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Autore: Hurricane_lexis    25/08/2013    0 recensioni
"Non potevo perdere tempo. Dovevo raggiungerlo prima che partisse. Dovevo chiedergli scusa per il modo in cui mi ero rivolta a lui. Dovevo esternargli i miei sentimenti, anche se ciò significava perderlo per sempre come amico."
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Jared Leto, Nuovo personaggio, Shannon Leto, Tomo Miličević
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Chapter 17: From this moment on.
 

Arrivò finalmente il grande giorno per Tomo e Vicki. Quello sarebbe stato il giorno in cui avrebbero promesso dinnanzi ad amici e parenti di amarsi per sempre.
Per sempre.
Mi ero sempre chiesto se davvero esistesse un “per sempre”. Insomma, quante volte abbiamo sentito pronunciare questa parola dalle persone che amiamo? E quante volte quel “per sempre” si è trasformato in una promessa non mantenuta?
Amici, amori, padri, madri che ti promettevano che non sarebbero mai andati via, che sarebbero rimasti accanto a te per sempre.
Eccole di nuovo, quelle due semplici parole che, crescendo, cominci a odiare con tutto te stesso.
Non avevo mai creduto al “per sempre”. Tutte le persone che mi avevano fatto quella promessa, per un motivo o per un altro, erano andate via lasciandomi con queste parole, ormai prive di significato.
Ed avevo perso fiducia anche nel matrimonio, così come per quella promessa.
Non che non mi piacesse l’idea di legarmi ad una persona e mettere su una famiglia. Eppure a furia di ripetermi che non ero fatto per queste cose, ormai me n’ero convinto. Almeno finché non mi ero innamorato di Charlotte.
Lei era stata capace di rompere tutti gli schemi della mia vita, senza che io mi opponessi. Era un po’ come se una parte di me non attendesse altro che si rompessero.
Avevo quasi dimenticato come si amasse. Poi era arrivata lei e … boom! Eccomi innamorato come quando ero un adolescente. Lei era stata tutto per me. E lo era ancora, probabilmente.
Ma tutto questo ormai non contava più. Anche Charlie mi aveva lasciato. L’avevo persa e non facevo altro che incolpare me stesso per tutto questo. D’altra parte, da quando era andata via non l’avevo più cercata. Non avevo più il diritto di intromettermi nella sua vita.
Dovevo lasciarla andare. Dovevo farla volare via.
Via da me.
Tuttavia di una cosa ero assolutamente certo: lei era stata l’amore della mia vita e, probabilmente, non avrei mai amato più nessun’altra come avevo amato lei.
«Jared, allora sei pronto?» La voce di mio fratello Shannon mi destò dai miei pensieri. Ero ancora dinnanzi allo specchio a fissare il vuoto.
Cercai, però, di tornare in fretta alla realtà. «Sì, scusami. Ero sovrappensiero.» Dissi con tono distante. «Non riesco a fare il nodo a questa fottuta cravatta! Mi sono appena ricordato il motivo per cui non la indosso mai.»
«Vieni qui, ti aiuto io.» Shannon poggiò la mia giacca sul divanetto che si trovava al centro della stanza e si avvicinò a me, cominciando ad armeggiare con dita esperte nel tentativo di aggiustarmi la cravatta. «Pensavi ancora a Charlotte?» Esordì lui improvvisamente.
«Anche.»
«Credi che verrà?»
Lo guardai e scocci la testa. «No, non lo farà.»
«Io credo di sì, invece. Voi vi amate. Perciò non può farti questo.»
«Certo che può. E, a dirla tutta, io non la biasimerei. D’altronde le ho mentito per tutto questo tempo.»
«Ma lo hai fatto per una giusta ragione, fratello. E lei questo lo capirà.» Shannon terminò il nodo alla cravatta.
«Shan, devo smetterla di illudermi e cominciare a rassegnarmi. Non sono più un bambino. Ormai non ho più la forza di giocare in una partita che non vincerò mai, è questa la verità. E non perché non voglia combattere per lei. Sono stanco.»
Shannon mi abbracciò. «Potrai anche smettere di credere nella vostra storia, ma io non l’ho fatto, non lo faccio e mai lo farò.»
Lo strinsi forte a me. «Grazie, Shan.» Mormorai.
Lui sciolse l’abbraccio poco dopo. «Non devi ringraziarmi. La giornata non è ancora finita.» Mi fece l’occhiolino. «Ora però dobbiamo andare dalla sposa. C’è un matrimonio che ci attende.» Mi diede una pacca sulla spalla.
Annuii. Prendemmo le nostre giacche ed uscimmo dalla stanza, in direzione di quella di Vicki. Probabilmente era giunto il momento di spiegarci, anzi spiegarmi, la dinamica dell’entrata in chiesa dei testimoni.
In realtà la prova generale era già stata fatta e tutto era già stato spiegato. Shannon, infatti, era preparatissimo. Ma io mi ero rifiutato di parteciparvi. Ero troppo giù di morale per stare in mezzo a fiori d’arancio, organza e merletti rosa e bianchi e sorrisi di cortesia nei riguardi di persone delle quali non ricordavo né il nome né tanto meno il grado di parentela.
Fatto sta che il momento era arrivato.
Bussammo e le voci confuse nella stanza cominciarono ad assomigliare a dei risolini isterici. All’improvviso dalla porta sbucò il viso di Sarah.
«Ah, siete voi.» Ci sorrise e ci aprì la porta. «Pericolo scampato, ragazze. Sono solo i nostri testimoni superstiti.» Ci annunciò la ragazza.
«E chi credevi che fossimo?» Chiese Shannon, mentre entravamo nella stanza.
«No, temevamo fosse Tomo.» Rispose Sarah, avvicinandosi a Shannon e baciandolo sulle labbra. «Ma lo sai che sei sexy anche con questo completo così … serio?» Le sussurrò la ragazza.
«Ragazzi, pomiciate dopo. Ora pensate a me.» S’intromise una Vicki vestita di bianco e raggiante, anche se un po’ in ansia.
«Hai ragione, cara Vicki. Scusaci.» Pronunciò Shannon, avvicinandosi alla sposa e abbracciandola. «Sei radiosa.»
«Grazie, ma sei un bugiardo.» Rispose Vicki al complimento, sorridendo.
Mi avvicinai anche io e attesi il mio turno per abbracciarla.
Lei mi strinse forte. «Sono così contenta che tu sia qui. Credevo non venissi più.» Mi sussurrò la sposa.
«Non potevo mancare. Nonostante tutto.»
Sciogliemmo l’abbraccio. «Grazie.» Rispose lei. Poi si voltò verso gli altri. «Allora ragazzi, spieghiamo brevemente il vostro compito. Ad ogni testimone è assegnata una damigella, con la quale percorrerà sottobraccio la navata appena cominciano le prime note dell’organo. Arrivati all’altare, i ragazzi si posizioneranno dal lato dello sposo e le damigelle dal mio lato. Appena tutti i testimoni e le damigelle sono giunti all’altare, partirà la marcia nuziale ed entrerò io. Questo è tutto ciò che c’è da sapere in sostanza.» Vicki fu chiara e concisa, ma era chiaro che la parte che davvero mi interessava stava arrivando. Vicki si voltò di nuovo verso di me. «Ora arriviamo a te, Jared. Lo sai che tra le tre ragazze qui presenti, avevo chiesto a Charlotte di farmi da damigella. E ovviamente era previsto che tu l’accompagnassi fino all’altare.» Quell’ultima frase sembrò bruciarmi nel petto.
“Era previsto che tu l’accompagnassi all’altare …” Dalla frase sembrava che a sposarci dovessimo essere io e lei. Charlie sarebbe stata una moglie perfetta, una madre esemplare. Lei rappresentava la parte di me dalla quale ero sempre fuggito. Quella parte che mi completava come uomo, quella parte di me che non escludeva di poter, un giorno, creare una famiglia.
Ma come potevo pensare ad un futuro con Charlotte proprio in quel momento? In quel momento in cui l’avevo persa?
«Purtroppo, sebbene le abbia inviato tutto l’occorrente all’indirizzo dei genitori, non ho ricevuto più risposte.» Continuò Vicki.
«Tesoro, tu non hai provato a chiamarla?» Chiese Shannon, rivolgendosi a Sarah.
«Certo che ho provato a chiamarla, milioni e milioni di volte. Persino prima che arrivaste voi ci ho provato, ma niente. Risulta staccato. Ho tentato di chiamare anche la famiglia, ma probabilmente avranno cambiato numero di casa perché non risponde nessuno.» Spiegò la ragazza.
«Ecco, infatti. Perciò ho dovuto regolarmi di conseguenza, purtroppo.» Intervenne nuovamente Vicki. «Ho chiesto ad un’altra ragazza di sostituire Charlotte e …» Non terminò la sua frase, perché la frenai con un gesto della mano.
«Va bene, Vicki. Perdonami, ma non m’importa della nuova ragazza. Qualunque cosa tu abbia deciso, per me va bene.» Dissi in tono sommesso.
Vicki mi guardò con espressione preoccupata. «Jared, se non te la senti più di farci da testimone, io e Tomo lo capiremo.»
«No, Vicki.» Abbozzai un sorriso forzato. « Ho fatto una promessa e ho intenzione di mantenerla.»
La sposa si avvicinò e mi abbracciò forte. «Ti voglio bene, Jay. Tanto.» Mormorò lei.
«Anche io te ne voglio. E Tomo, per me, ormai è come un fratello. L’unico motivo per cui sono ancora qui, siete voi. Beh, almeno consideratelo il mio regalo personale per le nozze.» Espressi sincero.
Dopo qualche secondo ci dividemmo. «Allora vi aspetto tra una decina di minuti all’entrata della navata.» Disse Vicki, prima che ci congedassimo.
Io e Shannon rispondemmo in coro: «Ci puoi giurare.»
 
