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Autore: Virginia Of Asgard    24/08/2013    3 recensioni
osservavo la gente camminare di fretta perché in ritardo al lavoro, o ad un’appuntamento, la gente in ogni caso era sempre in agitazione. Da quando l’uomo aveva inventato il tempo, non c’era più pace nel mondo.
“Farò tardi a scuola”,”Ho l’autobus tra un minuto, maledizione!”,”dovevo essere lì ieri, ed invece…”,”se non mi sbrigo, sono morto!”,”Mi faranno una lavata di testa!” e così via dicendo. Erano le frasi tipo di ogni persona, le frasi che ognuno di noi conserva in un cassetto all’interno del cervello, pronto ad utilizzarle in caso di ritardi temporanei.
[Una storia tratta da un sogno]
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: John Lennon , Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: AU, Lemon, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Triangolo
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Pagina 115;
Il Guerriero della Luce guarda la vita con dolcezza e decisione.
Egli è davanti a un mistero di cui, un giorno, troverà la risposta.
Spesso e volentieri dice fra sé e sé : “Ma questa vita sembra una Follia”.
Ha Ragione.
Concentrato sul miracolo del quotidiano, Egli nota di non essere sempre in grado di provvedere le conseguenze dei propri atti.
A volte agisce senza avere la coscienza di ciò che sta facendo: salva senza sapere che sta portando al salvamento, soffre senza conoscere il motivo per cui è triste.
Sì, questa vita è una follia.

Ma la grande sapienza del guerriero della luce consiste nello segliere bene la propria follia.

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Ciao, sono Ambre Reed, la fotografa
*
 Storia di una donna che viveva nel dimenticatoio

"Una storia tratta da un sogno"

ATTENZIONE: questa storia è un'utopia!

 





Una o Due Settimane dopo…

 
Avevo imparato ad inquadrare bene il mio obbiettivo, avevo imparato a focalizzare i punti di fuga delle prospettive utilizzando l’obbiettivo, avevo imparato a fare un primo piano decente, ed avevo imparato che il mio posto nella mia vita intera, sarebbe sempre stato secondario e precario.
Ed – dulcis infundo – John e Syl erano usciti a cena circa quattro volte.
Quella mattina primaverile mi ero alzata col sole, alle sei. Sbuffai, la sola idea di dover tornare in studio a fotografare ed elogiare Silvye non era molto allettante. Ma c’era un lato positivo, un punto a mio favore: C’era anche John.
Mi guardai allo specchio, sbuffando svogliatamente.
«Che Palle.» commentai guardandomi, allora portai una mano sulla frangia nera e violetta. «Mmmh, forse dovrei toglierla!» pensai a voce alta, in effetti non stavo proprio benissimo, e magari se l’avessi tolta e mi fossi vestita più “femminilmente”, sarei riuscita ad attirare di più l’attenzione di Mister-Carisma.
Non che mi interessasse più di tanto. Volevo solamente che per un pochino, non esistesse unicamente Silvye, ma che esistesse anche Amber Reed!
Corsi in cucina, e presi delle forbici, stavo per tagliare brutalmente i miei capelli. «Cazzo no!» mi dissi poi, lanciando le forbici sul letto; «Se devo farlo, vado da un Parrucchiere esperto, che diamine!» commentai rivolta allo specchio. Sbuffai un’altra volta, ed aprii l’armadio.
Vi erano un sacco di vestiti di H&M, Silvye ci aveva lavorato come commessa, prima di diventarne la modella; Quindi ero piena di abiti, gonne ed altri gingilli femminili che non avevo mai usato, se non per qualche occasione la sera, ma non era mai servito a nulla.
«Micio, micio, micio!» iniziai a chiamare la mia gatta di nome – e di fatto – Micia, nome dovuto ad una provvisoria mancanza di fantasia; La mia gatta era un miscuglio di varie razze, aveva macchie di pelliccia che spaziavano dal color terra di siena bruciata, al bianco, al nero, al rosso. Era una splendida palla di grasso e pelo, con nessuna utilità al mondo, se non tenermi compagnia. Vivevo con un gatto, completamente sola, a ventunanni.
Il perfetto ritratto di una fallita, pensai. Sospirai, ero una vera e propria fallita, non c’era nulla da fare.
Tirai fuori una maglietta degli Asking Alexandria e degli jeans corti, delle converse viola e verde acido, ed i miei inmancabili guanti senza dita. Macchina al collo, borsa in spalla, partii alla ricerca del tram.
*
 
