Serie TV > Glee
Segui la storia  |       
Autore: Egi_    25/08/2013    3 recensioni
Londra, 1882.
"C’era un solo luogo dove avrebbe potuto cominciare davvero a vivere intensamente: Londra."
Kurt Hummel è un giovane aspirante poeta alla ricerca della sua ispirazione perduta, troverà molto di più.
Santana Lopez, giovane donna indipendente e moderna, vivrà un amore che la porterà a rivedere le sue convinzioni.
Quinn Fabray, sposata, è prigioniera di una passione imperdonabile.
Sullo sfondo una città magica, fatta di poche luci e tante ombre.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Blaine/Kurt, Brittany/Santana, Quinn/Rachel
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Salve a tutti! Sono appena tornata tristemente dal mare e avrei già voglia di ripartire! 
Tra poco avrò gli esami all'università e il tempo per scrivere si farà sempre più raro temo. Quindi già da ora vi dico che il tempo per gli aggiornamenti si allungherà ma non troppo, promesso!
Allora sesto capitolo un po' di passaggio e che non mi convince granchè ma non sono riuscita a fare di meglio. 
Come sempre grazie a chi recensisce, preferisce, ricorda, segue e legge soltanto. 
Buona lettura!

P.S. Posto anche il primo capitolo di una nuova long che però vi dico già, non so se avrà futuro! In ogni caso It's always darkest before the dawn avrà la precedenza ovviamente. 
Dateci un'occhiata se vi và!



CAPITOLO SEI

 

 

Kurt era davanti allo specchio.

Raddrizzò le spalle mentre si sistemava i gemelli ai polsi.

Dal piano di sotto sentiva i rumori dei preparativi per la festa che sarebbe cominciata di lì a un’ora.

Era la sua prima festa da quando era arrivato a Londra e voleva essere perfetto, impeccabile.

Kurt aveva ereditato il suo gusto per la moda da sua madre. La donna era morta quando lui era solo un bambino ma ricordava con chiarezza i suoi splendidi vestiti e i capelli sempre perfettamente acconciati, l'odore della sua cipria.

Era bella, sua madre.

A casa di suo padre, in un corridoio luminoso sul lato est della villa, c’era un enorme ritratto della donna. Kurt passava ore a guardarlo, ad ammirarlo. Ci si sedeva davanti e semplicemente lo fissava in silenzio cercando di imprimersi nella mente i tratti di quel viso sconosciuto e ormai quasi dimenticato.

Il suo più grande terrore era non riuscire più a richiamare alla mente il viso della sua mamma.

Moriamo davvero solo quando veniamo dimenticati.

La vera tragedia della vita non è che qualcuno sia morto ma che sia come morto per te e Kurt a questo ci credeva fortemente.

Con il pettine si spinse i capelli castani all’indietro liberando la sua fronte bianca.

Con un mezzo sorriso si stese una generosa dose di cerone sul volto. Era stata Rachel a prestarglielo.

Lui e la ragazza erano diventati qualcosa meno di amici. Nonostante l’egocentrismo da diva, Kurt aveva scoperto in Rachel un’anima a lui affina.

La sera precedente aveva anche cercato di scrivere qualche verso su di lei ma non era particolarmente ispirato. Questa sua stasi creativa lo stava infastidendo sempre di più.

Era a Londra, la città più moderna del mondo, la capitale di un enorme impero brulicante di uomini e donne, una babele di lingue e di culture ma nonostante tutto lui non riusciva a esserne ispirato.

Si rendeva conto che le sue poesie erano vuote, sterili, forzate.

Che cosa mancava? Che cosa?

Ripose il cerone e si guardò attentamente.

I suoi occhi azzurri spiccavano sul suo volto reso ancora più pallido dal cerone e le labbra sembravano ancora più rosse.

Per il suo costume si era ispirato a Lord Ruthven, il protagonista del racconto “Il vampiro” di Polidori.

Gli sembrava di aver fatto un ottimo lavoro.

Mancava solo la maschera. Era in seta nera, molto semplice. A Kurt era piaciuta subito mentre Rachel aveva obiettato che era davvero troppo semplice.

Voleva convincerlo a provarne una argentata e vistosa. Kurt aveva declinato e aveva comprato quella maschera nera e sobria.

Voleva essere perfetto quella sera.

