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Autore: Amy Dickinson    24/08/2013    1 recensioni
In “Living in Manchester” li abbiamo visti sempre affiatati, ma come si sono conosciuti Edward e Bella? Ve lo svela questa prequel OS ispirata alla suddetta long fiction. Tutto ha inizio con una situazione buffa, che potrebbe capitare a chiunque, ma se quel chiunque non fosse poi una persona qualunque?
Dal testo:
La brunetta era paralizzata da quegli occhi così penetranti, aveva quasi l’impressione che potessero trafiggerle la pelle come lame. In contemporanea, il rosso fece pensieri di tutt’altro genere. (...)
“Spero di non rivederti mai più!” gli gridò dietro. (...)
Ma ci sperava già, sotto sotto.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
- Questa storia fa parte della serie 'Living in Manchester - Saga'
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Living in Manchester - Prequel Act I

Bella & Edward

 

Isabella Swan era una giovane ed indipendente universitaria che viveva a Manchester in una graziosa casetta e lavorava part-time per mantenersi. 

Qualche anno prima, quando ancora frequentava il liceo, i genitori, di comune accordo, avevano deciso che il loro matrimonio era stato un fallimento e che tanto valeva farla finita, e lei, notando che sembravano entrambi sollevati dalla cosa, fece il possibile per non dare a vedere quanto ciò la devastasse. Sua madre, Renée, se ne era andata a vivere altrove con Phil, il suo nuovo compagno – che poi avrebbe sposato–, mentre suo padre, Charlie, abitava ancora nella loro vecchia casa a Leeds. Scegliendo di stare con lui, Bella ci era rimasta fino al diploma, poi però si era decisa a iscriversi all’università, determinata a cambiare vita e a trasferirsi nella sua città natale, Manchester – sperando con tutto il cuore che quell’improvviso cambiamento l’avrebbe aiutata ad andare avanti per la sua strada.    

Aveva dalla sua una folta cascata di capelli color cioccolato che le incorniciava il viso, occhi da cerbiatta ed un fisico snello e ben proporzionato. Era una ragazza davvero carina e con del potenziale, se solo si fosse trascurata un po’ meno.   

Quel pomeriggio, come faceva abitualmente, si fermò davanti al solito chiosco e comprò un gelato per rinfrescarsi un po’, quindi decise di andare a fare un giro per le vie del centro, adocchiando le vetrine dei negozi, se non altro per ammazzare il tempo – molto di quello che vedeva era di suo gradimento ma, con tutte le spese che aveva a carico, i pochi soldi guadagnati non le sarebbero stati sufficienti. Mentre faceva gli occhi dolci ad un vestito con il prezzo a tre zeri, le squillò il cellulare. 

“Pronto?” rispose. 

“Bells, che fai?” chiese una voce femminile dall’altra parte. “Stai lavorando?” 

“Ciao, Kate! No, facevo una passeggiata in centro, e tu?”

“Sono qui a casa con le ragazze, pensavamo di andare a ballare più tardi, ti unisci a noi?”

“Non saprei, domani ho lezione...”

“Andiamo, non fare sempre la guasta feste! Non me ne frega un fico secco dell’università, tu devi venire!”

“Oh-oh, sembra una minaccia”

“Oh-oh, lo è”

Bella sospirò. Erano giorni che studiava e lavorava a ritmo forsennato, un po’ di divertimento non le avrebbe fatto male. 

“D’accordo, mi hai convinta” disse un attimo dopo. “Dove ci vediamo?”

“Veniamo da te”

“Okay, per che ora?”

