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Autore: Yoake    26/08/2013    0 recensioni
Non sono molto capace nelle introduzioni, ma ci provo:
C’è un nuovo arrivato nella classe Special A! Un nuovo arrivato nevrotico e problematico! :D
Si, l’ennesima storia con un nuovo personaggio che nasconde un segreto... beh, il solito cliché.
Spero vivamente che la legga qualcuno -.-”
Tratto dal primo capitolo: “Lei odiava le scuole, lei odiava il Giappone, e, soprattutto, odiava i giapponesi. Come avrebbe fatto a stare bene in un luogo del genere?
Certo, nemmeno le scuole italiane e gli italiani in sé le andavano molto a genio, ma per lo meno l’Italia era un paese di artisti, e lei, essendo lei un artista, avrebbe potuto sopportare.
Non sarebbe mai stata un’alunna di quella scuola, men che meno della Special A!”
Uhm... buona lettura!^^
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hikari Hanazono, Kei Takishima, Nuovo personaggio, Ryu Tsuji, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Capitolo due:
Alba.

 
 
 
 
L’indomani arrivò velocemente.
Il giorno prima, non appena anche le ore pomeridiane giunsero al termine, Luce si dileguò, senza parlare con nessuno.
Non le piacevano, quei giapponesi. Ma soprattutto, non le piacevano i membri di quella classe.
Avevano qualcosa di strano, di diverso dagli altri, ma non era certa fosse una cosa positiva, quella.
In poche parole, non voleva averci niente a che fare.
Si sarebbe dovuta avviare in ospedale, come aveva promesso al fratello, ma non aveva alcuna intenzione dì incontrare sua madre.
Lei odiava sua madre, e suo padre. Non era certo una cosa che nascondeva.
Solo che era costretta a fargli visita... o almeno, lei pensava a sua madre, e Cesare al padre.
Si dividevano i compiti, anche perché pure suo fratello odiava i genitori, ma in modo più contenuto... decisamente più contenuto.
Ma forse... forse sua madre non si meritava tutto quell’odio... ma così era più facile.
Sovrappensiero, andò ad inciampare su di un piede.
Cadde a terra come un peso morto, ma nessun passante si fermò a soccorrerla.
Del resto, i giapponesi, a suo dire, erano degli automi dediti a nient’altro che al lavoro.
Si rialzò in piedi, pronta a dirne quattro al possessore del piede che l’aveva fatta cadere, quando i suoi occhi incontrarono quelli di un uomo, seduto a terra.
Il suo viso catturò la sua attenzione.
La barba, la barba cresceva grigia e lunga, tutta increspata, contornando delle labbra fini, secche e screpolate; a circondare gli occhi, delle grandi borse viola, segno che non dormiva da molto, o che lo faceva poco e male; quegli stessi occhi, scuri e vitrei, che nemmeno si erano accorti della ragazza, fissavano un punto lontano, vedendo, forse, un ricordo doloroso. Non seppe dargli un’età precisa, date le grinze che gli ricoprivano il volto. I vestiti logori e puzzolenti. La mano che accarezzava il pelo raso di un bastardino a fianco a lui. Sul muso dell’animale, la stessa espressione.
E provò pena.
Fu in quel momento che le venne un’idea.
Dallo zainetto che teneva sulle spalle, tirò fuori un blocchetto da disegno e la sua inseparabile matita, sedendosi poi davanti al barbone, intralciando il passaggio delle persone.
Ma, del resto, poco le importava.
Il cane, che tanto assomigliava ad un bassotto, spostò lo sguardo verso la ragazza, tornando poi a fissare lo stesso punto di poco prima. Il barbone, al contrario, non la degnò di uno sguardo.
