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Autore: Thatswhatiam98    24/08/2013    4 recensioni
Salve! E' la seconda volta che scrivo questo ... Ma vabbè u.u
Londra, 1895: la vita del riccio principe Harry sta per essere sconvolta. Da cosa? Da una lettera, una semplice lettera, spedita da una persona non così semplice: Zayn Malik, principe del Wales. Cosa conterrà la lettera? E cosa ne comporterà il contenuto? Scopritelo leggendo u.u Chi altro vi sarà coinvolto? Semplice: un insegnante di scherma dagli occhi azzurri, un principe dai biondi capelli, due principesse dalla bruna capigliatura, un maggiordomo dagli scuri occhi ed il resto del reame. Interessati? Non ancora? Leggete :)
«Ma … Ma non è colpa sua» rispose il riccio senza interrompere il contatto visivo.
«Chi è quello che si è innamorato?» chiesi alzando un po' la voce.
Perché credeva fosse opera sua? Come poteva anche solo pensarci?
«Non … non è la mente a scegliere chi amare, Tomlinson, ma il cuore» disse Styles abbassando il volto. «e lui non bada ad alcuna sottigliezza ...».

Vi ho interessati? Spero di sì :3 Spero vi piaccia e che recensiate :) Ciao :3
LARRY AND ZIALL HERE, BITCHES.
Ps. Il rating della storia potrebbe cambiare in rosso!
Genere: Comico, Romantico, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Past into the present: Rebirth


 
47. You're in ruins ...

Rating: verde, giallo
Pairing: Future Ziall, Dick, ElEl
Three words: betryal, past, friendship (quanto giallo lol)
Avvertenze: è abbastanza deprimente come capitolo lol Sorry se è proprio questo il mio ritorno, ma almeno è qualcosa *va a nascondersi*
Grazie per aver aperto questa pagina e buona lettura :)


 
 
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Future Zayn's POV

Your faith walks on broken glass
And the hangover doesn't pass
Nothing's ever built to last
You're in ruins ...
 