“Otto. Anzi, otto e un quarto” 

“Va bene”

“Grande! A dopo” 

‘Ho ancora un paio d’ore a disposizione’ constatò, guardando l’orario dal display del proprio cellulare. Leccò un rivolo di gelato alla fragola che stava per gocciolarle sulla mano e riprese la sua passeggiata, concentrandosi sul contenuto delle vetrine per non pensare a quanto facesse caldo quel giorno. Le borse, gli abiti, le scarpe, gli accessori, tutto era splendido ma, purtroppo per lei, irraggiungibile. In fondo, però, la cosa non le pesava davvero, perché quelle cose le piacevano ma non era ossessionata dalla moda, anzi, a vederla era una ragazza semplicissima e fortemente casual – talmente tanto che in molte la definivano sciatta, quasi un maschiaccio, se non fosse stato per la lunga chioma che in molte le invidiavano, quando non era crespa. 

L’attenzione di Bella era tutta per quelle meraviglie di stoffa e metallo, tanto che camminava con il volto perennemente girato alla sua destra, così distratta da non accorgersi del ragazzo dai capelli color bronzo che le stava camminando davanti, in direzione opposta alla sua. Quando questi si fermò, intento a leggere un annuncio attaccato su un palo e ignaro del fatto che la passante di turno fosse con la testa fra le nuvole, andarono a sbattere l’una contro l’altro e Bella finì per spiaccicargli il gelato sulla maglietta, un’enorme macchia bicolore copriva ampiamente lo stemma del Manchester United Football Club. 

“Ehi, ma che ca…” protestò il rosso, guardandosi il petto. 

“Hai una macchia assurda, Ed!” esclamò il ragazzo che gli stava vicino, sghignazzando rumorosamente. 

“Piantala, Dem!” abbaiò il primo, poi si girò e si rivolse a Bella. “Di’ un po’, ma guardi dove cammini?”

La ragazza non rispose subito, imbambolata alla vista che gli si parava davanti, al punto che inizialmente sembrò non aver capito la domanda. “Cosa?” riuscì ad articolare. 

L’amico rise a crepapelle a quella domanda, l’altro lo ignorò palesemente, fissò gli occhi su Bella e la guardò minaccioso, almeno finché lo sguardo non si posò sulle sue labbra. La brunetta era paralizzata da quegli occhi così penetranti, aveva quasi l’impressione che potessero trafiggerle la pelle come lame. In contemporanea, il rosso fece pensieri di tutt’altro genere su quella bocca. 

“Per stavolta ci passo sopra ma se dovesse capitare ancora non sarò così gentile, quindi ritieniti fortunata” fece un attimo dopo, dando una sonora pacca sulla spalla dell’amico, tanto forte da sembrare uno schiaffo. Ma prima di andarsene le si avvicinò ancora un po’ e, chinatosi, diede un morso al cono che la ragazza teneva ancora stretto in mano, staccando parte della cialda e l’ultimo rimasuglio di gelato alla crema.

“Ma che fai? Accidenti a te!” esclamò, interdetta, mentre i ragazzi si allontanavano ridendo all’unisono. 

“Dopo il disastro che hai fatto me lo dovevi!” le disse il rosso, salutandola con la mano.

“Spero di non rivederti mai più!” gli gridò dietro.

“Neanche la mia maglia!” ribatté lui. 

Bella lo guardò in cagnesco. ‘Uffa, adesso non posso più finirlo. Beh, pazienza’ pensò, gettando via il misero pezzo di cialda che le era rimasto nel palmo.   

Una volta tornata a casa attese le amiche e, quando arrivarono, offrì loro un buon tè freddo e qualche biscotto farcito al cioccolato.

“Sei ancora in quelle condizioni?” chiese Kate, squadrandola dall’alto in basso e scuotendo la testa ripetutamente. 

“Scusa?” fece Bella, lasciando ben intendere di non aver gradito quella domanda. 

“Non vorrai mica dirmi che uscirai così, eh?”

La ragazza si diede una rapida occhiata. “Sì, perché?”

“Oh, mio Dio!” esclamò Zafrina, mettendosi una mano in fronte. 

“Ma non farmi ridere! Tesoro, non puoi, stasera si va in un locale pieno di bei ragazzi e, senza offesa, così rischi di non acchiappare nemmeno il peggiore degli sfigati!” commentò Bree mentre le altre annuivano con decisione.  

