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Autore: Artemys    26/08/2013    3 recensioni
Bella Swan non è la ragazza fragile che finge di essere. La sua goffaggine è studiata, la sua incapacità di mentire è frutto di una recitazione praticamente perfetta.
Una maschera che ha imparato a cesellare da quando aveva undici anni, sotto la guida di sua nonna, insieme ad altre due ragazze che condividono il suo stesso triste destino.
Isabella, Arsinoe e Fatima.
Future guide dei clan che, da secoli, combattono una guerra silenziosa. Regine di una realtà sconosciuta anche a coloro che fanno della segretezza la loro unica legge.
Addestrate ad un solo scopo: uccidere vampiri.
Ma cosa succederebbe se Bella, lasciata sola dalle altre due, scoprisse che non tutti i vampiri sono assassini? Se decidesse di avvicinare uno di loro per infiltrarsi in quel mondo? Sarebbe capace di lasciare fuori i sentimenti?
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Isabella Swan, Nuovo personaggio | Coppie: Bella/Edward
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Saaalve! Credo di aver capito una cosa sull’ispirazione: arriva nei momenti meno opportuni, e cioè esattamente quando dovrei preparare degli esami -.-‘Allora, finalmente ci siamo, il capitolo dell’incidete. So che molti lo aspettavano e… boh, spero che non ne rimaniate troppo delusi. Intanto vedrete che ho inserito una sorpresina, tanto per movimentare un po’ le cose, per il resto la linea d’azione rimane la stessa. Vi ringrazio tantissimo per la pazienza che portate con me, mi rendo conto che è snervante un andamento così incostante negli aggiornamenti, ma una cosa ve l’assicuro: non abbandonerò questa storia! Potrà passare qualche mese tra un aggiornamento e l’altro, purtroppo i vari impegni, gli esami, e l’ispirazione non sempre favorevole e presente non mi permettono di scrivere quanto vorrei, però non intendo mollare. Tra l’altro in questi mesi ho continuato a elaborare la trama e ormai è diventata talmente fitta e i nuovi personaggi talmente intriganti che faccio fatica a pensare che, all’inizio, avevo cominciato questa FF quasi per scherzo.
Grazie per le bellissime recensioni, le vostre parole mi entusiasmano e rileggerle è sempre un incentivo per andare avanti a scrivere. In particolare nell’ultimo capitolo, adesso non starò a parlare di numeri, ma è in assoluto il più letto di quelli postati finora, cosa che mi ha fatto immensamente piacere. Sia chiaro, mi rendo conto che il merito non è mio, ma del fascino irresistibile di Edward in bikini di noci di cocco che fuma la pipa. Lo so, è davvero sexy in questo outfit sbarazzino e provocante! xD  Ok, finisco di fare la deficiente e vi lasco alla lettura. Volevo solo specificare una cosa, sono diversi capitoli che mi riprometto di farlo, ma me lo dimentico sempre; sapete che, per quanto mi è possibile, cerco di seguire la linea del canon, anche se è evidente che questa storia è tutto meno che canon, e per farlo mi servo fondamentalmente di due fonti: il libro di Twilight e i capitoli, disponibili sul sito della Meyer (sapete tutti la vicenda, non sto qui a spiegare) tratti da Midnight Sun, la versione di Twilight dal punto di vista di Edward.Che altro… ah, sì! Ho creato una nuova pagina facebook ( https://www.facebook.com/artemys.efp.14 ) per il mio profilo di EFP, d’ora in poi cercherò di seguirla meglio, postando di tanto in tanto qualche spoiler e… vedremo ;-)
Spero a presto, buona lettura!!!
Artemys


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 Losing my religion

 
 
Numeri.
Tanti numeri.
Troppi numeri.
Chiudo il file di Excel, l’ultimo per oggi, o rischio seriamente di sbarellare.
Mi stiracchio sulla sedia, allungando i muscoli delle braccia, inarcando la schiena e puntando i piedi come una ballerina. Odio le scartoffie.
Preparo una e-mail da spedire ad  Elizabeth con allegati i file già controllati, così poi non ci penso più… fino a domani. Sbuffo mentre aspetto che si carichi il file zip e gioco con il ricciolo in fondo alla treccia in cui ho raccolto i capelli.
Finalmente!
 


Ciao Elizabeth,

ecco i conti di questo mese dei clan della costa est, ovest e del nord Europa, come sempre il lavoro delle ragazze era perfetto, ma ho controllato tutto comunque. Ti manderò il resto nei prossimi giorni, anche se ti avverto che siamo un po’ indietro sul fronte russo. Bella ha parlato con Sasha, il nuovo Capo- area della Russia asiatica. Ci hanno mandato una serie di dati contraddittori, così ha pensato di chiamarlo, perché ha detto che, conoscendolo, era strano che permettesse che un simile caos venisse fuori dai suoi. Infatti è saltato fuori che stanno avendo un bel po’ di problemi nel Territorio della Tranbajkalia, nel Distretto Federale Siberiano, al confine con la Cina nord-orientale. Hanno registrato un incremento di decessi preoccupante, puoi immaginare in quella zona cosa voglia dire, e hanno mandato una pattuglia in ricognizione. Di 15 sono tornati in 7, 3 feriti gravi. Si sono imbattuti in una compagine superstite di uno degli eserciti di neonati sopravvissuta alla battaglia dei clan vampiri di Daxing’anling avvenuta un mese fa, che ha attraversato il confine e si è nascosta tra le montagne. Il problema è che Syaoran, che supervisiona la provincia di Heilongjiang, non ha comunicato ai Clan di confine nessuna fuga di vampiri dalla sua area di competenza, non si capisce se per inefficienza sua e dei suoi nelle procedure burocratiche, e in quel caso bisogna capire di chi sia la responsabilità e se sia stata una svista o un tentativo di insabbiare un ride fallimentare dei loro ranger condotto con metodi irregolari, che è l’altra possibilità. Sasha ha preteso una verifica, e ha voluto che uno dei suoi venisse mandato sul posto per assistervi. Bella ha contattato Flora, che è già in viaggio per Daxing’anling,  una volta là comincerà a revisionare i verbali insieme a quest’altra, Karina, per cercare di capire che è successo e, nel caso, di chi sia la responsabilità. Comunque, il caos nei dati dei russi è dato fondamentalmente dal fatto che non riescono a capire quanti siano i neonati, quante siano le persone scomparse potenzialmente trasformate, ecc. Il territorio è completamente montuoso e ci sono diverse zone d’ombra, quindi le ricerche sono difficili e rischiose. Sasha sta ridistribuendo le squadre di ranger nella sua area, in modo da poter inviare un contingente adeguato, ma pretende, visto che è una zona di confine e parte della responsabilità è dei cinesi, che Syaoran invii rinforzi, in modo da accerchiare il nemico ed evitare ulteriori fughe. Sono stati allertati anche i Capi clan responsabili dei territori confinanti la zona calda, fortunatamente sono tutti sotto la sovrintendenza o di Sasha o di Syaoran. Di buono, in tutto questo casino, c’è che se i Volturi non sono intervenuti per sedare i tumulti di un mese fa, non interverranno certo per questo, che è decisamente di scala molto inferiore. In ogni caso Bella sta seguendo la cosa da vicino, appena Flora arriverà là scansionerà tutti i verbali, così potrà controllare anche lei, e nel frattempo terrà calmo Sasha, che ovviamente è incazzato come una pantera per tutta questa storia. Sta certa che alla prossima riunione del Consiglio farà pressione su Shang perché Syaoran venga sostituito, è convinto dell’ipotesi dell’insabbiamento e che lui ne fosse informato. A scanso di equivoci, Bella ha già contattato Shang, per metterlo a parte della cosa, ed ha inviato un ordine ai Capi dei singoli clan che hanno partecipato alla soppressione dei tumulti del mese scorso perché mettano a disposizione di Flora tutto il materiale necessario alla verifica e perché redigano un rapporto sull’operato di Syaoran da quando è in servizio e lo mandino direttamente a Shang, il quale ha convenuto con lei che per il momento, fino a che il Consiglio non si riunirà e potrà discutere della questione, è opportuno sospendere Syaoran, la carica passa quindi al suo vice, Jun, che si sta’ coordinando con Sasha per risolvere opportunamente la situazione sul campo. Stai tranquilla, entro la prossima riunione del Consiglio avrai tutti i dati, Bella ha detto che si occuperà lei del fascicolo sull’intera questione e di fartelo avere.

A presto.

