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Autore: ElMcLinson_90    25/08/2013    3 recensioni
Da sola nella mia camera immaginavo un futuro diverso che non comprendesse il suicidio, al quale il mondo mi stava portando; ne sentivo il bisogno anche se all'inizio l'avevo rifiutato, come fosse una malattia. Forse lo era, ma a questo punto non mi interessava più.
Non mi ero ancora resa conto di quanto necessitassi ciò che accadde quel giorno.
Genere: Erotico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Mamma esco!" urlai dall'ingresso, già con un piede fuori dalla porta.

"Dove vai tesoro?" chiese sporgendosi dalla cucina.

"A fare due passi…" 

"Devi dirmi qualcosa?" 

"No, mamma, ci vediamo stasera" sussurrai.

"Non torni a pranzo?" chiese preoccupata, il suo volto corrucciato.

"Mangio qualcosa al negozio all'angolo prima di andare a studiare da Jess"

Mi diressi velocemente fuori da casa e, prima che potesse replicare, sbattei forte il portone.

Camminavo a passi veloci verso il parco; erano le 11.00 e non avevo idea di come avrei potuto occupare il mio tempo. Stare a casa mi opprimeva, mia madre faceva sempre finta che andasse tutto bene, quando entrambe sapevamo che non era così.

Mio padre alzava le mani su di lei, già da un bel po', e lei non ne voleva parlare con nessuno, tanto meno con me, ma non potevo ignorare le urla che sentivo la sera da camera mia.

Arrivai al parco che quasi correvo, mi sedetti su una panchina, chiusi gli occhi ingoiando il groppo che mi si era formato in gola.

Due anziani signori sedevano sulla panchina di fronte a me e la donna mi guadava curiosa, spostando lo sguardo da me alla strada che avevo percorso, probabilmente pensando che il motivo della mia corsa fosse una fuga.

Le sorrisi rassicurante per poi tornare a chiudere gli occhi. 

Una folata di vento mi fece risvegliare dai miei pensieri, mi alzai e cominciai a camminare verso il Burger King più vicino; non sai andata al negozio all'angolo, chiamato Geremia's, come avevo detto a mia madre, era gestito da suoi amici e, notando il mio volto spento, anche senza trucco, avrebbero fatto domande e non ero dell'umore giusto per subire un'interrogatorio.

Probabilmente mi sarei fermata al negozio di dischi in centro dopo pranzo e avrei fantasticato fino a quando Jess non mi avrebbe mandato un messaggio chiedendomi dove ero.

Io e Jess non eravamo grandi amiche, ma solo perché io non mi avvicinavo troppo a lei, era come una relazione a senso unico, io sapevo di Jess ogni cosa, compresa la più imbarazzante, per la quale mi aveva fatto fare voto di silenzio con i miei amici.

Amici? Quali amici? Se ne avessi avuti sicuramente non sarei stata Ellison Merlinson, la meno popolare della scuola, amica di Jess Scott, sfogata come me. Sul fronte amici, nemmeno un'ombra e quanto riguarda lei, potevamo sembrare amiche per la pelle, ma la verità era che lei non sapeva niente di me e a dirla tutta sembrava che non le importasse nemmeno, andavo da lei a studiare e quando calavano silenzi imbarazzanti me ne uscivo con un "è stata divertente la tua lezione di recitazione di ieri? cosa avete fatto?" e così occupavamo almeno una mezz'ora o più.

La verità è che servivano anche a me queste chiacchierate a senso unico; lei si sfogava e io evitavo di pensare alla mia incerta situazione familiare.

Arrivai di fronte al Burger King, a due isolati dal parco, verso le 12.40. Entrai esitante, non avevo fame ma volevo costringermi a mangiare almeno un pacchetto di patatine, dato che non avevo fatto colazione la mattina.

Mi avvicinai al banco e ordinai, mettendomi poi a sedere ad un tavolino da due.

Non c'erano molte persone nel locale ma erano sufficienti per occupare quasi tutti i tavoli.

Una coppia di ragazzi, avranno avuto più o meno la mia età, si erano avvicinati ma non avendo trovato posto, avevano fatto dietro front e si erano seduti ad uno dei tavoli fuori.

Ad un tratto, un ragazzo entrò nel locale, lo fissai attentamente nei suo pantaloni neri e nella maglia, anche questa grigia, che fasciava accuratamente gli addominali.

Era stano, essermi soffermata a guardarlo, dato che non avevo più guardato un ragazzo dopo che io e Marcus ci eravamo lasciati.

Poi, si era girato e i capelli ricci e castani si erano mossi leggermente scivolando sulla sua fronte. Mi aveva guardata, probabilmente si era sentito osservato. Avevo sostenuto il suo sguardo mentre un debole sorriso si formava sul suo volto lasciando intravedere le fossette ai lati della bocca.

Si voltò nuovamente dicendo qualcosa alla ragazza dietro il bancone e dopo poco afferrò il vassoio avvicinandosi al mio tavolo.

Quasi come se non mi vedesse, appoggiò il vassoio sul tavolo sedendosi di fronte a me.

Lo fissai sconcertata, assumendo poi un'espressione dubbiosa. E ora che voleva? 

Rimase a guardarmi negli occhi fin quando non spostò il cibo verso di me e si prese uno dei due cheeseburger per mangiarlo.

Ora il mio sguardo era diffidente. 

Osservando che non avevo ancora toccato cibo, se non le patatine che avevo comprato io, spostò lo sguardo sui miei occhi verde scuro.

"Mangia!" sussurrò fermo.

Sempre più scocciata risposi "Perché dovrei accettare del cibo da te?" 

