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Autore: Balaclava    25/08/2013    1 recensioni
"E non potevo più nascondermi. Ero nuda, in ogni senso. E non riuscivo a ricordare perché mi fossi coperta per tutto quel tempo. Cole era davanti a me. E io potevo scegliere come volevo che finisse. E scelsi la cosa che per me era la più pericolosa, più stupida e meno appropriata a Isabel Culpaper."
Per chiunque abbia voglia di riscoprire i lupi di Mercy Falls e, in particolare, Isabel e Cole ;)
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ci si sente soli dalla parte del bersaglio
E diventi un appestato quando fai uno sbaglio
(Fango, Jovanotti)
 
ISABEL
 
Sotto una lente del microscopio, ecco dov’ero stata tutto questo tempo.
Avevo sempre cercato di accontentare tutti, stando ben attenta a dare l’impressione di strafottermene della sorte delle persone insulse che mi circondavano quando invece vivevo delle loro opinioni su di me.
Non potevo mai permettermi sbagli, altrimenti la visione generale che tutti avevano di me sarebbe cambiata irrimediabilmente.
Sul sedile di un volo economico- il primo che avevo trovato- riflettevo sulla mia vita.
Poi avevo incontrato Grace. Una delle poche persone vere con cui avevo mai avuto a che fare. E poi Sam, così responsabile e saggio da darmi il voltastomaco. Il loro amore era qualcosa che avevano solo loro. Un equilibrio perfetto tra due persone diverse ma uguali. Due anime che si incastravano perfettamente.
Confrontando il loro amore con lo strano rapporto di me e Cole, provavo quasi imbarazzo.
Ma allora perchè ero diretta a Mercy Falls, Minnesota, per avere sue notizie?
 
COLE
 
Non erano loro. Ok, ero stato lontano tanto tempo e mi ero fatto talmente tanto da non ricordare quando li avessi visti l’ultima volta, ma quelle perone sciupate dalla preoccupazione che mi fissavano increduli non erano loro.
-Ciao- dissi, cauto, sperando di non causare chissà quale crollo psicologico.
Il primo a parlare fu mio padre.
-Cole…entra.
Mia madre scappò in cucina, mio padre mi guidò nel salotto.
-Come state?- chiesi.
-Cole, come ti aspetti che stiamo?! Lo sai già che avevamo accettato, o meglio, convissuto con la consapevolezza che non saresti più tornato a casa, ma crederti morto?! E poi hai preferito chiamare il tuo bassista piuttosto che i tuoi genitori, o tuo fratello! E noi sai da chi lo siamo venuti a sapere che eri vivo? Dai genitori di Victor! Che lo avevano sentito a uno stupidissimo programma alla radio!- esplose mia madre.
Victor. Quel nome mi aveva colto del tutto alla sprovvista. Mi aveva tolto le parole dalla bocca.
-Cole, rispondi! Che ti prende, hai perso la lingua? Ti sei fumato anche quella?- disse mia madre, sempre più arrabbiata, sempre più isterica.
-Mamma, Victor è morto- sputai in un rantolo.
Il tempo si fermò. I miei genitori conoscevano molto bene Victor, era stato un grandissimo amico.
Avevo voglia di scappare lontano da quei sensi di colpa che mi affliggevano al solo pensiero. Ma avevo promesso a Victor che non sarei più fuggito. Da niente.
-Victor è morto- ribadii, con voce appena un  po’ più ferma. –Non ce l’ha fatta.
-Quando?- chiese mia madre.
-Poche settimane dopo del nostro arrivo nel centro di riabilitazione- affermai, usando l’alibi gentilmente offerto da Jeremy.
-Bisognerà dirlo ai suoi genitori. Dio, povera Angie!- disse mia madre scuotendo il capo. Avevo bisogno di uscire, di respirare a pieni polmoni o di vedere Isabel.
-Che ci fai qui, Cole?- mio padre parlò per la prima volta dopo il delirio di mia madre.
Non avevo una risposta precisa a quella domanda. Avevo solo un’idea che stava prendendo forma, e fu quella che esternai.
-Credo di essermi stancato di ostentare l’onnipotenza. Voglio solo avere un po’ di pace.
-Cole?- una voce nuova prese parte alla discussione. Mio fratello era ai piedi delle scale di marmo, pronto per uscire.
-Alex.- dissi a mò di saluto. Io e lui non avevamo avuto tutto ‘sto rapporto prima che io abbandonassi la scuola. Lui era il più grande, festaiolo e menefreghista. Io invece per un po’ di tempo ero stato un bravo figlio. Non avevamo niente in comune e nessuna speranza di andare d’accordo. Quando lasciai la scuola iniziammo a conoscerci e io lo misi al corrente del progetto nascente dei NARKOTIKA. Poi me ne andai di casa.
-Da quanto tempo- disse, beffardo. -Io esco, comunque- aggiunse rivolto ai due adulti.
In fondo non eravamo poi così diversi: tutti e due ostentavamo la stessa indifferenza al mondo, tutti e due eravamo stati caricati troppo di progetti che non ci appartenevano, tutti e due eravamo scappati. Eravamo due codardi.
-Ho bisogno di dormire- disse mia madre, come se tutto a un tratto fosse consapevole della sua stanchezza.
-Cole, la tua stanza è sempre al solito posto- aggiunse mio padre, con un malcelato invito ad eclissarmi.
Una volta sul materasso privo di lenzuola pensai a ciò che era appena avvenuto.
Non mi aspettavo festoni e una torta di benvenuto, ma di certo neanche tutta quell’indifferenza. “Cole, la tua stanza è sempre al solito posto”. Come se fossi appena tornato troppo tardi da una festa invece che da parecchi mesi a “disintossicarmi” e altrettanti anni senza vederli.
 
ISABEL
 
Non sapevo se andare sulla penisola o a casa di Beck-Sam.
Alla fine optai per la penisola.
Una volta di fronte alla casa mi fermai un attimo per analizzare la situazione.
Erano accese  alcune luci al piano terra, per il resto la casa era addormentata. Mi ritornò in mente la sera che avevo trovato le luci di casa di Beck-Sam tutte accese. Come mi ero sentita combattuta tra ammirare o odiare il modo in cui Sam affrontava quella forzata lontananza da Grace.
Fu quando mi avvicinai a una delle finestre che li vidi. Grace era distesa sul divano, sotto a Sam, la cui mano stava percorrendo la cosca di lei fino ad arrivare al bordo della maglietta. Si stavano baciando come se niente fosse più importante e la cosa che mi uccise fu tutta la dolcezza mischiata a desiderio che c’era nei loro occhi e nei loro sorrisi quando allontanarono le bocche l’una dall’altra, solo per farle rincontrare con maggior foga.
Mi tirai indietro come se avessi visto un fantasma.
 
Ero appena arrivata a casa di Sam. La porta principale era chiusa, così feci il giro della casa fino alla porta sul retro e la aprii.
Cole non c’era. Possibile che fosse sulla penisola?
Non lo sapevo, ma non volevo godere ancora della vista di due giovani amanti che si dimostravano il loro amore.
Sapevo che la stanza gialla era ormai di Cole, ma era troppo intrisa di dolore per me.
Scelsi la camera di Beck, e perfino lì trovai rifugio nell’odore di Cole.
  
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