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Autore: JoyS    24/08/2013    0 recensioni
Ciò che più mi inorridisce del genere umano è il fatto che esso pensi alla morte come ad un momento privo di qualsivoglia attrazione o espressione emotiva.
In questo brano voglio prendere in prestito gli occhi di un pazzo, un artista, per dimostrare che anche una triste camera d'ospedale, nonché letto di morte, può diventare un qualcosa di indimenticabile, e anche la morte, a modo suo, può essere attraente;
almeno quanto una donna.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciò che più mi inorridisce del genere umano è il fatto che esso pensi alla morte come ad un momento privo di qualsivoglia attrazione o espressione emotiva.
In questo brano voglio prendere in prestito gli occhi di un pazzo, un artista, per dimostrare che anche una triste camera d'ospedale, nonché letto di morte, può diventare un qualcosa di indimenticabile, e anche la morte, a modo suo, può essere attraente; 
almeno quanto una donna.
 
Ricordo ancora la prima volta in cui cercasti di baciarmi, poggiando le labbra sul vetro freddo e guardandomi dall'oscurità sterile e accogliente della notte. Feci appena in tempo ad assaporare l'aura eterea delle stelle, dopo aver aperto la finestra, che gli angeli entrarono e fui costretto a lasciarti andare via.
Di anni, per rivederti, dovetti aspettarne una quantità tale che solo una notte di demoni sa descrivere, ma scendendo le scale e percependo la tua figura fine e tagliente far urlare, agonizzante, il legno del pavimento, capii che l'attesa nulla rappresentava comparata al piacere che avresti potuto donarmi quella notte, mentre le stelle spiavano e la polvere sospirava da sotto i pesanti mobili di ebano.
Niente al mondo, m'arrischio dire, rende l'uomo più stolto che una vena di pura lussuria, insinuata tra la stante parete di granito del suo essere, e lo fa complice dei peccati tra i più piacevoli e indimenticabili.
Non ricordo se, in quell'istante, corsi da te; forse camminai con agitata lentezza verso la tua direzione, sospettando che all'improvviso potessi dissolverti in una nuvola di vapore acqueo che, posandosi sul mio volto, m'avrebbe svegliato da quel sogno tanto sensuale.
Con sorpresa realizzai che la mia paura altro non era che una favola cantata dalla mia stessa mente, ormai spossata, e per confermare ciò al mio io più insidioso poggiai una mano tremante sul tuo fianco nudo, dalla pelle ruvida, e adagiai le labbra sul tuo collo fino. La realtà fu tanto imminente ed incontrollata che delle lacrime salate iniziarono a rigarmi il volto, ricadendo poi sul tuo e tramutandosi in fiumi purpurei di strazio e piacere; ti desideravo e sentivo di meritarti, la consapevolezza di doverti avere era forte in me, e mentre ti sfioravo dolcemente alla luce fioca della luna, la nebbia si fece più fitta e sentii i tuoi respiri profondi e ubriachi di lussuria sempre più distanti.
Quando il fumo bianco si dissolse mi ritrovai in una stanza, possibilmente anche più chiara, e un odore acre di pulito e perfezione mi si insinuava nel naso. Rimasi sdraiato su un letto di nuvole ascoltando il volo di sette effimere, che si susseguivano leggiadre nella loro danza. Quando anche l'ultima delle eleganti creature si spense, inghiottita dall'oscurità, un ritmo sordo e frenetico entrò nella stanza a passo di danza, accompagnato da te.
Volli correre e stringerti, ma gli steli spinosi delle rose tenevano il mio polso legato al terreno e allo stesso tempo al cielo, si perdevano nell'infinito e pungevano quando ti cercavo intorno a me; sconfissi il dolore e ti desiderai, lottai fino a quando non sentii il peso del tuo corpo sul mio, e mi fu possibile insidiarmi di nuovo nei tuoi desideri più segreti e più peccaminosi.
Il tuo urlo di piacere, l'ultimo forse, fece interrompere la ritmicità della cantilena, trasformandola in un rumore sordo  e uniforme.
Sentii gli angeli piangere e vidi te, ridere come una bimba, ancora col cuore sopra il mio.
Lentamente, tutto si fece più distante, e mentre le palpebre brucianti si chiudevano sui miei occhi stanchi, mi chiesi se mi amassi davvero.
Mi dissi ''troppo tardi''.




 
Joy
   
 
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