“Ehi, esco per svagarmi, non per acchiappare”   

“Non diciamo sciocchezze, non ne possiamo più di vederti così”

“Così come, Bree?”

“Sola... Depressa...”

“Eh, già” concordarono Kate e Zafrina.

“Ma che dite? Non sono affatto depressa, sto alla grande!”

“Poche storie, piccola. Lascia fare a noi e vedrai che farai faville!” insisté Kate, prendendole in mano una ciocca di capelli ed esaminandola.

“Ma hai sentito cos’ho detto?” fece, togliendole la ciocca di mano.

“Benissimo, purtroppo, ed è una sciagura. Ora tu fai la brava, ti siedi e ti rilassi, al resto pensiamo noi. Non è vero, ragazze?”

“Ovvio”

“Non c’è un modo per tirarmi indietro, eh?”

“Direi proprio di no”

Bella allora sbuffò e si rassegnò, mettendosi nelle mani di Kate, Bree e Zafrina. Conosceva i loro gusti e sapeva per certo che avrebbero fatto un buon lavoro anche se, francamente, non si sarebbe mai aspettata di piacersi così tanto quando le amiche ebbero terminato, costringendola a guardarsi allo specchio. 

“Allora, che te ne pare?” domandò una compiaciuta Kate. 

“Ehm... beh, siete state brave...” scandì, sorpresa. 

“Sei una meraviglia, i ragazzi ti faranno una corte spietata!”

“Non esageriamo ora...”

“Nessuna esagerazione, qui rischiamo che ce li soffi tutti da sotto il naso”

“Ma, visto che sei tu, correremo il rischio!”

Kate fece l’occhiolino a Bella e poi esortò tutte ad uscire visto che si stava facendo tardi e se non si muovevano rischiavano di non trovare posto. 

 

“Ecco i vostri drink. Buona serata, ragazze” augurò una procace barista, servendo le ordinazioni al quartetto seduto al bancone. 

“Ho appena visto un bel tipo, mi sa che vado a raggiungerlo in pista. Ci vediamo!” esclamò Bree poco dopo aver mandato giù in due sorsate il cocktail che aveva ordinato. Non passò molto tempo che anche Kate e Zafrina corsero a ballare, lasciando Bella da sola. 

Andava sempre a finire così: le sue amiche, estremamente provocanti e disinibite, venivano notate subito e ballavano con almeno un paio di bei ragazzi ciascuna a serata. Lei, invece, veniva considerata solo di rado e di frequente tornava a casa alticcia poiché aveva trascorso la serata a bere per ingannare il tempo mentre le altre si divertivano. E dire che a lei ballare piaceva ma non le andava di farlo da sola, lo trovava estremamente deprimente – oltretutto, non pretendeva di acchiappare, lei voleva solo bere e ballare, niente di più. 

Un’ora e quattro drink dopo l’abbandono delle sue amiche, la giovane Swan decise che si stava annoiando troppo e che forse sarebbe stato meglio andarsene, quindi si alzò, propensa ad avvisare le altre ma poi, gettando uno sguardo in pista, pensò: ‘Prima però potrei ballare almeno un po’, mi sento fregata a pagare l’ingresso solo per bere’

In effetti, non aveva poi tutti i torti: avrebbe risparmiato non poco se in ogni occasione avesse frequentato un pub qualsiasi vicino casa, al posto di quella o altre costose discoteche. Anche se doveva ammettere che i pub non avevano quelle luci psichedeliche, né quei raffinati divani di pelle bianca, né deejay di fama internazionale. 

L’alcol che aveva tracannato la rese meno timida del solito e così si unì alla folla in movimento senza pensarci due volte, lasciandosi trasportare dalla musica assordante. Non vedendo le sue amiche intorno, si dimenò in mezzo a un gruppetto di ragazze e nel giro di una sola hit venne notata da un ragazzo che la invitò a unirsi a lui e ai suoi amici. Accettò e ballò a turno con tutti loro e poi con altri ancora, divertendosi in modo innocente. Finalmente si stava sentendo bene, era da un bel po‘ che non le accadeva. Non poté che ammettere mentalmente che il merito di quell’improvviso interesse maschile di massa nei suoi riguardi era da attribuire al vestito turchese con glitter che le ragazze avevano scelto per lei. 