Controllavo ogni tre secondi l’orologio.
17:00:44
17:00:47
Ero in pieno panico. Non sapevo se sarei riuscita ad arrivare in tempo per la cerimonia, figuriamoci per prepararmi e per adempiere al mio ruolo di damigella. E, per di più, il conducente anziano del taxi sul quale ero salita appena ero uscita dall’aeroporto, era una lumaca.
Nei miei attimi di ansia mi venne in mente un’idea. O forse una pazzia.
Cominciai ad abbozzare una frase mezza inglese mezzo greco puramente inventato, con la quale informavo il tassista di non guardare nello specchietto retrovisore perché mi sarei cambiata nell’auto. Inizialmente, lui non mi comprese, come d’altronde avevo immaginato. Poi appena vide che avevo cominciato a sbottonarmi i primi bottoni della camicetta che indossavo, girò lo specchietto in modo che non mi inquadrasse e borbottò parole per me incomprensibili, probabilmente indignato.
L’impresa fu più difficile di quanto avessi immaginato. In un auto in movimento, dovevo fare attenzione al vestito, ai nastrini e a tutti gli orli delicati, ma alla fine ce la feci. Dovevo solo truccarmi, ma non ci provai nemmeno a farlo in macchina. Non osavo immaginare il risultato. Sarei assomigliata sicuramente ad un clown.
Arrivammo finalmente dinnanzi alla chiesa, ma chiesi al tassista di fare il giro da dietro per arrivare prima agli alloggi adiacenti dove si stava preparando Vicki. Almeno così era indicato sul biglietto.
Pagai il tassista, presi l’unica borsa che avevo portato con me e uscii al volo dall’auto, con ai piedi ancora le sneakers.
Erano le 17:25.
Il matrimonio sarebbe cominciato tra circa cinque minuti, ma non dovevo arrendermi. Non ero arrivata fin lì per gettare la spugna.
Bussai per tutte le porte degli alloggi, finché lungo il corridoio non udii delle voci di donne e scorsi Vicki nel suo bellissimo abito bianco. Cominciai a correre a perdifiato verso di lei. «VICKIIII!» Urlai.
Le ragazze si voltarono verso di me e sul viso di Vicki e di Sarah si distese in un gran sorriso. «Charlotte!» Esclamarono in coro. Giunsi da loro e abbracciai forte prima Sarah e poi Vicki.
«Dannazione, Charlie, credevo che mi avessi dato buca!» Esclamò Vicki in tono rabbioso, ma felice.
Mi scappò una risata. «Hai ragione, ma sai che mi sono sempre piaciuti i colpi di scena.» Risposi io. Scoppiammo entrambe a ridere. «Spero solo che non sia arrivata tardi. Posso ancora farti da damigella?» Le chiesi io.
«Beh …» Vicki titubò e si voltò verso una delle altre damigelle che le era accanto.
La ragazza sorrise. «Certo, nessun problema.» Rispose lei al posto di Vicki. Compresi che quella ragazza sarebbe stato il mio rimpiazzo. «Non mi ha mai fatto impazzire l’idea di fare da damigella. Quindi ti restituisco molto volentieri il tuo ruolo.»
Vicki si illuminò e l’abbracciò, grata.
«Grazie mille. Davvero.» Risposi al gesto altruista della ragazza.
«Bene!» Esclamò Vicki. «Ma spero tu non abbia intenzione di arrivare all’altare con quelle scarpe.»
Risi. «No, no. Non temere.»
«Okay, allora nella stanza in fondo al corridoio c’è ancora il mio truccatore e parrucchiere. Chiedigli di darti una sistemata. Noi ti aspettiamo qui.» Disse Vicki.
«Ma, Vicki, e Tomo? Tra meno di tre minuti la cerimonia comincia.» Controbatté una delle damigelle.
«Giusto. Non è giusto che tu faccia tardi a causa mia.» Mi sentivo in colpa.
«Tomo mi ha fatto attendere anni prima di chiedermi di sposarlo, perciò tocca a lui rimanere un po’ sulla corda. E poi, in ogni matrimonio che si rispetti la sposa non arriva mai puntuale.» Vicki fu chiarissima.
«D’accordo. Allora corro a prepararmi. Sarò di ritorno in un lampo.» Promisi io.
E così fu. Il truccatore e parrucchiere fu così bravo ed abile che, in dieci minuti, mi ritrovai con un trucco e una piega ai capelli perfetta. Infilai i trampoli, alias decolté, ringraziai il ragazzo e uscii di corsa.
Camminammo tutte insieme verso la chiesa. Era un edificio antico che aveva, all’entrata, una sorta di corridoio. Alla fine di questo corridoio c’era una porta che dava sulla navata. Una volta percorso il corridoio vedemmo da lontano i testimoni che ci attendevano in fila dinnanzi all’entrata della navata.
Ero agitatissima. Sembrava che fossi io a dovermi sposare. Scorsi Jared e Shannon che ci davano le spalle in attesa che le damigelle assegnate si accostassero a loro.
Vicki mi prese in disparte prima che ci mettessimo anche noi in fila. «Charlotte, se vuoi fare un cambio di testimone basta che me lo dici. So che tra te e Jared …» La interruppi.
«Vicki, non devi preoccuparti più di nulla ora. Questo è il tuo giorno. Devi pensare solo a te e all’uomo che è lì in fondo alla sala e che sta aspettando la donna della sua vita. Questa è l’unica cosa che conta oggi.» Le sorrisi. «Ah, non ti ho detto la cosa più importante che spetta dire alla damigella d’onore in questi casi.»
«Cioè?» Domandò Vicki, confusa.
L’abbracciai. »Sei uno splendore, tesoro.»
Lei sorrise e mi strinse forte.
«Siamo pronte?» Sussurrò Sarah.
«Sì. Posizionatevi accanto ai vostri cavalieri.» Disse Vicki.
La prima ad avvicinarsi a Shannon fu Sarah. Lei aveva il compito di far segno all’organista di cominciare a suonare le prime note.
Poi toccò a me avvicinarmi a Jared, che continuava rigorosamente a darci le spalle, così come gli altri testimoni. Vicki aveva curato ogni minimo particolare.
Cominciai a muovere i primi passi verso di lui. Il cuore batteva, batteva fortissimo. Tirai un grande respiro.
Lui mi porse il braccio senza nemmeno voltarsi. Allungai il mio braccio e lo allacciai attorno al suo, stringendolo tra le mani.
«Facciamo questa cosa in fretta.» Commentò lui, tenendo lo sguardo fisso dinnanzi a sé. Era nervoso, ma anche indifferente.
«Come mai hai tutta questa fretta?» Domandai in maniera retorica, cercando di controllare il mio tono di voce. Non volevo che tremasse, così come stavano già facendo le mie gambe.
Lui sgranò gli occhi e voltò di scatto la sua testa verso di me. Rimase sbigottito.
Io non aprii bocca. Rimasi solo a fissarlo. Jared cominciò a balbettare, ma qualunque suo tentativo di mettere in piedi una frase di senso compiuto fu stroncato dalle prime note dell’organo, le quali ci indicavano che era giunto il momento di fare il nostro ingresso in chiesa.