E così, iniziò a disegnare: dapprima uno schizzo senza volto, poi il ritratto dell’uomo e del suo cane.
Non le ci volle poi molto, forse un oretta, ma quando ebbe finito, lo staccò, e lo mise davanti all’uomo.
-“Ehi, tu.”- lo chiamò, non ricevendo risposta.
-“Ehi, ma sei sordo, per caso?!”- ritentò lei, continuando ad essere invisibile per lui.
-“E pure ceco vedo...”- mormorò, per poi guardarsi intorno.
Vide una ciotolina piena di spiccioli, e la raccolse, sperando di attirare la sua attenzione.
E ci riuscì anche troppo bene.
-“Ehi, ragazzina!”- un’ondata di fetore raggiunse il suo viso, e fu costretta ad indietreggiare, schifata.
-“Non ti vergogni a derubare?!”- chiese lui, alzandosi con qualche difficoltà.
Ora che digrignava i denti, Luce poté vedere lo stato di questi.
-“Non ho alcun interesse a rubare ad un poveraccio come te.”- disse, restituendogli la ciotolina che l’uomo prese con poco garbo.
-“Cosa vuoi da me?!”- chiese allora lui, guardandola torvo.
Lei, in risposta, gli passò il suo disegno -“Questo sei tu. Fai schifo.”-
L’uomo stette in silenzio, a guardare il ritratto.
Avrebbe voluto rispondere a quella ragazzina impudente, ma non poteva certo darle torto.
-“Da quant’è che non mangi?”- chiese lei, con le braccia serrate al petto.
-“Un paio di giorni...”- si ritrovò a bofonchiare, l’uomo.
-“E il cane?”-
-“Da ieri...”- rispose -“Quel poco che avevo l’ho dato a lei.”-
La ragazza sorrise, vittoriosa.
Bene, l’uomo aveva superato il test egregiamente.
-“Come vi chiamate?”- chiese allora, sistemando le braccia sui fianchi.
L’uomo la guardò perplesso, indeciso se presentarsi veramente o derubarla e scappare via.
Dopotutto, la signorina gli aveva appena detto che faceva schifo, e inoltre l’aveva ritratto senza permesso.
Eppure, qualcosa gli disse di rispondere alla domanda.
-“Io sono Nobuyuki, e lei è Emi.”- disse con l’accenno di un sorriso, chinandosi ad accarezzare la cagnolina che, in risposta, scodinzolò tristemente.
-“Io sono Luce, ma potete chiamarmi Shou.”- disse lei, guardando con superiorità l’uomo.
Poi si voltò, incamminandosi.
Nobuyuki la guardò allontanarsi, non capacitandosi di quello che era successo.
Maledizione al suo cuore d’oro, doveva derubarla!
Ma poi, la voce di Shou lo raggiunse.
-“Muoviti, Nobu! Non ho tutto il giorno, e dobbiamo lavarti, vestirti e, infine, trovarti da mangiare!”-
L’uomo guardò allucinato la ragazza, e anche il suo cane dovette capire, perché le riservò lo stesso sguardo.
-“Ma che diamine dici?!”- esclamò lui, ripresosi da quello stato -“Non ci si prende gioco di quelli più sfortunati, ragazzina!”-
Adesso però, Shou stava cominciando ad innervosirsi.
-“Ascoltami tu!”- esclamò, facendosi nuovamente vicina e puntandogli l’indice contro -“Io ti sto offrendo una possibilità... e tu la rifiuti?! Come vuoi.”- disse, calmandosi -“Fai il barbone per il resto della vita. Non è affar mio.”-
Fece per andarsene, ma la voce dell’uomo la fermò.
-“Perché vuoi aiutarmi?”-
Lei gli rivolse un sorriso... il primo vero sorriso da quando aveva messo piede in Giappone.
-“Gli amici degli animali sono miei amici... e la piccola Emi ti è molto affezionata, a quanto vedo...”-
Infatti, la cagnolina, guardava la ragazza da dietro le gambe del padrone, aspettando un suo ordine.
-“Allora, ti vuoi muovere? Non ho tempo da perdere, io!”-
 

