerchio. Io e una mia amica avevamo perso la testa per un tizio strano, davvero singolare; poi le cose erano degenerate in qualcosa di davvero assurdo. Lui sembrava giocarsela e non si capiva con chi voleva stare precisamente.
Dopo la scuola sia io che lei ci piazzavamo a casa sua (viveva con la sorella, avevano una villa in periferia) e ci attardavamo lì, anche senza fare niente.
In realtà, ripensandoci, è molto probabile che ci prendesse tutte e due in giro: ci piazzava lì sul divano mentre lui ritornava a occuparsi dei suoi quadri nel sottoscala, oppure usciva per andare in bottega e noi ci ritrovavamo a parlare con la sorella.
Era chiaro che questa situazione aveva messo più volte a rischio la nostra amicizia. Lei si chiamava Sarah, e a quel tempo noi non facevamo altro che litigare. Un po' l'invidiavo, sapevo di essere una mulatta davvero atipica, ma anche lei era particolare, con qualcosa di arabo, inoltre aveva questa aura da derelitta e gatta randagia che faceva impatto.
L'odiavo, come non avevo mai odiato nessuno, e avvolte mi riscoprivo a pensare che avrei preferito morisse.
Spesso succedeva che decidessi di rimanere a dormire da lui, mentre lei era sempre costretta a tornare a casa.
Aveva dei problemi coi genitori, le imponevano molte restrizioni.
I suoi non ce la lasciavano a dormire da altri, anzi, da come poi si sono evolute le cose forse non sapevano nemmeno dove andava. Quando succedeva questo io mi avvantaggiavo un po' su di lei, e passavo tutto il tempo a fare sesso con David.
Ogni tanto, poche volte però, è rimasta anche lei. E allora dormivamo nel letto di lui in tre. Ho ancora impresso nella mente con irritazione in giorno in cui mi svegliai e scoprii che loro intanto lo stavano facendo. Non so perché, non riesco a togliermelo dalla testa.
Credo che la voce che mi chiama sia quella di Sarah, ma non lo so. Dopo quegli anni si è trasferita e non ha più fatto avere sue notizie.


Invece di andare dal medico ho deciso di rincontrarmi con Davide.
Sono anni che non lo vedo anche se abitiamo nella stessa città, e mesi che non penso a lui, ma il richiamo notturno di Sarah me l'ha fatto tornare in mente, e non ci sarebbe persona più adatta per esprimere i miei dubbi.
Gli ho dato incontro in un bar vicino al locale in cui lavoro, e non so perché, quando l'ho intravisto seduto ad aspettarmi, mi sono vergognata di essermi tagliata i capelli, di non essere più la bellezza oltraggiosa che cercavo di essere a quei tempi.
Davide non è cambiato molto. Una delle principali ragioni per cui mi piaceva era che assomiglia a Johnny Depp, anche se c'erano notevoli divergenze su alcuni punti: era più smunto e aveva i capelli più scuri.
È vestito con una maglietta psichedelica e il tempo sembra averlo reso solo più bello.
Quando mi vede sorride, e mi da un bacio a fior di labbra.
«Prendi qualcosa?» chiede, come se ci vedessimo ogni giorno.
È per questo che mi piaceva tanto dopotutto: Davide mostra un atteggiamento di indifferenza quasi verso tutto.
«Un caffè» rispondo.
Lui chiama il cameriere e gli da l'ordinazione.
Rimaniamo in silenzio fino al suo ritorno. Non perché non sappiamo che cosa dire, da mia parte, io ho talmente tanto da raccontargli che preferisco stare zitta. Il nostro silenzio non ha nulla d'imbarazzante, anzi, sono sicura sia la dimostrazione di un'intimità superiore.
Arrivata l'ordinazione le parole esplodono improvvisamente, parliamo di cose quotidiane, come se ci vedessimo tutti i giorni, e questo è estremamente commovente.
«Sai più niente di Sarah?» gli chiedo all'improvviso.
Noto che lui mi guarda strano. «Perché lo chiedi? No, non la sento più da anni. Anche se avvolte ho la sensazione che stia cercando di ritornare».
Non capisco quello che vuole dire, ma credo che forse anche lui ne sa qualcosa di quello che sto attraversando.
«Credo che stia cercando di mettersi in contatto con me» confesso allora. «Con il mio inconscio. Che vuole dirmi che qualcosa non va bene.»
Davide rimane in silenzio. «Può darsi» dice infine, pacato. «Che cosa vuoi fare?»
«Non lo so, ma qualcosa devo fare! C'è qualcosa di terribilmente sbagliato in questo benessere!»
So di star esagerando, ma capita avvolte che mi senta in colpa per quello che vivo durante questi momenti, anche se non riesco quasi mai a ricordare ciò che succede quando mi sveglio mi sento bene, ma so che alla lunga queste sentirsi bene potrebbe avere qualche effetto collaterale. Forse sono gli occhi di David, gli occhi di lui, a farmi provare queste sensazioni.