«Hey Amber!» mi salutò cordialmente Helena, la portinaia. Aveva circa venti sei anni, era l’unica con la quale avevo legato, li dentro. In comune avevamo il Death Metal e la passione per il rock n’ roll. Un validissimo motivo per instaurare un’amicizia! «Helena!!» esclamai io, salutandola con forse troppa estasi. Estasi, mi venne in mente l’estasi di santa teresa. Che epnsieri assurdi, Amber!
«Hey, guarda che c’è John in studio!» asserì Helena sottovoce. Spalancai gli occhi, ultimamente non era mai in studio, c’ero solamente io, presa a photoshoppare e a fare i più noiosi lavori di grafica pibblicitaria che potessero esistere al mondo. Ma non oggi! Oggi c’era anche lui.
Ed io ero vestita come una barbona che tentava di imitare una metallara!
 Ma ciò significava Silvye tra i piedi. Scossi la testa violentemente «come sono messi i capelli??» domandai preoccupata, Helena scoppiò a ridere «Tesoro, hai più colori in testa tu, che una scala cromatica!» esclamò piuttosto divertita; «per non parlare di tutto quel ferro che hai in faccia, ma quando vai in aeroporto non ti fermano??» continuò a ridere rendendo la cosa meno divertente per me. In effetti mi fermavano, però ora tutti i piercing erano di un materiale chiamato Teflon, se non erro: un materiale plastico anallergico, motivo in più per la quale non sarebbe suonato prorpio nulla.
«Oh! Oh! Scusami! Scusami, era più forte di me! Sei perfetta così, anzi! Aspetta che ti spruzzo un po’ del mio preziosissimo Chanel Numero Cinque!» esclamò tutt’un tratto, curvandosi e sparendo dal bancone, per poi riapparire con una boccetta rettangolarre di profumo, che iniziò a spruzzarmi, facendomi tossire più volte. « Ora vai, il tuo Johnny ti attende!» disse con finti occhi sognanti, la mandai a quel paese. Amichevolmente.
Salii al terzo piano, nello studio di John. Sentii delle voci cinguettare, anzi, ne sentii una sola: Syl. Era arrivata prima di me.
Ottimo, faccio pure la figura della ritardataria! Mi sono svegliata alle sei del mattino per il cazzo!
Pensai, mentre il cuore aumentava di un battito. Ero stranamente in imbarazzo, ora che c’era il rischio che John e Syl diventassero una coppia, proprio non me la sentivo di fare da terza incomoda della situazione!
Ma era una corce che avrei dovuto sopportare.
L’ennesima.
Bussai timorosamente, mentre i miei occhi cadevano lungo il design architettonico, del palazzo di Mister-Carisma.
La porta si aprì davanti ai miei occhi, Silvye sorrideva felicemente.
«Buongiorno Morticia!» esclamò abbracciandomi. Ecco, dovete sapere che, per prendermi palesemente – ma pur sempre amichevolmente – per il culo, Syl mi paragonava a Morticia Adams. Fortuna che avevo tutta la collezione delle puntate della Famiglia Adams, a casa, tenute con cul loro cofanetto a forma di bara!
Percui lo presi, per l’ennesima volta, come un complimento.
«C…ciao Syl» asserii, scostandomi da quell’abbraccio.
«Salve capo!» esclamai a John, imitando il saluto militare, mentre veniva verso di noi, per rubare Syl, probabilmente.
«Oh, siamo di buon’umore vedo! Molto bene, perché oggi abbiamo un fottio di lavoro da fare!» esclamò John sorridente.
«Ah, Amber, ti dovrei parlare di un progetto che ho per te, se non ti dispiace!» disse poi, rivolgendosi a me.
Mi pietrificai all’istante. Aveva davvero un gran progetto, solo per me? Oh, questa notizia mi fece andare totalmente sudigiri. Sorrisi ed annuii a John, mentre nel mio stomaco si scatenava la terza guerra mondiale.
Dovetti ammettere che in quel preciso istante la mia mente iniziò a vagare con l’immaginazione, per tentare di rendere ipoteticamente reale, il mio nuovo compito, solo per me.
*
Quella giornata era venuta un’altra modella in studio, era una ragazza africana, dalla particolarità sopraffine. Aveva difatti, una caratteristica davvero insolita: al posto dei normali occhi castani o neri, tipici dei popoli africani, Maya – così si chiamava – aveva due grandi iridi color verde acceso.
Il tema del servizio era incentrato sulla solidarietà ed era contro il razzismo e l’omofobia; ecco perché Silvye e Maya erano state fotografate – da me medesima – mentre compivano azioni come baciarsi, o altro.
Era perfetto! Veramente perfetto! Il messaggio arrivava forte e chiaro, e le foto sarebbero state pubblicate su grandi cartelloni ingiro per la strada, ad annunciare l’imminente manifestazione di coloro che erano contro a quei fenomeni orribili.
