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Autore: nitidi sogni    25/08/2013    2 recensioni
Una nave che conosciamo tutti, la Concordia.
Due amiche divise da una tragedia.
La speranza in una vita che ricomincia.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Affondo, soffocata dal peso dei ricordi.



Faccio fatica a respirare, ripensandoci.
Faccio fatica a vivere attraverso quei ricordi. Ricordi più forti della felicità, che tutti sembrano scovare nella mia vita. Una felicità che sono in grado di vedere, ma che non avverto sulla pelle, una felicità che non si confonde con il mio essere.
I ricordi di quel giorno sono troppo forti.
Troppo dolorosi. Sono troppo per quelle come me.
13 gennaio 2012.
Quel giorno la mia vita è finita.
Se l’è portata via il mare, senza darmi tempo, possibilità. Senza darmi un saluto. Senza darmi nulla, ma togliendomi tutto.
‘Concordia’ un nome che sembra così dolce, così rassicurante. Qualcosa che ti fa davvero pensare ad un viaggio da sogno. E non al peggiore dei tuoi incubi.
Non ti fa pensare ad un mostro grande e grosso che ti porta via  la tua ancora di salvezza. Un’ ancora, che non è stata capace di salvare se stessa. Un’ancora, che era tale, solo per me.
Ho sempre pensato che Serena, si fosse lasciata andare quel giorno. Che dopo essere stata tradita da Matteo, avesse preferito non lottare.
Tanto nessuno gli avrebbe potuto affibbiare la colpa di aver abbandonato qualcuno.
Qualcuno, o me.
Tutti l’hanno data a quel capitano indulgente, distratto, egoista. Sì, quella persona che è stata la causa non solo della morte di Serena, ma anche della mia.
Quella persona, di cui ho preferito dimenticare il nome, per non esserne ossessionata. Anche se ogni tanto mi torna alla mente, imponendosi al centro di un ricordo, e scatenando in me un impeto di rabbia che va ben oltre la mancanza della mia miglior amica.
Domani sarà il giorno più bello della mia vita, o forse no.
Adesso dovrei essere in un locale a mangiare un hamburger bello grosso, e a bere  una maxi cola insieme a lei, perché era così che avevamo sempre immaginato il nostro alternativo addio al nubilato.
Fra dieci minuti inizieranno gli attacchi di panico, quelli che mi vengono sempre quando sto per fare una cosa importante. E lei dovrebbe essere qui, quando inizierò ad agitarmi, a mangiarmi le unghie, quando inizierò a respirare a fatica dall’emozione, dovrebbe essere qui, a prepararmi una sua camomilla. A dirmi che andrà tutto bene, parole a cui credevo , solo se uscivano dalla sua bocca.
Dovrebbe essere qui, quando domani arriverà la parrucchiera, ed io inizierò a pensare che sto per fare un passo più lungo della gamba. E lei mi direbbe che è solo quello che si prova, quando si sta per afferrare la felicità.
Ci ha sempre creduto alla felicità.
Anche dopo che Matteo l’ha lasciata per un’altra.
Lei ha continuato a credere, a inseguire la sua favola. Non poteva fare a meno di sognare, di illudersi, diceva che avrebbe smesso di svegliarsi la mattina.
Non avevo mai capito quell’affermazione, fino al nostro viaggio in nave.
Forse mentre affondava, non credeva più. Forse quel piccolo momento in cui le forze le vennero a mancare, era bastato a farla volare via.
Pensare mi sta solo lacerando il cuore.
Prendo il cappotto blu, che ho buttato distrattamente sul divano, dopo la passeggiata di stamattina.
Prendo le chiavi della macchina, ed esco.
Mi fermo al locale più vicino. Ordino due panini, belli grossi, e due maxi cole.
Non capisco quello che sto facendo. Probabilmente se qualcuno mi fermasse, e mi chiedesse cosa sto facendo, dove sto andando, come mai sono fuori con questa neve così forte, non avrei tutte le risposte. Nel peggiore dei casi, non ne avrei nessuna.
Arrivo al cimitero, nel giro di mezz’ora circa, anche se a me è sembrato molto di più. Sembrava che a dividere me e Serena, non ci fosse una strada, un quartiere, sembrava ci fosse l’eternità. E per quanto stupido e irrazionale, avevo paura di non arrivare mai.
Scendo dall’auto, portando con me tutto quello che ho comprato al takeaway.
Mi avvicino alla sua tomba con cautela, quasi potessi risvegliare qualcuno, che gentilmente mi manderebbe via. Anche se so benissimo, che in questo posto orribile, non potrà risvegliarsi nessuno, neanche chi merita di avere una seconda possibilità, anche quelli che come Serena, non hanno vissuto abbastanza.
Mi siedo di fronte a lei, poggiando tutto quello che ho con me sull’erba che adesso è quasi completamente bianca. E le parlo piano. Non amava chi urlava, diceva che le cose importanti le percepisci davvero solo in un sussurro.
“Ho pensato di dover festeggiare, prima di domani.
Poi mi sono voltata, e non ho trovato la persona con cui farlo.
Forse perché amo pianificare, forse perché odio quando i miei piani falliscono. E nei miei piani c’eri tu.
C’eri come mia testimone, c’eri come la madrina dei miei figli. E ora i miei piani sono stati stravolti, e ho paura persino a fare un passo, se non ci sei tu a dirmi che non cadrò. Non abbiamo scelto insieme il vestito, la pettinatura, il ristorante, ma sono sicurissima di aver fatto le scelte che avresti fatto tu, e questo mi consola.
Ho l’uomo dei miei sogni, il matrimonio dei miei sogni, ma non ho te. E questo sembra bastare, a voler far saltare tutto.
Ma tu non lo permetteresti, e Luke lo sa che lo faccio anche per te.
Adesso devo andare.
Tu sarai con me domani, vero?’
Mi alzo, impietrita, e sconvolta da un pianto che ha riportato a galla, il dolore, ma anche i ricordi felici.
E non sento più il peso sul cuore, è scomparso.
E non so se è un’illusione, se è per l’emozione che prende il sopravvento, ma credo sia stata lei. Per la prima volta in vita mia, senza lei, riesco a non avere paura.


La mia vita si è spenta il 13 gennaio 2012.
Ma qualcosa mi dice, che domani ripartirà.
  
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