Dopo che ho pronunciato queste parole l'atteggiamento di Davide cambia, diventa improvvisamente allarmato. Mi guarda molto serio. «Si, sicuramente qualcosa devi fare... potresti parlarne con Laila.»
Quel nome mi sembra stranamente familiare. «Laila?» domandai io.
«Laila Sahib.» E poi non c’è più bisogno di aggiungere niente.
«Vorrà vedermi?» chiedo io, con un filo di voce. Non so perché ma l'idea di vederla mi spaventava da morire.: non voglio ritrovarmi faccia a faccia con il fantasma di Sarah.
«Perché no?» chiede Davide con un'alzata di spalle. «Infondo Laila non sa quasi niente di quegli anni,» sorride colpevole «lei e Ramona sono amiche poi.»
Sono sorpresa da questa rivelazione. Ramona è una ragazzina che viene sempre al mio locale, con cui sento di avere una certa affinità. Lei è una di quelle persone che rende il mio lavoro tanto interessante.
Inoltre ho scoperto da qualche mese che conosce anche Davide: è la mia storia che si ripete.
«Ramona? Sono amiche, anche con Alice?» domando.
«Questo non lo so, potresti chiederlo a Laila. La prossima volta che vedi Ramona...» mi dice.
Io annuisco, non so che altro fare. Guardo l'ora sul cellulare, è passata mezz'ora e abbiamo tutte e due altri impegni.
«Sai, se fosse davvero così...» dico, quando mi alzo per andarmene. «Laila, Ramona e Alice... non conosco tanto bene Laila, ma Alice assomiglia incredibilmente a Sarah. Forse sono davvero come eravamo noi ragazze da giovani, forse sono noi. Mi sembra di vivere un deja-vu guardandolo con i miei stessi occhi... ma la storia potrebbe avere un lieto fine questa volta!»
Mi giro, celandogli il mio volto: sto quasi per cedere alle lacrime.
La risposta di Davide mi arriva quando ormai mi sono incamminata verso l'uscita.
«Sì forse, c'è anche Charlie. Potrebbe veramente finire bene questa volta» e sorride.


L'incontro con Davide mi ha molto scossa. In un posto recondito del mio cervello ho sempre saputo di amarlo ancora, ma il possibile incontro con Laila mi spaventa da morire. In questi anni mi sono impegnata con tutta me stessa per diventare una persona capace di reggersi sulle proprie spalle, e trovarmi di nuovo faccia a faccia con la me stessa di un tempo mi farà ricordare com'ero a quell'epoca. Ne sono sicura, e non voglio.
Purtroppo però non ho tempo di tuffarmi a capofitto nella ricerca di Sarah contando le dinamiche del mio lavoro, e quindi non c'è altra soluzione se non parlare con Laila Sahib.
Non ho nemmeno una scusa plausibile per prepararmi: mettermi in contatto con Laila non è poi così difficile. Oltre al fatto che non posso permettere a me stessa di rimandare per la paura degli spettri del passato.
Su internet ho letto un po' di cose su questi incontri “sovrannaturali”, e di solito avvengono per vendetta o cose simili. Mi rendo conto che la situazione in cui sono incappata è molto grave: io oramai non nutro più alcun risentimento nei confronti di Sarah per la storia di David, ma questo non vuol dire che lei non abbia ancora smesso di odiarmi. La Sarah che conoscevo io era una persona che non si curava poi molto dei ragazzi, ma anche una che non dimenticava i torti subiti .
Quasi ogni notte, al locale dove lavoro, tra la varia gente ci cono Ramona e Alice, e con loro più di una volta ho fatto una chiacchierata piacevole. Mi ricordano la parte senza ombre, piena di follie, della mia adolescenza, la parte felice.
Da quanto però Davide mi ha detto che sono amiche di Laila sento uno strano misto di timore e disagio ogni qual volta che le vedo entrare nel locale, come se, da un momento all'altro potesse apparire dietro di loro la persona con cui devo confrontarmi. Ma questo non è mai accaduto, per quanto mi tenga continuamente in agitazione.
Dopo essermi confrontata con David mi accorgo di essere in una situazione di crisi dirompente, da un momento all'altro potrei scoppiare a piangere o avere una crisi isterica; non è solo la paura del passato che mi spinge a non cercare di mettermi in contatto con Laila, ma la mia voglia inconsapevole di continuare a percepire Sarah come qualcosa di... non so nemmeno io cosa. Ma sono sicura che se ne parlassi a qualcun altro, tutto questo cesserebbe all'istante. Mi sono così tanto abituata al suo “ruolo” anastomizzante che ormai senza di lei temo non saprei più come dormire senza essere assalita dal rimorso o dalla tristezza, ed inoltre, anche se non ne conservo il ricordo, i sogni che richiama a me mi lasciavano una scia di buon umore e carica positive quando mi risveglio. È una cosa compromettente, non ho il coraggio di dire a David che in realtà agogno il momento in cui Sarah mi richiama a sé, non capirebbe. Lui, che si è allarmato tanto quando gli ho nominato Sarah e la questione del richiamo. Ma a dirla tutto temo anche di parlarne a Ellen. Mi fa sentire in colpa con me stessa provare queste cose mentre la guardo, quasi come se l'avessi tradita, quasi come se stessi intrattenendo rapporti adulteri con la mia antica amica.