 
   La porta scricchiolò leggermente nel movimento, permettendomi di maledirla mentalmente per l'inappropriato suono da essa prodotto nel mio silenzioso tentativo di introdurmi in quella stanza, immersa nell'oscurità ed affogata nel rosso fiamma del tramonto, con piccole sfumature d'un arancione scuro che si tratteggiavano sulle pareti più vicine alla finestra, creando una sequenza di colori in grado di lasciare a bocca aperta qualunque visitatore mettesse piede in quella camera al medesimo orario: il sole stava lentamente tornandosene sotto le coperte della notte, porgendo i suoi ultimi inchini della giornata, segno del termine del suo turno di lavoro; pochi minuti e avrebbe timbrato quel sudato cartellino per lasciar spazio ad un'altra attrice d'eccezione, la preferita da amanti e dagli stanchi lavoratori, la luna, accompagnata dalle sue splendenti aiutanti, le stelle, e dai desideri di milioni di persone le quali, al solo scorgere una volta immersa in un'oscurità così profonda eppur così meravigliosa, liberano la mente da ogni fardello, compagno durante la giornata, e si rilassano, lasciando che i sogni prendano il sopravvento della mente e se ne approprino, rivolgendo il tutto a una lontana amica, fin troppo silenziosa per parer d'aiuto. Chiudendomi lentamente la porta alle spalle, m'osservai attorno: la stanza nella quale mi trovavo pareva esser stata estratta da un quadro impressionista, un quadro ove non solo i colori sembravano esser spennellati l'uno dietro l'altro, ma anche gli stessi sembravano prender vita, cosicché quelli vivaci e caldi danzavano al passaggio dei raggi di sole, ultimo ballo della giornata, mentre quelli freddi fasciavano i precedenti, avvolgendoli come una coperta, quasi avessero paura che, con l'abbassamento della temperatura durante la notte, essi potessero prender freddo, come una madre in pensiero per i figli che hanno giocato per l'intera giornata ed ora sono in procinto di ritirarsi in casa completamente sudati; e mentre questa miscela di colori s'andava sempre più smarrendo alla scomparsa dei benefici raggi, un corpo giaceva inerme alla visione di quel meraviglioso spettacolo, avvolto da azzurre coperte in lino ed un'aura quasi ... angelica, oserei dire. Niall era posto con il volto sfidante la vivacità del sole, una mano sotto il cuscino e un'altra sopra, le gambe, nascoste da vere coperte, probabilmente piegate verso il petto, in posizione fetale, come un bambino cullato da Morfeo; sorrisi leggermente a quella vista, così dolce ed al contempo così dura da sopportare: come avevo potuto? Accantonai quei pensieri sospirando, prima di avvicinarmi un altro po' al corpo, fino a giungere al bordo del letto e sedermi lì, ove solamente quella mattina avevo scorto Danielle del passato controllare la febbre a Niall, ricordo che portò alla mia mente una domanda importante; perciò, portai il mio volto più vicino a quello del biondo addormentato, provando a comprendere se avesse o meno la febbre: era perfetto, le labbra leggermente socchiuse e la dentatura di ferro a malapena visibile, gli occhi ricoperti dalle palpebre e piccoli ciuffi che si ricorrevano sul suo volto ad ogni leggero filo di vento, scompigliandoli più di quanto già l'erano; le guance arrossate ed i leggeri tremolii del corpo, i quali completavano il quadro, mi fecero comprendere l'ostinata presenza della malattia, la quale rendeva, per quella fragile quanto sorprendente creatura, ricordando gli avvenimenti di quella stessa giornata, persino arduo respirare. Scostai lentamente un biondo ciuffo posizionato vicino alla fronte, quasi cercasse di nascondere i barricati occhi, ed osservai il tesoro appena scovato, il quale mi lasciò decisamente perplesso, con una nota di paura: diversi residui di lacrime campeggiavano nei pressi delle 'borse' presenti sotto gli occhi di Niall ... e non era decisamente un buon segno; aveva forse pianto? E per quale motivo? Ripercorsi mentalmente gli avvenimenti del pomeriggio, fino a giungere alla mia uscita di scena dal set -d'una serie tv stile Beautiful, supposi- che era la stanza di Niall, e cercai di comprendere se era intento a piangere, ma no, il biondo s'era addormentato con un sorriso sulle labbra, essendo io stato in grado di farlo ridere poco prima del suo sprofondamento nel mondo dei sogni; ma allora ... aveva forse pianto durante il sonno? Beh, qualsiasi fosse stato il momento preciso, dovevo capire cosa aveva spinto la pioggia a scivolare dai suoi laghi, calmi e splendidi solamente quel mattino, e ora misteriosi; sospirai preoccupato, avvicinandomi ancor più al suo volto ed unendo leggermente le nostre labbra: dopotutto, aveva ammesso che gli piaceva baciarmi, nevvero? ... Ed io ancora non riuscivo a credervi: Niall Horan, la persona la quale mi ero riscoperto d'amare solamente negli ultimi giorni, ... desiderava baciarmi quanto la mia persona lo desiderava? Era davvero possibile ciò? Eppure molte e molte volte mi ero dato dello strambo, dell'idiota per non riuscire a comprendere quella situazione, per aver solo minimamente pensato a stringere nuovamente quelle labbra dispensatrici d'affetto, ed ora, quel mattino, mi ero ritrovato quasi ad andare a letto con il loro proprietario, semplicemente interrotti da una riccia preoccupata -nonché alquanto impicciona-: se lei non vi fosse stata, saremmo andati avanti? Niall aveva chiaramente espresso i suoi desideri e quello era l'evento più scioccante dell'intera giornata, s'escludiamo ciò ch'era avvenuto successivamente: infatti, da idiota qual'ero, appena messo piede fuori dalla camera del biondo, mi ero ritrovato a baciare e far sesso con JJ, quel ragazzo che pare il diavolo per come porta in tentazione le persone! Maledicendolo mentalmente e sentendo un leggero fremito da parte della persona la quale ero intento a baciare, mi ricordai che l'evento, almeno in parte, era avvenuto sulla porta della camera nella quale mi trovavo in quel preciso istante ... e che quindi Niall poteva aver udito! Spalancai gli occhi nel preciso istante in cui un terribile dolore ricoprì la mia guancia destra, permettendomi addirittura di voltare l'intero capo involontariamente: cazzo! Deglutii nel notare che una figura era intenta a liberarsi da parte delle coperte proprio mentre la mia mano andava a ricoprire la ferita appena ricevuta, probabilmente causata da uno schiaffo -anche bello potente-, e l'accarezzava lentamente: dolorosa cicatrice d'un errore che mai avrei dovuto compiere, bruci da far paura, eppure so di meritarmelo. Sentii un paio di occhi trafiggermi da parte a parte e capii ch'era giunto il momento di affrontare il problema; portai il volto ad osservare la persona in fronte a me, quando mi meravigliai notando i suoi occhi: n-non potevano essere umani, parevano ... mari in tempesta, la mia zattera color cioccolato non avrebbe mai retto alla furia d'una marea tanto meravigliosa quanto distruttiva, mai sarebbe riuscita a rimaner in piedi sotto l'impeto di quelle onde intenzionate solamente a farmi annegare, onde le quali avevano causato la rottura delle dighe ed ora amare lacrime salate correvano lungo le guance dell'unica persona che non avrei mai dovuto ferire. Non potei far a meno di sentir gli occhi pizzicare a mia volta, quella visione sarebbe dovuta esser proibita agli esseri umani per quanto straziante e dolorosa era, ma tentai di trattenermi dallo scoppiare a piangere a mia volta, come se fossi io la vittima: e invece no, ero il colpevole, la causa di quella disastrosa magnificenza, la causa del mare tempestoso, del cielo ricoperto di fulmini, del bicchiere distrutto e dei frammenti di vetro sparsi sul volto, dell'inabissamento della mia zattera e della mia stessa morte.
«Niall ...» sussurrai, ma non vi fu gesto più errato se non quello da me compiuto in precedenza: ero forse una calamita per errori o un deficiente patentato?
«Perché» m'interruppe, senza neppur provare ad asciugarsi quelle lacrime popolanti le sue guance scarlatte: non era una vera domanda, ma avevo l'impressione di conoscerne la risposta ...
«Niall, ascolta ...» provai a cominciare con calma, magari non era quella la causa, magari avevo semplicemente sognato sia la mattinata che l'incubo ch'era stato il pomeriggio, magari era stato lui a sognare un atto peggiore compiuto dal sottoscritto: ero forse io quello da consolare?
No: "E allora, mente mia, smettila di crearmi false speranze: sono fottuto".
«No! Non ascolto!» urlò il biondo, mentre il mare straripava, i fiumi s'ingrossavano ed il dolore aumentava; il volto angelico riposante al sole di poco prima s'era trasformato in uno trafitto dal dolore, un volto ridotto in schegge, ed io vi stavo semplicemente camminando sopra osservandolo, quasi desiderassi con tutto me stesso provare quel dolore, infliggere le sue stesse pene al sottoscritto, trasferire le sue nel mio corpo e scorger nuovamente il sorriso prender vita su quelle labbra dalle quali era partito tutto: ma ormai era veramente troppo tardi. «E sai perché? Perché cercherai di convincermi che non è vero, che è colpa sua, che tu non c'entri niente o che tutto questo è solo un'assurda coincidenza, che quello che è avvenuto sul presto è vero e ciò che è accaduto tardi non lo è! Ma non è così, ammettilo, non è così!».
Osservai il suo volto avvicinarsi al mio, sorridermi leggermente e poi domandarmi solamente: «Perché mi hai illuso?».
E lì sentii il mio cuore andare a pezzi: perché lui vi credeva, credeva veramente che la mia persona aveva giocato con la sua, che avesse utilizzato il suo cuore a suo piacimento, che tutto quello che era accaduto quella mattina, gli stessi eventi quali m'avevan reso l'essere più felice di questo intero fottuto pianeta, non significavano nulla per me; e tutto questo potevo chiaramente leggerlo dai suoi occhi, irrecuperabili in alcun caso, come il suo cuore, oramai perso nelle tenebre che io stesso, con la mia stupidità, avevo creato. Ma io lo giuro, non l'avevo illuso, mai vi avevo provato e mai lo avrei fatto, non vi sarei riuscito, fingere dei sentimenti che non provo non è da me, come neppure far star male persone, eppure eccomi, con il cuore a pezzi ed una scatola di cerotti ultimata mentre cerco di sistemare quel rapporto per cui tanto ho faticato, tanto ho sperato, di cui tanto ho gioito nel vederne i risultati, per il quale tanto ho amato la persona alla quale mi collegava.
«Non ... non ti ho illuso» trattenni nuovamente le lacrime, anche se oramai sentivo d'essere al limite di sopportazione, una scena così ne ruba molta: avrebbe mai dato ascolto alle mie parole?
«Allora perché? Perché ... mi hai dimostrato che tenevi a me per poi ... distruggermi dopo solamente qualche minuto dal nostro arrivederci?» sussurrò, voce rauca, probabilmente graffiata dalle schegge del cuore che avevo fatto crollare. «Comprendo che tu non tenga a me, ma-».
«Non dirlo neanche per scherzo!» alzai la voce involontariamente: quello no, non poteva, non doveva pensare ch'io non tenessi a lui giacché avrei dato via la mia intera ed inutile vita pur di vederlo solamente sorridere, e questo non poteva esser messo in discussione!
«ALLORA MI SPIEGHI PERCHE'?!» urlò, esplodendo nuovamente,stringendo i pugni quasi desiderasse picchiarmi nuovamente: se giel'avessi lasciato fare, lui sarebbe poi tornato da me?
Magari in seguito all'essersi calmato e ad un ragionamento sensato, lui vi avrebbe riprovato, gli avrei proposto di ricominciare da capo: ma aveva davvero senso? Forse avevo portato nella sua vita un po' di speranza, ma se poi gliel'avevo strappata così malamente portandolo al baratro della disperazione, tanto da spingerlo ad urlare, allora ... aveva davvero senso riprovarci? E se nuovamente gli avessi provocato dolore? La verità era che non avevo idea del motivo per cui avevo seguito JJ: desiderio? Coercizione da parte sua? Stupidità -o prestazione- totale da parte mia? Non ne avevo idea: sapevo solamente d'aver commesso la cazzata più grande della mia vita e di non potervi porre rimedio se non uscendo definitivamente dalla vita sentimentale di Niall, giacché, in quel momento, avrei probabilmente solo peggiorato la situazione.
«Io ... io non so il perché» sussurrai, permettendo a una lacrima di scorrere sulla mia guancia, giacché ero a conoscenza di cosa ero in procinto di dire, ed era peggio d'esser sparato 21 volte al cuore: "Niall, ti amo". «E proprio perché non lo so ... non dovrei starti accanto, non ne sono degno, sono stato uno stronzo, un coglione, ma mille 'mi dispiace' non ricuciranno le tue ferite ... perciò è meglio se ... se io me ne vada, se -e qui cedetti definitivamente al peso delle lacrime- ti permetta di trovare qualcuno più degno del sottoscritto al quale affidare il tuo cuore».
Niall aprì la bocca per ribattere, quasi non fossero quelle le parole che voleva sentirsi dire, ma tutto ciò che riuscì a sussurrare in seguito non parvero indicare ciò, ed io abbandonai la stanza con il sale delle lacrime tra le labbra, il freddo delle cascate sulle guance ed un cuore in meno da portar con me durante il tragitto della mia vita, perché, anche se il suo non mi sarebbe più appartenuto, il mio sarebbe sempre rimasto al suo fianco come spirito, giacché era deceduto in quella stessa stanza ch'era stato in grado di farlo rivivere:
«Fuori, va fuori, e non tornare mai più».
Era quello che desideravo? No, ma era la cosa più giusta da fare. Ed appena ebbi messo piede fuori da quella stanza, la quale oramai rappresentava la parte più bella nonché la più brutta della mia intera esistenza, ed ebbi chiuso quella maledetta porta scricchiolante alle mie spalle, non riuscii più a ragionare: le lacrime presero il sopravvento, il dolore prese il sopravvento, e non riuscii a comprendere se quei singhiozzi fossero i miei o fossero quelli di Niall filtrati dalla porta; ricordo d'aver corso, d'esser scappato, forse da quel dolore, forse da me stesso, ma non vi sarei mai riuscito; ricordo d'essermi perso nella villa, ricordo una massa di capelli biondi ed un paio d'occhi diamante scrutanti il mio corpo, ricordo un profumo simile a quello d'un mazzo di fiori avvolgermi completamente, ma soprattutto ricordo l'immagine di un'onda che m'assaliva completamente e mi affogava, permettendomi di sprofondare sempre più, finché il respirare m'era impossibile ed il solo desiderio di risalire non bastava, perché il peso dei miei errori e la conoscenza d'un domani senza la persona che amavo mi spingevano a pregare di perder tutto il fiato in corpo e morir la sotto.  Quando una persona muore annegata dopo aver trattenuto il respiro, ha diversi secondi nei quali sta bene, giacché, anche se i suoi polmoni si stanno riempiendo d'acqua, non prova più dolore: in quei pochi secondi, riuscii solamente a pensare al suo volto e ad imprimerlo sulla retina, prima di morire, metaforicamente parlando, per l'assenza d'un cuore.
 