I suoi pensieri andarono alla deriva e s’incagliarono nella figura di un ragazzo moro con le mani calde e sporche di tempera.

Kurt non sapeva nemmeno come si chiamava ma più di una volta lo aveva pensato in quei giorni.

Voleva sapere il suo nome ma non l’aveva chiesto a Rachel o a Finn o a Quinn.

Sentiva che doveva dirglielo lui, voleva che fossero le sue labbra a pronunciarlo per prime.

Non voleva indugiare troppo su cosa significavano i suoi pensieri, sul perché tante volte la sua mente andava a riportare a galla i particolari di quel viso.

Sapeva solo che provava un’innata simpatia per quel ragazzo, sentiva di averlo già conosciuto in un’altra vita, in un altro tempo.

Il campanello suonò facendolo sobbalzare.

Indossò la maschera.

Per quella sera sarebbe stato un nuovo Kurt, più intelligente, più dandy, più intrigante.

Quella sera, decise, si sarebbe lasciato alle spalle il ragazzino di campagna che era stato e sarebbe diventato un vampiro che morde la vita.

 

 

Santana era arrivata in anticipo, molto in anticipo.

Era nervosa e voleva creare disagi e tensioni anche nelle persone che le si muovevano attorno.

Il ricordo di quella sera al teatro la tormentava.

Il ricordo di Brittany S. Pierce la tormentava.

Non riusciva a smettere di pensarci.

A come l’aveva derisa, come l’aveva guardata, come l’aveva messa in ridicolo.

Aveva pensato che doveva essere insito nella sua natura comportarsi così. Era talmente abituata a sfruttare e deridere i ricchi signori cui si vendeva che si atteggiava in quel modo con tutti.

Poi però aveva realizzato che non era una scusa, assolutamente.

Sempre più spesso si era trovata a chiedersi a chi scaldasse il letto in quel momento.

Chi foraggiava i suoi vizi? Chi pagava il costoso appartamento in cui viveva con tutti i mobili e i lussi?

Santana era morbosamente curiosa e un po’ si vergognava di questi suoi sentimenti.

Brittany si era rivelata una donna sgradevole, poco importava ora la prima impressione che aveva avuto di lei.

Quei primi momenti in cui aveva pensato che fosse un angelo sceso sulla terra, con i suoi capelli biondi e quegli occhi…

 

buonasera miss Lopez.”

Santana sollevò gli occhi. Davanti a lei c’era Kurt, elegantissimo, la maschera già a celargli il volto.

buonasera lord Hummel. Che eleganza, ha forse intenzione di far svenire tutte le signore in sala con la sua avvenenza?”

La voce di Santana aveva una punta di malizia che non sfuggì a Kurt, mettendolo in imbarazzo.

Ringraziò il cerone che si era messo sul volto perché celava il suo rossore.

Con Santana Lopez tendeva sempre a mettersi sulla difensiva. Percepiva nella donna una malizia e una sottile crudeltà e quando i suoi occhi neri e profondi si posavano su di lui aveva la strana impressione che potessero leggergli l’anima.

Si chiese come fosse possibile per Quinn essere così legata a Santana.

Lopez è già abbastanza maleducato che tu sia arrivata con un’ora di anticipo, lascia stare mio cugino almeno.”

Kurt non si era accorto di Finn che se ne stava seduto in poltrona con un sigaro fra le dita lunghe.

Santana lo fulminò con lo sguardo: “Ai suoi ordini mio lord.” fece anche una specie di riverenza.

Kurt sorrise e Finn strinse le labbra senza cadere nella provocazione.

Santana decise che i due uomini non meritavano la sua attenzione e s’immerse nuovamente nei suoi pensieri.

miss Lopez non fa parte del tuo club delle arti, Finn? Non l’ho mai vista ai vostri incontri.”

Non verrei in questo covo di benpensanti borghesi neanche se mi invitasse la regina in persona.” disse Santana con una nota di scherno nella voce.

Finn la guardò in tralice: “non vieni ai nostri incontri perché non hai niente da condividere con il mondo che non sia la tua cattiveria, miss Lopez.”

Santana scoppiò a ridere: “per il mondo faccio molto più di te lord Hudson! Tua moglie lo sa molto bene questo!”

non osare parlare di mia moglie. Proprio tu che...”