Forse sono davvero così presa dal lavoro da essere diventata pazza. Prima d'incominciare questo lavoro non ho mai avuto di problemi simili. Eppure quando svolgo il mio lavoro da barista non devo resistere a nessuna tentazione, la voce, il richiamo sembrano non esistere.
Continuo ad illudermi che ci sia un legame, un filo -ne sono ancora certa- che unisce me, David e lei. E che la notte le barriere tra il mondo reale e quello immaginato si facciano più sottili, più deboli, per lasciar penetrare alcuni incanti.


Questa notte Ramona e Alice sono rimaste quasi tutto il tempo sedute al loro tavolo, discutono animatamente, solita roba, e il mio occhio cade divertito su di loro, sul loro viso giovane e truccato. A quanto pare Alice ha litigato con Daniel, e Ramona sembra voler dire la sua su quel battibecco. Solita roba.
Mi avvicino, finalmente decisa a chiedere loro di Layla, ma come spesso accade con quelle due ragazze, che mi fanno rivivere il passato nei colori vividi della loro giovinezza, mi lascio trasportare dalla loro discussione.
«Sei soltanto un'infelice del cazzo» sta sibilando Ramona con tutto il disprezzo che può metterci, quando mi avvicino. Sono soliti questi scambi d'opinione tra loro, non fanno che litigare: è questo il loro modo d'amarsi. Il rapporto mio e di Sarah era più o meno così. Con l'unica differenza che io non ero propriamente come Ramona, ma che lei era come Alice. In tutto e per tutto.
«Una povera infelice, e vuoi riversare la tua infelicità su Dan e su chi ti sta accanto»
Alice scuote la testa e beve il succo alla frutta che le ho servito.
«Io infelice? Non ho di questi problema... Infelice? Perché dovrei essere infelice...»
Mi fa una tenerezza profonda vederla in quello stato , e decido di correre in suo aiuto.
«Alice» dico sorridendo, mentre poso sul loro tavolo un succo di more.
«Urs!» Ramona mi è addosso, con un fulmine. Mi cinge il collo in uno dei suoi abbracci ubriachi.
Mi ritrovo a scansarla e a lanciarle un occhiata di rimprovero, del tipo che sappiamo solo noi.
«Come è possibile che tu sia ubriaca se non ti ho servito niente?» domando esasperata. In realtà lo so benissimo...
Ramona ridacchia, ma è Alice a rispondere, rigida. «Se li è fatti offrire...» sibila, e non so se il sibilo sia rivolto a me, a Ramona, o a tutte e due.
«Sibili, come i serpenti? Hai litigato con Daniel per caso?» le chiedo divertita. L'aria questa notte è veramente buona, mi viene da pensare, mentre mi arrendo e accolgo un altro abbraccio di Ramona.
«Ma va?» risponde Ramona al posto di Alice, con il risultato di beccarsi anche lei un sibilo. E intanto mi scocca baci umidi in guancia. Ramona, Ramona… mi viene da pensare avvolte che questa ragazza potrebbe limonare anche con il tavolo se non ci fosse nessun essere vivente. Forse è per questo che a Ellen non va così tanto a genio.
«E si può sapere perché?» continuo imperterrita a guardare Alice, nella speranza che sia lei a rispondere. La risposta non viene, allora mi rivolgo a Ramona. Ma lei, per una volta che ho chiesto la sua opinione, alza le spalle continuando a starmi appiccicata.
«Posso benissimo chiederlo a Daniel. Lui non si tratterrebbe nel dirmi anche i particolari…» faccio presente ad Alice.
Lei spalanca gli occhi per un secondo e diventa rossa, forse per la rabbia. Quando parla però, la sua voce è rivestita della sua strafottenza. «Tu non sei venuta per questo» mi dice con un sorrisetto flemmatico. Prende il suo bicchiere di succo tra le mani, e tutte e due guardiamo in silenzio le increspature. Sento la mano di Ramona arrivarmi al seno, e lesta la blocco.
«Ramona…» sbuffo, lanciandole un’occhiataccia. Lei mi guarda con un sorrisetto innocente… Cosa posso dirle in queste occasioni? È uno svantaggio avvolte essere un mito per qualcuno.
«Lasciala stare» mi dice Alice, vagamente irritata. I suoi occhi verde smeraldo sono catturati dalle trame del suo bicchiere. «È talmente fatta che domani non si ricorderà un cazzo…»
È indispettita, probabilmente. Questa ragazza è così complessa! Vuole sempre stare al centro dell’attenzione, ma il suo orgoglio le impedisce di richiamarla come Ramona… È proprio la copia Sarah, non posso proprio far a meno di pensarlo. Che anche Laila sia così?