I primi, come previsto, furono Shannon e Sarah. Poi fu il turno mio e di Jared. Tutti gli occhi degli invitati erano puntati su di noi. Camminavamo a passo cadenzato.
«Cosa fai qui? Credevo non venissi.» Sussurrò Jared, tenendo lo sguardo puntato avanti a sé.
«Lo credevo anche io. Ma una promessa è una promessa. Non potevo deludere Vicki.» Risposi con lo stesso tono, guardando anche io dinnanzi a me.
«Quindi sei qui per questo, giusto?»
La navata finì. Giungemmo dinnanzi all’altare. «Anche.» Mormorai prima che ci dividessimo.
La mia risposta non lo soddisfò. Me ne resi conto dalla sua espressione. Tuttavia non era quello il momento di discutere.
Appena entrarono tutte le damigelle e i rispettivi testimoni, partì la marcia nuziale, con la quale fece il suo ingresso Vicki. Era favolosa. Sul viso aveva stampato un sorriso luminoso. Era felicissima. Tomo, invece, era nervosissimo. Eppure, si calmò nell’esatto istante in cui la vide entrare in chiesa e percorrere l’intera navata. Stava arrivando la donna della sua vita. Probabilmente si rese conto che quello non era il momento di farsi prendere dalle ansie. Doveva essere un istante di pura magia e amore. Sarebbe stato l’istante in cui avrebbero suggellato il loro sentimento con un bacio e con la promessa di amarsi per sempre.
Durante tutta la cerimonia, mi resi conto di aver gli occhi di Jared continuamente puntati addosso, alternati a brevi frasi che scambiava sottovoce con il fratello, che gli era accanto. Terminata la funzione, uscirono tutti gli invitati fuori al cortile per prepararsi al lancio del riso. Poi toccò a noi testimoni uscire. Jared rimase dietro di me in uno strano silenzio.
Cosa gli stava passando per la testa?
I festeggiamenti continuarono con un rinfresco organizzato su una terrazza che dava su una delle spiagge più belle dell’isola. Era un incanto. Il terrazzo era suddiviso in tavolate, vicino ad ognuna delle quali sedevano gli invitati per grado di parentela o conoscenza. Accanto al tavolo degli sposi c’era poi il tavolo dedicato a noi testimoni. Poi ad un lato c’era un immenso tavolo con il buffet.
Davvero Vicki non aveva trascurato alcun dettaglio. Vicki aveva fatto le cose in grande. Era felice e spensierata e aveva ottenuto tutto ciò che voleva e che meritava in pieno.
Tuttavia, non potevo di certo nascondere che avrei voluto assaporare anche io un po’ di quella felicità.
Al tavolo ero seduta accanto a Sarah e ad un’altra damigella e chiacchieravamo, come delle comari, sull’ottimo lavoro svolto da Vicki per rendere questo suo giorno il più bello di sempre.
Giunse poi il momento del primo ballo. Gli sposi dovevano aprire le danze. Tomo, che sembrava un principe nel suo smoking, si alzò in piedi e porse la sua mano a Vicki, invitandola a ballare. Lei, ovviamente, accettò e tutti noi esplodemmo in un forte applauso.
Tomo la condusse al centro del terrazzo, dedicato alla danza, e a suon di lento cominciarono a volteggiare lenti. Quel lento iniziò a risuonare come una dolce musica, finché non si trasformò in un bellissimo canto, grazie all’entrata in scena di Adele, la cantante. Ebbene sì, la sorpresa di Tomo per Vicki era proprio questa. Grazie a vari contatti tra artisti, Tomo era riuscito a strappare ad Adele il favore di cantare al proprio matrimonio. Almeno questo fu ciò che mi riassunse Sarah.
Pochi minuti dopo l’inizio di “Someone like you”, gli sposini furono raggiunti anche dagli altri invitati che cominciarono a danzare attorno a loro. Shannon si avvicinò a Sarah e le chiese di ballare, così come avevano fatto gli altri testimoni con le rispettive damigelle. Al nostro tavolo rimanemmo solo io e Jared, l’uno di fronte all’altra.
Lui continuava a guardarmi ed io a tenere lo sguardo basso. Che momento imbarazzante.
Rimanemmo in quella situazione per qualche altro minuto.
«Scusami.» D’un tratto la voce di un ragazzo mi raggiunse. Alzai il volto verso quella voce sconosciuta.
«Sì?!» Risposi in tono sorpreso. Era un ragazzo alto e biondo, molto carino, ma che non avevo mai visto. Doveva essere uno degli invitati.
«Beh, mi chiedevo se … ti andava … di ballare, ecco.» Mi chiese, porgendomi la mano un po’ impacciato. Mi fece molta tenerezza e non me la sentivo di rifiutare.
Afferrai la sua mano e mi alzai. «Certo. È un vero piacere per me.» Sorrisi, gettando uno sguardo di sottecchi verso Jared, il quale era incredulo.
Anche il ragazzo mi sorrise e ci avviammo al centro della pista, cominciando così a danzare.
«Come ti chiami?» Chiese lui, guardandomi con i suoi occhi verdi smeraldo. Dal tono di voce doveva essere più piccolo di me di qualche annetto.
«Charlotte, ma gli amici mi chiamano Charlie. E tu?» Gli rigirai la domanda.
«Luke.»
«Bene, Luke. Come mai mi hai chiesto di ballare?» Domandai, curiosa.
«Beh, ecco. Ti ho vista tutta sola al tavolo e …»
Lo interruppi. «Ah, quindi mi hai invitato perché ti facevo compassione?» Scherzai, fingendo di essere seria.
Lui ci cascò. «No, non oserei mai essere così sgarbato. Non è così.» Si scusò.
Mi sfuggì una risatina. «Luke, rilassati. Sto solo scherzando.»
Si calmò e ricambiò con un sorriso. «Ah, bene. In realtà non vedevo l’ora che cominciassero a ballare per invitarti a ballare.» Confessò, imbarazzato. Era davvero molto dolce.
«Davvero? Oddio, sono lusingata. E come mai proprio io?»
«Da quando ti ho vista entrare in chiesa, credo che tu mi abbia incantata. Oserei dire che eri la damigella più bella. Eri stupenda così come il sorriso che avevi sul volto.»
Mi scappò una risatina, ripensando alla mia pazzoide preparazione prima dell’entrata in chiesa. «Ti ringrazio per tutti questi complimenti, ma non credo di essere di certo la più bella.»
«E invece sì, solo che ero frenato dall’avvicinarmi a te perché credevo che il testimone che ti ha accompagnato all’altare fosse il tuo ragazzo. Poi ho visto che non ti ha invitato a ballare, allora ho pensato che, in realtà, è solo il tuo accompagnatore.»
«Beh, una cosa del genere …» Effettivamente la situazione tra me e Jared era talmente paradossale, che non credo Luke avrebbe mai capito anche se l’avessi spiegata.
«Bene, allora magari qualche volta potremmo uscire. Frequentarci, insomma. Che ne dici?»
