Libri > Hunger Games
Segui la storia  |       
Autore: radioactive    24/08/2013    4 recensioni
CAP. 6 Il cigolio del legno si mischiava al battito del cuore del ragazzo tanto da confondergli le idee, non capiva più se il suo cuore era malandato come quelle travi o se l’Arena era viva quanto il suo cuore, aveva il terrore che ciò che lo teneva sospeso in aria crollasse sotto i suoi piedi.
Ma Ariel si bloccò di colpo, Lyosha avrebbe voluto chiederle che diamine stesse facendo, che erano inseguiti!. Ma lei non si muoveva, immobile, fissava ciò che solo in un secondo istante il fratello identificò come Sean, quello che li aveva derubati.
«Ciao, otto»
[...] Stavano per morire, stavano per morire!
CAP. 10 Caesar Flickerman trattava tutti i tributi come validi concorrenti, Lyosha invece, agli occhi del presentatore, era già morto.
| 72esimi Hunger Games ● Lyosha e Ariel Isaacs ● DISTRETTO 8 |
EDIT - testo in via di revisione e betaggio (01 capitoli su 14) + cambio grafica [in data 11/11/2013]
→ I capitoli 15, 16 e 17 sono degli SPINOFF di Die on the front page, just like the stars.
Genere: Drammatico, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovi Tributi, Nuovo personaggio, Tributi edizioni passate
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A







CAPITOLO 04

                 «l’arena ha i suoi segreti», aveva detto. [PT. 1]

 

 

 

Camminavano da un’ora e mezza circa, della quale almeno un quarto d’ora di riposo. Ariel non si lamentava: probabilmente era abbastanza sollevata dal vedere il fratello sufficientemente in forma (considerando che nel giro di tre minuti era stato ferito e avvelenato) e carica di una nuova energia positiva.

La tredicenne si guardava attorno con stupore: il verde brillava sotto una luce del sole stranamente potente considerando il tendone di foglie sopra di loro, come se il sole fosse sotto i rami degli alberi, gli svariati insetti cantavano una loro personalissima sinfonia che sembrava apprezzare solo lei, gli occhi di ghiaccio luccicavano come diamanti mentre osservava in alto un uccello di dimensioni considerevoli dal piumaggio nero e un lungo becco verde dalla punta rossa1. Fortunatamente questo non fece nulla che potesse risultare nocivo.

Lyosha pensava e ripensava alle parole della loro mentore: ci sono sempre dei segreti nell’Arena. Certo che c’erano, e il primo era che l’acqua della Cornucopia era avvelenata – dentro di sé, il tributo sperava che qualche suo rivale (preferibilmente favorito) avesse deciso di berla e che ora fosse bello che morto. Ma presto altre domande gli invasero la mente: cos’altro era avvelenato?, l’acqua della cascata era buona?, e la frutta su questi alberi?. Si fermò un attimo a guardare in alto, socchiuse gli occhi per il fastidio dato dai fasci di luce e, non contento del risultato, posò una mano sulla fronte per farsi da visiera. Gli alberi erano diventati troppo fitti perché potesse vedere l’altezza del sole. Sospirò e riprese a camminare.

«Tutto bene?» chiese lievemente preoccupata la più piccola degli Isaacs, lasciando la mano al fratello in modo che potesse rispondergli a gesti.

Lyosha annuì, spiegando brevemente che si sentiva abbastanza frustrato per non riuscire a capire che ore fossero – era una cosa che avevano imparato al distretto, perché gli orologi in casa loro erano solo due, uno sopra il mobiletto dove vi era la loro vecchia radio e l’altro sul polso della madre. Lei sorrise e gli afferrò nuovamente la mano, dicendogli che non si sarebbe dovuto preoccupare più di tanto.

Incredibile, si disse, quanto quella ragazzina potesse sorridere in un qualsiasi momento.

 

Ma non era ancora finita, e Lyosha aveva l’impressione che quei giochi sarebbero andati ancora per le lunghe. Mentre camminava evitando liane e radici di ogni tipo, scavalcando un grosso tronco caduto e aiutando Ariel a superarlo ripensava alla sua breve sosta a Capitol City, dove era stato trattato come la cosa più vicina ad una star  di proporzioni mondiali – si sentiva una persona pessima nel ricordare come aveva sorriso compiaciuto di sé stesso dopo essere sceso dal treno che lo aveva portato dal distretto alla Capitale. Era stato un sorriso incondizionato, che lui non era riuscito a controllare. Aveva salutato confusamente, come allucinato, gli abitanti sfarzosi di quella città – anche Ariel dietro di lui (più timorosa, diffidente) si guardava in giro sorridendo di quando in quando ai capitolini che le sembravano buffi.