Non ho il tempo di pensarci, perché Alice richiede di nuovo la mia attenzione con i suoi sibili…
«Ti ho visto» mi dice socchiudendo gli occhi. Per un attimo ho quasi pensato che questo sia un suo modo tutto speciale per evitare le domande che intendo chiedergli su Daniel. Lei è liberissima di non rispondere, ma io quando si tratta di lui la metto sempre con le spalle al muro. È una cosa che non capisco, questa ragazza così forte… non riesce ad affrontarmi in campo aperto. Una volta Daniel quando era ubriaco – forse lo ero anche io – mi ha detto che il motivo per cui mi riesce così facile disarmare Alice è la sua paura di perdere le persone a lei care. Non ho capito bene cosa intendesse, ma doveva per forza essere collegato a lui e a Ramona.
Poi mi ricordo che questa biondina ha sempre vantato di aver dote “divinatorie” e di sentire le cose che avverranno attraverso i sogni. Ramona l’ha sempre sfottuta per queste sue doti e l’unica volta che ne ha parlato davanti a Daniel ricordo che lui le ha rivolto un sorrisetto sarcastico. Anch’io ho sempre dubitato delle sue parole: la trance in cui dice di entrare ogni tanto in sogno assomiglia troppo agli effetti di una canna.
Non so perché, ma adesso ho deciso di ascoltarla: insomma, con Sarah ne so qualcosa di esperienze sovrannaturali… quindi può darsi che il suo avvertimento potrebbe risultarmi utile.
«Davvero?» le domando, inclinando la testa.
La vedo socchiudere gli occhi, e umidificarsi le labbra, d’un tratto meditabonda.
Adesso è probabile che mi riservi uno dei suoi silenzi da suspence, per poi uscirsene con una premonizione disastrosa sul mio futuro. Sforzandomi di non sorridere – altrimenti credo di dover dire addio agli avvertimenti sul futuro – mi decido a sedermi con in braccio Ramona, che non sembra volersi più staccare da me.
«Ti sei rivista con David?» mi chiede Alice.
Cerco di rimanere impassibile, ma forse si è accorta che ho irrigidito le spalle. Tanto per mimetizzare, tiro fuori la pezza dal grembiule e mi metto a pulire le macchie dei drink sul tavolo. Devo darmi un tono, cazzo! E deve essere anche molto naturale e calmo. Non posso lasciare intendere a questa ragazzina che l’incontro con David mi ha turbata. Lasciarglielo intendere sarebbe come lasciarlo intendere a Ramona. Lasciarlo intendere a Ramona sarebbe come lasciarlo intendere a David e rendermela nemica. Come se tutte le notti in cui le prendeva la sbornia triste e io me la sono dovuta subire mentre dichiarava il suo amore ragazzino per David non esistessero.
Sorrido, ma la mia espressione è una maschera di vetro.
«Sì» dico. «Abbiamo parlato anche di te e di Ramona e…» Non ci posso credere, non lo volevo, ma alla fine i fili del destino mi portano a pronunciare quelle parole. «Laila» dico, e intanto ho proiettata in mente l’immagine di una Sarah giovane, bellissima – come è d’altronde – che mi punta i pugni in faccia in segno di vittoria.
Ormai ho iniziato, vedo che Alice mi guarda e ricordo che non posso farmi vedere scossa. «E anche di una certa Charlie. Mi ha detto che gli sembrate noi, noi ragazze da giovani…»
Ramona ridacchia, scoccandomi un altro bacio. «Certo, abbiamo sempre desiderato essere come voi» dice. Alice gli lancia un’occhiataccia, e allora so che Ramona non direbbe niente del genere se fosse sobria.
Come noi? Credo che la crisi isterica che ha minacciato di prendermi stia finalmente arrivando. Il fatto di fare le puttane e scopare e fregarvene di quello che dice la gente vi rende come noi? Ragazze… c’è qualcosa di pacchiano nel vostro atteggiamento, nonostante voi siate noi dieci anni dopo anche Sarah si accorgerebbe dopo un poco che c’è qualcosa di sbagliato.
Trattengo una risatina carica di tensione, accarezzando i capelli di Ramona. «Ragazze, voi più di tutte dovreste sapere dove sono andate a finire queste cose. Anche se fa tendenza questa sana vena di ribellione i guai e le botte sono da considerare... e di solito finisce anche peggio, come nel nostro caso. Ma voi questo lo sapete già, no?»
«Non essere scontata. La nostra è tutt'altra storia, e inizia proprio da dove finisce la vostra. E adesso per le cattive ragazze hanno inventato anche il finale alternativo» ribatte Alice per niente intimorita, con un sorrisetto ironico..
