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Autore: AsanoLight    24/08/2013    1 recensioni
Una raccolta di Drabbles e Short-Fic, alcune basate sulla pairing HiratoxAkari.
Vari inserti con Tokitatsu, Gareki e Yogi.
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Akari, Altri, Hirato, Tokitatsu, Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie '♣ Karneval Parade'
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Prima di postare questa FanFiction voglio rivolgere un enorme ringraziamento a NakamuraNya (davvero, ti adoro ^//^) per aver recensito e seguito questa folle impresa di drabbles e short-fic. Davvero, grazie mille ed un grazie anche a tutti i lettori :)
Spero continuiate a seguire 30 Days of Karneval fino alla fine.
Sempre che ci arrivi io viva fino alla fine xD






«Fratellino!»
 
Lasciò scivolare a terra entrambe le pesanti valige non appena la porta di legno dello chalet gli si richiuse alle spalle e gli saltò addosso coglliendolo in un repentino abbraccio.
 
«E’ passato tanto dall’ultima volta che ho fatto una vacanza assieme a te! Non smetterò mai di essere grato a Tsukitachi! Se non ti avesse costretto lui a venire qui con me, avrei rischiato di morire senza il ricordo di una settimana di vacanza spesa con il mio inseparabile fratellino! Ma guarda che bello! Siamo di nuovo sotto un unico tetto dopo tanto tempo! Non sei contento?»
 
Il comandante sorrise con la sua usuale aria distaccata, sciolse l’abbraccio di Tokitatsu e fece per sistemare le proprie coperte nella parte più bassa del letto a castello, tuttavia il fratello gli si fiondò di nuovo addosso, euforico come mai lo era stato.
 
«Hirato! Pensaci!», esordì spupazzandolo come fosse stato un peluche, «Una vacanza insieme dopo più di dieci anni! E’ meraviglioso! Non facevamo uscite del genere da quando-».
«”Da quando sei entrato alla Chrono Mei”», disse Hirato sopraffacendo la voce del fratello con fare tediato, «Non so quante volte tu me l’abbia ripetuto nell’arco di una giornata ma sono state sufficienti per farmelo imparare a memoria».
 
«E poi», lo corresse ancora il comandante, «Questa non è una vacanza. Noi siamo a Rinol per lavoro e questo è l’alloggio che avrebbe dovuto toccare a Gareki e Nai –se penso che grazie al ‘sabotaggio’ di Tsukitachi ora quei due si godono lo chalet dove sarei dovuto stare io...-».
 
La tempesta di neve infuriava tanto che, in meno di cinque minuti, le bianche orme che avevano lasciato per giungere allo chalet erano state completamente cancellate, ricoperte da una candida matassa.
 
«Che fai, Hirato?», gli chiese improvvisamente guardandolo sistemare le coperte nel letto di basso.
«Mi sto preparando il letto», rispose freddo il comandante, senza nemmeno voltarsi.
«Ah, ah, non ci starai serio, vero?», Tokitatsu ironizzò in un’ilare risata e gli disfò il letto sotto il naso, trasferendo tutte le coperte nel materasso sopra di lui, «Il più piccolo dorme sempre in alto! Ricordi?, è la regola!». Fatto ciò sorrise soddisfatto, scansò il fratello poggiandogli una mano sulla spalla e si gettò sul tanto agognato letto occupandolo irremovibile.
 
Hirato gli rifilò un sguardo stavolta alterato. Tokitatsu non si domandò se se la fosse presa o meno.
Oramai era un adulto, non c’era motivo di prendersela per sciocchezze di quel genere.
 
«Tokitatsu, mi tratti ancora come un bambino», commentò in un sospiro il comandante, rimuovendo dal letto superiore le sue coperte e gettandole per terra, «Ma vorrei ricordarti che sono un adulto oramai».
 
Si avvicinò dunque al letto del fratello, ancora spoglio e disfatto , sopra al quale quest’ultimo oziava disteso e soddisfatto di sé. Lo sollevò prendendolo in braccio come fosse stato un bambino e lo posò cortesemente sul pavimento, buttando per terra l’unico piumone di lana che Tokitatsu vi aveva posato sopra per marcare la sua proprietà.
 
«E siccome sono un adulto io, a differenza di un certo qualcuno,dormirò io in basso»
 
«E-Ehi, non giusto!», Tokitatsu si rialzò agitandosi nel groviglio di lana del piumone e tirò il maglione del fratello, «C’ero prima io!».
«Non è vero», replicò Hirato ecco.
«Io sono un tuo superiore! Ho diritto a quel posto!»
«Sei il mio superiore, dunque dovresti stare nel letto in alto. Discorso chiuso», Hirato lo apostrofò serio.
Incrociò i suoi occhi opalini con quelli marini del fratello e per un attimo i due sembrarono mossi da una scintilla di sfida.
Volevano entrambi quel posto.
E non avrebbero gettato la spugna facilmente.
 