 


Invio la mail incrociando le dita. Situazioni del genere capitano di tanto in tanto, ed Elizabeth sa bene come gestirle, ma so già che storcerà il naso. Con Bella mi sento in una botte di ferro, io, ma lei sicuramente avrà da ridire. Mi alzo dalla sedia e mi sgranchisco un po’ le gambe facendo su e giù per la stanza. Mi avvicino alla finestra, la vista del cortile del campus pieno dell’allegro via-vai della vita universitaria non riesce a rasserenarmi. Sono tesa, e purtroppo non a causa del triplo caffè che mi sono scolata. Beh, forse quello contribuisce al battere tachicardico del mio cuore.
Controllo per l’ennesima volta il quadrante del mio orologio da polso: le 10:30.
Bella è seduta nella sua cucina a Forks, sta facendo colazione con una mega tazza di cereali inzuppati di caffè-latte. Tre parti di caffè, una di latte, ovviamente. Ha due occhiaie che, ne sono certa, fanno concorrenza alle mie. È stata una lunga notte, passata a sbrogliare questi casini burocratici e non, che hanno richiesto una non piccola dose di pazienza e diplomazia.
Per fortuna Bella è in buoni rapporti con Sasha e Shang da prima che venissero eletti Capi-area, io li ho incontrati solo una volta e non avrei saputo gestirli. Poi, con Flora sul posto, saremo tutte più tranquille, anche se sono certa che Elizabeth avrebbe preferito una Cacciatrice più anziana.
Vorrei che questo casino non fosse saltato fuori proprio adesso, o almeno, avrei voluto poterne tenere fuori Bella, che ha altro a cui pensare, ma ieri sera non c’è stato modo di mettere da parte la cosa. Sono sicura che ha preferito distrarsi, concentrandosi sulle problematiche dei clan, per non farsi prendere dal nervosismo, ma non credo che questa nottata in bianco sia stata una mossa saggia.
Sono preoccupata per lei, la vedo instabile, più del solito.
Fa errori, è imprudente, si distrae e le sfuggono particolari che, normalmente, le salterebbero agli occhi.
Come il fatto che Edward l’ha capita perfettamente quando ha citato Leopardi in italiano. Voglio dire, ok il latino, ma l’italiano?
È troppo coinvolta, troppo affascinata da questi vampiri, e non ha nemmeno un vero piano.
Senza contare che, se Elizabeth scopre cosa sta succedendo, viene giù il finimondo.
Bella ha un bel da dire “Tienila lontana”, ma Elizabeth non vede l’ora di beccarla col piede fuori dal tracciato, e quello che sta facendo è molto, molto fuori dal tracciato. Sta mettendo in discussione tutto
È vero, la prima reazione sarebbe condurre un attacco per eliminare la famiglia di vampiri… “famiglia”… ancora non ci credo… ma Bella non si rende conto di quelle che potrebbero essere le conseguenze per lei. O forse lo sa, ma non le importa, e questo mi preoccupa ancora di più.
Il mio letto ha un’aria così invitante…
Lentamente, con movimenti da bradipo sulla via del letargo (ma i bradipi ci vanno in letargo?), mi dirigo verso le soffici coltri turchine, che mi chiamano soavi con la voce di Morfeo.
Avrei proprio bisogno di riposarmi, ma la mia mente si rifiuta di spegnersi e, di nuovo, non so se sia per colpa del triplo caffè o se per l’ansia.
Sarà sempre così?
Ogni giorno che Bella si alzerà per andare incontro ad una giornata in cui rischia di essere fatta a brandelli da un vampiro con disturbi comportamentali, io avrò questa insopprimibile ansia che mi fa correre il cuore a ritmo forsennato, indipendentemente da quanto possa essere stanca?!
Forse è ora di tagliare col caffè… e incrementare le sigarette.
Chissà quando arriverà il pacco di Teresa…
Vago con gli occhi, spostando la mia attenzione sugli oggetti familiari che occupano la mia stanza da collegiale. Ringrazio mille e mille volte l’influenza di Elizabeth, che mi ha permesso di ottenere una singola. Ho bisogno dei miei spazi e della mia privacy.
Tra tre quarti d’ora ho lezione… porca-vacca-ladra-la-miseria!!!
Con un colpo di reni mi tiro su dal letto, agguanto il beauty dal comodino, l’accappatoio appeso al gancio dietro la porta insieme all’asciugamano, infilo le ciabatte ed esco in corridoio, ben attenta a tirarmi dietro la porta, diretta al bagno comune, per farmi una doccia.
Cammino rasente al muro per evitare di essere investita dalle ragazze, che fanno su e giù dalle loro stanze nel cambio d’ora correndo come se ne andasse della loro vita per recuperare un libro, o che so io. La vita universitaria è folle, ma mi piace.
Mi infilo nel bagno, due ragazze del mio anno hanno conquistato due dei lavandini e disposto il loro arsenale di cosmetici sulla mensolina dello specchio. Storco il naso e mi viene da ridere guardando la più bassa delle due alzarsi sulle punte e protendersi verso lo specchio armata di rossetto. Sporge le labbra sottili in fuori, in una posa che Fas definisce, con tutta la sua finezza, “a culo d’uccello”.
“Ciao Arsinoe” mi salutano in coro, distogliendo appena gli occhi dal loro riflesso.
“Ciao ragazze” sorrido, accennando un saluto con la mano.
Punto alle docce in fondo alla stanza e mi infilo in uno dei cubicoli.
Sarò al sicuro qui dentro?
“Passato una bella nottata?” trilla la nana, la voce acuta resa ancora più fastidiosa dall’eco riverberato dalle piastrelle.
Domandaevidentemente inutile. Oh, non sta zitta manco mentre si mette il rossetto!
“Ho studiato fino a tardi per un parziale della settimana prossima…” replico scocciata, so che non le sono sfuggite le mio occhiaie, altrimenti avrebbe fatto come le persone normali e chiesto se avessi dormito bene.
Mi svesto velocemente e accendo l’acqua della doccia, prima che mi attacchi la pezza.
Grazie al cielo non è in corso con me, già condividere il piano del dormitorio è uno strazio. Devo ricordarmi di mettere in guardia Andrew, l’ultima volta che è venuto a trovarmi gli ha fatto una radiografia così sfacciata che avrei voluto cavarle gli occhi dalle orbite.
Sotto il getto d’acqua fresca mi sento rinascere. Mi sfrego bene con la spugna, il mio docciaschiuma alla vaniglia sprigiona il suo profumo, la mia coccola giornaliera.
Vorrei lavarmi i capelli, ma non faccio in tempo… va beh, più tardi magari, ora l’importante è darmi una svegliata.
Giro la manopola della temperatura tutta sul blu, l’acqua diventa gradatamente gelida e, stringendo i denti, faccio lentamente due giri su me stessa, rimanendo sotto il getto.
Giro la manopola tutta sul rosso e di nuovo, giro lentamente due volte.
Ripeto il mio rituale tre volte finché, soddisfatta e con la pelle notevolmente arrossata, chiudo completamente l’acqua della doccia.
Mi asciugo alla bell’e meglio con l’asciugamano, infilo le ciabatte e mi avvolgo nel mio accappatoio celeste, faccio su velocemente le mie cose ed esco dal cubicolo.
Le altre due, per fortuna, se ne sono andate, il bagno è tutto per me.
Mi lavo i denti, la faccia, deodorante… e via, di nuovo in camera.
Appena entrata controllo l’orologio: sono le 10:50, precisa come un orologio svizzero.
Appendo asciugamano e accappatoio al gancio della porta, metto nel cesto i vestiti da lavare e, nuda come mamma mi ha fatta, mi piazzo davanti all’armadio aperto alla ricerca di qualcosa da mettere.
Ho giusto finito di indossare l’intimo quando qualcuno bussa alla porta.
“Amore, sono io, ci sei?”
La voce del mio ragazzo mi arriva leggermente ovattata, ma ha comunque il potere di farmi sussultare il cuore per l’emozione.
Bella e Fas morirebbero dal ridere se mi vedessero in questo momento, mentre scavalco con un saltello la piccola montagna di vestiti che ho buttato a terra, sacrificati sull’altare della moda e dell’umore variabile nella mia ricerca quotidiana dell’outfit perfetto, e ancheggio maliziosa, come se già lui potesse vedermi, verso la porta.
Giro la chiave nella toppa e apro, senza pudore, presentandomi al mio ragazzo sbalordito in mutande e reggiseno.
È interessante come, dopo due mesi che stiamo insieme, si faccia ancora sorprendere da queste mie uscite. Meglio, è più divertente così.
Andrew spalanca i suoi meravigliosi occhi castani e la sua bocca resta bloccata a metà via tra il suo dolcissimo sorriso, con cui aveva progettato di salutarmi, e una O di stupore. Il risultato, nemmeno a dirlo, è alquanto comico.
Resta sgomento sull’uscio ancora qualche secondo, mentre io me ne sto con una mano sulla porta e il peso appoggiato su una gamba, una posa che ritengo sia sufficientemente rilassata e apprezzata dal mio ragazzo, che vedo spostare indeciso lo sguardo dalla curva del mio seno a quella disegnata dall’anca.
Per fortuna si riscuote, credo ricordando che il nostro è un dormitorio misto e che solo un corridoio separa un’orda di universitari in calore dal mio intimo bianco in bella vista. Entra nella mia stanza, sospingendomi indietro e richiudendo la porta alle sue spalle.
Sorrido maliziosa quando vedo la sua mano correre a girare la chiave.
“Ciao” esclamo, come se niente fosse e mi avvicino con un passo, arrivando a sfiorargli il mento con la punta del naso. Adoro che si più alto di me, è una cosa che mi ha sempre fatta impazzire il modo in cui un ragazzo si deve chinare su di me per potermi sfiorare le labbra, come sta facendo Andrew in questo momento.
“Ciao” sussurra con voce roca, accendendo un brivido che dalle mie labbra si propaga fulmineo a tutto il mio corpo, un attimo prima di calare su di me in un bacio dolce ma intenso.
I baci di Andrew sono così, di una dolcezza spiazzante, che mi disarma completamente. Parte piano, con sfioramenti quasi timidi, casti, per poi crescere, come ora, con maggiore pressione, mordicchiandomi il labbro inferiore. Un mano posa delicata sul mio fianco nudo mentre l’altra cerca il mio polso, che sfiora con le dita, massaggiando con lievi tocchi circolari le linee bluastre sotto la pelle. Sale in una carezza leggera, facendomi qualche grattino, che mi fa mugolare soddisfatta sotto le sue labbra sempre più esigenti. Poi, quando la sua mano si sposta, cercando di raggiungere la mia nuca, e con la lingua chiede accesso alle mie labbra, con un passo indietro mi allontano.
Lui rimane lì per un secondo, sorpreso per l’ennesima volta, con le mani sospese in aria dove prima c’era il mio corpo.
A me, ovviamente, scappa da ridere.
“Dispettosa” mugugna imbronciato, mentre io gli mostro un palmo di lingua, proprio come una bambina.
“Devo vestirmi, casanova!” rido, dandogli le spalle e tornando al mio armadio.
Lo sento borbottare qualcosa come “Ah, sì, perché adesso è importante…” mentre si siede sul mio letto.
Controllo di nuovo l’orologio: le 10:55.
Bella sta uscendo di casa… la strada è ghiacciata, meno male che Charlie le ha montato le catene alle ruote prima di uscire. Un pensiero in meno per me! Grazie Charlie!
Vediamo… oh, che cavolo, quant’è difficile ritrovare questi vampiri quando Bella non gli è vicino!
Ah, eccoli, stanno partendo adesso. Edward e Carlisle sono andati a caccia stanotte e… Edward vuole andarsene?!
Se solo si riuscisse a capire qualcosa di più! Tutti questi dialoghi fatti a metà… più li osservo più mi convinco che Edward legga nel pensiero! Alice e gli altri non parlano quasi mai con lui, ma lui sembra sempre rispondere a domande e affermazioni non fatte. Devo parlarne con Bella, appena si degnerà di prestare attenzione. Stanotte ha evitato in tutti i modi di soffermarci sul discorso “Cullen”… forse avrei dovuto insistere di più io, ma con la storia di Sasha e dei cinesi…
“Ehi”.
La voce di Andrew, soffice, calda, vicina al mio orecchio, mi richiama alla realtà. Con le labbra mi sfiora la spalla e la curva della gola, dove deposita un bacio leggero, mentre le sue braccia mi avvolgono in vita, senza costringermi, ma in una stretta abbastanza solida da assicurarsi che, questa volta, non possa sgusciar via. Non che ne abbia l’intenzione.
“Qualcosa non va?” mi chiede, alitandomi sul collo. Io scuoto la testa, non fidandomi della mia voce, e mi appoggio stancamente con la schiena al suo petto, beandomi della serena consapevolezza che la sua figura mi avvolgerà e sosterrà, forte e protettiva, come sempre.
“Mmm… sicura? Non è che magari quei jeans ti hanno offesa?! Li stai guardando male da un po’…” ride contro il mio collo.
Rilasso i muscoli del viso, accorgendomi solo ora di aver corrucciato gli occhi e la bocca mentre osservavo i vampiri  allontanarsi dalla loro casa nel bosco, a bordo della Volvo argentata di Edward.
Scuoto di nuovo la testa, le braccia di Andrew si serrano maggiormente attorno ai miei fianchi e lo sento sospirare contro la mia pelle, inspirando profondamente.
“Ha a che fare col motivo che ti ha tenuta sveglia stanotte?” mi chiede stancamente, una nota amara nella voce. Faccio di nuovo di no con la testa e gli accarezzo un braccio.
“Deduco che tu non sia stata in piedi pensando a me, altrimenti avresti potuto tranquillamente mandarmi un messaggio…”
“Eri di pattuglia stanotte” puntualizzo, infastidita dalla lieve accusa che sento nelle sue parole.
“Ma non stamattina, dalle 4:00 in poi. Lo sai!” rincara, il tono piatto, tranquillo. Forse sono io che ci sento un rancore che non c’è.