Sembra così convinta di quello che dice... ma anch'io ho le mie convinzioni. So cosa cercano di dimostrare al mondo, ciò che vogliono dire o fare... certo che lo so! Anch'io lo volevo, prima di scontrarmi con la realtà. Ma forse è proprio dal loro pacchiano che traggono questa sicurezza? Alice, ora che lo noto, in apparenza è così perfetta... forse dovrebbe solo crescere.
«Laila» chiedo. E vedo Ramona alzarsi di scatto e guardarmi tutta sorridente.
«Laila!» dice. «Io la amo quella ragazza… è la mia anima affine!»
Vedo Alice sgranare gli occhi, e percepisco la sua tristezza improvvisa. Di certo Ramona non ha mai detto niente del genere in sua presenza. Non sembra, ma per quanto sottomessa con i ragazzi possa essere, nelle amicizie è molta composta. Forse anche un po’ approfittatrice.
«Laila» chiedo ad Alice, Ramona ormai è partita. «Laila è… simile a Sarah?»
Alice mi rivolge un’occhiata supponente da farmi salire il nervoso. Sono sicura che se ne uscirà facendo l’ovvia: so fin troppo bene che tutto ciò che le interessa è mostrarsi superiore a tutti e tutte. Forse è per questo che non riesce ad accettare di essere innamorata di Daniel. Lo sanno tutti che lo è però, Daniel compreso.
«Sono sorelle, certo che si assomigliano!» mi dice stizzita. Capisco: è il tono acido e corrosivo in sottofondo a farmelo intuire. Lei è Sarah… glielo abbiamo sempre detto tutti, non sopporta l’idea che io possa pensare anche a Laila come a una possibile Sarah, una sua versione ancora più perfetta di lei, visto che ci prenderebbe anche nell'aspetto.
Una tenerezza improvvisa m’invade… quanto è bella questa ragazza! Certo, noi eravamo molto più belle, ma loro alla fine hanno questo aspetto nella norma- carine che attira più ragazzi. A vederle con i loro lunghissimi capelli, Alice e Ramona, avvolte rimpiango di essermi tagliata così corti i miei.
«E com’è Laila?» comando incuriosita.
Nemmeno Alice può trattenere il sorriso, per quanto strafottente sia. Metto una mano sulla bocca di Ramona, che già stava per iniziare ad elencarmi tutti i pregi di Laila. Non ce la faccio proprio a sentire la sua voce ubriaca, mi fa pensare a che punto siamo arrivati – ha quindici anni, cazzo – altro che tutt'altra storia.
«Diciamo che Laila è un po’ la preferita di tutte… » mi dice. «È davvero una buona amica… peccato che quell’idiota del padre non le permetta mai d’uscire.»
Annuisco, so com’è la situazione. Ci sono passata anche con Sarah: allora tra lei e il genitore erano botte, ma da quello che mi dice Alice intuisco che Laila sia meno ribelle.
«Credi che una sera potrebbe venire qui?» Mi blocco. Sto per chiederglielo. «Non so, per fare quattro chiacchiere… mi farebbe piacere »
Non so quando l'ho deciso, forse adesso. Ma lo penso davvero, basta con tutte le paure… questa non sono io. La voglio conoscere davvero questa ragazza, e voglio sapere qualcosa in più di Sarah. Forse da lei capirò più cose, o riscoprirò atteggiamenti che mi ero dimenticata della mia vecchia amica…
«Non credo, è troppo tardi per lo standard dei genitori.»
Sbuffo, ormai trentenne mi sono quasi scordata dell’adolescenza, dei genitori con i paraocchi che rischiano di rovinarti tutto il divertimento che puoi vivere. Non c'è niente di sbagliato nel lasciare girare gente come Alice e Ramona di notte, non vanno alla deriva. Forse un po’ Ramona, con tutti i suoi amori… ma non succedeva la stessa cosa a me? E sono sopravvissuta, perfino a David. Si ritroveranno a trent’anni (ancora insieme spero), libere dai pregiudizi, libere, senza passate tragedie a mettere il freno ai loro ideali. Saranno quasi come me, o ancora meglio, come Ellen.
«Però di pomeriggio non ci sarebbe problema… Raja?» Alice chiede conferma a Ramona, e allora sono costretta a toglierle la mano dalla bocca.
Ramona annuisce convinta. «Dopodomani, stavamo pensando di andare al mare con alcuni ragazzi» propone.
Sto già per rifiutare, ridendo. Ho ben in mente con che generi di “amici” vanno al mare.
Ma Alice tossisce, scuotendo la testa. «Penso che questi amici possono anche andare a farsi fottere… tanto sono conoscenti di quell’idiota di Steve. Andiamoci noi ragazze… non ne avevo nemmeno voglia» dice con un tono annoiato. Ignoro le proteste di Ramona, di cui colgo un flebile “Steve non è un’idiota”. Deve essere il suo nuovo amore.
«Daniel?» chiedo ad Alice, e l’istante dopo so che non avrei dovuto dirlo.