 
Future Nick's POV

Does the pain weigh out the pride?
And you look for a place to hide?
Did someone break your heart inside?
You're in ruins ...
 
 I miei occhi nocciola saettarono da una parte all'altra dell'oscura stanza nella quale mi trovavo in cerca d'una figura ben precisa, la quale mai avrei individuato se non per un leggero movimento d'essa: eccola, immersa nelle tenebre del suo cuore e del luogo nel quale si trovava, con le pallide gambe strette al corpo e gli sfiniti capelli riversati su di esse. Avendola trovata, mi rilassai leggermente e sospirai, prima di guardarmi nuovamente attorno per trovare una fonte di luce più potente di quella fioca proveniente dallo spiraglio che la porta socchiusa lasciava passare; trattenni il respiro quando, alla mia destra, trovai finalmente l'oggetto dei miei desideri: una leggermente consumata candela dallo stoppino rovinato troneggiava, all'interno d'un piccolo portacandela in vetro, su d'una mensola posta poco più in alto della mia testa, accompagnata dai suoi fedeli servi quali i fiammiferi, i quali parevano molto differenti dagli attuali, ma non vi feci molto caso quando, nell'alzarmi sulle punte, li raggiunsi con la mano destra, permettendo alla sinistra di stringere, invece, la coppa contenente la loro sovrana. Coi piedi nuovamente aggrappati al terreno, mi affrettai nell'accendere la candela, per poi lanciare alle mie spalle i fiammiferi e precipitarmi di fronte alla figura, poggiata al muro opposto alla porta, in seguito all'essermi accertato si fosse veramente accesa; poggiai il portacandela sul pavimento ed alzai lo sguardo verso le pallide gambe, strette l'un l'altra contro il torace della ragazza, mentre le fini mani trattenevano quella posizione dallo sciogliersi, quasi avessero paura che, liberando la loro padrona da quella prigione, formata dal suo stesso corpo, qualcosa di brutto le sarebbe potuto accadere, ad esempio che il suo cuore non sarebbe più riuscito a trattenere quel dolore. Immobile nel suo silenzio spettrale, tranne per rari tremolii dovuti ai singhiozzi nascosti dalla capigliatura, la figura aveva il capo rivolto verso le ginocchia e poggiato su di esse, quasi fosse una palla, un animale spaventato la quale unica salvezza e quella di proteggere i suoi organi vitali con quella buffa posizione; scesi con lo sguardo, attraverso la foresta di ricci castani ricoprenti la maggior parte di ciò ch'era visibile della donna, sorpassando le gambe sottili, fino a giungere ai piedi, dalle dita raschianti il pavimento, ed alle mani, poste poco sopra: sospirai e presi la sua mano sinistra nella mia destra, anche s'essa non aveva alcun'intenzione d'esser stretta da me.
«Danielle ...» sussurrai, quasi per paura di svegliarla dal suo letargo di dolore: vederla in quello stato era orribile, una visione alla quale nessun essere umano dovrebbe mai assistere. «Che cosa succede?».
Non vi era alcun bisogno di domandarglielo, in realtà: ero già a conoscenza del motivo per il quale, quel mattino, s'era rifugiata in quella stanza, al buio, nascosta da tutto e da tutti, anche se forse cercava proprio un nascondiglio dal suo cuore: ma possiamo poi nasconderci da noi stessi? Lei rimase in silenzio, ed io non potei far altro che ammirar le mura che, pian piano, secondo per secondo, si costruiva, un mattone alla volta, con mani tremanti e lacrime agli occhi, vista offuscata ed una scala alta quanto esse per innalzare sempre più quel recinto: fortunatamente non soffriva di vertigini. Senza idee sul da farsi, compii l'unico gesto giusto, secondo la mia persona, in quell'occasione -compiuto, dopotutto, anche per mio interesse-: in seguito all'averle lasciato andare la mano, l'abbracciai, stringendo il suo fragile corpo fra le mie braccia, le quali, per quanto muscolose o possenti potessero essere, non erano ancora state in grado di proteggerla degnamente. Strizzai gli occhi, chiudendoli rapidamente, trattenendomi, in qualunque modo, dal lasciar scorrere qualche lacrima: non l'ero stato per molto prima, ma in quel momento ero la sua ancora, non potevo sgretolarmi assieme a lei e sprofondare in quelle dolorose tenebre. Sentii un fremito provenir dal suo corpo appena l'ebbi abbracciata, probabilmente non s'aspettava quel gesto, eppur non si mosse, non si allontanò da me, ma si lasciò cullare, mentre la mia mano sinistra le accarezzava la spettinata capigliatura, talvolta sfiorando la pelle della fronte. Il silenzio calò nuovamente nella stanza, infine spezzato da un singhiozzo più acuto degli altri, il quale mi fece comprendere si stesse liberando, finalmente, col sottoscritto; la strinsi ancor più forte mentre sentivo le lacrime scorrer sulle maniche della mia camicia ed i tremolii del suo corpo aumentare, mi morsi il labbro appena lei liberò le mani da compito di lucchetto e le sigillò al mio petto, appropriandosi della stoffa con le dita sottili e le unghie brillantinate leggermente rovinate per la poca cura ch'avevano ricevuto in quel periodo, incastrai il mio capo tra la sua spalla destra ed il collo, permettendole di compiere il medesimo gesto, appena quello struggente suono aumentò a dismisura. La scena non mutò d'una sola virgola per diversi minuti, il tempo necessario alla ragazza per riprendersi: e non dissi nulla, non compii alcun gesto destinato ad affrettare il processo, sapevo ch'era più giusto attendere che andarle incontro. Se avesse voluto parlare o smettere di piangere, l'avrebbe fatto, e probabilmente non erano queste le sue intenzioni, finché non notai lentamente uno sciamare nei singhiozzi, un aumento nell'atto di tirar su col naso ed un allentamento della presa, mentre i tremolii si calmavano ed io potetti lentamente disperdere il respiro che non sapevo d'aver trattenuto; in seguito ad una definitiva discesa della quiete nella stanza, le lasciai dolcemente un bacio sulla tempia, per poi allontanarla leggermente e portarla in fronte alla mia persona, accarezzandole le guance per asciugare quelle lacrime portatrici di sofferenza ed al contempo liberatrici dell'anima, mentre i miei occhi squadravano la sua figura, preoccupati di poter scorgere qualche dettaglio differente dal solito: ed ero sicuro di riuscirne a trovare, giacché avevo trascorso i precedenti giorni a memorizzare ogni sua piccola particolarità, ogni piccola finezza del suo corpo, del suo carattere, ogni sua perfetta reazione, ogni comportamento che adottava, studiandone minuziosamente i contenuti, osservandoli e testandoli, e questo perché ne sentivo il bisogno, sentivo la necessità di saper tutto di lei, di conoscerla a fondo, d'amarla in ogni suo particolare, come se non fosse già stato così fin dal nostro primo scambio di sguardi. L'amavo, sì, come mai m'era capitato, era forse questo un peccato? No, per me non lo era, ma per lei ... per lei sì, lo era, ed uno dei più gravi, per giunta: "Non desiderar la donna d'altri", eppure io la desideravo, l'avevo desiderata dal primo secondo in cui quella ribelle capigliatura castana m'era passata d'avanti, da quando quel dolce sorriso amichevole m'aveva inebriato la mente. Ero a conoscenza del suo fidanzamento e per questo avevo cercato in qualsiasi modo possibile di tener a freno ogni istinto di renderla mia, di sfiorarla più del necessario, anche solo di guardarla più di quanto avrei dovuto, perché sapevo che non era giusto, né in quanto amico, né in quanto essere umano: sarà pure un comandamento cristiano, religione alla quale non credo, ma non era forse anche una legge morale dell'uomo? E come avevo potuto infrangerla a tal punto, baciandola, portandomela a letto, rendendola mia e facendola cadere ai miei piedi, tanto da spingerla sull'orlo della pazzia per lo stato confusionale nel quale si trovava in quel momento? Come avevo potuto portarla via da quel che sarebbe potuto essere l'amore della sua vita mentre io non ero altro che un'infatuazione di passaggio? Certo, queste domande non sfioravano neppure la mia mente mentre lei era in fronte a me e chiacchieravamo, sorridevamo, ridevamo, ci innamoravamo l'uno dell'altro e cominciavamo a desiderarci, ma avrei dovuto pensarvi prima, cosicché, in quel momento, non mi sarei ritrovato con i sensi di colpa e, soprattutto, con una Danielle in lacrime seduta di fronte a me, nel tentativo di aiutarmi a ripulire il suo dolore dalle guance arrossate e di domare quella pettinatura i cui ricci sfuggivano al controllo delle mani e vagavano liberamente nell'area circostante il capo, forse sperando di poter fuggire da una mente tanto provata. Scossi la testa, quasi a mandar via quei pensieri, e le sorrisi leggermente, attendendo qualche sua parola o qualche sua reazione particolare; in  risposta, lei alzò finalmente il suo nocciola sguardo nel mio e mi squadrò, un tenebroso sguardo da cane bastonato ricambiava il mio: mai avevo scorto un nocciola così profondo e, al contempo, così superficiale, quasi stesse cercando di celare i suoi sentimenti, d'indossare nuovamente quella tanto famosa maschera ch'ero solita mostrare al cospetto d'altri e, talvolta, anche al mio. Eppure avevo scorto la vera lei: era lì, proprio lì, mentre arrancava e si trascinava nelle sue iridi, mentre, con quella sfumatura nocciola scuro, chiedeva aiuto, disperatamente urlava d'aver bisogno di una mano, mentre il nocciola più chiaro cercava in tutti i modi di schiacciarle le dita per farla cadere nel baratro del suo cuore, sperando con tutta sé non sarebbe più ritornata in superficie, non un'altra volta; ma, in fondo, era a conoscenza del suo ritorno, sapeva le sarebbe, in seguito, nuovamente toccato di fare i conti con la parte più fragile di lei, quella che ancora sperava nell'amore del suo ex, che ancora ricercava del buono in sé, che sarebbe morta solo se anche l'ultima briciola nel suo intero corpo avesse smesso di amare il castano. Ero a conoscenza di questa sua lotta interiore, eppure ero rimasto in silenzio, l'avevo confortata quando ne aveva avuto bisogno, abbracciata, baciata, ma non avevo mai compiuto ciò ch'era più giusto: parlarne, giungere ad una conclusione che l'avrebbe resa veramente felice, e non solo in superficie, una soluzione che avrebbe fatto prevalere quella parte più scura, e non quella più chiara, decisa a conquistare completamente l'inerme corpo ch'era diventata, oramai soggetto a troppe guerre con se stessa per decider ciò ch'era giusto e ciò che non lo era. Ed era giunto quel momento, dovevo parlarle ed aggiustare quel che avevo distrutto con le mie stesse mani, anche se involontariamente: il suo equilibrio, la sua vita, il suo cuore.