Un po’ di tempo dopo pensò di riposarsi un momento e ne approfittò per bere un bicchiere d’acqua allo scopo di rinfrescare la gola riarsa. Quando tornò in pista però ricevette contemporaneamente due richieste e si trovò presto incastrata in una lite. I due ragazzi erano del tutto sbronzi e Bella pensò che fosse il caso di spegnere gli animi prima che scatenassero una rissa e creassero scompiglio. 

“Tranquilli, ballerò con entrambi” disse, con il tono più calmo e gentile che le riuscì, sperando così di rassicurarli. Peccato però che non servì ad altro che a farli indispettire ulteriormente.

“Cos’hai detto?” strillò uno sopra la musica. “Io non sono secondo a nessuno, se voglio una cosa me la prendo e nessuno me la toglie!”

“Levati di torno, dobbiamo sistemare questa cosa. Aspettami lì buona sul divano” replicò l’altro, spingendola via con tracotanza. 

Bella, che ai piedi aveva i sandali tacco quindici che Zafrina si era offerta di prestarle ed aveva insistito perché indossasse proprio quella sera, con la spinta indietreggiò e perse l’equilibrio, finendo per cadere all’indietro. Le luci e le persone le vorticarono attorno per un lungo istante finché non batté la testa contro qualcosa, lasciandosi scappare un lamento mentre finiva in terra. Poi sentì un paio di braccia afferrala in una salda presa e aiutarla a rimettersi in piedi.    

“Ehi, tutto bene?” si sentì chiedere. 

Scosse la testa, confusa. 

“Su, vieni a sederti” le disse la voce.

La ragazza guardò in alto e notò un ragazzo dall’aria stranamente familiare. Anche lui parve improvvisamente riconoscerla. 

“Ma sei tu!” esclamarono insieme, puntandosi contro il dito indice a vicenda. 

Subito dopo però Bella non poté trattenere una smorfia di dolore. 

“Che succede?” chiese lui, vedendola piegarsi verso il basso.

“La caviglia...” mormorò.

“Riesci a camminare con l’altra gamba?”

“Sì”

“Okay”

Non attese oltre e le mise un braccio attorno alle spalle, sostenendola e dandole una mano a camminare. Lei non oppose resistenza e proseguì insieme a lui fino all’uscita del locale. Respirò a fondo una boccata d’aria che, in confronto all’interno della discoteca, le sembrò freschissima, si asciugò il sudore dalla fronte con il dorso della mano e si sentì rinascere. 

“Sei venuta in macchina?” le chiese il ragazzo.

“Sì” rispose, sentendosi all’improvviso imbarazzata.

“L’hai parcheggiata qui vicino?”

“Perché me lo chiedi?”

“Beh, non importa”

“Come non importa?”

Ma il ragazzo non disse nulla e riprese a camminare, costringendola a muoversi con lui. La giovane non poté opporsi, lasciare la presa e tornarsene dentro perché la caviglia le doleva troppo.

“Dov’è che mi stai portando?” insisté. 

“Alla mia auto”

“Che cosa?!”

“Eccola là, ci siamo quasi”

“Senti, sto bene, posso camminare da sola, lasciami andare”

“No che non ti lascio, invece”

“Ehi, cosa ti sei messo in testa, eh?”

Tentò di divincolarsi dal suo braccio ma non ci riuscì, era debole e non del tutto lucida. Cominciò ad avvertire i brividi lungo la schiena. Possibile che quel ragazzo volesse solo aiutarla, oppure era qualcos’altro che voleva? 

Impiegarono solo un minuto per raggiungere la Volvo di lui che aprì la portiera dal lato del guidatore e l’aiutò a mettersi seduta. 