La musica si fermò. La canzone terminò. Sciogliemmo l’abbraccio e applaudimmo in segno di gratitudine verso la cantante e la band.
«Luke, sei molto dolce. Ma non credo che tra noi possa mai funzionare, mi dispiace.» Gli rifilai un due di picche. «Vedi, è vero che Jared oggi è il mio accompagnatore, ma vorrei che domani fosse l’uomo della mia vita. Perciò il mio cuore è suo e per nessun’altro e non posso, anzi non voglio, che tu ti crei false speranze. Non sarebbe giusto, insomma.»
Luke abbassò lo sguardo, deluso. «Capisco. Beh, peccato. È solo che …»
«Scusami.» Irruppe nella conversazione Jared, improvvisamente. «Saresti così gentile da lasciarmi ballare con la MIA damigella, grazie?!» La sua non era una richiesta, era chiaro.
Sgranai gli occhi. Era stato troppo arrogante verso Luke, ma il ragazzo non controbatté.
«Certo, scusa.» Rispose il ragazzo. Poi mi tornò a guardare. «È stato un piacere danzare con te. Ciao.»
«Anche per me. Ciao.» Lo salutai e lui andò via.
Partì un’altra canzone.
Jared si posizionò dinnanzi a me e mi porse la sua mano. «Allora me lo concedi questo ballo?» Sussurrò lui.
«Sì, certo.» Risposi io, afferrando la sua mano. Mi spinse verso di lui e mi cinse forte i fianchi con l’altro braccio. Cominciammo a volteggiare, lenti. «Credevo non avessi voglia di ballare.» Spezzai per prima il silenzio.
«No, è vero. Però d’un tratto mi è venuta una gran voglia di ballare.»
«Devo pensare che sia un caso che questa “voglia” ti sia venuta proprio quando un altro ragazzo mi ha invitata a ballare.» Azzardai.
«No, non lo è.» Rispose, sincero.
«Perché hai questi atteggiamenti solo quando ti rendi conto che stai per perdere qualcosa?» Domandai, confusa.
Avvicinò le sue labbra al mio orecchio sinistro. «Perché amo le entrate in scena ad effetto. Dovresti saperlo.» Sussurrò dolcemente.
«Ah, certo che lo so. Su queste cose sei sempre stato molto “teatrale”. Eppure è anche vero che il tempismo non è mai stato il tuo forte. E se entrassi in scena troppo tardi?»
Rimase spiazzato dalla mia considerazione. «In quel caso, non mi importerebbe. Ormai non ho più nulla da perdere a questo mondo.» Rispose alla fine.
Giravolta.
«Smettila.» Lo rimproverai.
Si bloccò improvvisamente nel bel mezzo della danza. «Charlie, basta girarci intorno. Perché sei qui? Davvero vorresti farmi credere che sei qui solo per questo?» Pronunciò Jared, a voce un po’ troppo alta, indicandosi intorno.
Mi guardai attorno, imbarazzata. Alcuni invitati smisero per un istante di ballare, ma Adele non smise di cantare.
«Jared, non mi sembra il momento questo …» Mormorai, rimproverandolo.
Riprese la sua presa sui miei fianchi, ricominciando a danzare. Tutto ritornò come pochi attimi prima. «Scusami.» Esordì lui dopo un po’. «È solo che … io non capisco. Perché sei qui? Credevo non volessi più vedermi …» Chiese Jared.
«Hai ragione.» Cominciai io, prendendo prima un grande respiro. «Non sono qui solo per questo.» Posai i miei occhi nei suoi. «Sono venuta qui a riprendermi la mia vita. Mi sono resa conto che scappare via non avrebbe risolto nulla. Sempre che quel nulla si possa risolvere …»
«E chi o cosa ti ha fatto cambiare idea così radicalmente?»
«Un sogno.» Mormorai io.
«Un sogno?» Ripeté lui, confuso.
«Sì, esatto. È stato un sogno. Con questo sogno ho ricordato tutto, Jay. Ho recuperato la memoria.»
Sul suo viso si disegnò un piccolo sorriso. «Davvero?» Esclamò, sorpreso.
«Davvero.» Ricambiai il sorriso, ma poi tornai seria. Abbassai lo sguardo.
«Non sembri felice.» Osservò lui, notando la mia espressione.
«No, sono contenta di aver recuperato la memoria. Sono felice di ricordare chi sono davvero. Però sono stata un po’ meno felice di ricordare altre cose …»
«Me ne rendo conto, Charlotte. E mi dispiace di averti fatta soffrire tanto. Se solo potessi tornare indietro, io …» Non completò la frase.
Cominciai a scuotere la testa.
«Che c’è?» Domandò lui, interdetto dal mio atteggiamento.
Tornai a guardarlo negli occhi. Ero in lacrime. «”Se potessi tornare indietro”, cosa faresti? Crederesti a me, piuttosto che ad Emma? Andiamo, Jared. Non prendiamoci in giro. Avresti creduto prima a lei, sempre.»
«No, non è così. E se solo potessi tornare indietro, non ti confesserei il mio amore. Almeno non ti farei soffrire. Non sono mai stato bravo nelle relazioni, Charlie. Rovino sempre tutto. Così come ho rovinato il nostro legame.» Sussurrò lui, tra un passo ed un altro di danza.
«Sì, mi hai fatto soffrire. Sì, hai rovinato tutto. Hai preso ciò che provavo per te e lo hai gettato via per la mancanza di fiducia che tu hai nei miei confronti. La realtà, Jared, è che non credo tu abbia mai avuto molta fiducia in me, e la storia di Emma ne è una chiara prova. Ma sai cosa? Ormai, tutto ciò appartiene al passato. Non ha più importanza.»
«Sarebbe a dire?»
«Sarebbe a dire che sono fortunata ad essere qui, dinnanzi a te, viva e vegeta. Perciò sono stanca di preoccuparmi del passato. Mi è stata data una seconda possibilità, e non voglio sprecarla. Da oggi ricomincio una nuova vita.»
Jared lasciò la sua presa sui miei fianchi e si allontanò. «Bene, sono contento per te. Devi fare ciò che ti rende felice. È giusto che sia così. Ora, scusami, ma devo andare …» Pronunciò serio e, sicuramente, ferito. Fece per voltarsi e andare via.
Lo fermai per la giacca. «Jay, aspetta …» Avevo la voce che tremava. Non avevo terminato il mio discorso.
Si voltò verso di me. «Aspettare? Ho aspettato mesi affinché tu mi potessi perdonare. Prima scappi via, sostenendo di non volermi volere più vedere. Ora ti presenti qui, come se non fosse successo nulla, e mi parli del tuo felice e roseo futuro e di come, sicuramente, ti abbia fatta soffrire. Cosa mi resta da fare se non dirti che sono felice per te e andarmene, rassegnandomi all’idea che non farai più parte della mia vita? Ormai non credo ci sia più nulla da aggiungere.» Si sfogò lui, stringendo i denti per non mostrare agli altri invitati che stavamo discutendo. Come sempre.
«E invece, ti sbagli. C’è molto da aggiungere. Tipo che, nonostante tutto, è sempre con te che voglio cominciare questa nuova vita. Che non mi interessa quanto abbiamo potuto soffrire in passato, quanto ci siamo fatti del male. Io sono qui, viva e pronta a viverti per tutto il tempo che vorrai.»