Perchè mi guarda di sbieco come se avessi tradito ogni sua aspettativa. «Daniel!» ride sprezzante. «Credo che il problema nasce dal fatto che voi pensate che siano tutti come voi. Io non mi dispero per i ragazzi.»
È un colpo basso questo... non tanto per me. Sì , non per me, sono passata avanti a queste cose. Lo sarebbe per Ramona se non fosse ubriaca, e questo non glielo perdono.
«Non voglio darvi problemi ragazze» dico freddamente. So che è un atteggiamento infantile, ma non posso evitare di prendermela per alcune cose. «Andate al mare, vedrò come organizzarmi io per Laila.» Mi alzo.
«Ma no…» dice Ramona con voce delusa. «David ci aveva detto che ci tenevi tanto a vederla…»
Spalanco gli occhi per l'improvvisa rivelazione, e riservo un sorriso carico di sottaciuta ironia a Alice.
Voleva farla passare per divinazione.


Sono tornata a casa che mi sentivo una meraviglia – nonostante tutti gli interventi di Alice nella serata – ma di solito è sempre così quando rincaso dal lavoro. Perfino Daniel, di solito tetro o dagli sguardi ambigui, mi ha rivolto un sorriso. Ed è un'immagine che mi ha riscaldato per tutto il resto della serata. Amo quel ragazzo, lui è, sono sicura, il figlio che non ho mai avuto la possibilità di crescere. Ellen stava dormendo quando sono rientrata, quindi non l’abbiamo fatto. Mi sono servita qualche ulteriore drink per rafforzare l’effetto di felicità e compensare la perdita. Non capisco nemmeno quale sia il problema. Forse non c'è un problema. Mi sono sempre sentita bene, io, ma dopo averne parlato con David del richiamo mi ha fatto talmente tante pressioni che è per questo che mi sono sentita uno straccio.
Ho come l’impressione che non dovevo rivederlo. Non so nemmeno perché ho digitato il numero – che “casualmente” è rimasto sempre lo stesso da anni – forse qui c’è lo zampino di Sarah, forse è una sua ripicca. Davide mi ha portato alla mente anche i tempi con Cat e Sarah e Bryan… sono cose tristi queste… Ma di questo non posso fargliene una colpa anche di questo, lui ci convive tutto il giorno con questa tristezza. Che bei tempi erano! Non devo dimenticarmi nemmeno di Melissa, anche se ormai è suo figlio che ha preso un posto costante nella mia vita…
Ognuno di noi alla fine ha trovato la sua strada, ma ho impressa nel mio animo la convinzione che per quanto lontani gli uni dagli altri possiamo essere, per quanto si discostino i nostri percorsi, saremo sempre uniti. Mi basta guardare il cielo mentre mi fumo una sigaretta, in notti particolarmente malinconiche come questa, che la convinzione esplode con la forza di un universo che si crea. Rido, perché i colori vivaci dell’adolescenza mi si parano davanti agli occhi velocissimi. Credo di star per esplodere per il mal di testa o per la felicità. Rischio anche di cadere dal balcone.


Mi sono addormentata in terrazza, mi rendo conto. A dirmelo è il mio corpo: ho il mal di gola e il collo mi fa malissimo. Non è nemmeno sorta l’alba, non posso aver dormito più di mezz'ora, ma mi sento come la bella addormentata del bosco. Allungo una mano sul tavolino accanto a me per prender il pacchetto di sigarette di Ellen, ma poi mi ricordo di averle finite.
«Avevi detto che smettevi.» Una voce improvvisa mi coglie in fragrante.
Per un momento penso che sia Ellen, ma poi mi accorgo, mi rendo conto che non è lei.
Ho paura a girarmi. «Ho provato» dico lentamente, spero che nella mia voce non si senta l’emozione.
Uno sbuffo. E Sarah mi si para davanti.
È un colpo al cuore.
Allora è veramente bella come me la ricordavo. Avevo temuto che i ricordi l’avessero deformata, plasmata a seconda dell’affetto spropositato che nutrivo per lei, rendendola un essere irraggiungibile e meraviglioso come solo quelli dei cartoni animati. È addirittura più bella di me. Indossa una canottiera bianca semplice e un paio di pantaloni di pelle nera che le delineano le gambe. Bene: ha ancora lo stile da trucida che la caratterizzava nell'adolescenza. Anche i capelli sono gli stessi (forse leggermente accorciati), bruni, di un tempo. Soltanto negli occhi noto qualcosa di veramente diverso: non c’è più la forte determinazione, solo tristezza. E il viso, è più adulto, ha tratti più pronunciati. Tiene attaccato al mignolo della mano sinistra un filo rosso che si ricollega al mignolo della mia mano. Allora è vero, l'ho sempre saputo infondo che noi siamo collegate.
«Dovevi lasciarti i capelli lunghi. Ti sei imbruttita» mi dice. Suona come un’accusa.
Io rimango in silenzio, aspettando che parli ancora. Lei prende il pacchetto delle sigarette dal tavolino e mi guarda con il suo sguardo tipico, quello particolarmente saccente che sembra dirti “so tutto io”. «Credevo che per Ursula Boero volere fosse potere».