Non aveva sentito quel senso di ribrezzo prima di ora perché nessuno gli aveva detto che era una cosa sbagliata – neanche la loro mentore.

Quello che successe poi se lo ricordava vagamente, anche il sapore del buon cibo “offerto” nelle loro stanze era stato dimenticato, il dolore della ceretta e delle pinzette era solo un vago ricordo. Tuttavia nella sua mente era ben stampata la sua figura coperta dall’abito per la sfilata, assieme a quella di Ariel: indossavano entrambi due abiti classici, lui un frac e lei un abito lungo, la gonna leggermente ampia ma adatta ad una tredicenne, sulla fondo questi vestiti erano dipinti dalle più particolari sfumature meravigliosamente combinate tra loro: ricordava gli spruzzi dell’arancione e le voragini in cui ballavano il lilla e il verde pastello, il rosa carne dava da sfondo a tutto e, mano a mano che si saliva, il vestito sembrava quasi incompleto e il colore lasciava spazio al rosa di base che, all’altezza del petto, sembrava fondersi con il loro colorito, ciò che rimase del rosa erano solo alcuni filamenti e lembi di tessuto, come se dovessero finire di cucirlo. Le spalle di Ariel erano avvolte da un morbido groviglio di fili che si attorcigliavano tra le sue clavicole in modo simmetrico e artistico, riprendendo i colori del fondo dell’abito, i fili rosa scendevano sulle braccia di entrambi, avvolgendo gli arti come corde e, mano a mano che la carrozza avanzava, qualcosa mutava. Il colore sembrava risalire dal tessuto… o meglio, si espandeva! Lyosha si guardava estasiato il braccio a partire dalla spalla mentre gli arcobaleni attorcigliati tra loro invadevano i corpi dei due fratelli, rendendoli coloratissimi come i fili che il ragazzo usava per ricamare.

«Non si può rappresentare con un vestito un distretto come il vostro, Lyosha. aveva spiegato con nonchalance Vilette, al ritorno della sfilata Voi cucite tutto il giorno ed è questo che doveva fare il vostro vestito: cucirsi».

Sorrise a quel ricordo che gli pareva così dolce in mezzo a tutto il sangue e al dolore che aveva già provato. Avrebbe volentieri sfogliato quei pensieri come se fosse un vecchio album di foto se non fosse per lo strattone di Ariel al braccio che gli indicava, soddisfatta, che erano giunti alla loro meta: davanti a loro una piccola riserva d’acqua assurdamente cristallina sembrava gridare “bevimi”. Le pareti che costeggiavano la piccola cascata erano coperte di liane e fogliame, eppure sulla parete destra si riusciva a scorgere una scala di legno e corda. Lyosha sorrise soddisfatto e la indicò ad Ariel, ma prima che lei potesse fare qualcosa un’ombra uscì dagli alberi dietro di loro ed investì il tributo maschio del distretto otto, facendo ruzzolare entrambi dentro il laghetto.

 

Lexi avanzava sicura di sé, tagliando foglie e rami davanti alla sua strada, dietro di lei camminavano Kabe e Ines, infine Liv di fianco a Fraser.

Non c’era dubbio, Liv civettava con Fraser senza scrupoli. Ines era evidentemente infastidita dal sentir lei parlare tanto che superò Kabe e andò avanti con Lexi, con il tridente in mano si divertiva a punzecchiare oltre gli arbusti per vedere se trovava qualche animaletto commestibile o, ancora meglio, se feriva qualche tributo… ma ad ogni colpo catturava solo foglie ed erba. Stufa delle delusioni, decise di dare l’ultimo colpo al prossimo arbusto, affondò il tridente e, quando lo risollevò, vide attaccata ai denti dell’arma la giacca di un tributo. Si fermò di colpo e gli altri compagni la evitarono bellamente per non andarle addosso, solo dopo pochi passi Fraser si fermò, girandosi a guardarla, «Pesciolino, hai trovato qualcosa?».

Lei si portò la giacca alle mani sfilandola con precisione per non sgualcirla del tutto, affondò il tridente a terra e se la rigirò tra le dita, ora tutti le prestavano un’attenzione quasi ansiosa. Cercò la manica dell’abito e quando la trovò, la percorse con le dita per scovare il numero cucito su di essa. Sorrise.

«Allora?» richieste il maschio dell’uno, non era spazientito, solo curioso.

Ines alzò lo sguardo e notò che oltre il frutice vi era un albero, riprese il tridente in mano e spostò le foglie, per terra vi era del vomito. Solo allora si girò verso gli altri favoriti, tenendo in mano la giacca in modo che il numero “8” fosse in bella vista, «chi sono quelli dell’otto?», nella sua voce non c’era emozione – come se avesse chiesto che giorno della settimana fosse.