“Nel caso ti avrei lasciato andare a riposare, so bene quanto siano pesanti le ronde. Comunque no, visto che ci tieni tanto, non sono rimasta sveglia pensando a te come una principessa imprigionata nella torre nell’attesa spasmodica del suo principe azzurro” replico acida, cercando di divincolarmi dalla sua presa.
Lui allenta la stretta, ma solo per farmi girare verso di lui e poi rinserrare la morsa delle sue braccia intorno ai miei fianchi. Forte, ma mai tanto da farmi male.
Assicurandosi di avermi ben salda contro di lui, con una mano corre alla punta della mia treccia, sfregando la ciocca dorata tra i polpastrelli di indice e pollice.
“Sì” sussurra, “Lo so che non sei una principessa”.
 I sottointesi di cui sono intrise le sue parole mi si riversano sulla pelle come una pioggerella estiva.
Sì, lui lo sa.
Sollevo lo sguardo, e lui è lì, con i suoi dolci e caldi occhi castani che mi fissano, mi cercano, attendendo risposte, spiegazioni, che sa perfettamente che potrebbero anche non arrivare, sa anche questo, ma ogni volta che, invece, gliene do, per lui hanno un significato molto più alto del contenuto delle mie parole: sono un passo in più che io faccio verso di lui.
Rispetto a Bella e Fas, io ho meno problemi ad instaurare legami profondi con i ragazzi che frequento, anche se non è mai un processo facile, né per me, né per loro, ed ogni volta che, alla fine, mi arriva puntualmente la consueta legnata sui denti, è sempre più difficile aprirmi. Ma almeno io ci provo.
Inspiro profondamente ed esclamo “Ho fatto nottata lavorando con Bella ad un problema tra dei clan al confine tra Russia e Cina”.
Lui rimane un momento a guardarmi, studiando le ombre sotto ai miei occhi e le mie labbra martoriate dal brutto vizio di mangiarmele quando sono concentrata su un problema. D’altra parte, fatte fuori unghie e pellicine, mi restano o loro o i capelli.
No, i miei adorati capelli no!
Andrew sospira e si china sul mio viso, ma solo per appoggiare le labbra sulla mia fronte in un bacio tenero, protettivo, che chiede scusa e contemporaneamente ringrazia per torti e favori, che non sono tali, ma che scorrono sotto parole e respiri come correnti sotto le onde. Rimaniamo così, lui appoggiato con le labbra e il mento alla mia fronte, io appoggiata a lui con tutto il mio corpo. Forse, se mi appoggiassi completamente a lui, con tutto il mio peso, potrei cadere dentro di lui, sparire, e non dovrei preoccuparmi più di nulla, ci penserebbe lui a proteggermi.
Non potrei mai farlo, non scaricherei mai su nessuno le mie responsabilità, non ce la farei.
Sono io quella responsabile, mi piace esserlo, è solo che… sono così stanca, è così difficile avere Bella e Fas lontane. Mi sento sola, debole, scoperta, non importa quanto possa essere brava a difendermi da sola, senza di loro mi sento… sono vulnerabile. Anche se ci sentiamo tutti i giorni, anche se posso controllarle coi miei poteri, è tutto diverso: non è come averle vicine, come prima.
Mi mancano terribilmente.
Ed ora, con questa storia di Bella… ho paura.
Ho una fottuta paura di perderla, di non poter fare abbastanza per aiutarla, per proteggerla… Perché, cazzo, non sono con lei! E nemmeno Fas!
E…
E…
Scivolo di più tra le braccia di Andrew che, come avvertendo il mio bisogno, si stringono maggiormente intorno a me. La mano, che prima giocava coi miei capelli, si sposta sulla nuca, segue il mio movimento mentre scorro con la fronte lungo il profilo della sua mascella, appena un accenno di barba che mi gratta la pelle, e trovo rifugio nell’incavo tra il collo e la spalla. Ecco, qui, stretta tra le braccia di questo ragazzo premuroso, caldo, dolce e comprensivo; qui, con gli occhi chiusi premuti contro la carne morbida della sua gola, dove posso sentire il flusso del sangue attraversare l’arteria, mi sento al sicuro.
“Sono preoccupata per lei” mormoro, un sussurro, ma so che lui mi ha sentita.
“Per Bella?” chiede, la voce bassa vibra sotto la mia guancia e contro la mia fronte, mi culla rassicurante, come le carezze gentili che mi sta facendo sulla schiena.
Annuisco appena, di nuovo non fidandomi della mia voce. Ho la bocca secca.
“Sta male?” propone dopo qualche secondo di silenzio, gettandomi un amo cui poter abboccare per dare spiegazioni più consone.
Esito un momento. Bella sta male?
Sì, ma non fisicamente. Non per il momento, almeno, e spero mai.
Sta male da un po’ di tempo e, onestamente, il “da un po’” è cominciato da prima che andasse a Forks.
“Lei è da sola” dico, riassumendo in quattro parole il vero problema di Bella, ciò che la sta corrodendo, che ci sta corrodendo, e che costituisce la mia vera fonte di preoccupazione. La voce, traditrice, mi si spezza sull’ultima parola. Fas ha dei parenti in Francia, amici, compagni Cacciatori che la tengono occupata, al sicuro e in famiglia. Io ho il Clan di New York, che mi ha accolta dopo il mio trasferimento, ho delle amiche qui. Ho Andrew, col quale posso essere completamente me stessa e a mio agio.
Bella non ha nessuno.
Nessuno che la conosca davvero, che possa capirla, sostenerla, proteggerla.
La nostra piccola, coraggiosa, fragile, pazza Bella…
Per forza si è così attaccata a questa storia dei Cullen.
Se solo potessi andare da lei… ma non posso, non senza scatenare Elizabeth.
Potrei provare a mandarle qualcuno, anche solo per qualche giorno… lei non vuole rinforzi, ma se fosse la sorpresa di qualche conoscente… Potrebbe aiutarla a sentirsi meno sola, meno abbandonata, e io starei più tranquilla, almeno per un giorno o due…
Esco dal mio nascondiglio in cerca d’aria fresca, guardo il collage di foto appeso al muro alle spalle di Andrew e gli occhi mi cadono fortuitamente su di una fotografia, quella giusta!
Posso quasi sentire lo scampanellio che accompagna l’accensione della classica lampadina nella mia testa.
“Se la caverà, vedrai” mi rassicura Andrew, inconsapevole di avermi dato indirettamente un’idea su come attenuare le mie preoccupazioni.
Torno a guardarlo negli occhi, il sorriso sereno che tende le mie labbra sembra stupirlo. Probabilmente si era già preparato psicologicamente ad un crollo emotivo in piena regola.
Gli allaccio le braccia dietro al collo e sorrido ancora di più, divertita dalla sua espressione confusa.
“Lo so” esclamo, facendo spallucce, come ad evidenziare l’ovvietà della cosa.
C’è un gigantesco punto interrogativo lampeggiante sulla sua testa, me ne rendo conto, ma non riesco ad esimermi dal ridacchiare, prima di gettarmi sulle sue labbra in un bacio entusiasta.
Nello slancio lo trascino verso di me, facendogli perdere l’equilibrio quel tanto da doversi appoggiare con una mano contro l’anta dell’armadio alle mie spalle. Di nuovo saldo sui piedi, intensifica la presa sui miei fianchi, premendoli contro il suo corpo, costringendomi ad inarcarmi contro di lui. Un sospiro strozzato mi sfugge dalle labbra mentre lui ne traccia il contorno con la punta della lingua, per poi tuffarla dentro la mia bocca. Nessuna muta richiesta da porre, nessun muto consenso da elargire. Per quanto mi riguarda negli ultimi cinque minuti… almeno, credo che siano cinque minuti… l’ho fatto impazzire abbastanza da potergli concedere tutto quello che vuole. Concessione che sono ben lieta di fare, non sia mai detto che non sono una persona corretta e generosa. Se poi mi stuzzica proprio in quel punto del collo… oddio…
Mordicchia, succhia, lecca alternatamente un punto alla base del collo che sa essere particolarmente sensibile e… sì, mi sta decisamente facendo un succhiotto. Non m’importa, posso sempre mettere una sciarpa. Mi aggrappo più saldamente a lui ed infilo una mano nello scollo della maglietta, alla ricerca di un contatto più intimo con la sua pelle.
La sua bocca torna a cercare la mia, ed il bacio è più profondo, più appassionato di prima. Labbra, lingua, denti, niente viene tralasciato dall’esplorazione profonda che fa della mia bocca, in un bacio che nulla ha dei suoi baci soliti, quelli con cui mi saluta o che ci scambiamo tra una lezione e l’altra, in corridoio, in cortile, al bar con gli amici o da soli… Nulla, se non il disperato bisogno di farmi sentire quanto tiene a me, quanto sia preziosa per lui, quanto mi consideri una ragazza normale, fragile, come e più delle altre, prima ancora che una Regina. Perché anche adesso, nonostante la profondità del suo bacio, la sua invadenza, non c’è traccia di forza nei suoi gesti, non c’è arroganza o voglia di dominarmi. Anche ora, che avverto il freddo dell’anta dell’armadio contro la mia schiena, non mi sento sopraffatta dalla sua presenza, non mi sento schiacciata dal suo corpo incombente, premuto addosso al mio. Mi sento protetta, voluta… la parola con la A sfiora la mia mente, ma la scaccio con una stretta al cuore. È troppo presto. Ogni volta che arrivo a pensare di esserlo, ecco che arriva la sprangata sui denti. No, ancora no. È troppo presto.
La mano destra di Andrew scende lungo il mio corpo: segue la linea della clavicola, accarezza quasi con reverenza il profilo del seno, sfiora in punta di dita le costole, come contandole un ad una, accompagna la curva del fianco, sul quale si sofferma qualche secondo per giocare con l’elastico delle mutandine, e poi di nuovo giù, lungo la coscia, fino appena sopra il ginocchio, dove si arresta, per afferrare con ferma gentilezza la mia gamba e sollevarla, premendosela contro il fianco e spingendo contemporaneamente il suo bacino contro il mio. Con quest’unico movimento mi strappa un gemito più forte degli altri, che si infrange sulle sue labbra, calate di nuovo voraci sulle mie.
Sono ardentemente consapevole di essere mezza nuda e, dannazione, lui è ancora completamente vestito. Lascio cadere le mani dalle sue spalle e le porto sui suoi fianchi, sotto la maglietta.
“Ary…” sussurra sulle mie labbra, ma io non sento. Sono troppo occupata a tracciare alla cieca il disegno dei muscoli sulla sua pelle, seguendo i piani e i profili affusolati, facendogli i grattini sulla schiena e davanti, sugli addominali appena accennati, andando dal basso verso l’alto, poi dall’alto verso il basso, sempre più vicino al confine della cintura…
“Ary…”
…dentro il confine della cintura…
Bi-bip… Bi-bip… Bi-bip…
Che cos’è questo? Un allarme?
Eppure sono sicura il mio ragazzo non porti una cintura di castità di ultima generazione. Sicuramente non fino all’altro ieri, comunque!
Ah, no, che scema! È il mio cellulare che mi avverte che tra dieci minuti devo essere a lezione.
Sento le sue labbra distendersi in un sorrisetto stanco e appoggia la fronte alla mia. Sospira sulla mia pelle, provocandomi un ulteriore brivido.
“C’è la Bargan oggi” mi ricorda con voce roca e rassegnata. La mia mente necessita di qualche secondo per collegare le sue parole ad un pensiero coerente, poi realizzo: il dibattito.
Mugulo contrariata e mi abbarbico ancora di più al corpo di Andrew, che ridacchia, nascondendo un ghigno tra i miei capelli.
“Forza, fai la brava e vestiti. Se ci muoviamo facciamo in tempo anche a mettere qualcosa nel tuo stomaco” sospira allontanandosi lentamente dal mio corpo, mentre io cerco di non sentirmi abbandonata. Lo so che ha ragione, però…
Andrew scorge la delusione sul mio volto e, con un sogghigno raro quanto eccitante sulle labbra, si avvicina al mio orecchio e sussurra roco “Dopo la Bargan abbiamo due ore buche… Ho tutta l’intenzione di rifarmi di questa notte”. Prima di scostarsi di nuovo, mi da un bacio da urlo sul collo. Ma chi se ne frega della Bargan, io lo butto sul letto e mi rifaccio io di questa notte!
Allungo le mani verso il suo collo, ma lui scivola via ridendo e facendomi l’occhiolino.
Io sbuffo e pesto i piedi davanti al suo odioso autocontrollo e mi giro di nuovo verso l’armadio, decisa ad ignorarlo. Quando avremo finito con la Bargan ho una mezza idea di mandarlo in bianco. Oppure potrei approfittarmi bassamente di lui… vedremo di che umore sarò dopo la lezione. Un ghignetto che sarebbe l’orgoglio di Bella e Fas mi si disegna sulle labbra. Infilo i jeans, una camicetta bianca e ci butto sopra un pullover blu con lo scollo a V, e sono pronta.
Mi giro verso il mio ragazzo, seduto sul mio letto. Mi osserva con un sorrisetto furbo, i suoi occhi fanno una panoramica del mio corpo, soffermandosi per un istante sulla scollatura, non profonda ma allettante, e sui fianchi fasciati dai jeans. Sgrano gli occhi quando vedo la sua lingua accarezzare le labbra in un gesto lento e provocatorio.
Basta, questo ha deciso che oggi vuole essere stuprato! Dopo la Bargan lo lego al letto e non se ne parla più!
Andrew si alza in piedi, mi si avvicina e mi prende per mano, “Andiamo” esclama, e mi conduce alla porta.
Io trascino i piedi, agguanto i cellulare dal comodino e…
“Ah” gemo, portando le mani dietro la nuca, dove il tatuaggio ha preso a bruciare intensamente.
Il panico mi prende allo stomaco, un nodo di ansia mi chiude la gola.
… un fischio acuto, un frenata sull’asfalto del parcheggio ghiacciato. Bella è in piedi, di fianco al fanale posteriore del suo pick-up, un furgoncino blu scuro, ormai in testa-coda, che punta dritto verso di lei ad una velocità folle e senza controllo, ed Edward Cullen, a quattro auto da lei, che la fissa terrorizzato.
Bella potrebbe spostarsi, ma…
Bella muoviti! Fregatene! Ti prego!
“Bella!”
 