**

 
Nel frattempo, i restanti membri della S∙A si erano intrattenuti nella serra, per discutere sulla nuova arrivata.
-“Un po’ taciturna, non trovate?”- questo era Ryu che, prendendo tra le braccia un bradipo dall’aria dolce e innocente, attirava su di sé gli sguardi gelosi dei gemelli.
-“Taciturna? Ma l’hai sentita prima di entrare in classe come urlava?”- chiese Tadashi, addentando senza ritegno uno dei deliziosi bignè di Akira -“Io più che altro la trovo strana... insomma, le avete viste quelle strane orecchie da cane che si porta sulla testa?”-
-“Da koala, Tadashi. Sono orecchie da koala.”- lo corresse Ryu.
-“Si, fa lo stesso.”- rispose quello, prima di beccarsi un pugno in faccia da parte della cuoca.
-“Mangia con più garbo!”-
-*Secondo me è quel tipo di persona che vuole apparire dura all’esterno, ma che il realtà è la creatura più dolce del mondo!*- scrisse Megumi sulla lavagnetta che, qualche mese prima, le fu data in dono da Yahiro.
-“La tipica tsundere, quindi.”- dedusse Takishima, per la verità poco interessato al discorso.
Ma Hikari non era dello stesso parere.
-“Ragazzi! Io non so che dirvi riguardo a Ruche, se non che prima di dire qualunque cosa, dovremmo conoscerla meglio!”-
-“Ahh! Ma quanto è giusto il mio angioletto!”- esclamò Akira, abbracciando con talmente tanto trasporto la ragazza, da far finire entrambe in terra.
-“Ben detto, Hikari!”- le diede man forte, Jun -“Secondo me, domani dovremmo invitarla con noi alla serra, che ne dite?”-
-“Ottima idea Jun!”- esclamò Akira, balzando in piedi, e, con gli occhi a cuoricino, disse -“E magari invitiamo anche quel figo di suo fratello!”-
Tadashi per poco non si strozzò con quello stesso cibo cucinato dalle mani esperte della sua ragazza.
Aveva forse sentito male?
 