«Va meglio?» sussurrai, cercando di farle spiccicare qualche parola, cercando con lo sguardo qualche segno di volontà nell'esprimersi: non lo notai, ma le sue labbra s'aprirono ugualmente e la sua roca voce, solitamente soave, s'appropriò del mio udito, come di quello dell'intera stanza, quasi lei fosse il suono stesso della natura.
«S-sì, credo di sì ...» annuì col capo, mentre la voce le marciva lentamente in gola, quella stessa che per tanto era appartenuta alla profonda Danielle: che l'altra si stesse impadronendo anche di quella?
Pregai di no a non so chi, giacché, se non fossi riuscito più a comunicare con lei attraverso quello, cos'altro avrei utilizzato se anche gli occhi erano in suo potere? Ciò mi spinse ad accelerare l'avvento della questione, dovevo parlare con la vera Danielle, un "Va tutto bene, Nick" non mi sarebbe mai andato a genio, soprattutto se con una voce squillante: preferivo un suono disfatto, ma vero, che uno perfettamente cucito, ma falso.
«Sicura?» domandai nuovamente, mostrandole uno sguardo preoccupato: come avrei introdotto la questione?
«Sì, sicura» sorrise leggermente, forse per apparir decente, ma cosa poteva farsene la persona che la ama di un sorriso tirato e falso?
«Danielle,» sospirai, avvicinandomi a lei in seguito a diversi secondi di vuoto silenzio. «dobbiamo parlare».
Lei alzò lo sguardo, sgranato leggermente, la paura, padrona del suo sguardo, permetteva persino alle sue dita di tremar leggermente ... Non attesi una sua risposta per parlare, presi fiato, raccogliendo ogni briciolo di coraggio che il mio corpo riusciva a produrre, e dissi:
«Ho notato ... ho notato gli effetti di questa storia, tu ... Tu non stai bene, insomma» cominciai, cercando le parole giuste nel suo sguardo, il quale tremava sotto il mio: alle prime parole, gli occhi eran già per metà scuri, la vera lei annuiva, sapeva ch'era la cosa giusta, ma sarebbero mai scese lacrime dai suoi occhi per la meta alla quale intendevo giungere? «Il dolore procuratoti dalla rottura con ... con Liam -trasalì all'udire questo nome, quasi fosse Lord Voldemort, ed io d'istinto le strinsi la mano- ... è davvero molto, posso comprendere quanto tenevi a lui ... e quanto tutt'ora tu vi tenga. So ... so che lo ami ancora -occhi ancor più sgranati, avevo rivelato il suo segreto e lei era disarmata- e non penso ti sarà facile dimenticarlo, non da come hai reagito alla rottura ... Quel che sto cercando di dire è ... che non voglio tu sia triste, non ... non è da te, non è ... la cosa più giusta per te, non è ... Danielle Peazer non è nata per piangere, le sue lacrime sono acido per il mio cuore ... e per il suo! -ne scese una dal suo occhio sinistro e la raccolsi- 
Vedi? Brucia. Fa male, fa molto male, perché tu ... Tu sei un angelo, hai mai scorto un angelo piangere? Gli angeli sono creature perfette, pure, le lacrime non possono solcare i loro volti perché dovrebbero sempre esser felici ...».
«Non sono un angelo, anzi» tirò le labbra lei, abbassando lo sguardo ed osservando il pavimento.
«Non mentire, lo sei» sussurrai, accarezzandole la guancia, e lei rispose alzando nuovamente i nocciola occhi e squadrandomi interrogativa.
«Nick, dove intendi arrivare? Sappiamo entrambi cos'ho combinato io ... Sono un demone, altro che un angelo. Pare ch'io sia solo in grado di combinare guai e provocar dolore ...» sussurrò, scrollando il capo e tralasciando il mio volto, prima di incrociare i nostri sguardi, attendendo tremante una mia risposta.
«Non è vero, non è vero Danielle» le presi il volto fra le mani: come poteva accusarsi d'un errore compiuto dal sottoscritto? «Il vero colpevole di tutta questa storia sono io, mi sono innamorato di te e ... non dovevo fare ciò che ho fatto-».
«Anch'io mi sono innamorata di te!» sbottò, lasciando che nuove lacrime lottassero contro la maschera appena riaggiustata per la millesima volta: oh, quant'era bello udir quelle parole, ma non erano vere, dopotutto ... «E' colpa mia, sono io quella che non si sarebbe-».
«No, Danielle, ti sei semplicemente infatuata. Non sto dicendo che i tuoi sentimenti non sono reali, probabilmente lo sono ma ... Ma non sono come quelli che tutt'ora provi per Liam, e non puoi negarlo» abbassai il capo, indeciso se quelle fossero le parole giuste o meno, desideroso di baciarla e di metter tutto da parte, di fregarmene di quello che sarebbe stato il futuro perché potevo averla, poteva esser mia se l'avessi aiutata a ricostruire la superficiale Danielle: come quella sera, quando giungemmo nell'800, ma, questa volta, ero a conoscenza degli effetti di quei desideri e sapevo di dovermene tenere alla larga ... «Il punto è: Liam, Liam ti rendeva felice ... Non io. Io non posso far molto, non se il tuo cuore appartiene a lui. E va bene così! -esclamai, appena il suo sguardo s'abbassò leggermente, permettendole d'alzarlo nuovamente- Va bene così, perché è lui la persona più giusta per te, lui può davvero renderti felice, non io. Sono stato io la causa del tuo dolore e ... non posso ... non posso renderti infelice, non sono degno di compiere un gesto tanto brutale nei confronti d'un angelo che amo più della mia stessa vita -trattenni le lacrime e le sorrisi malamente- Perciò ... Perciò, Danielle, ti prego, lascia ch'io ti liberi dalla gabbia nella quale ti ho costretto ad entrare e vola via, libera da questo dolore che ti sta avvolgendo».
«Come puoi chiedermi questo?!» crollarono nuove lacrime, mentre lei scuoteva il capo e le sue mani stringevano il tessuto della mia camicia. «Non posso abbandonare una persona che amo-».
«Torna da Liam, Danielle, lui ... lui è la persona più giusta-» raccolsi le amare parole e le sputai, sentendo una stretta in fondo al cuore, quasi fossi appena stato sparato.
«E chi può dirlo? Tu? Nick ... Apprezzo tu voglia aiutarmi, anzi, io ... io non so che dire, davvero, ma devo dimenticarlo, non posso ... non voglio abbandonare anche te» disse, tirando su col naso al termine del discorso e poggiando la fronte contro il mio petto, i ribelli ricci seguivano il corso della vicenda limitandosi ad intralciare i nostri sguardi. «Io ... va bene, non posso ammettere di amarti perché ... Perché sì, amo ancora Liam, era ... era tutto per me, ma ora ... ora voglio innamorarmi di te, voglio che sia tu quella persona  in grado di rendermi felice con un solo gesto!-alzò il capo, decisa- Non voglio perderti, Nick, perché anch'io ho la mia parte di colpa, anch'io ho contribuito a questo amore costruito s'un tradimento, sono ... sono stata io ad entrare nella gabbia e tu mi hai semplicemente offerto il necessario per sopravvivere tra queste sbarre che, per me, sono tutto ciò che ho e tutto ciò che mi rimane. Se ... se volo via da quella porticina che mi stai lasciando aperta, non avrò più nulla, vuoi davvero questo?».
«Non è vero che non avrai più nulla, Danielle. Liam ... Liam ti sta solo aspettando, vuoi comprendere che lui ti ama ancora come tu lo ami? I vostri cuori sono ancora collegati e probabilmente non si allontaneranno più» l'abbracciai, lasciando a mia volta scorrere qualche lacrima, le quali si fecero strada sulle mie guance fino a crollare sul capo della castana, la quale, però, non si mosse se non per ribattere a quelle parole. «Siete fatti per stare assieme».
«Nick, non dire questo, ti prego» sussurrò, stringendosi ancor più a me. «Io ... Io ...».
«Lo credi anche tu, nevvero?» bisbigliai, alzandole il capo e notando gli occhi completamente annegati, pittura pregna d'acqua per sfumarne il colore: il silenzio con il quale rispose ferì molto più di tutte le parole che m'avevano quasi spinto a crederle e ad abbandonare il mio discorso ... «E allora va da lui, Danielle, sii felice».
«Come potrò esserlo senza te?» domandò, accarezzandomi la guancia.
«Come hai sempre fatto prima di incontrarmi: dimenticami» dissi semplicemente, sorridendole leggermente: era la cosa più giusta, allora perché i pezzi del mio cuore, ormai infranto, stavano lentamente piovendo all'interno del mio corpo?
«Dimenticarti? Oh, io non riuscirò mai a dimenticarti» scosse il capo convinta, lasciando che un falso sorriso le adornasse le labbra: pareva seria ... «Non ... non dopo questi sentimenti che ho provato, e li ho davvero provati. Al massimo ... al massimo potrò non pensarti, costringerò la mia mente a non pensarti -ero sicuro ci sarebbe riuscito alla perfezione con lui ...-, ma sarà il compito più arduo di sempre».
«Non credo ...» bisbigliai, rivelando semplicemente ciò che attraversava la mia mente, mentre il suo corpo s'allontanava dal mio: discussione terminata, era giunto il momento d'andare?
«Dovresti credervi, Grimshaw, perché sarà così, credimi» disse, porgendomi una mano ed aiutandomi ad alzarmi: aveva preso bene la notizia, no? «Mi conosco abbastanza».
Sorrise, tirandomi su e stringendomi in un abbraccio, lasciandomi sorpreso: era davvero andata bene? E non dovevo esserne contento? "Sei un idiota".
«Quindi hai deciso» sorrisi leggermente, convincendomi fosse la cosa giusta, sperando fosse la cosa giusta. «Torni da lui, vero?».
«Io ... Io non so. Vorrei esser felice, come hai detto tu, ma ... Ma attenderò lui sia pronto» sorrise a sua volta, stringendosi a me per un'ultima volta. «Nel frattempo, lascerò che il mio cuore si svuoti da te -e mai parole fecero più male di queste-, se è lui l'amore della mia vita ... Devo ... Devo farlo. L'hai detto tu, no? E' solo un'infatuazione, nulla più».

