Capitolo
5
“Ananke”
Ancora un sussurro di quella voce calda, impossibile
da ignorare. La ragazza si morse il labbro inferiore, mentre sentiva la
sua
anima fremere e un brivido risalirle la schiena. Conosceva
già le idee di quel
corpo traditore, ma oramai anche la mente la stava abbandonando.
Avrebbe voluto passare la vita a sentirsi chiamare
così.
E ancora una volta, incapace di resistergli, si voltò
impercettibilmente a guardarlo. Un sorriso incurvò le sue
belle labbra morbide,
prima di cedere il posto ad una domanda: “Cosa ti spinge ad
alzarti ogni
giorno?”
Nella sua voce s’intuiva serietà, accompagnata da
quel velo di tristezza che Ananke aveva imparato a riconoscere in lui.
Si concentrò sulla domanda, donandogli, come sempre,
una semplice e fredda risposta, che egli pareva apprezzare
più d’ogni altra
cosa: era un compromesso tra le due fazioni in lotta.
“L’abitudine”
La ragazza pronunciò a fatica quelle parole, ma i
suoi occhi scuri compresero, e si volsero altrove.
Ricominciò a canticchiare, con la sua dannata voce
travolgente, e la ragazza, percorsa da continui tremori, credette di
detestarlo. Si alzò per andare via, ma si bloccò
d’improvviso.
“Ananke” aveva sussurrato ancora lui,
“Perché sei
così fredda con me?”
Non nutriva nessuna speranza di un cambiamento di
quell’atteggiamento, lo si intuiva facilmente.
Ma la ragazza non rispose. Non poteva dirgli il
vero, o sarebbe diventato più tenace. Ma non sapeva mentire.
Non a lui.
“Perché ti ostini a parlarmi?” gli
chiese, glaciale.
Attese per qualche secondo una risposta che non
arrivò, senza guardarlo, quindi si trascinò fino
a casa.
Il
giorno dopo lo trovò seduto ad aspettarla. Fu
subito affascinata dal suo rigirarsi i riccioli tra le dita,
soprappensiero.
Gli sedette di fianco, meritandosi come premio uno
dei suoi caldi sorrisi e, paradossalmente, si sentì felice,
in pace con se
stessa e non riuscì a capire come avesse potuto odiarlo solo
il giorno prima.
Percepiva quasi fisicamente il corpo di lui irradiare calore e si
sentiva
invasa, ammaliata, assuefatta, sebbene restasse rigida e cauta. Non
riuscì a
staccare lo sguardo da lui e seguì ogni movimento delle sue
labbra, ogni
cambiamento d’espressione nei suoi occhi, finché
quella creatura meravigliosa
che solo per caso solcava incerta l’impuro suolo terrestre si
voltò e le parlò.
“Ananke” la cullò la sua voce, con un
filo
d’impazienza, “Ti prego, dammi una
possibilità...”
Quel sussurrò la soggiogò completamente. Avrebbe
fatto qualsiasi cosa lui le avesse chiesto, l’avrebbe seguito
ovunque pur di
respirare ancora una boccata di quella voce.
“Sì” sussurrò di rimando.
Lui esitò, tenendo il capo basso, poi si decise ad
alzarlo e a fissarla in volto. “Scruta nei miei
occhi...”, mormorò infine, con
voce apparentemente serena.
Ananke arretrò, spaventata da quell’invito troppo
pericoloso per poter essere accettato, ma troppo attraente per poter
essere
rifiutato. Posò virtualmente dei fiori sulla tomba fresca di
Prudenza e sollevò
la testa.
Scrutò nei suoi occhi neri, splendenti, vivi, e vi
scorse la quiete, la speranza. Li vide sorridere, confortanti, prima di
trovare
l’inganno.
C’era un’emozione ch’essi tentavano di
nascondere,
che la ragazza non riusciva a cogliere ma della quale percepiva
l’esistenza.
La realtà le piombò addosso con tutto il suo
peso,
mozzandole il respiro, e la freddezza riprese possesso di lei.
Non era poi tanto diverso dagli altri ragazzi, da
Mike. Anche lui voleva usarla e gettarla via, in fondo.
Lui, ignaro di tutto, continuò nel suo intento. La
sua voce dolce sussurrò ancora, più decisa:
“...e ora, te ne prego, lasciami
vedere i tuoi”
La ragazza non protestò, troppo sconvolta dalla
rottura di tutte le sue illusioni, e gli permise di abbattere anche
quell’ultima, assoluta, difesa.
Lui, esitante, protese la sua mano leggera e le
scostò delicatamente i capelli del volto. Per un momento, si
guardarono negli
occhi. E fu nero contro verde. Caldo contro freddo. Sentimento contro
vuoto. E
fu Ananke a vincere, quando lui cedette ed abbassò la mano,
stringendola in un
pugno. I suoi occhi si ancorarono al suolo, rendendo palese tutto
ciò che aveva
tentato di trattenere. Una sofferenza ch’era quasi agonia
sgorgava copiosa dai
suoi occhi, e i denti mordevano a sangue il suo labbro inferiore. Tutte
le
barriere della ragazza crollarono in un solo colpo, abbattute dalla
sorpresa,
sostituita dopo un attimo da una tristezza immotivata. Istintivamente,
gli si
avvicinò e provò l’irrefrenabile
impulso di consolarlo, o almeno di toccarlo.
Levò una mano, incerta e tremante, e sfiorò il
dorso della sua. La reazione fu
immediata: egli si voltò di scatto, guardando con stupore le
dita sottili che
timidamente si erano insinuate tra le sue, ma esse non si fecero
spaventare, e
condussero lentamente quelle di lui verso il crine, dove le
abbandonarono. Egli
comprese, le scostò nuovamente i ciuffi neri dagli occhi, e
prese a fissarli.
Era stanco di combattere, non ne avrebbe avuto la forza. Con stupore
crescente,
vide la fatica affliggere anche quel verde intenso, vivo e cangiante.
La tristezza del nero si riflesse nel verde.
La speranza del nero si riflesse nel verde.
La gioia del nero si riflesse nel verde.
E il corpo freddo e pallido cercò timidamente colore
e calore in quello vicino, che lo accolse, completandosi. Le sue
braccia la
avvolgevano delicatamente, cullandola e il fiato dolce del suo respiro
le
carezzava l’orecchio. Ananke si strinse al suo petto e,
rabbrividì, suo
malgrado, per il freddo. Lui se ne accorse e si alzò
prendendola tra le
braccia, e la ragazza lo abbracciò stretto, con la pelle
d’oca.
“Fa freddo” bisbigliò, guardandolo.
“E’ novembre” rispose lui, con un sorriso
più dolce
del solito.
FINE
Ebbene sì, questo essere assolutamente pigro e incostante ha terminato la sua prima storia...dobbiamo festeggiare!
Sono davvero
grata a tutti coloro che sono
giunti fin qui.
In
particolare, vorrei che spleen fosse più sicura
di sé, sia quando scrive(l’ho aggiunta anche ai
preferiti), che quando commenta
(ogni volta che leggo le sue recensioni comincio a saltellare euforica
per la
casa, esasperando tutti)...