 
 

* * *

 
 
 
“Bella…”
Tyler Crowley sta sicuramente tentando di uccidermi.
Insomma, non vedo nessun’altra spiegazione: prima mi si butta addosso con il suo stupido furgoncino, poi, non essendo riuscito a centrarmi, e complice il dannatissimo sistema ospedaliero che mi tiene inchiodata a questa stupido lettino, applica l’insuperata tecnica del rompicoglioni: tediarmi a morte con inutili scuse.
Ho perso il conto di quante volte ha detto che gli dispiace ormai.
Dio, che mal di testa!
Tra lui e l’asfalto… preferisco l’asfalto.
Mi è andata bene che ho la pellaccia dura, quando Edward mi ha buttata a terra, con la sua grazia da elefante, e ho battuto la testa, ho avuto veramente il terrore di essermi ferita. Grazie al cielo è stata solo una botta, i tagli in testa sanguinano in modo vergognoso e, davvero, mi ci manca solo quello.
È stato un bel rischio in effetti…
Già, ma ne è valsa la pena!
Solo perché Edward ha reagito esattamente come sperato. Pensa se se ne fosse rimasto fermo dov’era!
Non posso impedirmi di ghignare, ho fatto una mezza follia, come al solito, ma devo avere qualche santo in paradiso, perché anche stavolta è andata alla grande. Anzi, anche meglio di quanto avessi pensato. Non solo Edward si è lanciato in mio aiuto, buttando alle ortiche tutta la sua copertura da umano in preda ad un raptus di follia indotto dal suo ormai evidente complesso da cavaliere, ma sono anche riuscita a strappargli la promessa di una spiegazione.
Certo, per un momento me la sono vista davvero grigia…
 
 
 