Tokitatsu inspirò profondamente.
Non gliel’avrebbe data vinta anche quella volta.
Si sarebbe appropriato di ciò che era suo ad ogni costo.
 
«Hirato, suvvia, ora non mi fare arrabbiare. Siamo fratelli, ci vogliamo tanto tanto bene e ci rispettiamo. E’ sempre stato così. Dunque ora», aggiunse in tono smielato ma mellifluo, «Non rovinare tutto e lasciami il mio letto».
«Fratellone, mi dispiace davvero tanto per te, ma la riposta è e sarà sempre no», rispose franco Hirato, «Questo letto me lo prendo io com’è giusto che sia».
 
Tokitatsu lo incenerì con il solo sguardo. Doveva essere civile.
Per anni era stato un maestro per il fratello nell’arte della calma e della compostezza.
Non si sarebbe rovinato per così poco.
 
Il moro sorrise nella calma più placida, si sdraiò sul materasso e fece per dormire.
 
No.
Quello non era un futile motivo.
Quello era il suo letto.
 
Digrignò i denti e gli sottrasse da sotto la testa il cuscino fulminandolo con lo sguardo.
«Alzati. Ora»
 
Sogghignò Hirato, con una di quelle sue smorfie bastarde che avrebbero fatto snervare perfino l’uomo più paziente sulla faccia della Terra. Stava per rispondergli ma Tokitatsu gli si era già fiondato addosso, cercando pervicacemente di sradicarlo dal materasso.
La lotta non era mai stata il suo forte ma in quel momento sentiva di potercela fare, di poter sopraffare suo fratello.
 
«Ragazzi! Vi ho portato un po’ di vino per fe-»
 
Eva si bloccò sbigottita all’uscio della porta osservando il suo superiore Hirato e il ministro della difesa Tokitatsu, entrambi ridotti ad azzuffarsi sul pavimento, mentre l’uno tirava il maglione dell’altro.
 

***

 
«Ma che onore è per me avervi entrambi qui riuniti! E’ come prendere due piccioni con una fava!»
«Sta zitto, Tsukitachi», gli risposero i due all’unisono, l’uno l’occhio sinistro viola e l’altro quello destro.
 
Il rosso si stravaccò sul divano senza tuttavia riuscire a trattenere una risata di gusto.
«Che è successo ai tuoi occhiali Tokitatsu?», gli chiese poi bastardamente, come se la risposta già non l’avesse conosciuta.
Il ministro si accasciò affranto sul sofà, premendo la borsa del ghiaccio sul suo occhio, ancora dolorante e livido: «Me li ha rotti Eva con un pugno».
Hirato si voltò verso di lui, incenerendolo attraverso la sua montatura rotta:
«Ora capisci perché tutte le volte che mi hai proposto di fare una vacanza con te ho sempre detto di no?!».
Tokitatsu sospirò: «Sta zitto, sta zitto! Quest’occhio viola mi fa un male cane».
 
Tsukitachi sorrise e porse un bicchiere d’acqua al giovane ministro.
«Su ora, non vi arrabbiate. E’ triste vedere due fratelli tanto affiatati quanto voi litigare», commentò accennando un dolce sorriso, «Piuttosto, dovreste porgervi le vostre scuse da uomini maturi e dimenticarvi dell’accaduto. A tutti capita di sbagliare no?».
Il castano sospirò e lanciò un’occhiata mesta al fratello, che sedeva accanto a lui, gettato tutto su un bracciolo del divano.
«E va bene», disse affranto Tokitatsu, poggiando la borsa del ghiaccio sopra il tavolino di fronte a lui dopo aver sorseggiato un po’ d’acqua per rischiararsi la voce, «Hirato, perdonami il mio comportamento immaturo. Come tuo fratello maggiore, avrei dovuto darti il buon esempio ed invece mi sono comportato come un bambino. Mi dispiace davvero».
«A me invece niente affatto», borbottò Hirato aggrottando le sopracciglia e rifiutandosi d stringergli la mano, «Perché, come ti ho già ripetuto, quel letto era mio».
Tokitatsu digrignò i denti, poco si curò della presenza di Tsukitachi, e strinse le mani in pugni.
 
«Scommettiamo?!»
   
 
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