Titolo:
Il filo rosso.
Autore:
Dania.
Fandom:
Supernatural
Pairing/Personaggi:
Dean Winchester/Castiel, Sam Winchester, nominato
Balthazar.
Rating:
Momentaneamente verde, destinato a salire nel corso dei capitoli.
Charapter:
3/?
Words:
1971/?.
Genere:
Introspettivo, Sentimentale.
Summary:
Castiel è riuscito a rintracciare un'altra arma angelica.
Avrà perè bisogno dell'aiuto dei Winchester per
recuperarla. Non tutto però andrà bene come
sperato.
DISCLAIMER: Non mi appartengono, non ci guadagno nulla.
Capitolo 2
[ Dean's POV ]
Castiel
allungò la mano, lasciò che il carosello girasse
e le bende rosse gli sfiorassero l'arto. Sembrò passare un
lasso di tempo infinito, probabilmente la giostra aveva già
fatto più di un giro, o forse era solo una sua impressione.
Poi ci fu un lampo nei suoi occhi e strinse il pugno.
« Signore, può legarla al polso, se vuole. Mi
segua, per favore. Ecco, può sedersi ad uno di questi
tavoli. Si ricordi: solo una partita, poi deve tornare al nostro tavolo
e restituirci la benda.» Dean riuscì a stento a
comprendere le parole che la ragazza mora, quella che aveva trillato
poco prima il benvenuto, disse con la velocità di un treno.
Ah, e dire che come aspetto non era nemmeno male, peccato per la
parlantina.
E così come era comparsa e aveva parlato, era pure
scomparsa. Un vero e proprio treno.
Aveva intenzione di tenersi ad una certa distanza e lasciar giocare
Castiel, in fondo era stato lui a prendere la benda (come se qualcun
altro lo potesse fare!), ma gli sembrava così spaurito che
ritenne più saggio avvicinarsi. Non che questo
sembrò calmare l'amico, anzi. Dean lo guardò
incuriosito, forse leggermente divertito.
« Se è per la partita, ho già preso le
fiches e poi non è così difficile come sembra!
» Sorrise ammiccandogli, sperando di rassicurarlo. Vedere un
angelo così turbato non poteva che far preoccupare anche lui.
« Dean non siamo venuti qui per 'fare una partita'. Dovevamo
recuperare l'arma. »
Il cacciatore gli si avvicino maggiormente, cingendogli le spalle con
un braccio.
« E tu non urlare ai quattro venti di avere un'arma. Sai, le
persone normali non pensano alla guerra in Paradiso e sicuramente
crederebbero che tu li voglia derubare e uccidere. Per il resto: non ti
preoccupare. » Ghignò, più che convinto
nella grandezza del proprio piano. L'angelo di rimando non sembrava
minimamente convinto.
Il cacciatore lo fece accomodare ad un tavolo: non sembrava esserci
nessuno di particolarmente bravo. O lo erano così tanto da
saper imbrogliare persino lui. A prima vista pareva comunque il tavolo
giusto per un principiante come Castiel. Qualche anziano, qualche
cliente abituale del casinò, qualche disperato in cerca di
fortuna, che magari sperava di trovare in una fascia rossa, ma che non
aveva avuto la pazienza di prendere. Nessuno dava l'idea di avere vere
e proprie possibilità di vittoria. Anche perché
loro avevano un pizzico di
fortuna in più, dalla loro parte.
« Ora cerca di desiderare ardentemente di farci guadagnare
qualche soldo. Forse riusciamo a lasciare quella topaia per una notte.
» Fu un sussurro a qualche centimetro dall'orecchio
dell'angelo. Vide un leggero brivido scuotergli le spalle. Che gli
avesse fatto del solletico senza rendersene conto? Un mezzo sorriso si
fece largo sul suo volto.
« Dean... » Un attimo di pausa, come se non fosse
del tutto sicuro di quello che stava per dire. « Non posso
farlo. »
« Andiamo Cass! Questa volta andrà tutto bene. Ti
divertirai. Te lo assicuro. Ne sono sicuro.»
Si scostò un attimo, per osservarlo negli occhi. Il suo
verde prato dentro quel mare profondo. Giusto un attimo, poi si
riavvicinò al suo orecchio. « Va bene, Castiel?
»
Perché lo stava facendo?
Sentì l'altro annuire ed allontanarsi impercettibilmente
dalla sua bocca e così fece anche lui, questa volta
totalmente, spostandosi dietro la sedia su cui l'amico si era
accomodato già prima. Lo vide agitarsi leggermente sul
posto, mentre sistemava davanti a sé le fiches.
Il tavolo si era ormai riempito e il banco stava raccogliendo le
puntate minime per poter poi distribuire le carte. Gli
sembrò che Castiel gli avesse lanciato uno sguardo
preoccupato, ma era stato un attimo, troppo veloce per esserne
veramente sicuro. Gli strinse una spalla, sperando ancora che quel
gesto potesse confortarlo.
Niente. Sembrava non sortire alcun effetto.