«I due fratelli, credo… hanno fatto l’intervista assieme, lui non parla o qualcosa del genere…» rispose Kabe, dopo essersi sfilato lo zaino dalle spalle per prendersi la borraccia d’acqua, bevendone quattro grossi sorsi, Liv fece segnò di passargliela e lui gliela porse.

Ines fece ruotare il tridente e indicò con il manico un piccolo sentiero naturale di fianco all’albero, «penso siano andati di là».

Senza che nessuno dicesse qualcosa, Lexi fece dietrofront per dirigersi verso la strada indicata dalla ragazza del quattro, dopo di lei andarono Fraser e Ines, Liv era sul punto di bere il suo prezioso sorso d’acqua quando Kabe iniziò a tossire, piegandosi in avanti e vomitando tutto ciò che potesse essere nel suo stomaco, cadde all’indietro e strinse nell’erba tra le mani. Guardò la compagna di distretto con occhi imploranti, mormorando un “aiutami”. La mano di Liv tremò e la borraccia sfuggì dalla presa. Raggiunse gli altri tre favoriti mentre la tosse di Kabe le rimbombava nelle orecchie.

Tosse che l’avrebbe perseguitata come un canto di morte per tutti gli Hunger Games.

 

Lyosha teneva gli occhi chiusi e le labbra serrate per non bere l’acqua in cui era caduto. Aveva già avuto una situazione simile e di certo non ci teneva a ripetere la stessa Odissea del veleno. Certamente, in altre circostanze che non includevano un tributo rabbioso addosso, avrebbe provato il liquido per vedere se era sicuro o meno. Eppure una parte abbastanza istintiva di Lyosha quanto… macabra, per così dire, gli consigliava di far bere al suddetto nemico l’acqua e stare a vedere.

Il lago non era profondo e con un po’ di fortuna Lyosha sarebbe riuscito a scrollarsi di dosso l’avversario che gli serrava la gola con le mani prima di morire soffocato, aveva picchiato un paio di volte la testa contro il fondo di pietra ma non aveva il tempo di pensare a quanto fosse stato doloroso o se si era aperta una qualche ferita. Doveva reagire.

Strinse le spalle per cercare di allentare la presa del nemico sul proprio collo e gli afferrò i polsi con le proprie mani, scoprendoli decisamente esili. Sentiva la voce ovattata e disturbata di Ariel gridare da qualche parte e poi un peso trascinarlo seduto. Aprì subito gli occhi notando la sorella che strattonava all’indietro per i capelli il tributo che lo aveva aggredito e Lyosha si accorse di tenere ancora i suoi polsi in una stretta ferrea, molto più di quanto si aspettasse. Istinto di sopravvivenza.

Ariel tirò ancora i capelli corvini facendo gemere l’avversario e Lyosha ne approfittò per avventarsi sul suo collo, stringendoglielo e poi invertire le posizioni in modo tale da buttarlo in acqua mentre la sorella, come uno scoiattolo, fece un balzo all’indietro, in attesa della conclusione della rissa – avevo un coltello, pensò lei, eppure non fece nulla.

Il maggiore dei fratelli strattonò il rivale, affogandolo più volte e caricando tutto il peso sopra di lui in modo che non si alzasse, era mingherlino almeno quanto lui e questo lo aiutava, non ce l’avrebbe mai fatta contro uno come Fraser. Lo affogò più volte nell’acqua facendogliene ingerire la maggior quantità possibile, poi lo alzò come per metterlo seduto e, mentre ansimava alla ricerca di aria tenendo le dita attorno al polso di Lyosha, quest’ultimo gli sferrò un pugno sulla guancia mollando la presa sulla maglia e l’avversario ricadde sul letto di pietra, inerme.

Contò fino a tre, Lyosha, per poi rialzargli il busto: respirava ancora ma era sfinito. Vedeva nel suo viso la propria crudeltà: l’aveva fatto lui, quello. Lo stava uccidendo lui.

Pregò silenziosamente, guardandolo furibondo, che l’acqua fosse avvelenata e che lui morisse per quello, in modo da non doverlo uccidere definitivamente. Percepiva le telecamere addosso e, più di ogni altra cosa, gli occhi della propria madre. Si sentiva una persona orribile, ma era l’unica persona che potesse essere, per lui. Per Ariel.

La pazienza del ragazzo dell’otto stava per scadere quando l’altro tributo che teneva ancora per la maglia iniziò a tossire, vomitandosi sulla maglietta, il respiro iniziò ad affaticarsi e l’Isaacs ringraziò il cielo che avesse ragione: tutta quella zona dell’arena era avvelenata e, se lo era l’acqua, probabilmente anche le piante e i frutti.