Il rumore di una macchina che corre più forte delle altre arriva dalla Main Street, troppo forte per essere sicuro in una mattinata in cui l’asfalto è ricoperto da lastroni ghiacciati.
A quattro auto parcheggiate di distanza da me ci sono Edward e Alice, gli unici Cullen rimasti vicino alla Volvo. Quando sono arrivata erano già qui, ho fatto di tutto per fingere di non averli ancora visti, non volendo mostrarmi così sensibile alla loro presenza. Anche adesso sento addosso gli occhi di Edward, ma sono certa che se mi voltassi lo troverei intento in una fitta conversazione con la sorella.
La macchina è entrata nel parcheggio, ancora non ha rallentato.
Alice annaspa forte, sento la sua voce strozzata esalare un “NO” terrorizzato.
Possibile che…
Il rumore dei freni arriva un secondo dopo quello delle gomme che slittano sul ghiaccio.
Mi volto, ma dalla direzione da cui arriva il rumore posso già indovinare verso cosa, o meglio, chi stia puntando il mezzo.
Infatti.
La legge di Murphy: se qualcosa può andar storto…
Ho circa quattro secondi per saltare al sicuro sul cassone del pick-up, ma…
Mi giro, Edward mi sta fissando terrorizzato, come tutti gli altri. Se saltassi mi muoverei ad una velocità esagerata per un essere umano, e sarebbe una performance davvero notevole per una ragazza che si suppone sia l’incarnazione dell’anti-sport. Mi stanno fissando tutti… non posso. Io non posso.
Ma Edward… è l’occasione perfetta!
E poi come si dice: di necessità virtù.
Torno a guardare il furgoncino. È come se tutto andasse al rallentatore.
Cazzo quant’è vicino!
Ti prego… Ti prego… TI PREGO!
Ecco l’impatto, ma per fortuna arriva dalla parte che speravo.
Sento come una sbarra di gelido acciaio avvolgermi la vita e trascinarmi a terra, fuori dalla traiettoria di quel missile gigante di lamiere che si sta accartocciando contro il retro del pick-up.
L’istinto è quello di ripararmi nella caduta, ma ci stiamo muovendo troppo velocemente. Mi faccio violenza per costringere il mio corpo a non reagire, rimanendo floscia come un sacco di patate. Guarda te se devo riporre la mia fiducia in un vampiro.
Ahi!
Cazzo che male, la testa!
Ti prego, fa che non stia sanguinando, ti supplico!
Edward però è concentrato sul furgone, che ci sta tornando addosso. Lo sento distintamente imprecare quando mi lascia andare per fermare con entrambe le mani il mezzo, finendo con l’andare addosso alla macchina parcheggiata accanto alla mia: il suono metallico della carrozzeria che si deforma attorno alle sue spalle è davvero agghiacciante.
Il furgoncino è fermo a mezz’aria. Vampiro dei miei stivali, non osare mollarlo adesso, o il cerchione mi fracassa le gambe!
Ma che bravo, una frazione di secondo e mi riprende per la vita, sfruttando l’istante in cui il furgone rimane sospeso in aria grazie alla spinta che gli ha imposto. Mi stringe a sé mentre mi gira in modo da mettere le mie gambe al sicuro, il furgone trattenuto di nuovo, ora con una mano sola.
Lo sento rilasciare un sospiro prima di lasciare andare la lamiera, ormai deformata, ed il mezzo si schianta al suolo in un inquietante tremore metallico.
Sento il mio nome echeggiare ovunque attorno a me, urlato, strillato istericamente. Il panico scatenato dall’incidente è assordante, fastidioso.
“Bella? Tutto a posto?”
Ecco, l’unica voce che non sta strillando è anche quella che esprime maggior preoccupazione. Mi ci mancava solo il vampiro col complesso da eroe.
Sei viva grazie a lui!
“Sto bene” dico, la voce stranamente lontana. Il colpo alla testa l’avrei volentieri evitato.
Hai pure la faccia tosta di lamentarti?!
Ehi! Non è colpa mia se lui si è lanciato come un cazzo di superman addosso a me e mi ha buttato per terra con la grazia di un elefante con le mutande sopra i pantaloni!*
Se non sapessi che riesci ad evocare immagini così assurde quotidianamente direi che la botta in testa è piuttosto grave…
Scuoto il capo, ho bisogno d’aria. Sono acutamente consapevole del corpo freddo e solido contro cui sono schiacciata, non è una sensazione che mi metta propriamente a mio agio.
Lungi dall’essere immobilizzata dal terrore o infiacchita dallo shock, sento l’adrenalina scorrermi nelle vene, il mio corpo è teso come una corda di violino, i miei sensi iper-ricettivi stanno urlando a causa della pericolosa vicinanza con il vampiro che, a conti fatti, mi ha salvato la vita.
E di nuovo mi faccio violenza per non scattare come una molla lontana da Edward, ma accenno solo un goffo tentativo di mettermi seduta. L’odore dolciastro della sua pelle mi sta dando alla testa, ma colgo nuovamente una nota di pino e resina di sottofondo. Deve essere andato a caccia stanotte.
“Attenta” mi avverte, allentando appena la stretta del suo braccio intorno alla mia vita, come riluttante all’idea di lasciarmi libera di muovermi. “Mi sa che hai preso una bella botta in testa.”
Ma va?!
Calma Bella, dovresti essere confusa e in stato di shock!
Mi porto una mano alla testa, curiosa di tastare l’entità del danno. “Ahi!” esclamo, simulando sorpresa per coprire il sollievo nel sentire sotto le mie dita solo l’incipiente rigonfiamento di un bernoccolo e non i profili slabbrati di un taglio o l’umido del sangue fresco fra i capelli. D’altra parte non sento odore di sangue, potevo evitare di preoccuparmi…
Ok, forse sono un pochiiino sconvolta. Giusto un po’!
“Come pensavo!” esclama Edward al mio fianco, nella voce l’accenno di una risata, il suo sollievo è evidente. Immagino fosse preoccupato anche lui per il sangue, si è già esposto parecchio per salvarmi.
O forse è davvero preoccupato per me?!
Perché?
Per lo stesso motivo per cui si è fiondato in tuo soccorso?!
Sì, forse… ma perché? Cioè… ecco… ci contavo, non avrei rischiato se non avessi pensato che ci fosse questa possibilità ma… perché?
Forse questo è il momento migliore per aprire una strada a tutti i nostri “perché”. Si è esposto, non avrai un’occasione migliore di questa per portarlo allo scoperto.
E se scappasse?
Hai appena rischiato la vita per un’intuizione, hai un’occasione d’oro per avvicinarlo e stai a valutare i pro e i contro?!
Scuoto nuovamente la testa. Non è questo il momento di farsi prendere dagli scrupoli, devo seguire l’istinto.
Sbarro gli occhi. “Come diavolo…” esclamo ritraendomi da lui in cerca d’aria. “Come hai fatto ad arrivare così in fretta?”
È questione di pochi secondi, l’ilarità e il sollievo scivolano via dal suo viso, lasciando il posto ad un’espressione seria e tesa. “Ero qui accanto a te, Bella” dice con voce ferma, fissandomi attento.
Lo so cosa cerchi di fare, ma non attacca vampirello, sono una bugiarda migliore di te e conosco i trucchi del mestiere.
Mi divincolo dalla sua presa e stavolta lui mi lascia andare completamente, anch’egli ansioso di guadagnare una decente distanza di sicurezza dal mio odore, per quanto lo spazio angusto tra le auto ce lo permetta. Se io sono intossicata dal suo odore, posso solo immaginare lo sforzo che sta facendo lui… credo che stia cercando di non respirare, ma se il mio odore è intenso come lo è il suo per me, tanto da avvertirlo anche sulla lingua, decisamente sono meno tranquilla adesso di quando aspettavo pacificamente che il furgone mi arrivasse addosso.
Ci scrutiamo intensamente, io tentando di costringerlo ad abbassare la guardia, lui impegnato nell’impresa di darmi a bere la sua versione. La sua espressione è ferma, calma e benevola, come se stesse cercando di convincere una bimbetta che non ci sono mostri sotto al letto.
Spiacente Cullen, ne ho visti troppi di mostri in vita mia, e forse tu lo sei meno degli altri, ma…
Certo, se solo i suoi occhi non fossero così assurdamente dorati e… disperati? Cosa mi stai chiedendo Cullen?
Di cosa hai paura, vampiro?
Non distoglierai lo sguardo, vero? È troppo importante per te che io non faccia altre domande.
Forse hai ragione tu. Non ora, non qui.
Simulo confusione e abbasso gli occhi. Dopotutto, forse, è più facile sostenere lo sguardo indemoniato e tinto di rosso di un vampiro che cerca di uccidermi, piuttosto che quello dorato e caldo di uno che mi ha appena salvato la vita. In fondo glielo devo un momento di tregua.
Mi guardo intorno, è pieno di gente che cerca di raggiungerci. Qualcuno sta gridando perché tirino fuori Tyler dall’auto, dev’essere il guidatore.
Spero che stia bene, anche se Charlie dovrà assolutamente togliergli la patente!
Provo a mettermi in piedi, la testa mi pulsa per la botta, ma per il resto sto benissimo.
Una mano fredda si posa sulla mia spalla e mi rimette a terra con fermezza. “Per adesso resta qui” mi intima seriamente, di nuovo un velo di preoccupazione nella sua voce attira la mia attenzione.
“Ma fa freddo!” mi lamento in un debole tentativo di riaffermare il mio status fisico: sto bene! Attualmente i miei unici problemi sono il culo ghiacciato, un bernoccolo in crescita e un vampiro in preda all’istinto da crocerossina.
Oddio che brutta immagine! Edward in camice e veletta da infermiera, stile Pearl Harbor, è una visione che fa il paio con la meteorina in bikini di noci di cocco-sombrero-pipa-da-Gandalf e supereroe con le mutande sopra i pantaloni e la proboscide.
Ultimamente stai sviluppando una vena artistica per il grottesco.
Nooo, tu dici? E questa deduzione l’hai fatta prima o dopo il sogno con Gollum che balla la Disco?!
Ti prego, basta!
Ah ah! Ehi! Guarda, Edward ghigna!
Se potesse leggermi nel pensiero non so se riderebbe ma… che abbia la guardia abbassata?
Ritentiamo.
Mi concentro sul suo viso ed esclamo con sicurezza “Tu stavi laggiù.”
“Eri accanto alla tua macchina” aggiungo, accennando col capo a sud, oltre le lamiere accartocciate dei due furgoni.
“Invece no”  afferma lui, di nuovo serio.
Sporgo in fuori il mento corrucciata e insisto “Ti ho visto”. Meglio battere il chiodo finché è caldo, finché è incastrato qui con me e non può sfuggirmi.
“Bella, ero qui accanto a te e ti ho spinta via appena in tempo” rincara, infondendo nello sguardo un’intensità che mi urta e quasi mi fa ritrarre.
Se pensavo di avere gioco facile con questo qui, mi devo ricredere. Non che mi aspettassi una confessione così su due piedi, ma speravo di trovarlo più confuso, vulnerabile.
Stringo forte i denti, la tensione nel mio corpo è ancora tanta e tale che le spalle e il collo cominciano a dolermi.
“No” sibilo.
Nonostante tutto, non ho intenzione di lasciarlo andare a mani vuote.
Anche lui è teso, lo vedo dalla linea della mascella.
Cosa stai architettando, Cullen? Vuoi minacciarmi? Farmi paura? Cosa ti frulla nella testa…
“Per favore, Bella” disse, nella voce una preghiera intensa, disperata, negl’occhi un bisogno di… fiducia.
Sono spiazzata, completamente.
Come può un vampiro essere così... così… Umano.
Cosa mi stai chiedendo, Edward?
“Perché?” chiedo sulla difensiva, incapace di distogliere lo sguardo da quelle iridi dorate. Vorrei che fosse merito del mio incrollabile spirito combattivo, ma forse è meglio così, perché proprio ora che vorrei sottrarmi al suo sguardo, è lui a trattenermi. È come se i miei occhi fossero magneticamente attratti dai suoi, cosa che mi impedisce di cedere alla debolezza e voltarmi perché… l’intensità di questo sguardo mi spaventa.
“Fidati” insiste, lo stesso tono nella voce, la stessa domanda negl’occhi.
Dici poco Edward… come faccio a fidarmi di un vampiro?
L’hai già fatto. Gli hai affidato la tua vita.
Avrei potuto schivarla all’ultimo!
Non ne puoi essere certa, e non lo sapremo mai, perché lui ti ha salvata. Tu hai creduto in lui.
Sarai la mia rovina.
Tradotto: sarai la rovina di te stessa.
Touchè.
“Prometti che poi mi spiegherai tutto?” chiedo, fingendo un’ingenuità che non mi appartiene.
“Promesso.”
“Promesso” gli faccio eco con lo stesso tono. Se è il cavaliere che ha tentato di essere fino ad ora, per lo stesso principio per il quale mi ha salvata, gli potrebbe rodere abbastanza, non dico la coscienza ma almeno l’onore, da cercare in qualche modo di mantenere la parola data.
È un tentativo disperato, non ci credo molto nemmeno io ma… è una possibilità.
Tutto ciò che ho.
 