“Resta qui, torno subito” le disse, dirigendosi verso il cofano. 

Bella pensò che, se avesse stretto i denti, forse sarebbe riuscita a rimettersi in piedi e ad attraversare la strada per tornare al locale e allontanarsi da quel ragazzo. Così si appoggiò all’auto e fece leva sulle braccia per sollevarsi ma, non appena si tirò su, il dolore si ripresentò con una fitta acuta, costringendola a ricadere sul sedile. 

“Sbaglio o ti avevo detto di stare seduta?” fece lui, ritornando.

“Che cosa vuoi da me, si può sapere?” sbottò allora lei.

“Prima di tutto, non urlare perché ci sento benissimo. Secondo, non farti strane idee: non approfitterei mai di una ragazza in difficoltà, non rientra nel mio stile. E terzo, non montarti la testa” e così dicendo si chinò e agitò un oggetto che aveva in mano. Alla luce del vicino lampione, Bella notò che si trattava di una bomboletta spray. 

“Quale caviglia ti fa male?” le chiese.

“La sinistra” rispose secca. 

Pochi istanti dopo il ragazzo la toccò delicatamente e poi vaporizzò il contenuto della bomboletta nel punto in cui sentiva dolore, facendola sussultare, come se ci avesse messo sopra del ghiaccio. Attesero in silenzio per alcuni minuti, il dolore andava attenuandosi sempre di più mentre qualche brivido la scuoteva. 

“Come va adesso?”

“Meglio”

“Mi fa molto piacere. Adesso prendi la mia mano e prova ad alzarti in piedi, lentamente”

Bella fece come lui aveva detto e mosse piccoli passi senza sentire più dolore. 

“Era una sciocchezza, devi aver preso una storta” commentò lui, guardandole i piedi. “Ci credo, con scarpe simili”

La ragazza gli diede un’occhiataccia ma non ribatté perché, sebbene quei saldali fossero davvero molto belli, erano decisamente troppo alti e scomodi per lei che usava quasi sempre scarpe sportive. 

“Però bisogna ammettere che ti stanno benissimo, esaltano il tuo piedino da principessa” 

Lo sguardo di lei passò da nervoso a sorpreso in una frazione di secondo. Era ubriaca o le stava davvero facendo un complimento? Forse, si disse, quello ubriaco era lui.

“Beh, adesso che la caviglia ha smesso di farmi male, direi che posso tornare dentro”

“Certo, ma fa’ attenzione”

Il ragazzo chiuse la macchina e l’accompagnò. Sostarono un momento vicino all’entrata, l’aria un po‘ imbarazzata. Inaspettatamente, fu Bella a rompere il silenzio.

“Non credevo portassi con te una cosa del genere, sei forse uno sportivo?” gli domandò. 

“No, anche se non mi dispiacerebbe” rispose. “Sono uno studente di Medicina e ho sempre un kit di pronto soccorso in macchina”

“Uno studente di Medicina? Tu?”

“Ebbene sì. Perché tanto sorpresa?”

Bella si soffermò a guardarlo per un attimo e fu come se l’avesse visto per la prima volta in vita sua. Era vestito in modo semplice ed elegante, la barba e i capelli erano in perfetto ordine. Nessuna traccia del tifoso trasandato incontrato per strada poche ore prima, davanti a lei il suo perfetto gemello, in una versione più sofisticata ma sempre da ‘bello e dannato’. Anche nel carattere sembrava esserci una grande differenza: prima era stato presuntuoso, poi gentile. Sì, forse si trattava di due gemelli o, al massimo, quel ragazzo aveva un qualche disturbo della personalità – fu quasi tentata di chiederglielo, ma si fermò in tempo. 

“No, niente. È che questo pomeriggio non mi eri sembrato un tipo serio” ammise. 

“Allora non mi ero sbagliato: sei davvero la ragazza del gelato!” sorrise. 