Lo posò a terra, senza gettarlo malamente come in precedenza, e si alzò da sopra di lui, bagnato fradicio. L’altro si dimenava ancora nell’acqua tossendo e vomitando e Lyosha non trovava il coraggio di lasciarlo lì, gli diede un ultimo sguardo e incontrò i suoi occhi pieni di rabbia e dolore, gli occhi che lo avevano terrorizzato dal primo istante: Gijs. E’ stata Ariel ad afferrarlo per il braccio e trascinarlo lungo la scalinata sulla parete, senza dire una parola.

Anche lei, come Lyosha, sapeva stare in silenzio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

« So che è un segreto, perché lo sento sussurrare dappertutto   

[WILLIAM CONGREVE; tratto da “Amore per amore”]

 

 

 

 

 

 

 

Note d’Autrice ◊ «viviamo e respiriamo parole»

 

E finalmente sono riuscita a concluderlo!

Che dire? È stato assolutamente un parto plurigemellare, davvero questo capitolo non ne voleva sapere di sicrersi… l’ho dovuto tirare fuori con le unghie!

Tuttavia, non posso fare altro se non essere assolutamente contenta del risultato che sto ottenendo con questa fanfic, ad ogni capitolo viene sempre meglio di come immaginassi e rispecchia parola dopo parola quello che avevo in mente.

Volevo dare l’idea di un’edizione entusiasmante, forse, ma come gran parte delle 73esime precedenti a Katniss, qualcosa che nel giro di un anno viene cancellato dalla memoria di molti per essere rimpiazzata con una nuova edizione. E inoltre aggiungere anche tutto quello che potrebbe nascere da vari adolescenti, indipendentemente dal contesto villano in cui sono inseriti, ma niente è paragonabile a tutto quello che succede nell’edizione degli sfortunati innamorati, perché semplicemente il loro è un Gioco assolutamente fuori dagli schemi che inizia nientepopòdimeno una rivoluzione! Quindi no, niente amore che fa salvare le persone, niente carità, niente Fraser/Liv (ahah! figurarsi), e soprattutto niente cambio di regole per accontentare i tributi. Ci sarà solo un vincitore.

Detto questo c: come potete notare il titolo porta con se un “parte uno”, ebbene sì, il prossimo aggiornamento riguarderà ancora la scoperta dell’Arena, e quindi la “parte due”, poi si passerà ad altro. Non ho intenzione di annoiarvi con bazzecole(?).

E intanto i Giochi di Lyosha vanno avanti~! Sono molto fiera dei miei personaggi, favoriti compresi, perché sembrano totalmente calati nella situazione eppure mantengono sempre quell’alone che caratterizza loro e basta. Scrivendo, ho avuto l’impressione che Ariel ricordasse Rue – ed è una cosa a cui sinceramente non ero preparata, ma penso che sono entrambe delle bambine: dolci e tenere bambine che vanno a lottare per la propria morte. Ed Ariel, in particolare, vorrei che non fosse paragonata a qualcosa come una Mary Sue, anche lei se fosse stata da sola nell’Arena sarebbe morta dopo poco oppure non si batterebbe così come sta facendo. Ma dovete pensare che lei è sempre con il fratello e che tutto quello che ha fatto fin’ora è stato in funzione di Lyosha.

Allo stesso modo, il ragazzo si sta confrontando contro l’Istinto di sopravvivenza. Quando scrivo di questi “momenti”, penso sempre al filmato delle Edizioni passate che si vede nel film, dove c’è un tributo che sta… spaccando la testa a pietrate (o qualcosa del genere) ad un altro. Davvero, se mi chiedessero ora, in questo momento, se sarei mai capace a fare una cosa del genere risponderei fermamente di “no”, ma suppongo che, in un contesto simile agli HG, non esiterei un solo istante.

Chiarito questo, quindi, vorrei ringraziare Iysse, Coral 97 e fallinweasley per aver recensito o, eventualmente, messo tra le preferite/seguite la fan fiction… mi fate davvero molto piacere e mi sento onoratissima! Ovviamente, saluto anche quelli che leggono in silenzio e seguono le vicende dei fratelli Isaacs nell’ombra.

E per la cronaca no, non mi sono dimenticata degli altri tributi! Tutto a suo tempo, miei cari capitolini, tutto a suo tempo.~

1-     Tucano.

 

EDIT: (16/09) inserita nuova grafica, testo ancora da revisionare e aggiunta citazione finale. Enjoy ~

 

Alla prossima!

radioactive,

   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Hunger Games / Vai alla pagina dell'autore: radioactive