A proposito di Quinn,” lo interruppe con poco garbo Santana “dov’è?”

di sopra. Si sta finendo di preparare. Sai le signore si fanno attendere.”

A Santana non piacque per niente il modo in cui Finn sottolineò la parola signore ma decise di lasciar correre.

Continuare a punzecchiarlo non l’avrebbe fatta sentire meglio e poi Finn non era un degno avversario, decisamente.

Aveva bisogno di sgranchirsi un po’.

Aveva una strana sensazione addosso, un’inquietudine sottile e strisciante che già da qualche giorno le si era appiccicata addosso, le si era insinuata dentro.

Si alzò in piedi.

Kurt guardò Santana, splendida nel lungo abito rosso.

da che cosa è travestita, miss Lopez?”

non è evidente?” disse Santana sfoggiando uno dei suoi sorrisi maliziosi, “sono una diavolessa, uscita dalla bocca più ardente di tutto l’inferno.”

ovviamente.” commentò Finn a bassa voce, il sigaro ormai spento fra le labbra.

 

Santana venne fermata da Finn mentre stava tornando dalla toilette, dove era andata a risistemarsi i capelli aiutata dalla piccola Becky Jackson.

Quando l’uomo le si parò davanti, per un attimo ne ebbe paura. Aveva forse esagerato a comportarsi così arrogantemente con lui nella sua stessa casa?

Poi però vide gli occhi scuri dell’uomo, pieni di preoccupazione.

Che succede Finn?”

Per una volta si rivolse a lui chiamandolo per nome, cosa che faceva raramente nonostante si conoscessero da anni.

devo parlarti di Quinn.”

Le gambe di Santana tremarono.

 

 

Quinn non riusciva a trovare la forza di alzarsi dal letto. Non ne era in grado, le gambe non le rispondevano, la testa pesava come un macigno.

Erano giorni che non faceva altro che piangere.

Perfino Finn si era accorto che qualcosa non andava in lei, che qualcosa si era rotto.

Perché era esattamente così che si sentiva: rotta, rotta in mille pezzi che proprio non riusciva a rimettere insieme.

Come avrebbe affrontato la festa? Non lo sapeva.

Era ancora in vestaglia, incapace di fare qualsiasi cosa. Aveva lasciato alle sue domestiche i preparativi per la festa di quella sera e non si era mai fatta vedere al piano di sotto. Non le importava quello che avrebbero pensato in casa, non le importavano le voci, i pettegolezzi, i commenti sussurrati, le chiacchiere a mezza voce.

Era caduta e non sapeva come rialzarsi.

Paradossalmente l’unica mano che avrebbe potuto aiutarla a rimettersi in piedi era quella che non avrebbe mai visto tesa verso di lei.

Avrebbe dato l’anima per vedere entrare Rachel da quella porta come quel giorno di poco più di un anno prima.

 

Il pavimento di marmo bianco era freddo sotto di lei. Le sue mani lo artigliavano mentre il suo corpo magro era scosso da un pianto convulso.

I singhiozzi le si incastravano in gola e le facevano male.

Quinn era disperata.

Era sola, in un paese straniero di cui non capiva gli usi e la cultura.

Là, nell’altra stanza, in quello splendido salone, in mezzo a così tante persone che erano venute per vedere lei, avrebbe dovuto sentirsi parte di qualcosa e invece si sentiva maledettamente esclusa.

Le voci attorno a lei si erano mescolate, si erano fuse in un rumore minaccioso che la confondeva.

Quando era fuggita via, le lacrime che già le rigavano le guance nessuno si era accorto della sua folle corsa fuori dalla stanza.

Nemmeno Finn, alto e bello nel suo abito scuro all’ultima moda.

Quinn non gliene faceva una colpa.

Era ancora una bambina e sposare quell’uomo, andare via da casa sua era stato un errore madornale.

La porta della sua camera si spalancò all’improvviso.

Quinn temette che fosse Finn.

Invece dalla porta fece capolino il viso di una donna.

Lady Hudson?” il tono era accorato “va tutto bene? Scusi se sono entrata in questo modo così maleducato ma l’ho vista correre via dal salone e…”

A Quinn bastarono queste parole per scoppiare in un pianto ancora più disperato.

Sentì il vestito della donna frusciare mentre si accucciava accanto a lei.

Una piccola mano calda si poggiò sulla sua spalla.