Anche io ci avrei partecipato, era certo! Essendo bisessuale, quando lo dissi ai miei, non reagirono per nulla bene; Anzi, mi tagliarono i fondi, in quanto fermi religiosi, ed io fui costretta a ‘separarmi’ dalla mia fidanzata dell’epoca, Rina.
A volte mi capitava di pensarci, a lei, ed ai suoi bei capelli verdi. Mi facevano impazzire, era stata la mia prima cotta, da allora non la rividi più. E da allora non ebbi più altre relazioni, mi chiusi talmente tanto in me stessa, che ancora oggi fatico a parlare con un uomo o una donna che mi potrebbero interessare.
Sapevo di non essere abbastanza per nessuno, capite? E questa certezza mi mandava in pappa il cervello, e tutti i sentimenti che provavo, restavano perennemente imprigionati dentro me stessa. Volevo urlare, piangere, ma sapevo che non avrei avuto proprio nessuno con cui farlo. Ecco perché lo facevo da sola.
Uscire dagli schemi, infrangerli, distruggere la maschera che mi ero creata, e far fuoriuscire chi ero veramente. Peccato che non lo sapessi più nemmeno io. Era così tanto tempo che fingevo, che ora mai avevo dimenticato chi ero veramente.
«Hey va tutto bene, ragazza?» la voce di John mi fece sussultare, probabilmente avevo assunto quello sguardo cupo e malinconico, che avevo, quando andavo in trance per i miei pensieri più brutti.
«Certo» sussurrai fingendo un sorriso. Lo sguardo di John si fece investigativo. «Tu hai proprio bisogno di ubriacarti, ragazza mia! Non so che cazzo di problemi ti stiano tormentando, ma una cosa è certa: hai bisogno di una pausa dal mondo!» esclamò John, sicuro delle sue parole, che infine erano semplicemente la verità, dettata dai suoi parametri, naturalmente. «Esatto John, diglelo! Ogni volta che le chiedo di uscire la sera, per divertirci, lei mi propina scuse assurde! Convincila tu!» sentii Syl, incalzare sull’argomento, dai divanetti dello studio, mentre discuteva con Maya del più e del meno.
«Ragazzi, non fa niente, ci sono problemi più importanti del mio stato d’animo!» asserii imbarazzata. Solo allora potei notare quanto John mi fosse vicino. Era terribilmente magnifico, sentirlo così, vicino a me.
«Se ti predi per i problemi più grandi, poi finirai per dimenticarti di te stessa!» si aggiunse Maya, come se non bastasse. Scossi la testa imbarazzata, fingendo un sorriso. «Non ho tempo per le serate alcoliche, non sono più al liceo!»
«Fottiti del tempo, cazzo! Quanti anni hai? Diciannove, venti? La tua cazzo di vita non dev’essere sprecata così! Vivi la tua fottuta gioventù, finché sei in tempo, Amber!» John mi mise le mani sulle spalle, squotendomi animatamente. Mi sentii un’idiota, e anche una sfigata nerd, che se ne sta rintanata in casa dalla mattina alla sera.
«Allora è deciso, Syl, questa sera andiamo tutti ad ubriacarci in onore di Amber!» concluse John, sorridente. Cacciai un sospiro di sollievo, almeno lo facevano in mio onore, il ché implicava che io non sarei venuta.
Preferivo ubriacarmi da sola, in casa mia. Dio quanto sono misantropa!
«No, hey principessina! Non credere che siccome lo facciamo in tuo onore, allora non verrai! Questa sera alle nove e mezza, davanti all’Hotel bianco, pieno di damerini!» esclamò John entusiata. Probabilmente tutto questo attivismo creativo, lo stava stressando amaramente. Si vedeva che non vedeva l’ora di tornare ai bei vecchi tempi, dandosi all’Alcool e allo sballo più totale.
«Non mancare, ci tengo!» sentii sussurrare John, mentre il mio sguardo si incrociava con il suo. Rabbrividii, aveva la sua mano, sul mio braccio, in segno di amicizia, naturalmente, ed aveva una smorfia decisa ma allegra. La sua aurea sprigionava purezza e follia allo stesso tempo. Mio Dio! Nessuno poteva vantarsi di avere un’aurea magnetica tanto quanto quella di John Lennon. Era davvero soprprendente, come fossi attratta da lui, e dalla sua aurea.
Era una sensazione a dir poco alchemica.



Ok, Salve!
Sarà un anno che non aggiorno!
Percui non mi aspetto alcun Boom di recensioni, spero solo che questa storia vi incuriosisca,
sennò non avrò alcun motivo di continuarla T.T

p.s. Amber Reed è un personaggio ispirato alla scrittrice.


Je vis pour elle_

   
 
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