Lo vide raccogliere le proprie cinque carte. Vi lanciò un
fugace sguardo. Come prima mano non era per niente male. Una coppia di
tre. Non era una delle combinazioni vincenti, ma non era nemmeno da
buttare via. Come invece le altre carte. Se magari... ecco,
sì, così, bene. Castiel se le era fatte
sostituire e... niente. La mano non era migliorata. Lui però
rilanciò. Probabilmente avrebbe dovuto assicurarsi di
spiegargli per bene le regole, prima di farlo giocare e non dare per
scontato che in parte le sapesse. In
parte non
era decisamente sufficiente.
Aumentò leggermente la presa sulla sua spalla, sperando che
il messaggio potesse passare per quel contatto e raggiungere il
cervello dell'amico, ma da parte sua non ricevette nessun tipo di
risposta, nessun segno. Che Sam avesse ragione? Che razza di idea era
quella di far giocare d'azzardo un angelo?
Qualcuno nel tavolo aveva però lasciato il turno, gli altri
avevano rilanciato e poi deciso di bussare.
Un brivido freddo rotolò giù per la schiena del
biondo. Un flash nella sua mente, il volto di un altro angelo, uno
spaventapasseri; forse lui sarebbe stata la scelta migliore per un
piano simile, non una creatura pura come il moro. Bisognava solo
sperare che Castiel sapesse quello che stava facendo.
Le carte vennero man mano scoperte: un bluff senza niente di rilevante
in mano, un re, una copia di due, un asso, un alto bluff, e poi la
coppia di tre.
Improvvisamente si rese conto che stava stritolando la spalla
dell'amico. Lasciò la presa, ma notò che
probabilmente l'altro nemmeno si era reso conto di quel contatto. Si
sentì per un attimo sollevato: non si doveva sentire esposto
per aver mostrato la propria ansia; d'altra parte un'inspiegabile e
leggera fitta lo colpì all'altezza dello stomaco.
Aveva mangiato qualcosa di strano, nelle ultime ore?
Non peggio del solito.
Castiel raccolse piatto, sistemando poi le nuove fiches in pile
ordinate.
Dean sorrise e fece un (doloroso? No, no.) passo indietro: il tavolo
era grande e i giocatori erano pochi, ma se la benda stava realmente
portando fortuna all'angelo, non poteva rischiare che qualcuno li
accusasse di barare.
Non si poteva dire che la partita, però, stesse iniziando ad
avere una routine. Per qualche motivo sembrava come se non ci fosse
nessun portafortuna, come se si trattasse di un gioco normale. Alcuni
turni li perdevano, altri li vincevano. Alcune volte sembrava che
l'angelo perdesse di vista lo scopo della partita.
Sorrise. Poteva capirlo anche da quella distanza che l'amico stava
bluffando, eppure non riusciva a non sorridere. Sentiva un leggero
calore, al centro del petto. Distolse per un momento lo sguardo dal
tavolo. Sentiva il bisogno di prendersi uno scotch. Fortunatamente il
bar non era molto distante. Doveva tenere d'occhio il proprio angelo,
no? Il... no.
Scosse la testa, passandosi le mani sul volto e stropicciandosi gli
occhi. Le ultime notti aveva dormito meno del solito, non che fosse
abituato a passare molte ore in compagnia di Morfeo, solo che di
recente stava quasi diventando impossibile lasciarsi cullare dal dolce
nulla della notte. Nulla, poi. Erano passati anni dall'ultima volta che
aveva trascorso una nottata decente, senza fantasmi a tormentare i suoi
sogni. Per quanto riguardava la realtà, probabilmente non
era mai accaduto che non lo tormentassero. Questa però era
un'altra storia, doveva... Doveva tornare al tavolo, controllare la
partita, controllare Castiel.
Già, Castiel.
Mandò giù un sorso del liquido color caramello.La
sensazione di calore al petto questa volta fu accolta con
felicità, con un gorgoglio gutturale di piacere.
C'era qualcosa che non andava. Non sapeva nemmeno come spiegarselo.
L'angelo sembrava troppo teso. Poteva apparire impossibile, ma sembrava
veramente più teso del solito, con quel suo palo su per il
culo. E questo non poteva significare niente di buono. E poi c'era il
suo modo di comportarsi strano, quel formulare pensieri insensati e
avere reazioni senza senso.
Dov'era Sam quando serviva? Davvero gli ci voleva così tanto
tempo per interrogare un paio di persone? Accidenti.
L'aveva supposto, no? Quel posto poteva essere sotto le mani di un
qualche demone, di uno djiin, doveva esserci qualcosa che alterava le
normali percezioni o qualcosa di simile. Doveva.
Una voce più alta del normale brusio che infestava il
casinò riportò l'attenzione di Dean alla
realtà.
Un uomo si era alzato violentemente dalla propria sedia, che era caduta
a terra. La voce non arrivava in modo chiaro, da quella distanza, ma
era quasi del tutto sicuro che si stesse lamentando per il gioco, in
base a come era vestito e al resto del suo aspetto, per l'ennesima
perdita.
Controllò il resto del tavolo e lo vide. Era il loro.