La piccola donna accanto a lei cominciò a cantare una lenta ninnananna.

La sua voce era dolcissima, limpida ma allo stesso tempo di una disarmante profondità.

A Quinn sembrò la più bella voce del mondo.

I singhiozzi cessarono, si placarono senza che quasi se ne rendesse conto.

Era rapita da quella splendida melodia.

Quando la ragazza smise di cantare a Quinn sembrò che il mondo perdesse i suoi colori, sembrò all’improvviso mancasse qualcosa.

Quinn alzò il viso ancora bagnato di lacrime.

La ragazza stava sorridendo: “Va un po’ meglio cara?”

io… sì.” la voce di Quinn tremava leggermente, “vi ringrazio miss..”

miss Berry. Può chiamarmi Rachel, lady Hudson. Che cosa è successo? Ha bisogno che chiami qualcuno? La servitù o magari suo marito.”

Quinn si scostò dalla donna scuotendo la testa.

no, no la prego Rachel. Sto bene.”

Il viso di Rachel si aprì in un sorriso che a Quinn piacque subito: “Non mi sembra che stiate bene.”

Quinn rimase un momento in silenzio a fissare la ragazza mora di fronte a lei.

Aveva bisogno di parlare con qualcuno e quella ragazza le piaceva in modo istintivo.

io… ho paura. Ho paura di questo paese, di questa città, delle persone. È tutto così diverso e estraneo e io non mi sono mai sentita così sola e straniera.” abbassò la voce, “poi faccio fatica a capire la vostra lingua! È così strana e le parole sono così difficili da pronunciare nel modo giusto!”

Rachel scoppiò a ridere e Quinn arrossì fino alla punta dei capelli biondi.

non c’è nulla di cui dovete avere paura! Noi inglesi non mordiamo mica. Siamo per lo più innocui anche se devo dire che la signora Sylvester può essere pericolosa.”

Quinn abbassò lo sguardo, era in imbarazzo.

Sentiva gli occhi scuri della Berry su di sé.

Sobbalzò quando la mano calda della donna si posò di nuovo sulla sua.

Sa cosa faremo Mrs Hudson? Le darò una mano io.

Sarò la sua mappa personale. So cosa vuol dire sentirsi soli, è la patologia delle persone speciali ed io sono molto speciale, mi creda.

La aiuterò anche con la lingua.

Mio padre diceva sempre che non c’è modo migliore di imparare che attraverso l’arte.

Useremo le canzoni per imparare l’inglese, le và?

Sarà divertente e riempirà le sue giornate.

Finn sarà d’accordo, ci parlerò io stessa.”

Quinn sorrise.

Quella donna parlava decisamente molto e molto in fretta. Le strinse forte la mano.

farebbe questo per me, miss Berry?”

ci può scommettere, lady Hudson.”

Per la prima volta da quando aveva messo piede in Inghilterra, Quinn Fabray smise di sentirsi invisibile.

 

 

Quinn scoppiò di nuovo a piangere.

Come avrebbe affrontato il futuro? I giorni e gli anni a venire?

Non ce l’avrebbe mai fatta, non senza Rachel.

Non poteva lasciarla sola, non poteva!

Con rabbia sbatté i pugni sul letto, la vista offuscata dalle lacrime.

Voleva urlare, voleva urlare il suo nome tanto forte da farsi sanguinare la gola, talmente forte da riempire il vuoto che aveva dentro.

 

La scena cui Santana si trovò ad assistere era a dir poco spaventosa.

Quinn era in ginocchio accanto al letto e batteva i pugni su di esso.

I lunghi capelli biondi sciolti sulle spalle e il viso congestionato dal pianto, gli occhi rossi e le labbra tremanti.

 

Corse in camera chiudendosi la porta alle spalle.

Afferrò la sua amica per le spalle ma questa si divincolava, scalciava digrignando i denti bianchi.

lasciami andare! Lasciami Santana! LASCIAMI!”

Ma Santana non mollò la presa, anzi strinse più forte.

Strinse fino a che Quinn non si stancò di lottare e si lasciò cadere tra le sue braccia, scossa da singhiozzi dolorosi.

E quando smise di piangere la strinse ancora.

La strinse.

La strinse forte, senza dire niente.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Glee / Vai alla pagina dell'autore: Egi_