**

 
Nobuyuki fissava la sua figura riflessa nello specchio di una delle boutique di moda più famose della città.
Non riusciva ancora a crederci.
Stava lì, tutto agghindato in un completino nero di Armani, senza un filo di barba e, soprattutto, con lo stomaco pieno.
I capelli grigi erano stati tagliati e tinti di nero, e ora profumavano di gelsomino.
Gelsomino.
Anche il resto del corpo profumava di buono.
E di nuovo.
Era completamente nuovo.
Gli occhi ora erano vivaci, e sulle labbra era stato passato del burro cacao.
Per i denti non c’era, ahimè, più nulla da fare, ma furono sostituiti da una dentiera.
Non esisteva più Nobuyuki l’accattone.
Ora c’era solo Asaoka Nobuyuki, 40enne laureato in economia e commercio, in cerca di lavoro.
Si voltò.
Dietro di lui stavano il giovane stilista di ambiguo orientamento sessuale che lo fissava compiaciuto, e accanto a lui, seduta su uno sgabello con la piccola Emi in braccio, stava Shou.
Le era grato, infinitamente grato.
-“Yo, Nobu. Che hai da fissare?”- chiese lei, infastidita.
Lui si riprese, arrossendo leggermente, colto in fallo.
-“Signor Nobuyuki, sta da favola, mi creda!”- trillò lo stilista, saltellando attorno all’uomo, esaltato al massimo.
-“Bene, ora andiamo. Si sta facendo buio, e preferisco non stare fuori troppo a lungo.”- disse lei, alzandosi ma tenendo la cagnolina in braccio.
Decisero di prendere il taxi per arrivare alla nuova casa di Nobuyuki, e il viaggio lo passarono tra le infinite domande di lui, e i sospiri esasperati di lei.
Il taxi si fermò davanti ad un hotel, ma non un hotel qualunque.
Si trovavano al cospetto del Royal Kingdom, hotel a cinque stelle, famoso in tutto il Giappone.
-“Non dirmi che...”- mormorò Nobu, guardando con stupore l’immenso palazzo.
Intanto, in taxista, aveva tirato fuori dal bagagliaio tutte le buste di vestiti dell’uomo, lasciandoli alla ragazza e rientrando nella macchina. La ragazza gli aveva detto di aspettare, in quanto lei non avrebbe abitato lì.
Lei lasciò le borse nelle mani di Nobu, prendendo in braccio la piccola Emi, che si guardava intorno con fare curioso.
Arrivarono alla reception, dove aspettarono l’arrivo del receptionist.
-“I signori desiderano?”- chiese l’omino spuntato dietro il bancone, con un completo grigio e la testa piena di capelli ricci brizzolati.
-“Buonasera.”- salutò cordialmente Luce, poggiando le mani sul bancone -“Io sono Fukamori Luce Shou. Mio fratello dovrebbe avermi prenotato una stanza.”-
L’ometto la guardò con stupore, dall’alto verso il basso, nonostante d’altezza quasi si equivalessero.
-“Lui ti ha descritto come una ragazza, non come una bambina.”-
Il sopracciglio destro della ragazza rischiò di toccare il soffitto.
Per via della sua altezza, spesso veniva scambiata per una bambina.
Tirò fuori dallo zainetto la carta d’identità, ricevendo così le scuse dell’uomo.
-“Ascolti.”- disse lei, assumendo un’espressione seria -“Voglio che la stanza rimanga a mio nome, ma che lei accetti le persone che manderò ad abitarci. Per i soldi non si deve preoccupare, ma mio fratello non deve saperne niente. Chiaro?”-
-“Signorina...”- cominciò l’ometto -“...non so se posso farlo...”-
-“Si che lo farà, invece.”- s’impose, lei -“Ogni volta verrò qui con qualcuno di nuovo, che occuperà la stanza. Dopotutto, è una suite presidenziale, no? Io non starò con loro, se è questo che la preoccupa, ho un altro posto dove stare.”-
Un altro “ma”, e l’avrebbe fulminato all’istante.
L’ometto parve capire, e si limitò ad annuire e a tendere loro le chiavi.
-“Dunque...”- disse lei, rivolta a Nobu -“Tu starai qui assieme ad Emi. Cercherai lavoro e, non appena avrai abbastanza soldi, ti cercherai una casa ed abiterai per conto tuo. Nel frattempo, manderò qui altre persone, con le quali dovrai convivere.”- fece una breve pausa, durante la quale lui non fece altro che fissarla -“Ci vedremo domani davanti al laghetto del parco, dove ti aiuterò a cercare lavoro.”-
Ancora silenzio tra i due.
Lui la guardava, e lei evitava il suo sguardo.
Poi, non riuscendo più a trattenersi, l’abbracciò.
Quasi pianse da tanto era commosso.
Ma lei non ricambiò l’abbraccio, anzi, lo respinse.
-“Non farlo mai più.”- ringhiò lei.
Poi gli diede le spalle ed uscì dall’hotel.
 