Potevano quelle parole aver l'effetto di pallottole nel mio cuore? E potevo morir per quelle? Oh, quanto l'avrei voluto, tanto. Avrei preferito morire tra le sue braccia, sapere che, col mio ultimo respiro, avevo inalato il suo profumo, che l'ultimo tocco l'avevo donato a lei, che i suoi occhi sarebbero rimasti impressi nei miei per l'eternità. Ma non potevo, no, e se l'avesse resa infelice? Non compierei mai nulla che possa rattristarla. Mai. Salvo che non porti a una felicità superiore, come in quel caso.
«E ora, scusa,» tirò su col naso, allontanandosi e sorridendomi, mentre, dai suoi occhi, la vera Danielle, in lacrime, mi salutava dolcemente: mi sarebbe mancata, molto, troppo. «ma devo andare a piangere per averti perso».
E lo disse con così tanta disinvoltura, che all'inizio neppur notai il significato delle parole, anche se quelle mi sorpreso, quando finalmente intuii cosa intendessero: "Anch'io devo piangere, per un funerale però. E' morto il mio cuore".
«Non farlo, ti prego» sussurrai, e lei scosse il capo, quasi a dire 'Lascia stare' o 'E' impossibile' ...
Un ultimo sorriso impregnò il mio cuore d'un dolore, ed al contempo d'una gioia, indescrivibile, ma che mi permise di salutar sia lei, la quale si allontanò rapidamente, sia quell'ammasso di schegge immerso tra i polmoni, il quale, presa un po' di colla, ricambiò il saluto, saltando fuori dal mio corpo e dirigendosi al suo fianco, promettendomi che non l'avrebbe mai abbandonata: ed ero certo sarebbe successo, perché quella non era una semplice infatuazione, no. L'amavo e per sempre l'avrei fatto, il mio cuore le apparteneva e nulla mi avrebbe mai fatto cambiare idea ...
 
Past Eleanor's POV
 
When it's time to live and let die
And you can't get another try
Something inside this heart has died
You're in ruins ...
(21 guns - Green Day)
 