 

«To forget your past and simply be mine.
I dare you to let me be your, your one and only.
Promise I’m worth it, to hold in your arms.
So come on and give me a chance to prove I am the one who can walk that mile.
Until the end starts.»
“One and only”, Adele

 
 

Lui aggrottò la fronte, confuso. «E questo che significa?» Jared aveva alzato la sua barriera di difesa. Lo sentivo.
«Significa che ti amo.» Feci una pausa e mi avvicinai a lui, prendendogli la mano. «Ti amo, Jared Leto. È stato ciò che ci lega a farmi tornare la memoria. Non posso mentire a me stessa. Senza di te, la mia vita non è la stessa cosa. E se spesso amarti fa così male, soffrirei altre mille e mille volte pur di averti vicino. Sei il mio mondo. E ora sono qui che parlo e parlo tanto da sentirmi una stupida» Mi sfuggì un sorriso, imbarazzata. «e tu non dici nulla … e non so perché non dici nulla. Okay, forse … forse ho sbagliato. Forse … no-non dovevo.» Scossi la testa nel panico. Feci per allontanarmi io questa volta. Tremavo tutta. Tuttavia Jared strinse la stretta alla mia mano.
«Vieni con me.» Sussurrò lui. Mi condusse fuori dalla pista da ballo. Puntò dritto verso quella parte buia della terrazza dove non c’era nessuno e potevamo parlare più tranquillamente.
Si fermò, lasciando la presa e appoggiandosi alla balconata. Rimase in silenzio. Mi dava le spalle.
Io ero agitatissima. Mi rigiravo in continuazione l’orlo del vestito tra le mani, come facevo da piccola. Mi appoggiai anch’io alla ringhiera, al suo fianco. Lo guardai in viso mentre i suoi occhi erano persi nel mare che ci era di fronte. Il suo silenzio mi stava uccidendo.
Perché non parla?
Perché non dice nulla?
Che abbia cambiato idea su di noi?
«Okay, Jared, ti prego. Dì qualcosa, qualunque cosa, ma parla ti supplico.» Mormorai io, con sguardo implorante.
«Quando ci siamo visti l’ultima volta e tu mi hai detto che non volevi più vedermi, il mondo mi è crollato addosso. Mi sono detto: “Complimenti, Jared. Bel colpo! Sei stato capace di farti odiare anche da Charlotte, dalla tua piccola e indifesa Charlie.” Mi sono odiato con tutto il mio cuore. La mattina mi svegliavo e non avevo il coraggio di voltarmi dall’altro lato del letto. Mi avrebbe ricordato che ti avevo perso. Poi ti ritrovo qui che mi apri il tuo cuore, che mi fai sentire l’uomo più amato su questa Terra e davvero non so cosa dire. Sono consapevole che qualsiasi mia parola stonerebbe.»
«Jared, arriva al punto.» Tagliai corto. Una fitta al cuore mi colpì.
Sì voltò verso di me. Mi prese il volto tra le sue mani. «Non posso prometterti nulla. L’unica cosa che posso assicurarti è che ti amo. Che ti ho sempre amato e che ti amerò sempre. Tuttavia …»
«”Tuttavia …”?» Ero terribilmente ansiosa. Queste sue pause mi facevano impazzire.
«Charlotte,» Si voltò verso di me, prendendomi le mani e fissandomi dritto negli occhi, così come non faceva da tanto ormai. «io non me la sento di farti soffrire ancora. Tanto questa è una storia che si ripete per l’ennesima volta: tu che mi dai un’altra occasione ed io che rovino tutto con le mie stesse mani. Io non me la sento di farti di nuovo del male …»
«Quindi?» Emisi in respiro. Avevo un groppo alla gola che mi impediva di dire altro. I miei occhi cominciarono a riempirsi di lacrime, ma feci di tutte per rispedirle indietro.
«Quindi … io …» Anche i suoi occhi divennero lucidi.
Io presi un forte respiro e cercai di pronunciare qualcos’altro. «Jared, ho abbandonato tutto il mio orgoglio, tutta la mia ostinazione e i miei propositi per essere qui. Ho deciso io di venir qui. Ho deciso io di parlarti. Ho deciso io di ammettere la mia debolezza. E decido io se voglio soffrire ancora. Perciò se è questo il prezzo che devo pagare per restare con te, soffrirò. Ma tu non puoi decidere di lasciarmi, solo perché temi che un giorno tu mi possa nuovamente far soffrire …» Avevo la voce rotta dalle lacrime. « Perché questo non ti permetterò di farlo. Tu mi lascerai solo quando smetterai di amarmi.»
«Ma sai che non smetterò mai di amarti.» Jared distolse lo sguardo dal mio.
«Allora cosa ci facciamo ancora l’uno di fronte all’altra a farci la guerra? Dovremmo occupare il nostro tempo ad amarci, e invece lo stiamo sprecando.» Feci un passo verso di lui e gli sfiorai il viso.
Lui tornò a fissarmi negli occhi. «Ho solo paura che tu mi scivoli di nuovo via dalle mani.»
«Io non …»
«Ragazzi!» Ci interruppe d’un tratto Shannon.
Ci voltammo verso di lui. «Scusate se vi interrompo. Ma è arrivato il momento delle foto con i testimoni e le damigelle.»
Feci un passo indietro. «Ma certo.» Pronunciai io. «Forse è meglio andare.» Feci per tornare nel ristorante, passando accanto a Shannon.
 