Le rifilo un'occhiata stupita, sta sbagliando tutto! In realtà ai tempi in cui giravamo insieme io ero la più insicura, lo sa anche lei.
“Volere è potere” è il motto che mi sono predisposta per adesso.
«C’è stato un tempo in cui pensavo che noi, con i nostri ideali avremmo potuto cambiare il mondo…» mi confessa. E mi guarda, in attesa di qualcosa.
Forse vuole che io dica “A chi vuoi darla a bere, stai dicendo un mucchio di cazzate. Quella era la scusa di facciata per divertirci e fare tutto ciò che volevamo. Ci ispirava il pericolo, volevamo essere ragazze ribelli”.
Ma se devo parlare lo farò per confessarle tutto ciò che ho sentito in questi anni.
La vedo chiudere gli occhi come se fosse molto stanca.
«Sono venuta da molto lontano» dice.
«Lo so.»
«Ho camminato tanto, notte e giorno, per arrivare qui in tempo. Sono passata attraverso una tempesta in mare, sono venuta qui a nuoto ad occhi chiusi. E questo solo per rivederti un momento. E pensare che non l’avrei mai fatto per lui!» Ride sprezzante, riaprendo di scatto gli occhi.
«Lo so, deve essere stato difficile per te» commento. Poi sospiro per prendere coraggio: dopo che mi ha dichiarato il suo amore in un modo un po' tutto speciale, non posso essere da meno. «Sarah… c’è una cosa che devo dirti. Una cosa che dovevo dirti tanto tempo fa, ma non ho avuto il coraggio di fare allora… e ora tu sei così lontana… non so se ho il diritto di dirlo, adesso» le spiego titubante.
«Parla» mi dice in tono imperioso. È scocciata, e a buon ragione. Dopo tutto ciò che ha detto io non dovrei più avere paura. È venuta da me adesso perché credeva che mi fossi lasciata alle spalle l'Ursula adolescente e insicura. Glielo devo.
«In realtà tu mi piacevi tantissimo, anche durante lo strano triangolo con lui. Non riuscivo a spiegarmi cos’era quella tensione che invadeva la casa quando eravamo tutte e due vicine, ma ora lo capisco. Tu mi piacevi, e trovavo stimolante passare le giornate con te e Cat. E oramai quei giorni sono andati, ma quello è stato il periodo più bello della mia vita ed anche il più significativo: credo che si potesse dire amore. Alcuni giorni, mentre sedevamo l’una vicino all’altra in quel divano striminzito, credo che avrei voluto baciarti in bocca… mi sarebbe piaciuto. Mi è dispiaciuto così tanto non averlo fatto.»
Lei mi guarda dall’alto, con i suoi occhi tristi e un po’ crudeli. Forse sa già tutto quello che le ho detto, lo sa da tanto tempo, da quando a scoperto il mio sguardo sulle sue labbra.
«Ma io ti perdonata tanto tempo fa» dice in modo stranamente gentile, dolce. Mi ricorda Ellen.
«… Anche lui, digli che l'ho perdonato... per tutto» sorride poi, uno dei suoi famosi sorrisi di presunzione e supponenza. «So che amava me.»
«È vero» rispondo, per farla contenta. A distanza di anni non ha più importanza, non fa nemmeno più male, è soltanto un po' triste. Come i suoi occhi.
Avevo davvero bisogno di sentirmi dire che mi ha perdonato, sento di essermelo meritato il perdono.
Sono cambiata in questi anni. Il solo fatto che io stia con una donna dimostra che ormai per me il tempo in cui gli uomini erano tutto è passato… ho riacquistato la mia indipendenza. Allora mi dimenavo alla ricerca di un amore che desse un senso alla mia vita, nonostante la maschera di menefreghismo e libertà che indossavo. Per un po' d'amore, forse, sarei stata capace di fare di tutto e di più, come tradire un’amicizia vera e sincera. Ora non più, ora sono cambiata. Ho Ellen, il mio è un amore equilibrato… sono gli amori superficiali che durano.
«Sono felice d'essere riuscita a rivederti, Sarah... Sei bellissima come sempre» dico, in uno slancio di commozione. «Ho avuto una paura terribile, in questi anni, del tuo volto... e ora temo che quando mi risveglierò non mi ricorderò più niente di questo!»
Vedo Sarah tendere i lati della bocca in un sorriso che non ha niente di supponente o saccente... e poi il filo attorno al mio mignolo farsi sempre più stretto, fino a quando non sono costretta a chiudere gli occhi per il dolore. Quando li riapro lei non c'è più, anche se sento il dolore al dito. È scomparsa, e forse alla velocità della luce è ritornata nel luogo da cui è venuta.
Guardo le stelle, felice e finalmente perdonata. Sono più libera, più indipendente.
Ma poi il cuore mi si blocca: adesso dimenticherò di nuovo il suo volto, il suo perdono?