**

 
Quindi la mattina era arrivata e, come tutti, si stava avviando a scuola.
Quella mattina, sfoggiava delle graziose orecchie bianche da coniglio.
Perché indossava delle orecchie da animale? Nemmeno lei lo sapeva. Le trovava carine.
Ma forse contribuivano al fatto di farla sembrare più piccola.
Mah! Le piacevano, e se ne sarebbe fregata delle opinioni altrui.
Non appena oltrepassò i cancelli dell’istituto, un turbine, che le spettino i capelli e rischiò di farle volare via le orecchie, le si fermò davanti, rivelando la figura di una delle ragazzine con cui era in classe.
-“Io ti sfido!”- urlò questa, puntandole l’indice contro.
Proprio non riusciva a ricordare il suo nome.
-“Tu saresti?!”- chiese strafottente, con un sopracciglio alzato.
-“Io sono Hanazono Hikari, della classe S∙A, e sono qui per sfidarti!”- esclamò, ancora rossa per la corsa fatta.
Luce, semplicemente, si limitò ad ignorarla, diretta alla bacheca.
Era convinta di essere andata malissimo, al test. Ma così tanto male da dover essere degradata e, perché no, espulsa. Ci sperava con tutto il cuore.
Ma prima che potesse arrivare, gli altri membri della classe speciale le bloccarono la strada.
-“Complimenti, Ruche!”- esclamò Jun, sorridendole cortesemente.
Al che, la ragazza, lo guardò perplessa.
-*Si, sei stata proprio brava!*- concordò la gemella, affiancando Ryu.
-“Ruche è arrivata seconda, e allora? Hikari rimane sempre la migliore!”- esclamò Akira, inviperita, correndo ad abbracciare la povera Hikari che, nel frattempo, li aveva raggiunti.
Ora, Luce, sembrava del tutto allucinata.
-“Non direi, dato che ora è terza in classifica.”- la derise Kei. Ma ciò non fece altro che aumentare la rabbia della corvina.
-“Fermi tutti.”- fece la castana, guardandoli sospettosa -“Io sarei cosa?”-
-“Hai superato Hikari! Sei arrivata seconda in classifica, Ruche!”- rispose Ryu, sorridendole.
Quel sorriso, dovette ammettere Luce, era molto bello... le sarebbe piaciuto ritrarlo...
Ma, aspetta.
Come l’aveva chiamata?
-“Cosa è... Ruche?”- chiese lei, già sul piede di guerra, pensando si trattasse di una qualche offesa giapponese sfuggita al suo vocabolario.
-“...È il tuo nome, Ruche!”- le rispose Tadashi, rivolgendole uno sguardo perplesso.
Che strana ragazza.
Fu in quel momento che, Luce, si ricordò che i giapponesi non sanno pronunciare la “L”.
-“Il mio nome è Luce, non Ruche! Se non siete in grado di pronunciare una stupidissima “L”, allora chiamatemi Shou! O magari Fukamori! Ma non chiamatemi mai più Ruche!”-
Detto questo, si fece largo tra quelle persone, dirigendosi in bacheca, per verificare la veridicità delle loro parole.
Notò, con sorpresa, di trovarsi proprio sotto il nome di Kei Takishima.
Com’era possibile? Aveva segnato tutte le crocette a caso!
Maledetta sfortuna!
Ma poi, si accorse di un’altra cosa... o meglio, di altre due cose.
Takishima Kei e Todo Akira.
Takishima e Todo.
Non poteva essere...
Si voltò verso il gruppetto che ora l’aveva raggiunta.
-“Ehi, Shou! Ci chiedevamo se oggi avessi voglia di prendere del thè con noi nella serra...”- esclamò sorridente, il ragazzo dai capelli smeraldini, che aveva graziosamente soprannominato “Occhi di cerbiatto”.
-“Oh mio...!”- esclamò in italiano, guardando con occhi grandi e spauriti tutti i ragazzi.
-“Si, e magari porti anche quello strafi...”- Akira s’interruppe, correggendosi -“...tuo fratello!”-
-“E così potremo sfidarci!”- esordì infine Hikari, con un sorriso competitivo.
Ma Luce, in quel momento, si stava chiedendo chi fossero, lì in mezzo, Todo e Takishima.
E se, uno dei due, avesse riconosciuto il suo cognome?
-“Sant’Iddio!”-esclamò ancora, abbassando lo sguardo.
Aveva detto più volte di cambiare cognome a suo fratello ma lui “No” diceva, “Devi andare fiera delle tue origini giapponesi” diceva!
Alzò lo sguardo su Occhi di cerbiatto, incontrando i suoi smeraldi.
Dopotutto, le sarebbe piaciuto passare un po’ di tempo con lui... ma non poteva assolutamente rischiare.
-“Voi...”- disse lei, riducendo gli occhi in due fessure -“Non avvicinatevi mai più a me. Non rivolgetemi mai più la parola. Non osate pensarmi. Io non esisto per voi!”-
E, detto questo, li precedette in classe, lasciandoli soli e basiti.
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Angolo dell’Autrice:
 
Ecco qui il secondo capitolo!
Ok, qui non ho molto da dire, se non che questa ragazza è parecchio strana O_O
Povera cara, pensa che il mondo giri intorno a lei... egocentrica -.-”
Ah! Della sana autocritica non fa mai male!
Oh, quasi dimenticavo... l’hotel Royal Kingdom dubito esista davvero, l’ho inventato di sana pianta xD
 
Ok, ciao a tutti, e alla prossima settimana!^^ (ok, in verità non so se ci sarò dato che, a regola, dovrei andare in vacanza, ma... a scanso di equivoci, dovreste trovarmi :D)
  
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