«Scusami, fratello. Ho interrotto qualcosa di importante?» Pronunciò Shannon, appena si accertò che Charlotte fosse rientrata.
Mi infilai le mani tra i capelli. «Fratello, sono un coglione. Un emerito, patentato COGLIONE!» Esclamai io, disperato.
«Cosa hai combinato, adesso?» Espresse lui, in tono lamentoso.
«Cosa ho che non va, Shan? Cosa?»
«Beh, a parte essere un pazzo psicopatico ed incoerente a volte, non so a cosa tu ti riferisca in particolare …» Sghignazzò.
Mi voltai verso di lui. «Lei mi ama ancora.»
«E non credo che questa sia una novità.»
«Non capisci, lei vuole me, così come sono. Le vuole me nonostante tutto ciò che le ho fatto.»
«E allora? Non sei felice di questo?» Shannon era confuso.
«Shan, lei vuole stare con me ed io l’ho respinta di nuovo.» Completai io.
Shannon mi guardò con sguardo incredulo. «Cosa?!»
«Esatto, fratello. Hai capito bene. Le ho detto che non sarei tornato con lei perché la farò soffrire nuovamente.» Mi appoggiai con la schiena ad un albero lì vicino come se, ripetendo ciò che avevo cercato di spiegare a Charlotte, mi rendessi davvero conto delle mie parole.
«Sì, fratello. Effettivamente sei un coglione!» Sentenziò Shannon. E come dargli torto. «Ma è anche vero che non è colpa tua se ti ritrovi in questa sensazione. Jared, parliamoci chiaro: tu hai sempre avuto storie non molto importanti e le uniche donne, con le quali sembrava avessi stretto un legame forte, si sono rivelate delle stronze di prima categoria. Perciò sei spaventato dal troppo amore che provi per lei. Ti spaventa l’idea di legarti così intensamente ad una donna come Charlotte. Abbiamo capito che hai paura di soffrire e, soprattutto, di far soffrire lei.» Aveva colpito nel segno. «Ma, Jared, la vita è breve. Abbiamo il diritto di viverla appieno e di amare appieno ed intensamente. Perciò se credi che lei sia LA persona giusta, se credi che lei sia la tua UNICA metà, allora gettati. Abbi il coraggio di prendere una posizione. Abbi il coraggio di amarla profondamente, senza il continuo timore di soffrire. Ti accorgerai che un tipo di amore così non lo proverai per nessun’altra.» Le parole di Shannon arrivarono al mio cuore.
«Ed è ciò che tu provi per Sarah?» Domandai io.
Gli sfuggì un mezzo sorriso. «Beh, è un po’ presto per dirlo. Ma lo spero.»
«Allora cosa devo fare, Shannon?» Mi nascosi il viso tra le mani.
«Non posso dirti io cosa fare, Jay. È una decisione tua. È la tua vita. Posso solo dirti che nella tua tasca c’è il mio suggerimento.»
Lo guardai, torvo. Infilai la mano nella mia tasca.
 