 Un brivido s'espanse per il mio corpo appena lo scricchiolio della porta alle mie spalle giunse al mio orecchio, anche se non vi badai più di tanto, intenta com'ero a prestare attenzione a che il vassoio posto fra le mie mani non rovinasse sul pavimento, guastando lo spuntino ch'ero intenta a portare nelle mie stanze; aperta la porta con la schiena, mi voltai per entrar nella camera, dalle pareti sul lilla e le decorazioni in azzurro, per poi sorridere, appena fu nella mia visuale, ad una castana dalle gambe incrociate, seduta sul letto ed intenta a legger uno dei libri precedentemente posti sul mio comodino, badando bene a non perdermi il segno, salvaguardato da un semplice segnalibro ancora presente, finché non udì il suono provocato dalla porta e dal mio gesto, cosa che le permise d'alzare il capo e ricambiare il saluto, probabilmente più contenta di notare la presenza dei dolci tanto attesi sulla superficie dell'argentato vassoio. Con un secco colpo di tacco, richiusi la porta alle mie spalle, avviandomi, in tutta tranquillità, al comodino al termine della stanza, posandovi sopra l'oggetto fra le mie mani proprio mentre l'altra ragazza si alzava dal letto, quasi rischiando di inciampare nelle lenzuola disfatte da entrambe per errore, e, sempre col libro fra le mani, s'avvicinava alla mia persona, avventandosi su uno dei piccoli dolci ed addirittura sporcandosi le labbra solamente per assaggiarli, permettendomi di ridacchiare per il suo buffo comportamento: eravamo davvero molto simili, era qualcosa che m'inquietava ed al contempo trovavo interessante ...
«Mmh, buoni!» commentò, terminandone uno in un semplice morso, ovvero nel metodo che non s'addice assolutamente ad una dama, ma per il quale, dopotutto, non potevo biasimarla: quei dolcetti erano davvero ottimi, nonché una delle novità culinarie più gustose da anni! «Come hai detto che si chiamano?».
«Baci di dama*» le risposi, raccogliendo un tovagliolo di carta dal vassoio ed utilizzandolo per afferrarne uno destinato al mio, di stomaco. «Sono dei dolci ideati in Italia quarant'anni or sono, il loro nome è dovuto -e qui portai il dolce fra i nostri volti per poterglielo mostrare- al loro aspetto, giacché le due calotte di pasta sembrano due labbra».
Detto questo, e notato il suo capo che rivelava d'aver compreso, lo morsi, ripulendomi poi le labbra con il tovagliolo e porgendone un altro alla sua persona, indicandola la presenza di cioccolato sul suo volto; leggermente imbarazzata, ma comunque divertita dal suo errore, accettò il dono e si ripulì il volto, sorridendo nel frattempo.
«Comprendo» disse al termine dell'operazione, prendendone un altro e, con dolcetto e tovagliolo, ritornando alla sua postazione precedente, facendomi gentilmente cenno di prender, a mia volta, il mio; continuò il discorso appena si fu nuovamente accomodata sul letto, portando attenzione a non sparger cioccolata o molliche ovunque. «Mi sembra t'interessi di cucina, eh?».
«Ahahah, non proprio» sorrisi, portando le mie gambe sul letto e sistemandomi l'abito in modo che non si sgualcisse troppo, per poi voltarmi nella sua direzione ed osservarla divertita nell'intento di ripulirsi in seguito all'aver divorato il secondo Bacio di dama. «Trovo l'arte culinaria alquanto interessante, ma limito il mio interesse alla semplice osservazione, non penso cucinare si adatti alla sottoscritta».
«Dici?» domandò, leccando il cioccolato ch'era colato sul pollice, per poi guardarmi incuriosita. «Hai mai provato?».
«No, effettivamente no ...» risposi, concentrata sul gesto, per poi scuotere il capo e concentrarmi sulla domanda: talvolta pareva quasi m'incantassi nell'osservarla, parevo davvero così ... così golosa mentre mangiavo o era una sua caratteristica? «In realtà, mia madre non mi ha mai realmente permesso di scendere nelle cucine per provarvi, ma ... Anch'io non ne sono tanto certa».
«Mmh, va bene» assottigliò gli occhi e mi domandai se avrebbe mai abbandonato quella sua malsana idea; nel frattempo, s'era già ripulita dalle ultime tracce di cioccolato ed aveva tirato fuori dal borsellino, il quale s'era portata dietro dalle sue stanze, l'occorrente per quello che lei chiamava 'manicure': la osservai incuriosita mentre ne estraeva insoliti contenitori, dalle strambe forme, simili a cuori, e li posizionava l'uno al fianco dell'altro, per quanto consentiva lo scarso equilibrio offerto dal letto.
Osservai ogni boccetta, notando i loro differenti colori: un rosa accecante, un rosso sul bordò, un blu notturno ed altre decine di tonalità s'affacciavano dai vetri d'esse, mostrandosi in tutto il loro splendore, leggermente trattenuto da quel che pareva essere il loro tappo, al quale era collegato qualcosa di molto simile ad un pennello; ne afferrai una contente un denso liquido azzurro e la squadrai, cercando di comprendere cosa effettivamente fosse.
«Si chiama smalto» annunciò l'altra, appena ebbe terminato di compiere il suo lavoro con l'estrazione di un paio di piccole forbici e diversi strani oggetti all'apparenza d'un materiale mai scorto in precedenza; alzai lo sguardo nella sua direzione e, sempre con lo 'smalto' fra le mani, la osservai incuriosita. «Si mette sulle unghie, così».
Detto questo, ne prese una e, svitato il tappo, con il pennello all'interno, stese il delicato verde da lei scelto sul pollice della mano sinistra, porgendomela, in seguito, e mostrandomi l'evento: era forse magia quella?
«Oh, ma ... che trovata ingegnosa!» esclamai, alternando il mio sguardo fra la boccetta stretta dalle mie affusolate dita e la mano della castana, ritrovandomi sorpresa di quanto i cosmetici si fossero evoluti. «Nella mia epoca siamo solite utilizzare oli e pelli intinte**, questo ... è strabiliante!».
«Ahahah ed è solo dello smalto!» rise lei, facendomi quasi passare per ingenua, mentre proseguiva nella sua opera d'arte, ovvero quella di stendersi il denso verde sulle unghie della mano sinistra; quindi, terminata l'operazione, alzò lo sguardo sorridente, ricambiando il mio curioso. «Vuoi provare?».
Annuii sorridente e, preso il tappo-pennello in mano, lo girai fra le dita, prima di intingerlo nuovamente nella boccetta da lei passatami e dirigerlo sulle unghie della mano destra, ancora prive d'un colore così interessante: era un'operazione estremamente delicata ed avevo alta paura di sbagliare, eppure sarebbe dovuta essere una soluzione in grado di facilitare il compito! Dopo un paio di passate, comunque, ero abbastanza in grado di padroneggiare quel nuovo strumento, e, tanto per render la cosa più ovvia, giunsi a dar una pennellata anche alle lenzuola, aggiungendo all'azzurro anche una bella sfumatura di verde: "Oddio, cos'ho combinato!".
«Ah, sono un danno!» esclamai, poggiando il piccolo pennello nella sua boccetta e voltandomi verso i tovaglioli, unico sistema che attraversò la mia mente per ripulire quella semplice, seppur disastrosa, pennellata fuori posto; in seguito a diversi tentativi, trascorsi con sottofondo la risata dell'altra me, la quale si stava decisamente divertendo sotto il mio sguardo infuriato per la sua reazione, abbandonai l'impresa, lanciando alle mie spalle il tovagliolo e cominciando a pregare fosse semplice levarlo: sarebbe stato meglio avvertire la servitù all'istante o attendere che il luogo fosse liberato?
«Vado a chiamare la domestica» avvertii alzandomi, prima d'esser bloccata per un braccio da una castana la quale malamente tentava di trattenere le risate, per le quali addirittura aveva le lacrime agli occhi; voltatami nella sua direzione ed atteso il termine di quel divertimento, la squadrai frettolosa, cercando di liberarmi dalla sua presa.
«Dai, ahaha, non serve tu chiami addirittura la domestica!» esclamò, avvicinandomi a sé: era pazza o cosa? «Andiamo, è una semplice macchia!».
«Semplice per te, donna del futuro!» ribattei, prendendo nuovamente posto, oramai convinta dal mio doppione a non correr fuori in cerca d'aiuto a ciò che per la sottoscritta pareva una tragedia di dimensioni catastrofiche. «Quel materiale non è ancora presente nella nostra epoca! Come riusciranno a levarne la macchia? E quale scusa potrò mai inventare se questa notizia dovesse raggiungere i miei genitori?».
«Intendi gli stessi che non vedi da due settimane?» domandò, probabilmente senza neppur pensarvi, e ciò mi ferì, lasciandomi leggermente allibita: era vero, i miei genitori non erano ancora tornati da quel semplice viaggio di cinque giorni ... e la sottoscritta, come i suoi fratelli e la sua sorella maggiore, era alquanto preoccupata ... perciò quella frase mi diede alquanto fastidio.
«Sì, gli stessi che, per tua informazione, potrebbero tagliarti la testa credendoti un'impostora» ribattei, allontanando il mio braccio dalle sue grinfie ed incrociandolo all'altro contro il petto: il suo sguardo leggermente terrorizzato fu la ricompensa per aver causato quel guaio, perciò mi costrinsi ad abbassare i toni. «Ascolta, non posso in alcun modo far venire allo scoperto la vostra esistenza e, per questo, quella macchia mi procura molte preoccupazioni».
Il suo sguardo spaventato si trasformò in uno semplicemente preoccupato, fino a far comparire un leggero sorriso sulle sue labbra durante codeste frasi si liberavano da esse:
«Hai ragione, scusa per come mi sono comportata, è solo che ... mi sembra ancora impossibile tutto questo e tendo a comportarmi come se fossi nella mia, di epoca».
«Comprendo» sorrisi a mia volta, liberando le braccia dalla prigionia alla quale le avevo recluse per stenderle e raggiungere le sue mani, prendendole fra le mie. «Però dovresti davvero cercare di adeguarti a questa situazione, non avendo ancora idea di come tornare a casa».
«Ci proverò» annuì lei, stringendomi leggermente le mani e sorridendomi, un sorriso davvero stupendo che mi colpì, non solo per esso in sé, ma per la sua probabile presenza sul mio volto: era davvero così ... così meraviglioso o ero forse io ad esser vanitosa? «Ora, però -e detto questo, abbandonò le mie mani, lasciandomi un leggero rammarico per quel gesto-, sarà meglio cercare di nascondere quella macchia, cosa ne pensi?».
«Ottima idea, direi ahah» risi, rivolgendole un sorriso, il quale fu ricambiato dal medesimo ch'era stato in grado di rubarmi il respiro; scossi il capo per liberarmi da quei pensieri e, quando fui nuovamente in me, presi a raccogliere gli smalti presenti sul letto, mentre Eleanor attendeva il suo turno per rifare il letto, così da nascondere la famosa macchia che tanto scandalo aveva compiuto senza esser vista da più di due persone.
Raccolte tutte le boccette, la castana mi porse il borsellino, nel quale aveva già riposto momentaneamente gli altri strumenti utili alla manicure, e vi sistemai a mia volta i frutti della mia raccolta, cercando di non farne cadere nulla; nel contempo, l'altra sistemava le lenzuola in modo da non render l'evento visibile e le coperte in modo da coprire il tutto; pareva abituata a compiere quel lavoro ed il solo pensiero d'una vita futura trascorsa a sistemare letti mi preoccupò altamente. "Chissà che lavoro svolge ..." mi domandai, proprio quando un oggetto alla mia destra attirò la mia attenzione, ma non per la sua forma o per il suo colore, bensì per il suono che produceva: parevano violini i quali, ad ogni nota che svaniva, ne facevan comparire un'altra, a colmare il vuoto lasciato dall'altra. Incuriosita, m'avvicinai, con ancora il borsellino nella mano sinistra, ed osservai quell'oggetto squadrato dal quale ero sempre stata attratta; senza badare alle parole dell'altra me, la quale stava probabilmente cercando di convincermi a passarle l'oggetto, lo raggiunsi con la mano libera e, sfioratolo leggermente, scoprii d'aver compiuto veramente qualcosa: deglutii, quasi spaventata dalla magia ch'ero riuscita a compiere involontariamente, e portai l'apparecchio all'orecchio come avevo scorto i nostri sosia fare.
«P-pronto?» recitai come da copione, mentre l'altra me mi lanciava uno sguardo allibito ed al contempo ammirato, forse perché ero riuscita a comprenderne il funzionamento o forse perch-Oh caspiterina, di chi era quella voce che udivan le mie orecchie?!
«Pronto, Eleanor? Eleanor?!» richiamò la mia attenzione una vociona, ma non v'era nessun uomo al mio fianco, com'era possibile la sua presenza?!
«S-sì?» balbettante risposi, sotto lo sguardo incuriosito e confuso dell'altra me, raccogliendo quel po' di coraggio che riuscivo a scovare nella curiosità nata da quell'incontro ... verbale, direi: ero emozionata ed al contempo tremavo come una foglia, ma cercai di mantenere una maschera calma, seppur la persona non fosse in grado di scorgermi.
«Eleanor? Sono io, Paul!» si presentò, permettendomi di domandarmi chi fosse: ero sicura quella voce non appartenesse a nessuno di mia conoscenza, né della mia epoca, né del futuro, quindi, a meno che i 'fuori epoca' non ci stessero nascondendo qualcuno, tutto ciò poteva voler dire un'unica cosa ...
Ero in contatto con il futuro.
«P-Paul?» domandai involontariamente, rivolgendo i miei occhi all'altra Eleanor, il cui sguardo spalancato ricambiò il mio sgranato: evidentemente entrambe eravamo giunte alla medesima conclusione, anzi, forse lei aveva più nozioni e questo 'Paul' era suo conoscente, anche se lei non riuscì neppur a convincermi a passarle il telefono nel suo silenzio di tomba ed incapacità di movimento per la sorpresa ...
«Sì, Paul! Dove siete? Sono giorni che vi cerchiamo!» ribatté l'uomo, per poi dilungarsi in un discorso riguardante una certa 'buona ricezione' ed una 'connessione', il quale non compresi per nulla se non quando nominò la Villa nella quale risiedevamo, e ci trovavamo in quel momento, ma non riuscii a dir nulla a riguardo giacché una rapida sosia, la quale prima si trovava dall'altra parte della stanza e solamente la magia avrebbe spiegato la sua rapidità di movimento, mi sfilò dalle mani l'iPhone prima che fossi solamente in grado di aprir bocca; la osservai portarsi all'orecchio l'oggetto e cominciar a gestire la situazione normalmente, quasi come se per lei fosse quotidiano udire la voce d'una persona attraverso un aggeggio così minuscolo.
Fu facile far comprendere all'uomo il luogo dov'erano attualmente collocati, il quale era il medesimo per la sua persona, ma meno facile fargli comprender che la differenza risiedeva nell'epoca: insomma, non è mica da tutti i giorni ritrovarsi due secoli indietro nel tempo mentre si cerca di comunicare con qualcuno che si trova nella tua vera epoca. Avevo provato a farle notare che la prova da lei tanto cercata ero io, se avessimo parlato assieme, lui avrebbe probabilmente compreso la presenza di un'altra lei e quindi le avrebbe creduto, ma non mi permise neppur d'avvicinarmi mentre gesticolava nel tentativo di convincerlo di un qualcosa praticamente impossibile; sospirai e rimandai l'impresa a quando si sarebbe calmata dalla sua pazzia: comprendevo fosse importante quell'evento, nessuno s'era mai messo in contatto dal futuro, ma con più calma sarebbe probabilmente potuta giungere alla soluzione, cosa che non avrebbe mai trovato se avesse continuato per quella strada. Siccome l'avevo seguita per metà stanza, quando decisi di sedermi mi ritrovai dall'altra parte della camera, nel luogo ove lei era precedentemente seduta; l'agitazione, però, era presente anche nel mio corpo e, perciò, non riuscii a rimaner accomodata per più di due secondi, rialzandomi e dirigendomi verso la finestra in meno di 4: mi sentivo inutile. Poggiai le mani contro il marmo presente sotto la finestra ed osservai il paesaggio attorno, presa dai miei pensieri, nel mentre una Eleanor impazzita del tutto urlava contro l'apparecchio: tralasciando i pensieri riguardanti la preoccupazione per quella ragazza, il resto erano completamente rivolti o alla storia in generale o ai miei sentimenti a riguardo. Da quando erano giunti, avevo provato svariate emozioni, dalla sorpresa alla gioia, dalla paura alla tristezza ... e quest'ultima era quella che ritrovavo ogni qual volta notavo i loro sguardi: avevano nostalgia di casa e ... mi sentivo alquanto inutile, non avendo neppur idea di come potesse mai esser capitato quell'evento. Mi sentivo estremamente, dannatamente, completamente impo-Un momento. In seguito all'essermi ritrovata con il capo nascosto fra le braccia, ancora poggiate sul marmo, ma, questa volta, incrociate, lo alzai leggermente sbigottita, mentre i miei occhi seguivano completamente la scena: cosa diavolo avevo appena scorto.
«Eleanor ...» sussurrai, cercando d'attirare la sua attenzione senza perder di vista il punto nel quale era capitato l'evento: stavo forse impazzendo? «El ...».
«Non posso ora, non vedi che sto parlando a telefono?» sbottò lei, anche se non badai molto al tono con il quale si era rivolto alla sottoscritta. «Oh, rieccoti Paul! Ma dov'eri finito?».
«El, è una cosa importante!» mossi il braccio sinistro alle mie spalle, provando a raggiungerla, magari avvicinandola avrebbe compreso cosa intendessi dire: di cosa stava parlando con Paul? «El, per favore!».
«Sono occupata!» esclamò nuovamente, sbuffando prima di tornare a discutere con l'uomo: ma ascoltarmi, per una buona volta?! «Eh? Cosa? Non ti sento bene!».
«Eleanor!» richiamai la sua attenzione per la terza volta, girandomi con ancora l'immagine impressa nella mia retina; l'afferrai per un braccio e, sotto il suo sguardo stizzito, la portai alla finestra, mostrandole uno stranito uomo che s'osservava attorno, quasi non avesse idea di dove si trovasse ... o non riuscisse a capacitarsi dell'accaduto.
«El cosa vu-» cominciò una nuova risposta secca, quando notò l'uomo e spalancò gli occhi, allargando persino la bocca per la sorpresa presente ai suoi occhi; la osservai portarsi nuovamente l'apparecchio all'orecchio, dal quale la voce la chiamava per nome, e, in seguito all'aver deglutito a vuoto, parlare nuovamente. «Paul, ci sei?».
Nel frattempo, l'uomo dalla statura abbastanza alta e la capigliatura scura, da ciò ch'ero in grado di scorger da lassù, mosse nuovamente il capo, quasi rivolgendosi a qualcuno alla sua destra che, però, non v'era: avevo quindi ragione?
«Guarda ... guarda in alto, alla tua sinistra, per favore» disse tremante l'altra me ... e l'uomo sul vialetto della villa, a metà strada fra portone e cancello d'ingresso, spostò lo sguardo proprio nel punto in cui era stato indicato a Paul di fare, portandosi leggermente indietro e sbarrando gli occhi appena la nostra finestra, ovvero quella dalla quale eravamo entrambe affacciate, fu nella sua visuale: era veramente lui! «Paul, ... benvenuto a Villa Styles nel 1895».