"L'ho preso prima lì al banco, mi osservavi così insistentemente che penso tu abbia visto che non l'ho modifico in alcun modo, non voglio avvelenarti! sei solo così… -mi sfiorò un braccio che subito ritrassi- magra" la sua voce era diventata un sussurro.

"Questi non sono affari tuoi e se anche lo fossero non ho bisogno di aiuto, non voglio la carità di uno sconosciuto, sparisci!" replicai con tono duro.

Poi continuai vedendo che continuava a fissarmi, lo sguardo leggermente sofferente, le piccole pietre verdi dei suoi occhi mi guardavano con una tale insistenza " Non te ne andrai vero?" 

Ma lui non rispose così mi alzai con il mio pacchetto non ancora finito di patatine e mi incamminai verso l'uscita.

Una volta fuori presi la strada laterale che percorrevo per arrivare più velocemente al negozio di dischi.

Mi accorsi che avevo qualcuno dietro, così mi voltai velocemente, un po' intimorita da quell'ombra; sbuffai quando riconobbi il ragazzo di poco prima.

"Ora mi segui?" 

Azzardò un'alzata di spalle prima di avvicinarsi di più.

"Ti hanno tagliato la lingua?" 

Mi guardava e non rispondeva, poi mi rubò una patatina "Allora, dove vogliamo andare?" 

Sgranai gli occhi "Tu con me da nessuna parte" esclamai decisa, non avevo bisogno di un cane da passeggio e, anche se carino, non necessitavo nemmeno di uno stalker.

Mossi qualche passo abbandonando il suo sguardo tagliente ma mi fermai subito notando che camminava con me.

"Forse non hai capito, non devi seguirmi" alzò le spalle di nuovo.

"Mi farai arrivare all'esasperazione e neanche ti conosco" 

Sorrise e mi porse una mano "Harry" pronunciò.

Allungai la mano sperando che dopo le presentazione se ne andasse "Ellison, perfetto ora puoi sparire!" il mio tono era fermo, quasi non ammetteva repliche, quasi.

"Sei sempre così con tutti?"

"Così come?" 

"Scorbutica" 

Sgranai gli occhi e Harry mi restituì una risata cristallina.

"Io non sono scorbutica, ma come ti permetti?" Poggiai il palmo della mano all'altezza del suo stomaco dando una piccola spinta ma lui non indietreggiò nemmeno di un passo.

"Pensavi di riuscire a spostarmi?"

"Si" un debole gemito uscì dalle mie labbra quando con un braccio premette sulla mia schiena avvicinandomi.

Fece comparire le fossette sorridendo. Non avrei riso, ero in una situazione buffa effettivamente, sembrava che volesse farmi la corte, si preoccupava di me e io neanche lo conoscevo.

Uno suo sbuffo mi riportò alla realtà facendomi rendere conto che avevo le labbra a due centimetri dalle sue.

Tossii nervosamente e lui posò un dolce bacio sulla mia guancia prima di lasciarmi andare a terra.

"E dai, fammi un sorriso, che ti costa?" disse con voce roca, vicina alla rassegnazione.

"Non sorrido agli sconosciuti!" 

"Sai come mi chiamo" replicò.

"Pensi che basti il tuo nome a farti avanzare da sconosciuto a qualcosa di più?" 

Ripresi a camminare quando mi diede un piccolo colpetto sulla schiena e mi affiancò camminando accanto a me.

"Mi chiamo Harry, ho 21 anni, non frequento il college, lavoro alla palestra "Fiitness" come personal trainer, faccio boxe come sport e abito in un appartamento al terzo piano di una palazzina a due isolati da qui" 

"Beh mi fa molto piacere" commentai.

"Non ti basta?" 

"No!" 

Sbuffò.

Continuammo a camminare fino ad arrivare al negozio.

"Bene io sono arrivata, ciao ciao!" dissi ironicamente.

Ovviamente Harry non si mosse ma continuò a guardarmi, spostando poi lo sguardo sull'entrata.

"Che vuoi?" cercai di catturare la sua attenzione.

"Pensavo che dovresti darmi il tuo numero, così ti chiamo." 

"Nemmeno per idea, potresti essere un maniaco, anzi lo sei, me ne hai data prima la prova, non ti darò il mio numero"

"Non costringermi a prendertelo contro la tua volontà" 

"Anche se te lo dessi io sarebbe contro la mia volontà"

"Allora decidi te, mi dai il numero contro la tua volontà o te lo fai prendere contro la tua volontà?" 

Misi il broncio strappandogli un sorriso.

"Ti ho già detto che mi porterai all'esasperazione?"

"Mi pare di avertelo già sentito dire" ghignò.

Lo vidi prendere il telefono dalla tasca posteriore dei pantaloni e poi fissarmi; dopo aver registrato il numero ripose il telefono e mi afferrò distrattamente la mano.

"Ci sentiamo allora" 

"Spero mai!" sussurrai facendolo ridere. Mi avvicinò a sé strattonandomi appena.

Mi scoccò un bacio sulla guancia per poi lasciarmi il polso. 

Si voltò senza dire una parola, rimasi leggermente interdetta per poi entrare silenziosa nel negozio.



Spazio autrice:
Sono tornata dopo una lunga, lunghissima crisi mistica e un blocco dovuto all'altra ff che avevo cominciato a pubblicare, sì sono pessima!
Comunque, ora sono con mio nuovissimo Mac e ciò mi ha fatto venire l'ispirazione per scrivere un'altra cosa, fiduciosa che così ritroverò l'ispirazione da lungo tempo caduta nel cesso.
Mi raccomando recensite!!
Bacio :)

  
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