«Charlotte!» Urlò Vicki, appena mi vide rientrare. «Sbrigati, manchi solo tu per fare la foto con le mie splendide damigelle!»
Mi limitai a sorriderle e ad andarle incontro. Ci mettemmo in posa e scattammo un paio di foto, in tutte le pose più bizzarre che le potessero venire in mente.
Appena si sentì soddisfatta, con l’aiuto di Tomo chiamò a raccolta anche i testimoni per fare insieme un’ultima grande foto.
Vidi rientrare Shannon e Jared. Sussurravano tra loro. Chissà cosa si stavano dicendo. Avevano sicuramente parlato di me e per capirlo non ci voleva un genio. Gli sguardi, che ogni tanto entrambi i fratelli Leto gettavano verso di me, erano chiari.
Si avvicinarono al nostro gruppo ci mettemmo in posa e scattammo questa foto.
Mi sforzavo di sorridere solo perché non volevo che nelle foto del matrimonio rimanesse la traccia della mia tristezza in questo loro ricordo indelebile.
Arrivò poi il momento del taglio della torta. Eravamo tutti schierati dinnanzi al tavolo con sopra una torta a tre piani gigantesca e gli sposi dietro, pronti a tagliare la loro prima fetta insieme.
«Non sono magnifici insieme?» Mi sussurrò, d’un tratto, all’orecchio Jared.
Voltai leggermente il volto verso di lui, sorpresa. Poi tornai a guardare gli sposi. «Sono perfetti.» Risposi io.
«Già.»
Tomo e Vicki si baciarono e partì un coro di approvazione dagli invitati.
Sorrisi e mi unii agli applausi.
«Un attimo di attenzione, prego!» Esclamò Tomo,  in tono ufficioso. «Prima che continuiamo i festeggiamenti, io e la mia novella sposa vorremmo ringraziare tutti voi per aver partecipato all’evento più importante della nostra vita. Parenti, amici, siete stati indispensabili per noi. Nonostante delle avversità, dei disguidi e situazioni difficili, notiamo con estrema felicità che non avete rinunciato ad essere qui, oggi, in questo giorno di gioia.» Tomo, portò il suo sguardo verso la nostra direzione. «Perciò grazie a tutti voi!»
Innalzammo tutti i calici e brindammo.
Il ricevimento verso la Mezzanotte terminò. Tutti noi invitati attendemmo il cambio d’abito degli sposi e li scortammo alla loro auto, adornata anch’essa con fiori d’arancio e la scritta Just Married nella parte anteriore della carrozzeria.
«Bene, ragazze. Venite tutte dinnanzi all’auto.» Sancì Vicki. «È giunto il momento che molte di voi attendevano con ansia.»
Non capivo esattamente a cosa si riferisse, ma qualunque cosa fosse stata non mi sarebbe piaciuta. Cercai di divincolarmi, senza dare troppo nell’occhio. Ma Sarah mi afferrò per il braccio, spingendomi verso le altre ragazze.
«Siete pronte per il lancio del bouquet?» Esclamò con entusiasmo Vicki.
In un istante non si capì più nulla. Le ragazze cominciarono a strattonarsi a urlare come delle matte. Ero spaventatissima. Qualche essere maligno doveva essersi impossessato del loro corpo, perché questa reazione era davvero inspiegabile.
Vicki effettuò il lancio. Le ragazze cominciarono a correre incontro al bouquet. Non ricordo esattamente come accadde, ma d’un tratto mi ritrovai stesa per terra. Mi avevano letteralmente catapultato via, per un bouquet. Per uno STUPIDO bouquet.
Il dolore all’anca, già quasi rotta a causa dell’incidente, sembrò risvegliarsi dal coma. Una fitta mi colpì forte e stavo per emettere un gridolino di dolore, ma cercai di rimandarlo indietro deglutendo rumorosamente.
«CHARLIE!» L’urlo sconcertato di Jared sembrava lo stesso di quella notte. In un lampo compresi come lui si fosse potuto sentire quella sera, assistendo all’incidente. Io probabilmente non sarei riuscita ad essere così forte come lo è stato lui tutto quel tempo. Mi fu accanto in un baleno. «Charlie, stai bene?» Pronunciò, preoccupato.
Mi voltai verso di lui e accennai un sorriso. «Dovrei pensare seriamente di andare in palestra. Non è possibile che mi faccia ballonzolare a destra e a manca con tale facilità ogni volta.»
Lui mi guardò negli occhi e scoppiò a ridere. «Sei incredibile!» Esclamò.
Mi aiutò ad alzarmi ma, afferrandomi per il fianco, la fitta si ripresentò. Purtroppo questa volta non riuscii a trattenermi.
«Ahi!» Mormorai, ma lui se ne accorse.
«Cosa c’è?» Domandò subito. «Ti ho fatta male?»
«No, no. È la mia povera anca. La botta ha risvegliato il dolore. Ma è tutto okay. Ora mi passa.» Abbozzai un altro sorriso.
Lui mi guardò. Non era convinto, ma non voleva farne una tragedia. Mi prese direttamente in braccio. «Andiamo a sederci, principessa.» Mi sussurrò dolce all’orecchio e il mio volto si dipinse di rosa.
Mi poggiò su una panchina di marmo lì vicino. Piombarono tutti accanto a me e cominciarono a volare scuse di ogni genere ed espressioni mortificate.
«Non preoccupatevi. È tutto okay.» Continuavo a ripetere a tutte le damigelle. Anche Vicki si scusò per l’accaduto. Appena i convenevoli ebbero fine, i due sposini risalutarono gli invitati e sfrecciarono via sulla loro auto.
Pian piano cominciarono ad andare via tutti. Persino Shannon e Sarah si dileguarono velocemente, asserendo che la giornata era stata alquanto stressante e che sarebbero andati a rilassarsi in albergo.
Rimanemmo solo io e Jared seduti sulla quella panchina. Dinnanzi ai nostri occhi il panorama era mozzafiato. La spiaggia era completamente illuminata dalla luce abbagliante della luna piena, che si rifletteva lucente sulle onde del mare. Il cielo, una distesa infinita e scura, era costellato da miliardi di stelle che rendevano il tutto magico e mozzafiato. Indugiai su di loro per qualche istante, rapita da quello spettacolo.
«A quanto pare siamo rimasti soli.» Cominciò Jared ad attaccare discorso.
«Già.»
«Questa serata è magnifica.» Sussurrò lui.
«Infatti.»
«Eppure sai cosa la renderebbe perfetta?» Domandò ad un tratto lui, scatenando la mia curiosità.
Distolsi lo sguardo dal blu scuro del cielo per immergerlo nel blu cristallo dei suoi occhi. Una sensazione alla bocca dello stomaco si fece risentire. “Cosa? Dimmelo!”, pensai.
Eppure dalla mia bocca non uscì nulla. Mi limitai a guardarlo. La sua bellezza era una delle cose che continuavano ad affascinarmi, nonostante ormai lo conoscessi più di quanto potessi conoscere me stessa.
Jared si avvicinò ancora di più a me e il mio sguardo passò inevitabilmente dai suoi occhi alle sue labbra dalle quali potevo percepire il suo respiro, fresco sulla mia pelle.
Allungò una mano e la intrecciò nei miei capelli, dietro la nuca.
«Jared …» Sussurrai a stento, come se mi mancasse il fiato. Come se avessi scordato come si respirasse.
Lui non mi diede retta. Appoggiò la sua bocca sulla mia e cominciò a baciarmi.
In quell’istante mi sembrò come se lo stessi baciando per la prima volta. La stessa sensazione nella pancia, lo stesso vuoto nella testa e l’immenso amore nel mio cuore. Quanto mi era mancato. Mi sentivo come se fossi stata gettata in un oceano e per tanto, troppo tempo fossi rimasta sott’acqua senza aria, in apnea. Lui era la mia aria. Ecco cos’era. Certo, questo reale bisogno, fisico e mentale, che avevo di lui mi spaventava. Eppure al tempo stesso sentivo di non poterne fare a meno
Lo strinsi ancora di più tra le mie braccia. Jared mi afferrò per i fianchi e mi mise a sedere sulle sue gambe.
«Fa’ l’amore con me, Charlotte.» Mormorò tra un bacio e l’altro.
Non fu necessario che rispondessi. Il mio sguardo fu eloquente. Lo volevo più di tutto. Lo volevo più di quanto potessi solo immaginare. Volevo lui, in tutti i modi in cui si possa volere una persona.
Appena carpì la mia risposta, un piccolo sorriso si dipinse sul suo volto. Così mi prese in braccio e mi portò via.
 
Arrivammo alla sua stanza d’hotel. Quello prenotato per noi invitati da Vicki e Tomo, adiacente alla chiesa. Tra un bacio e l’altro, Jared riuscì ad aprire la porta con il badge.
«Prego, madame.» Scimmiottò Jared, facendo entrare prima me.
Mi scappò una risatina, finsi un mezzo inchino ed entrai trascinandolo per la camicia. Chiuse la porta con un calcio e, spingendolo contro di essa, ricominciai a baciarlo, avida.
Gli sfilai pian piano la giacca e sbottonai la camicia, accarezzando il suo petto e i suoi addominali.
Appena andata via anche la camicia, iniziò il suo turno. Cominciò ad aprire la cerniera del vestito dietro alla schiena e, in attimo e senza che me ne accorgessi, il vestito era già ai miei piedi sul pavimento.
Era chiaramente più esperto di me. I miei gesti apparivano impacciati, in confronto ai suoi movimenti rapidi e decisi. Pian piano mi spinse sul letto, sfilandosi da solo i pantaloni.
Feci per sfilarmi il reggiseno, ma lui mi anticipò. Mi stesi sul letto e lui fu ben presto su di me, mentre anche le mie mutandine raggiunsero il reggiseno dall’altra parte della stanza.
«Sei bellissima.» Sussurrò lui, baciandomi ancora. E ancora.
Le mie dita intrecciavano i suoi capelli e la sua bocca baciava le mie labbra, il mio collo, il mio seno. Baci egoisti, mani onnipresenti su ogni centimetro dei nostri corpi.
Per un secondo mi guardò attentamente. «Sei sicura?» Domandò, temendo che io potessi ripensarci. Eppure ormai ero già completamente nuda. Se non avessi voluto tutto ciò, mi sarei fermata molto prima.
Gli mollai un altro bacio sulle labbra, mordendole dolcemente. «Ti amo e non sono mai stata tanto sicura di una cosa in vita mia.» La mia voce non era mai stata così suadente e sexy prima d’allora.
Per convincerlo ulteriormente, afferrai l’elastico dei suoi boxer e li abbassai lungo le sue gambe.