*Baci di dama: ho trovato le informazioni sui dolci qua (
http://it.answers.yahoo.com/question/index?qid=20081112093813AAXV1PK) e su Wikipedia, ma non mi ingolla a postare il link lol Non sono sicura ve ne fossero di successivi, perciò ho scritto che erano una novità, poi boh
**Oli e pelli intinte: ho trovato le informazioni qua (http://www.bellezzasalute.it/cosmetici/smalti/lo-smalto.asp) e qua (http://missklaire.blogspot.it/2012/01/la-storia-delle-unghie-e-della-manicure.html), ma anche su altri siti, per i quali, però, ho fatto delle schermate che ho perso lol *sono un danno*


DUN DUN DUN DUNN! Eheheh ed ora abbiamo anche Paul con noi! lol Comunque, salve, sono TORNATA! Yeaaah! (Luke: e speriamo questa sia la volta buona) Eh già, sennò rischio di ritrovarmi in una fossa seppellita con tanto di pc per continuare a scrivere dall'aldilà :s ... Maybe. Comunque, spero vi sia piaciuto questo deprimente nuovo capitolo! :D Ok, non è decisamente, come detto in precedenza, uno dei migliori per tornare, ma ... è qualcosa! Insomma, dopotutto segna anche un nuovo inizio per quattro persone in particolare ed una svolta per la trama! Ma analizziamo pov per pov: nel primo troviamo il litigio degli Ziall del futuro in seguito al 'tradimento' di Zayn. Ammetto che è stato complicato scrivere una scena del genere e che, all'inizio, non vi sarebbe dovuta essere, doveva semplicemente essere una piccola discussione con happy ending, ma ... una persona (che ho paura ammazzerete se vi dico chi è lol) mi ha fatto notare che non sarebbe stato molto realistico, perciò ho abbandonato l'idea e TA DAN: gli Ziall f hanno litigato e sono entrambi distrutti! Come vivranno questa situazione? E che fine ha fatto Zayn? Boh! (Luke: '-') Ovviamente lo so, ma non glielo vado mica a dire u.u *la mitragliano* Ok, ok, vedrò di dirlo il prima possibile D. *le hanno distrutto un occhio (?)* (Luke: in realtà non le ingolla a modificare l'errore) Details. Anyway, secondo POV: i Dick (amo il nome di questa ship ahahahah) si lasciano. Ho pianto anche qui ahahaa-basta. E' solo che sono troppo teneri, anche se la loro relazione ha portato ad un tradimento :( In più, come si vede, Nick ama veramente Danielle e ci tiene a lei, perderla è doloroso per lui ... Ma per Danielle? Danielle sarà davvero ancora innamorata di Liam? E cosa accadrà tra i Payzer? Torneranno insieme (ma Liam non sta ora con la bea-con Sophia? lol)? Eheheh chissà! Terzo ed ultimo POV: le due Eleanor e la misteriosa macchia di smalto! Ok, questa parte l'ho ideata solamente perché volevo scrivere una scena con loro due, mi stanno simpatiche ahaha :') In più, era molto triste il resto del capitolo e, credendo non bastasse, ho cercato qualcosa che allentasse la tensione (per poi farla salire alla fine, but details): spero di esservi riuscita, a me sembrano tante cazzate messe assieme lol (come il resto del capitolo, d'altronde) Entra in scena Paul, il quale sta cercando tutti i 'futuristici': cosa l'ha portato a ritrovarsi nel giardino della Villa nel 1895? E cosa ha scorto l'Eleanor del passato? Ma soprattutto, cosa ne conseguirà?




Lo saprete nel prossimo capitolo.
Lol.
Sono malvagia.
(nel frattempo gradirei una recensionina-ina-ina, pls *fa occhi da cucciolo*)

Comunque, *sclera, si vede? Le mancava scrivere qua* vorrei ringraziare:
-blue drop, _larry_ & xlouissvoice_ per aver recensito la preview
-giusky & Sogni d Horan per aver recensito il precedente capitolo, If the hand is hard, together we'll mend your heart ...
-tutti coloro che, dopo tutto questo tempo, si trovano ancora qui (Luke: non farlo) MA DEVOOO


"After all this time?"
"Always"


*si ritira in un angolino* (Luke: te l'avevo detto) çwç
-le 37/7/51 persone che preferiscono/ricordano/seguono la ff, grazie mille jldfgd *^*
A proposito di questo, mi scuso con le persone che ricordano e seguono la storia per aver inviato loro messaggi nei quali scrivevo che la preferivano, errore mio ahahah *sono un danno, dovreste ormai conoscermi lol*

Grazie per essere ancora qua, davvero, it means a lot :') Credevo che nessuno si sarebbe cagato la storia proprio perché era trascorso troppo tempo, ma invece ho ricevuto abbastanza feedback ed anche buono ed io ... Piango çwç (Luke: ma piangi per tutto?) Sì çwç Vi amo, sappiatelo, this is awesome, like, this is one of the best day ever (E' PASSATO UN ANNO DALLA NASCITA DEGLI UNIOOOOON JJJJJJJJJJJ) e ... niente, che stavo dicendo? *comincia a cantare Carry You* (Luke: Concentrati!) Giusto ò.ò | Oggi è il compleanno di mia sorella, ma non vi frega, quindi, movin' on | Zayn si sposerà con Perrie. Sì, ed io sono un blind di Blind Gossip, precisamente questo (
http://blindgossip.com/?p=56054) *anche se pure uno tra quelli dei 7 nani mi piacerebbe kfdslkjd*. Sono malata, tanto. Comunque, come potete ben vedere dal link, è probabilmente un'altra trovata dei manager, come predetto nel blind di Liam, d'altronde, perciò non me ne faccio un problema u.u (sono tornata a rompervi le palle con le mie inutili opinioni, sappiatelo) | Per chi se lo chiedesse *ed i grilli risuonarono nella stanza* *nakanaideeee- non c'entra nulla*, ho cambiato nome perché mi ingollava/avevo bisogno di cambiare/il 98 mi stava cominciando a stare sul cazzo quiiiindi l'ho cambiato in Nadia Yuki, che sarebbe il mio nome preferito, nonché quello di molti dei miei personaggi, la maggior parte dei quali ribelli/forti/coraggiosi, + la parola che in giapponese significherebbe neve, ma il traduttore dice che è anche coraggio, ed io l'ho preso per buono lol (Luke: non fregava a nessuno) Lo sanno che qua scrivo cazzate, si saranno abituati a saltare sta parte lol

Grazie ancora a chiunque abbia letto questo capitolo, che sia qui in seguito ad aver atteso per molto un mio aggiornamento o che sia qui per puro caso, grazie.
Mi scuso per la schifezza che è il capitolo, come mio solito, sono un danno di dimensioni gigantesche, spero mi perdonerete anche per questo (prometto che scrivo un altro capitolo completamente Larry, oppure vi faccio un missing moment di quando stavano insieme, tutto per farmi perdonare çwç)
Spero che comunque lascerete una recensione, conto nella tua ò.ò *punta dito contro nulla*
Sono Nadia Yuki ed insieme a Luke Hemmings vi ringrazio e vi auguro un buon proseguimento di serata! :D
Byee :3


Nadia Yuki
   
 
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