“Certo, credevo che ormai fosse chiaro”

“Sì, beh, non ne ero sicuro al cento percento. Questa sera sembri un’altra”

“Comunque volevo, ehm... ringraziarti per la caviglia”

“Figurati, dovere e poi...”

“... e poi l’avresti fatto per chiunque, dico bene?”

“No, per un citizen o uno scouser neanche morto!”

Bella rise della battuta insieme a lui.  

“Macchia di gelato a parte, è stato un piacere conoscerti”

“Beh, anche per me”

“Sono Edward Cullen”

“Isabella Swan ma, per favore, chiamami solo Bella”

“Okay, Solo Bella, come vuoi tu” fece lui. “A patto che accetti di uscire con me”

“Non fare lo sfacciato, adesso”

“Sfacciato? Guarda che quella macchia di gelato era davvero enorme e non verrà via dalla mia costosa maglia da calcio!”

“Così sembri una donnicciola...”

“Mi costerà un occhio della testa farla smacchiare, e accettare di venire a cena con me sarebbe il minimo che tu possa fare. Oppure potresti pagare il conto in tintoria”

Edward stava scherzando sulla seconda opzione ma sogghignò in modo tale da far intendere a Bella che stesse parlando seriamente. La ragazza ci pensò su un attimo.

“Okay, se non c’è altra scelta vorrà dire che mi sacrificherò ed uscirò con te”

“Sacrificarti, dici? Dovresti essere onorata”

“Onorata?”

“Certamente. Hai una vaga idea di quante ragazze darebbero un braccio per uscire con me?”

“Ma non mi dire...”

“Dico davvero”

“Che fortuna che ho” fece, sarcastica. “Ma sia chiaro, divo del cinema: una volta sola. E le mani a posto, siamo intesi?”

“Parola di lupetto”

La giovane alzò gli occhi al cielo al sentire quella frase, ma era una finta, quel ragazzo le era simpatico in fondo e poi doveva ammettere che le piaceva, quindi stare sola con lui per un po’ di tempo non le sarebbe affatto dispiaciuto, anzi. 

“Posso avere il tuo numero, allora?”

“D’accordo”

Glielo dettò e lui lo memorizzò sulla rubrica del cellulare. 

“Bene” commentò, mettendo via il telefono. “Mi sarebbe piaciuto offrirti qualcosa da bere, ma sarà per un’altra volta. Adesso devo proprio andare”

Bella non lo ammise, ma si sentì un po’ delusa, anche lei avrebbe voluto continuare a parlare con lui davanti a un drink. 

“Sai, domattina ho un esame importante...”

“In bocca al lupo, allora”

“Crepi, il bastardo!” esclamò, facendola sorridere. “Buon proseguimento e occhio alla caviglia, eh?”

“Sì, cercherò di non fare storte”

“In caso, sai chi chiamare”

“Già, ma non contarci, non ci tengo a farmi ancora male”

“Ma se ti si legge in faccia che non vedi l’ora di farti curare da me!”

“No, no!” protestò, ridendo.

“A presto, Bella”

“Ciao”

Le piacque da morire il modo in cui pronunciò il suo nome, era diverso rispetto a come lo avrebbe detto chiunque altro. Le posò un bacio sulla guancia, lasciandola a bocca aperta. Lo vide attraversare la strada e raggiungere la sua auto, salirvi e andarsene via subito dopo. 

In fondo quel ragazzo non era poi così rozzo come le era sembrato quel pomeriggio, sapeva essere molto interessante, quando voleva. E poi era divertente. E attraente. 

“Bells?” una mano si posò sulla sua spalla, facendola sussultare. Si girò di scatto, riconoscendo la voce di Kate. 

“Sì?” chiese.

“Ma che fine avevi fatto?”

“Nessuna, stavo prendendo una boccata d’aria, dentro non si respira”

“In effetti qui tira un po’ di vento”

“Allora, vi state divertendo?”

“Ovvio, che verremmo a fare qui altrimenti?” rispose prontamente. “E tu? Ti ho vista con quel ragazzo, ti mangiava con gli occhi”

Me? Ma no, hai visto male, devi essere totalmente ubriaca...”