 
 
L’infermiera che si sta occupando di Tyler comincia a svolgere la fasciatura intorno alla testa del ragazzo, che almeno per un paio di secondi tace.
Uhm… è messo male.
Inspiro profondamente e l’odore ferruginoso del suo sangue mi colpisce come un pugno nello stomaco.
Porca miseria! Già prima era fastidioso, ma così, libero dalle bende, l’odore è quasi insopportabile. Mi gira la testa…
L’ultima volta non lo ricordavo così intenso… deve essere per via della Cenere, non ne ho mai assunta tanta per un periodo continuato così lungo. Va beh, non è che possa smettere proprio adesso.
Mi giro dall’altra parte e respiro con la bocca aperta, in cerca di un po’ di sollievo.
Non è ironico?!
Tu che dici?
Un po’ troppo ironico…
It’s like raaaaaaiiiiiiin…**
Deficiente!
Grazie!
Oh, finalmente ha finito.
L’infermiera si allontana e Tyler riattacca con la sua cantilena. “Davvero Bella, non sai quanto mi dispiace…”
Per tutti i demoni dell’inferno, adesso lo investo, così siamo pari!
La porta della stanza si apre, l’infermiera ne esce, ma un refolo d’aria mi porta una zaffata dell’odore di Edward. Mi sta osservando. Vorrà accertarsi che non dica niente sull’incidente… Poco male, ho già raccontato a Tyler la versione riveduta e corretta dei fatti , quella che fa comodo a tutti e due. Come se fossi una che va in giro a dire che Edward Cullen mi ha salvato la vita fermando un furgoncino a mani nude! E poi cosa? Ah, sì! Parlo da sola con un'altra me stessa che alberga stabilmente nella mia testa… Mi faccio di ceneri di creature mitologiche… No, non si preoccupi dottore, stringa pure quella camicia di forza quanto vuole, tanto con l’addestramento da Cacciatrice che ho ricevuto scapperò dal manicomio prima che lei possa dire Supercalifragilistichespiralidoso!
E Crowley ancora non tace!
Serro gli occhi e fingo di essermi addormentata, forse la smetterà!
“Ancora non capisco come sia potuto accadere…”
Ho tre parole per te Tyler: acceleratore, ghiaccio, stupidità! Ecco come è potuto succedere!
Qualcuno lo zittisca, o giuro, su tutto ciò che è sacro, che lo zittisco io! Definitivamente!
Un passo leggero sul pavimento di linoleum annuncia l’ingresso di Edward.
Ed ecco che Crowley riattacca con la sua filastrocca. “Edward…” parte in quarta, ma uno “schh” a fior di labbra lo interrompe.
“Dorme?” mormora.
Edward Cullen, mio eroe!
Per questo… non per la macchina!
Ovviamente!
Sei senza speranza…
Apro di scatto gli occhi, tanto non è possibile che lui credesse davvero che stessi dormendo, non mi stavo impegnando per fingere. Ed eccolo lì, bello come il sole, che mi sorride pacifico e allegro, mentre io sono inchiodata a questo cavolo di lettino col re del senso di colpa accanto, dopo che ho ripetuto milioni di volte che sto bene.
Dio! Anche se mi fosse venuto un trauma cranico, probabilmente a quest’ora si sarebbe già riparato da solo, vista la quantità indecente di cenere che ho in circolo.
Lo guardo male, malissimo!
E lui ghigna… Ma vaffanculo!
“Ehi, Edward, mi dispiace tanto...” ritenta Tyler, e a questo punto mi chiedo: se lo strozzassi seduta stante, Cullen mi aiuterebbe ad occultare il cadavere?
Silenzio per silenzio, ci aggiungo un drink gratuito per lui, e il gioco è fatto!
Con una non-chalance da  vero gentiluomo alza un dito, bloccando le scuse del ragazzo, e dice seccamente “Niente sangue, niente danno”.
Ma guarda, il vampiro fa dell’ironia. Che carino, sorride tra sé e sé della sua battuta… ci manca giusto Kronk che si canta la colonna sonora da solo. ***
Edward si avvicina e, senza mai perdere il contatto visivo con il mio sguardo, si siede ai piedi del letto di Tyler, ponendo così una distanza di sicurezza tra i nostri corpi che ritengo quantomeno opportuna. Non ci tengo a rivivere presto la situazione di stamattina.
Aspetto, Tyler è ricoperto di sangue! Se il suo odore da fastidio a me, figuriamoci ad Edward!
Tuttavia il vampiro non sta dando segni di cedimento, non sembra in difficoltà. E bravo Cullen, ancora una volta riesci a stupirmi col tuo autocontrollo… perché devi rendere tutta questa storia così dannatamente interessante?! Lo sai che quasi non ci dormo la notte, accidenti a te!?
“Allora, qual è il verdetto?” chiede, il sorriso sghembo ancora sulle labbra, come a prendermi in giro. Certo, perché con un “padre” medico che lavora in questo ospedale tu non sarai di certo riuscito a dare una sbirciata alle mie radiografie!
“Non mi sono fatta neanche un graffio, ma non vogliono lasciarmi tornare a casa. Com'è che tu non sei legato a una barella come noi?” sbotto sporgendo il mento in fuori con fare bellicoso e concentrando tutto il mio sdegno in un’unica occhiata. Perché non ho lo sguardo laser, PERCHÉ?
“Tutto merito di chi sai tu” dice leggermente senza smettere di sorridere, “Ma non preoccuparti, sono venuto a liberarti.”
C’ha preso gusto a fare l’eroe?
La risposta è sì, sento l’odore di Carlisle Cullen spirare dalla porta tre secondi prima che la oltrepassi, entrando nella stanza come uno dei medici di Grey’s Anatomy: inverosimilmente bello, composto e sorridente. Spero per me e per questo pover’uomo che sua moglie non abbia una macchina rosa, o giuro che non sarò più in grado di incontrarlo senza rischiare la morte per accesso di risa.
“E allora, signorina Swan, come stiamo?” esclama il vampiro biondo, avvicinandosi a me tenendo tra le mani quella che deve essere la mia cartella.
“Benissimo dottor Ke… Cullen”
Deficiente!
Lo so! … oddio ti prego fa che pensi mi sono solo incartata!
Sorride benevolo, probabilmente pensa che sia un idiota, ma è praticamente impossibile che abbia capito che lo stavo per chiamare come l’omino di Barbie.
Attacca le mie radiografie al pannello luminoso sul muro accanto al mio letto ed esclama “Le radiografie sono buone. Ti fa male la testa? Edward dice che hai preso un brutto colpo.”
“Sto bene” sbuffo per l’ennesima volta dando però un’occhiata alle immagini. Sì, non c’è niente, a parte i segni delle contusioni guarite che ho collezionato negli anni. Ok, la maggior parte sono un regalo della sbadataggine di Renèe, Dio solo sa quante volte mi avrà fatta cadere, ma due o tre sono trofei di caccia… cacce disastrose, ovviamente. Se mi avessero fatto esami più estesi, probabilmente qualcuno avrebbe chiamato i servizi sociali e denunciato i miei genitori per maltrattamento di minore.
Il vampiro-dottore si avvicina ulteriormente a me e mi posa le dita sulla nuca, tastando leggermente il cranio fino a che non trova il bernoccolo. È strano come l’inquietudine scatenata dal tocco di un vampiro si scontri col sollievo che il freddo dei suoi polpastrelli dona alla zona lesa. Carlisle Cullen non mi spaventa più di tanto dopotutto… in un certo senso, ammiro questo vampiro.
Il contrasto prolungato del freddo contro il bernoccolo leggermente pulsante mi fa rabbrividire e mi contorco appena sul posto. Carlisle si accorge del mio disagio e chiede pragmatico “Sensibile?”.
Serro la mascella e scrollo le spalle ostentando indifferenza, “No, davvero” dico, notando con la coda dell’occhio il ghigno che mi rivolge Edward. Probabilmente gli faccio tenerezza, o pena; per buona misura gli lancio un’altra occhiataccia. A questo punto è quasi sicuro che mi trovi buffa, o quanto meno assurda.
“Bene” esclama Carlisle. “Tuo padre è in sala d'attesa, puoi farti riaccompagnare a casa. Se hai capogiri o problemi di vista, però, torna subito.”
Povero Charlie… beh, se non altro è in ospedale: il posto migliore per un padre ad un soffio dall’infarto. Se sapesse che mi sono quasi fatta investire “di proposito” mi scuoierebbe viva!
Ma viste le dinamiche dell’incidente mi aspettano almeno due settimane di “coccole”… certo, nello stile di Charlie, ma va bene lo stesso. Quella che mi preoccupa davvero è Renèe, è impossibile che papà non l’abbia chiamata, e quella è capace di essere già su un aereo.
Speriamo solo di riuscire a trarre qualche vantaggio da questo casino…
Una zaffata dell’odore di Carlisle mi colpisce… hmm… sono decisamente più sensibile. C’è una nota di candeggina e di disinfettante che smorza l’aroma dolciastro… mi piace. Però ora basta, devo uscire da qui, mi sento soffocare.
 “Posso andare a scuola?” chiedo speranzosa, anche se non ci credo nemmeno io, avrei proprio bisogno di una full immersion nella routine. Senza contare che a scuola non posso rispondere alle telefonate isteriche di madri e migliori amiche.
“Forse per oggi dovresti stare tranquilla” suggerisce Carlisle con un sorriso paterno. E dire che cominciava a starmi quasi simpatico… grazie mille dottore!
Edward ghigna, lo stronzo. Lo fulmino con lo sguardo, “Lui invece può tornare?”
 “Qualcuno dovrà pur diffondere la notizia che siamo sopravvissuti, no?” dice, continuando a ghignare come una iena ridens.
“A dir la verità,” corregge Carlisle, prima che io sputi una risposta al vetriolo che farebbe tremare tutte le icone sacre nel raggio di venti chilometri, “Sembra che metà dell'istituto sia in sala d'attesa.”
“Oh, no” gemo prendendomi la testa fra le mani. Fantastico, davvero fantastico! Pure la gimcana tra la folla preoccupata mi toccherà fare. Da quando la scuola lascia uscire in massa gli studenti durante l’orario di lezione per motivi che non coincidano con calamità naturali o… che ne so… un attacco terroristico?! È solo un incidente d’auto, porca miseria! Andrò a lamentarmi col preside!
“Vuoi restare?” chiede Carlisle, giustamente intenerito. Faccio pena anche a un vampiro, pensa te!
“No, no” dico velocemente, ruotando le gambe fuori dal letto e balzando in piedi sul pavimento. Mi rendo conto con un secondo di ritardo che questo è un movimento troppo disinvolto per una persona “nelle mie condizioni”. Meglio inciampare!
Vacillo in avanti, muovendo le braccia per bilanciarmi ma, prima che possa compensare da sola lo squilibrio, Carlisle mi acchiappa e mi tiene ferma.
E con questa sono due…
Taci!
Arrossisci debosciata, prima che tutta la tua pantomima vada a farsi benedire!
“Sto bene” dico, prima che Carlisle possa commentare, e ubbidendo alla mia vocina ragionevole lascio affluire un po’ di sangue alle guance.
 “Prendi dell'aspirina contro il dolore” mi istruisce il dottore lasciandomi andare. 
“Non fa così male.”
Carlisle sorride mentre firma le carte per le mie dimissioni. “A quanto pare sei stata molto fortunata.”
Hn... chissà, forse non sono l’unica che si prenderà una bella strigliata oggi.
Mi giro verso il vampiro più giovane, presumo, e lo fisso decisamente negli occhi.“Fortunata perché Edward si trovava lì accanto a me.”
“Oh certo, sì” concorda velocemente Carlisle. Sono certa che nessuno dei due si è perso il sottinteso sospetto nella mia voce e nelle mie parole.
“Grazie mille” sussurra Edward, veloce e silenzioso, un bisbiglio così basso che solo Carlisle e io potevamo coglierlo. Me lo sono immaginato il pungente sarcasmo nel suo tono?
Le labbra di Carlisle si piegano in su mentre si gira verso  Tyler, un movimento veloce, insignificante per un occhio distratto, ma per me no.