 

«Cause baby we ain’t got nothing without love.
Darling you got enough for the both of us.
So come on baby, make love to me.»
“1+1”, Beyoncé

 

Quella notte lo amai completamente, profondamente, senza freni. Quella notte mi sentii la donna più ricca di questo Mondo. Avevo tutto l’amore che si potesse desiderare.
Quella notte, dopo aver fatto l’amore ancora e ancora finché stremati non ci addormentammo, mi destai un paio di volte per assicurarmi che tutto ciò che era accaduto non fosse solo un magnifico sogno. E quando sentivo il suo corpo contro il mio e il suo viso immerso nei miei capelli, richiudevo gli occhi stringendomi ancora più a lui.
Il mattino dopo fui destata dai raggi del sole, che penetravano dalle tende della stanza e mi riscaldavano il volto.
«Buongiorno, piccola.» Quelle due semplici parole arrivarono dolci al mio orecchio. Mi voltai verso quella voce e vidi Jared lì, steso accanto a me dove lo avevo lasciato, che mi sorrideva.
«Buongiorno.» Risposi sorridente.
«Dormito bene?» Domandò lui, furbo.
Mi alzai e mi misi seduta. «E questo cos’è? Un modo carino per dirmi “ti è piaciuto”?» Dissi, sorridendo.
Anche lui scoppiò in una risata fragorosa. Una di quelle risate armoniose che riempiono delicatamente tutta la stanza con il loro suono.
«Non esattamente, ma ora hai stimolato la mia curiosità. Cioè so di essere bravo a letto. Anzi, molto bravo …»
«Oh, avevo dimenticato che stavo parlando con Mr. Modestia.» Lo interruppi, prendendolo in giro.
Scoppiammo entrambi a ridere. Poi tornai a stendermi, appoggiando il mento sul suo petto. «Non sono mai stata così bene in vita mia.» Sussurrai, sorridendo.
«Sei la cosa più bella che mi potesse capitare, amore.» Rispose lui, accarezzandomi i capelli.
«Ripetilo, per favore.»

 
«Cosa?» Chiese lui, confuso.
«Quella parola.»
«Amore ... Amore …» Lo baciai, mentre quelle dolci parole ci facevamo da sottofondo.
«Vorrei che tutto questo non finisse mai.» Mi lasciai sfuggire in un sospiro, tornando ad appoggiare il viso sul suo petto.
«Potrebbe davvero essere così, se tu lo volessi.» Mormorò lui.
Mi voltai per guardarlo negli occhi. «E come?»
Non rispose, mi fece cenno di attendere qualche secondo. Io mi rialzai, tirandomi le lenzuola per coprire la mia nudità. Jared si alzò dal letto e aprì il cassetto del suo comodino. Lo scrutavo curiosa, chiedendo che diavolo stesse combinando. Prese qualcosa al suo interno e richiuse il cassetto.
Solo che piuttosto che tornare a sedersi sul letto, s’inginocchio d’un tratto dinnanzi a me.
Il mio cuore cominciò ad impazzire. “Che sta facendo?”
«Charlotte, io ti amo. Più di qualsiasi altra cosa a questo Mondo. Ti amo più della Luna che ama il suo cielo limpido. Ti amo più dei fiori che amano la loro Primavera. Ti amo più di quanto un uomo possa amare un’altra persona. Ti amo così tanto che preferirei averti accanto tutta la vita convivendo la costante paura di soffrire e di farti soffrire, piuttosto che vivere un solo giorno senza di te e senza di essa. Tu rappresenti la mia gioia, la mia paura, il mio tutto.» Cominciai a tremare dall’emozione e, ben presto, le mie lacrime rigarono copiose le mie guance.
«Jared, ma cosa …?» Rimasi incredula a ciò che stava succedendo.
«Ho pensato a tanti modi per farlo, ma questo credo sia il momento giusto. D’altronde mai come in questo momento abbiamo espresso nel modo più totale e profondo ciò che proviamo l’uno per l’altra.»
Dal palmo della sua mano uscì allo scoperto una scatolina di velluto blu scuro.
Era quello che credevo fosse?
Portai le mani alla bocca, incredula. «Oddio!» Esclamai.
Lo aprì e rivolse verso di me il contenuto. Era un anello con una pietra luminosissima, probabilmente un diamante di non so quanti carati ma che a giudicare dalla grandezza ne erano tanti.
«Charlotte, ti voglio ora, qui e finché il nostro amore sarà forte. Sei l’unica donna che, per la prima volta, mi ha fatto desiderare il “per sempre”. Questa notte ci siamo amati in modo assoluto e vorrei continuare a farlo per tutto il resto della mia vita.» Prese fiato e il mio cuore stava impazzendo. Le pulsazioni erano incontrollabili e il mio viso era colorato di un rosso intenso, misto di emozione, sorpresa e imbarazzo.  «Perciò, vuoi farmi l’onore di diventare mia moglie?»
Spalancai gli occhi, senza parole. Non stava accadendo realmente. Non era possibile che lui, Jared Joseph Leto, si trovasse in ginocchio di fronte a me che mi chiedeva di sposarlo.
Era un sogno. Non poteva essere altrimenti. Era un altro dei miei bellissimi sogni che riuscivo a ricordare sempre il mattino dopo.
Tutti mi avevano sempre chiesto come facessi a ricordare quasi tutto ciò che sognavo. Spesso rispondevo loro che non sapevo esattamente come fosse possibile, che forse questi sogni essendo frutto dei miei desideri e paure più nascoste venivano fuori inconsciamente e, consapevole della loro esistenza, riuscivo a ricordare ciò che la mia immaginazione ci aveva ricamato attorno.
Lui si accorse subito che mi aveva chiaramente preso alla sprovvista e, notando la mia reazione, cominciò a preoccuparsi di un mio possibile rifiuto.
«Okay …» Cominciò a sorridere, nervoso. «Certo, non sono un esperto in queste cose. Eppure, in teoria, toccherebbe a te darmi una risposta.»
«I … io …» Iniziai a balbettare. Finché non venni nuovamente rapita dai suoi occhi. «Che cos’è? Uno scherzo?» La mia diffidenza stava prevalente per l’ennesima volta. Maledetta!
Jared distolse lo sguardo per qualche istante. Sfilò l’anello dallo scatolino e mi afferrò la mano, indugiando sul mio anulare. Lo sfiorò dolcemente. «Non sono mai stato più serio in vita mia.» Sussurrò lui, tornandomi a guardare.
In quella situazione, Jared sarebbe stato in grado di strapparmi tutte le promesse che voleva. Eppure dovevo essere altrettanto razionale.
«Jared, il matrimonio è un cosa seria. È una promessa importante. È come se ti impegnassi per la vita. Certo, esiste sempre il divorzio. D’altronde al giorno d’oggi ci sono più divorzi che matrimoni, no?! Io però non voglio questo. Io …» Non terminai la mia frase.
Lui si allungò verso di me e mi baciò. Dopo poco, troppo poco, si allontanò di qualche centimetro. Le nostre fronti erano ancora attaccate. «Sono consapevole di ciò che ti ho chiesto e di quello che comporta. Non so cosa accadrà tra 5 o 10 anni, ma posso prometterti con tutto me stesso che ti amerò tutti i giorni come se fossero il primo. Sei ciò che mi rende felice e voglio essere felice con te per sempre.»
Le sue parole mi toccarono nel profondo. Era davvero così grande il sentimento che provava per me che mi faceva sentire speciale, preziosa.
Gli gettai le braccia al collo. «Jared Leto, ti amo così tanto che sì … voglio diventare tua moglie!» Lo baciai con trasporto. «E se la mia risposta non dovesse convincerti, beh …» Non terminai la frase. Avvicinai le mie labbra al suo orecchio e lo mordicchiai.
«Mmm … effettivamente non sono ancora del tutto convinto che tu faccia sul serio.» Sorrise, sornione ed eccitato.
«Allora vediamo cosa posso fare per convincerti …» Lo trascinai nuovamente nel letto, tornando a bruciare insieme come una fiamma ardente.

 
 

«From this moment life has begun .
From this moment you are the one.
Right beside you is where I belong.
From this moment on.»
“From this moment on”, Shania Twain ft. Bryan Adams

   
 
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