“No, direi che non mi sono sbagliata. Brava, ragazza! Era un gran fusto!”

“Beh, in effetti non è così male...”

“Affatto! Spero che le cose con lui ti vadano bene, se così non fosse però ricordati della tua amica Kate che si sente tanto sola...”

“Ma piantala!”

“Ehi, ragazze, facciamo il trenino anche noi?” fece la sua comparsa Zafrina, ridotta peggio di Kate.

“Ma quale trenino, adesso si va a casa!”

“No, Bells!” protestò Zafrina. 

“Kate, resta con lei mentre vado a recuperare Bree”

Non ci mise molto a trovarla seduta su un divano a flirtare con uno sconosciuto. Si scusò con lui e la portò via di peso. Essendo quella che aveva bevuto meno, Bella si mise alla guida e le accompagnò ai rispettivi appartamenti, finché non giunse a casa. 

Si concesse una doccia bollente e un buon massaggio ai piedi prima di mettersi a letto. Non appena lo fece, nella sua mente apparve il volto del ragazzo dai capelli di bronzo. Ripensò al loro primo incontro quel pomeriggio e poi a quanto era stato carino con lei quella sera. Sorrise, vedendolo prenderla sottobraccio e massaggiarle piano la caviglia, chiederle il numero e salutarla con un sorriso sghembo dipinto sulle labbra – e per un momento pensò che avrebbe proprio voluto provarlo, il tocco di quelle labbra, ma poi si ricompose, dandosi della sciocca. 

Ormai aveva accettato di uscire con lui ma una parte di lei pensò che forse sarebbe stato meglio non andare. ‘Non lo conosco abbastanza, come posso fidarmi?’ si disse.  Però questo non bastò a convincerla, perché lui l’aveva aiutata pur non conoscendola, era stato disponibile nel momento del bisogno. ‘Mi batte il cuore all’impazzata al solo pensare a lui. Ma queste cose non accadono solo alle adolescenti alle prime cotte?’ si rigirò tra le lenzuola. ‘Possibile che sia bastato così poco per sentire qualcosa per lui? Non mi sembra possibile...’

Eppure l’idea di poter vedere il suo sorriso, di parlargli, di sentire anche solo un minimo contatto con la sua pelle la mandava in visibilio. Più si ripeteva che non doveva fare così, che non era più una liceale, che non poteva esserci nulla tra loro, che dopo essere usciti forse sarebbe tutto finito; più si sentiva impaziente, ansiosa di rivederlo. 

Si addormentò poco dopo e, nell’innocenza del dormiveglia, sognò di trovarsi per strada e di finire contro un ragazzo dai capelli color bronzo, macchiandogli la maglietta con il gelato mentre faceva una storta e lui la prendeva fra le braccia per impedirle di cadere, la guardava negli occhi e la baciava mentre tutti i passanti li fissavano allibiti. 

All’epoca Bella ancora non sapeva che un giorno lei quel tipo, Edward Cullen, lo avrebbe sposato. Ma ci sperava già, sotto sotto.       

 

 

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L’angolo di Amy

Ciao gente,

vi è piaciuto questo piccolo prequel dedicato alla coppia Bella/Edward? Spero tanto di sì! Come avrete letto dalla descrizione è connesso all’altra mia storia, “Living in Manchester”, se non la conoscete dateci un’occhiata e fatemi sapere ;)

Se vi va lasciatemi le vostre impressioni su questa OS e restate nei paraggi per leggere anche:

Living in Manchester - Special Act (incentrato su Jasper)

Living in Manchester - Prequel Act II (incentrato sulla coppia Rosalie/Emmett). 

Infine, prima di levarmi di torno, volevo consigliarvi le storie della mia carissima Lorelaine86, sempre relative a questo fandom, non ve ne pentirete, sono favolose! ^_^

Un saluto e a presto,

Amy         

  
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