 “Purtroppo, tu dovrai restare qui un po' più a lungo” dice il dottore, prendendo a svolgere le bende del primo soccorso per analizzare i tagli lasciati dai vetri dei finestrini rotti. Non so se il rimescolio nel mio stomaco sia più dovuto all’odore che mi urta i sensi, di nuovo, o alla consapevolezza di dover lasciare un vampiro così vicino ad un umano sanguinante, ma non posso fare altrimenti.
Mi volto verso Edward, ora o mai più. Mi avvicino a lui abbastanza da essere certa che il mio odore sia per lui una presenza ingombrante. Se è sopraffatto dal mio profumo non sarà tentato da quello del sangue di Tyler. Finora si è comportato benissimo, ma se mi sento di scommettere sulla resistenza di Carlisle, non posso permettermi di fare altrettanto con Edward. Effettivamente sono fin troppo vicina, il suo odore è intenso, dolce. Io ho sempre preferito il salato.
“Hai un minuto? Ho bisogno di parlarti” sibilo caustica, forse troppo, ma ho bisogno di uscire da questa stanza. Troppi odori forti, il bernoccolo un po’ ancora mi pulsa, se non guadagno un po’ di ossigeno rischio che mi venga davvero un giramento di testa.
Edward barcolla un passo indietro, fuggendo il refolo d’aria intriso di profumo che è il mio respiro. Forza Cullen, sei stato bravissimo fin qua, non mi mollare ora, ancora uno sforzo.
 “Tuo padre ti aspetta” mi ricorda, la mascella serrata nel tentativo di nascondere il fatto che sta trattenendo il respiro. Bel tentativo, ma no, non ti libererai di me così facilmente.
Lancia un sguardo verso Carlisle e Tyler, alle mie spalle. Mi ci gioco la testa che il “padre” non si sta perdendo nemmeno un dettaglio della scena. Ma chi controlla di più, Edward o me?
“Vorrei parlare con te, da soli, se non è un problema” insisto a bassa voce, cercando di suonare meno inquisitoria questa volta. Si sente già alle strette, meglio non esagerare; però dobbiamo uscire da qui, entrambi abbiamo bisogno d’aria, e lo voglio lontano sia da Tyler che da Carlisle. La presenza di un altro vampiro è un deterrente troppo ingombrante perché possa sperare di riuscire a scucirgli qualcosa.
L’espressione è corrucciata, lo sguardo teso, quando si gira per incamminarsi fuori dalla porta. Lascio che faccia strada lui, non conosco bene l’ospedale, ma confido che possa trovare un luogo tranquillo e abbastanza lontano da Carlisle. Tuttavia non so quale sia la portata dell’udito di questo vampiro, sperare che non senta niente della nostra conversazione è forse pretendere un po’ troppo dalla mia fortuna.
Percorriamo un paio di corridoi, solcati in entrambe le direzioni da medici e infermieri, ma nessuno fa caso a noi. Edward procede ad ampie falcate davanti a me, che mi premuro di incespicare di tanto in tanto, mentre mi preparo ad affrontare questa conversazione. Onestamente, non sono sicura di cosa aspettarmi, ho fatto un salto nel vuoto, un azzardo, e potrebbe anche non portarmi a niente.
Il vampiro si ferma, siamo in fondo ad un corridoio, accanto alla porta di un magazzino per il materiale medico, nessuno in vista.
 “Cosa vuoi?” esclama secco, voltandosi verso di me. Il tono è freddo, il volto inespressivo, ma gli occhi mandano lampi.
Mi ritiro leggermente, la sua ostilità non mi sorprende, ma mi rendo conto che se questo vampiro sta cercando di farmi paura non posso non reagire come una semplice umana. Sbarro gli occhi e simulo confusione, quando il mio orgoglio vorrebbe che rispondessi con altrettanta freddezza. Calma, Bella, ragiona!
“Mi devi una spiegazione” dico con voce piccola e impallidendo leggermente. Tanto vale giocare sul personaggio in stile eroina ottocentesca, finora ha funzionato. Credo che stimoli l’aspirante cavalier servente che è in lui… chissà in che epoca ha vissuto da umano. Ce lo vedo come giovane rampollo di buona famiglia dell’Ottocento, magari affiliato a qualche circolo letterario. Forse non è nemmeno americano di nascita, potrebbe avere origini inglesi, o perché no, italiane, visto che ieri ha capito perfettamente la mia citazione in lingua originale di Leopardi.
Anche lì, che smacco! Chissà cos’avevo per la testa per non accorgermene immediatamente.
Concentrati, Bella!
 “Ti ho salvato la vita, non ti devo niente” ribatte, la voce roca, accuratamente minacciosa. Mmm…
Indietreggio, abbasso gli occhi e mi torturo il labbro inferiore coi denti, come se le sue parole mi avessero ferita. Più che ferita mi sento tradita, frustrata e… arrabbiata, anche se non so se più con lui o con me stessa. Che cosa mi aspettavo, una vittoria facile? È chiaro che voglia depistarmi, io sono un pericolo per la sua famiglia, una mina vagante. Per i vampiri c’è solo una legge, la legge suprema, e un umano cosciente e vivo è più di quanto un clan possa permettersi.
Per un momento il sangue mi si gela nelle vene, la consapevolezza dell’enormità di ciò che ho fatto mi schiaccia, le conseguenze delle mie azioni sono un peso che mi piomba addosso, bloccandomi il respiro in gola. Com’è che si dice? Non disturbare il can che dorme? Bene, io ho disturbato un clan di vampiri… e se stasera dovessi affrontarli? Non m’importa tanto di me, ma… Charlie?
Ho messo in pericolo la vita di mio padre.
“L'hai promesso” sussurro, lasciando trapelare la delusione dalle mie parole e dai miei occhi. Non è il momento di farsi prendere dal panico, finora tutto ciò che ha fatto sembrava finalizzato a tenermi in vita…
Questo è l’ultimo tentativo che faccio sulla linea dolce.
“Bella, hai battuto la testa, non sai quello che dici.”
Ovvio, cerca di farmi passare per matta, al posto suo farei lo stesso. 
Sporgo il mento, basta con le smancerie. “La mia testa non ha un graffio” ringhio, sguardo e tono apertamente ostili. Sono arrabbiata, poco importa che la rabbia sia rivolta verso me stessa, e voglio che lo capisca.
 “Cosa vuoi da me, Bella?”
“Voglio la verità. Voglio sapere perché ti sto coprendo” replico, esasperata tanto quanto lui, se non di più. Entrambi abbiamo rischiato molto, entrambi temiamo per la nostra famiglia. Solo che la mia rischia molto di più nell’immediato, lo sappiamo tutti e due.
 “Secondo te, cosa è successo?” ringhia sottovoce, indipendentemente dal fatto che in questo corridoio non ci sia nessuno che possa sentire, semplicemente per risultare più minaccioso mentre mi fissa con gli occhi pieni di rabbia e frustrazione. L’istinto mi mette in guardia, non credo che stia per attaccarmi, ma la consapevolezza del coltello assicurato ai passanti dei jeans mi aiuta a mantenere i nervi saldi. Prendo un respiro profondo, arrivata a questo punto non posso tirarmi indietro, tanto vale tentare. Spero solo che le ragazze stiano tenendo gli occhi ben aperti…
 “Quello che so è che eri tutt'altro che vicino a me. Neanche Tyler ti ha visto, perciò non dirmi che ho battuto la testa. Quel furgoncino stava per schiacciarci entrambi, invece non l'ha fatto, e con le mani hai lasciato un'ammaccatura sulla fiancata sinistra, e hai lasciato un bozzo anche sull'altra auto, senza farti niente, e il furgone stava per spaccarmi le gambe, ma lo hai alzato e trattenuto...”
Stringo i denti e lo fisso piena di rabbia, sento le lacrime pungermi gli occhi e, a questo punto, non so nemmeno più se stia fingendo oppure no. Voglio che si fidi di me, voglio che mi dia ragione, non posso tornare a casa a mani vuote… Charlie…
Edward mi fissa, l’espressione beffarda, ride di me…
“Pensi che abbia sollevato un furgoncino per salvarti?” chiede sarcastico.
Annuisco rigidamente, la mascella contratta, i denti che mi fanno male per quanto li stringo.
“Non ci crederà nessuno, lo sai” mi schernisce con un ghigno e io sento improvviso il desiderio di scagliarmi contro di lui. Basterebbero due secondi per materializzare il coltello nella mia mano e piantarglielo nel petto con abbastanza violenza da trapassarlo e inchiodarlo al muro. Non sarebbe risolutivo, certo, ma almeno giocheremmo entrambi a carte scoperte.
Peccato che, anche così, la mia resterebbe una mano piuttosto sfortunata. 
Inspiro profondamente e deglutisco, sperando di inghiottire così anche la rabbia. Devo stare calma, non posso scoprirmi ora. La verità è che sia io che mio padre siamo sacrificabili, ho già messo in pericolo la mia famiglia per un colpo di testa, non posso mettere a rischio anche la mia gente.
“Non lo dirò a nessuno” mormoro guardandolo dritto negli occhi, tremante di rabbia, ma la mia voce è ferma, determinata. Sono assolutamente sincera, non ho bisogno di dirlo a nessuno, chi deve sapere sa già, il resto non importa.
Per mezzo secondo intravedo una crepa nella sua maschera irridente e crudele, mi guarda spiazzato e s’insinua in me la speranza di aver aperto una breccia. “E allora, che importa?” chiede, sondando il mio volto, la voce severa..
“Importa a me” dico fremente, “Non mi piace mentire, perciò se lo faccio, dev'esserci un buon motivo.”
Bugia. Bugia. Enorme bugia.
Io adoro mentire, è la mia specialità, lo faccio da anni. Mento a tutti, probabilmente anche a me stessa. Ne sono consapevole, ne ho bisogno. Finché continuerò a mentire, riuscirò ad avere il controllo.
Eppure sento che sto perdendo… La fine di questa partita si avvicina, e io non ho in mano praticamente nulla. Edward gioca a carte scoperte senza saperlo, io ho aperto e mi sono azzoppata. ****
“Non puoi limitarti a ringraziarmi e lasciar perdere?”
“Grazie” dico, poi lo fulmino, uno sguardo e una sfida.
“Immagino che tu non intenda lasciar perdere.”
“No.”
“In tal caso... Spero che tu sopporti di buon grado la delusione.”
Carte inutili, senza valore. Lui non apre, io non chiudo, e non c’è niente sul tavolo a cui mi possa attaccare. Per quanto ne so, lui sta per chiudere in mano e piantarmi qui, come un’idiota.
Rimaniamo così, a guardarci in cagnesco per qualche secondo, e sapere di essere a malapena una minaccia, un fastidio facilmente eliminabile ai suoi occhi mi rende ancora più furiosa. Sono solo un’umana, una tra le tante, che per puro caso ha anche un profumo irresistibile per lui.
Qui sta la vera domanda, ed improvvisamente è come se avessi pescato un jolly.
 “Perché ti sei preso il disturbo di salvarmi?” sibilo, guardandolo intensamente negli occhi.
Attacco e scarto l’ultima carta, la crepa si allarga, la maschera cade e sul volto del vampiro appare genuino e sincero lo sconcerto. Non era la domanda che si aspettava, non si era preparato a rispondere a questo, nemmeno a sé stesso probabilmente.
“Non lo so” mormora, un’ammissione che lo ferisce più di quanto non voglia ammettere.
Edward Cullen si volta e se ne va, piantandomi in mezzo al corridoio e allontanandosi a grandi falcate, scompare nel reticolo di corsie dell’ospedale.
Lo lascio andare, fisso mentre mi da le spalle e scappa, fino a che non svolta l’angolo, lasciandomi sola.
Inspiro profondamente, mi pianto le unghie nei palmi delle mani per impedirmi di tremare.
Ho vinto questa partita.
Ma allora perché ho l’amaro in bocca, come se avessi perso?
 