Forse, durante questi sogni mi ha perdonato tantissime volte, ma ero io... io che non riuscivo a perdonare me stessa.
Chiudo gli occhi, chiedendomi se anche a David, in qualunque dimensione si trovi in questa notte, è arrivato il suo perdono.


Oggi ho raggiunto le ragazze il tardo pomeriggio, per un pelo.
Ramona è stata felicissima di vedermi, credo che c’entri il fatto che al ritorno le accompagnerò con la macchina. Da sobria quella ragazza non fa altro che approfittare della gentilezza altrui.
Ho conosciuta anche l’altra ragazza, Charlie. Mi sembra avere problematiche gravi, ma è comunque la più matura… forse centra il fatto che sia la più grande.
Laila, mi ha detto Alice irritata, se ne stava per andare perché era tardi, ma è rimasta un altro po’, solo per me.
Quando l’ho vista ho potuto costatare che è proprio simile alla sorella. Forse l’unica differenza è che lei ha i capelli più scuri rispetto a Sarah, ma potrebbe essere tinta come Ramona.
Comunque, a parte l’aspetto, non c’è nient’altro che le accomuna. Quando ci hanno presentato, nonostante l’aura da bella e dannata Laila mi è sembrata un po’ impacciata e a disagio. Senza un vero motivo, in realtà.
Mi ha parlato un po’ di sé: mi ha detto che vuole farsi un tatuaggio appena sopra l’inguine e due piercing – una sulla lingua, l’altro sulla parte superiore del labbro – appena si sarà liberata dei suoi genitori. E io le ho parlato di quello che so in fatto di tatuaggi e piercing, del fatto che io adoro quelli nascosti – come al capezzolo o lo smile – perché sei tu che decidi a chi farli vedere.
Poi abbiamo esaurito le cose superficiali di cui parlare e lei è andata a farsi un altro bagno con Ramona e Charlie.
E siamo rimaste io e Alice, in silenzio, a guardarle giocare nell’acqua. Dopo un poco anche lei ha raggiunto le altre, e si sono messe a nuotare a rana per una trentina di metri.
Sono davvero noi, mi viene da pensare, guardandole ora al tramonto.
La tristezza e la malinconia invadono il mio animo. Sono noi, le vorrei far vedere a Cat e a Sarah. E forse anche a Melissa, ma non credo le interesserebbe più.
Ancora non riesco a crederci: Sarah mi ha perdonata. Anche se forse l’ho soltanto sognato non è importante, la cosa più importante è che io abbia perdonato me stessa.
E non so perché, fra tutte – che sono appena uscite dall’acqua – mi viene da guardare Alice.
È fantastica questa magia: la guardo, guardo lei, e vedo Sarah nei suoi atteggiamenti.
La svolta della mia vita, la prima donna che io abbia mai amato dopo che credevo non sarebbe stato possibile amare più nessuno, o non sentirsi oppressa dal senso di colpa, o non sentire come se avessi rinnegato tutti i miei giuramenti. Non ha potuto dirmelo dal vivo, è venuta a me in forma di spirito, ma lei mi ha perdonato. Mi ha liberato in parte dal fantasma di “David”... non riuscivo nemmeno a pronunciare il suo nome, non potevo nemmeno pensarlo, prima che cominciassi a sentire la sua voce! Lei ci ha riuniti. E io ho capito di non aver mai amato qualcuno come l'ho amato.
Ma adesso ho Ellen, e lei mi ama. E io la amo.
Mi rende felice, perché avvolte è proprio questo che conta. Io che mi dilungo a dare consigli su consigli come se fossi passata attraverso tutto questo non l'avevo capito. Mi ci è voluta Sarah, con i suoi atteggiamenti da ovvia, per arrivarci. Non serve che gli amori abbiano quella cadenza tragica da film per essere amori, anche nella mia personale tragedia per David infondo non sono mai stata così tanto innamorata.
L'essere felice è amare. E io lo sono, adesso sono in pace con me stessa.
Devo reprimere a forza l'impulso di baciare Alice in bocca quando mi si avvicina per prendere l’asciugamano, so che non gradirebbe.
E devo darmi un contegno, potrei scoppiare a piangere come una bambina davanti a queste ragazze.
Laila si siede vicino a me, e mi sorride, e finalmente riesco a cogliere quella parte di lei che è simile a Sarah. Il sorriso.
È proprio ora di voltare pagina… Credo di aver finalmente capito da dove traggono la loro sicurezza.
Mi sembra di sentire la voce saccente di Alice, quando due giorni fa, ha parlato come parlerebbe la Sarah diciottenne, dirmi: «Ed è proprio qui che ha inizio la nostra storia. Il finale, questa volta, non sarà affatto scontato »


FINE
 

Note_Per scrivere questa storia mi sono ispirata al racconto Un’esperienza di Banana Yoshimoto, da cui il mio racconto prende appunto nome.





 

  
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