Prese il suo bicchiere di scotch, sì ne avrebbe avuto molto
probabilmente bisogno, e si avvicinò. Castiel stava
riordinando un grande numero di fiches in tante altre piccole colonne,
vicino a quelle già accumulate fino a quel momento. L'altro
uomo si stava lamentando di come avrebbe avuto bisogno di vincere i
soldi che invece aveva apena perso. Un tipico soggetto che infestava
quei luoghi.
Dean sospirò sollevato, bevve un altro sorso e si
posizionò nuovamente dietro l'angelo, tenendo
però una certa distanza. Ormai il tavolo era quasi vuoto. A
giudicare dalle fiches, dovevano aver vinto diversi turni e aver
mandato in bancarotta diverse persone, o forse alcune si erano
astutamente ritirate prima di far la fine del poveretto che ormai si
stava dirigendo verso l'uscita.
Il croupier fece ricominciare quello che sembrava essere il penutlimo o
ultimo turno della partita. Erano ormai solo in tre seduti al tavolo,
Castiel compreso.
Controllarono le loro carte, le cambiarono, rilanciarono tutti i soldi
che avevano accumulato e alla fine decisero di bussare. Una scala.
Sudore freddo si stava raccogliendo sulla schiena di Dean. Un colore.
Sentiva una goccia percorrergli la colonna vertebrale. Un full.
Alzò le mani al cielo, il po' di scotch che era ancora nel
bicchiere gli cadde sui capelli, scendendo verso la schiena a far
compagnia al sudore di poco prima. Poggiò il bicchiere da
qualche parte, imprecando per l'essersi bagnato e l'aver sprecato un
così buon liquore.
Strinse Castiel in un abbraccio, felice.
« Ce l'hai fatta. »
« Come avevi detto. »
Sentì nuovamente quello strano calore al petto, vedendo le
labbra carnose (ma erano sempre state così?) dell'angelo
piegarsi verso l'alto. Durò poco, però, visto che
Castiel si spostò tornando serio, come sempre. Una strana
luce negli occhi, quasi fosse pentito di aver dimostrato emozioni umane.
« Ora devi toglierti la benda dal polso. Dammela e porta
questa al carosello. Io intanto vado a cambiare le fiches. »
Gli diede una perfetta copia del filo rosso che aveva avuto in tasca
fin dall'inizio. Eccolo signore e signori il piano geniale di Dean
Winchester: divertirsi nel vedere un angelo giocare a poker mentre la
soluzione a tutto era al caldo nella tasca della sua giacca.
Inutile descrivere l'espressione del diretto interessato di
quell'eserimento. Un sopracciglio alzato, l'espressione accigliata, un
lampo di qualcosa di simile alla rabbia negli occhi.
Prese la benda e la sostituì alla prima, allontanandosi.
Ferito da quel comportamento il cacciatore raccolse le fiches della
vincita, dirigendosi, come aveva già detto, alla cassa per
farle cambiare.
Trovò Castiel fuori dal casinò.
Sospirò di sollievo vedendo che non era volato via, ma era
rimasto lì, ad aspettarlo.
« Grazie Cass. » Un sorriso sbieco, timido.
L'altro si voltò in silenzio, iniziando a dirigersi verso il
parcheggio dove si trovava l'Impala. Dean lo seguì.
Camminarono per quello che gli sembrò un tempo infinito; il
silenzio pareva intenzionato ad ucciderlo, era come un grande macigno
che gravava sul suo petto. Allungò il passo fino a
raggiungere l'angelo, per poi afferrargli un polso.
Lo fece voltare. Fissò i propri occhi in quelli blu intenso
dell'altro. Colore che sembrava risplendere pure alla fioca luce
notturna. Com'è che si trovavano in una strada con
così pochi lampioni?
Fu questione di un attimo, forse anche meno. Sentì un calore
piacevole sulle proprie labbra e si rese conto che si era sbilanciato
verso l'altro. Gli occhi chiusi.
___
Heilà! ♥
Questo capitolo è
stato un grande parto e mi ha fatto capire quanto io odi il poker (che
tra parentesi mi sono dovuta far spiegare da mio fratello di 13 anni,
quindi...).
Non so esattamente cosa dire, perché l'ho appena finito di
scrivere, non l'ho nemmeno riletto, altrimenti so che potrei starci un
altro giorno a modificarlo, sistemarlo, allungarlo (visto che
è più breve del precedente). Come ho detto,
però, è stato un parto e non ci tengo a
riviverlo. Sicuramente i prossimi farò in modo da non
doverli ultimare pochi secondi prima di pubblicarlo, ahah!
Comunque volevo ringraziare
chiunque di voi sia arrivato fino a questo punto, chi legge
silenziosamente, chi inserisce tra i preferiti, chi tra i seguiti e chi
tra le ricordate. Non sapete quanto piacere mi fa il vostro supporto. ♥
Un grazie speciale invece va a chi recensisce, perché sapere
la vostra opinione calma le mie paranoie, può farmi venire
idee sull'andamento della storia e farmi capire se sto prendendo la
direzione giusta, sia come trama che come personaggi. Grazie. ♥
Per oggi è tutto,
spero vi sia piaciuto, spero abbiate voglia di sapere come continua e
spero di non deludervi.
A presto! ♥