 



 
 
Note d’autore:
  *- “spero che bella immagini Edward vestito da superman” cit. 4evermagik. Da quando ho letto questa frase nella tua recensione non sono riuscita a togliermi quest’immagine dalla testa! DOVEVO metterla, anche se non credo che questo fosse il modo in cui la intendevi tu xD Grazie comunque per l’ispirazione!
**- Sono versi della canzone Ironic di Alanis Morissette, bellissima, non potevo non metterla ;)
***- direi che come scena si commenta da sola:  http://www.youtube.com/watch?v=7FbIXdw_fwk   L’avete visto questo film, vero?! Solo io mi spatacco dal ridere ogni volta che lo guardo?
****- qui è in corso una metafora che fa riferimento al gioco di Scala 40. So che di solito si usa il Poker in questi casi e/o storie, ma a) non conosco abbastanza il poker da fare metafore, b) è diventato banale, secondo me, fare sempre riferimento a quello: non è l’unico gioco di carte esistente! c) sono giorni che i miei amici mi trascinano in tornei infiniti di Scala 40, ormai sono in modalità gioco continua. Tra l’altro, il modo in cui chiude Bella, nella metafora, è uno dei più stupidi e snervanti: mettersi zoppi, per chi non lo sapesse, vuol dire rimanere con 2 carte in mano, quindi nella situazione di non poter formare nemmeno un tris, perché alla fine di ogni turno devi comunque scartare, quindi continui a pescare sperando che ti arrivi in mano la carta che ti permette di attaccare chiudere. Io adoro “chiudere in mano”, che vuol dire mettere giù tutto quello che hai e chiudere in un solo turno, cosa che procura immensa soddisfazione a me e frustrazione nell’avversario, e generalmente è ancora più divertente farlo quando hai contro uno che è zoppo. Sapete quanto è essere pronti per chiudere in mano e improvvisamente l’avversario, che si è messo zoppo, chiude perché gli arriva in mano un jolly?! Ecco! È una vittoria senza gloria, piuttosto infame, anche per questo mi immagino Bella che non ne esce soddisfatta.

 
 

 

   
 
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