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Autore: notAnymore    26/08/2013    2 recensioni
[storia ambientata nel 1472, quattro anni prima della tragedia che colpì la famiglia Auditore, quando Leonardo era ancora un novello artista fresco di bottega del Verrocchio ed un misterioso ma ancora inesperto assassino girovagava per i tetti della città]
In quelle fresche mattine, quando il sole ancora stentava a farsi strada tra l’orizzonte fiorentino di mille palazzi e chiese, Leonardo conosceva una Firenze diversa dalle altre, una Firenze lontana dal trambusto, dalle scorribande e dai ladruncoli da quattro soldi.
Genere: Azione, Generale, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ezio Auditore, Federico Auditore , Leonardo da Vinci , Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 3
QUIETE DELLA NOTTE



Federico scostò di poco le lenzuola trapuntate con dettagli oro e rosso che adornavano la massiccia struttura in legno intarsiato del letto a baldacchino del fratello. Dalle finestre soffiava ancora una piacevole brezza estiva notturna che faceva danzare le bianche tende di cotone ad un ritmo lento e delicato. Il buio regnava sovrano in quelle parte del palazzo, rivolto verso la zona della città che dava sulle campagne poco distanti, ma la debole luce di una lanterna appena fuori la finestra illuminava di sfocati riflessi aranciati i volti di entrambi.
"Su, fratellino: basta con le passeggiate notturne per stasera, visto che domani ti attende una intensa giornata di studi con messer Rondelli" batté due colpi secchi sul materasso, invitandolo a prendere posto tra le coperte.
I due parlavano sottovoce, consapevoli dell'ora fin troppo tarda.
"Promettimi che la prossima volta mi porterai con te, Federico!"
"Perdonami Ezio, ma questo non posso proprio farlo" posò una mano sui capelli del fratello minore, scompigliandoli appena come farebbe un padre per confortare il proprio figlio. Ezio, stizzito dal tono miserevole e falsamente dispiaciuto della risposta, si scrollò di colpo quella mano dalla testa, voltandosi di scatto verso il fratello maggiore e rivolgendogli uno sguardo di sfida.
"Io davvero non capisco quale sia il problema! Ho solo tre anni in meno di te!" puntualizzò secco "Se credi che la mia presenza possa arrecarti disturbo in compagnia di certe dame allora ti sbagli di grosso!" Ezio puntò l'indice verso il fratello in segno di ammonizione "Un sacco di signore, amiche di nostra madre, mi hanno definito un ragazzino adorabile e un promettente futuro bel giovane!".
Federico non si frenò dal mostrare quanto le parole del fratello lo avessero divertito, scoppiando in una fragorosa e quanto mai mal contenuta risata. Suo fratello, prontamente, gli si gettò addosso, bloccandogli le labbra con la mano destra.
"Zitto! Hai intenzione di svegliare tutto il palazzo?!" lo rimproverò Ezio, sottovoce.
"S-Scus... Scusami..." Federico tossì due volte per riprendere il controllo "È solo che, mio Dio, sei troppo adorabile quando dici così! Ahahah!!" gli pizzicò le guance e con tono ironico aggiunse "Sai, non hanno tutti i torti quelle amiche di nostra madre: in fondo sei proprio un piccolo, adorabile... impertinente ficcanaso!"
 "Smettila! Non è vero!"
"Sì, invece: mi pare di averti già detto che non si tratta di ragazze."
"E allora di cosa si tratta?" Ezio avvicinò la testa in segno di interesse.
"Non ho intenzione di mentirti, Ezio." il tono di Federico si fece di colpo serio, quasi dimostrasse il doppio dei suoi sedici anni "Ma questo non significa che intenda rivelarti i miei segreti" notò nella penombra lo sguardo amareggiato del fratello "E non guardarmi in quel modo, Ezio! Questa volta sono serio."
"Benissimo" rispose secco Ezio, con fare stizzito.
"Benissimo" ribatté subito Federico.
"Ma sappi che questo tuo non voler collaborare... " aggiunse Ezio quando Federico si dirigeva ormai verso la soglia della camera "... non mi fermerà dal continuare a seguirti durante le tue fughe notturne da palazzo."
 "Sempre che tu riesca a tenere il passo, tartaruga!"
"Ehi, poche storie!" Ezio si alzò in piedi sul letto, indicando con la mano destra ed il braccio teso in direzione del fratello e con la mano sinistra poggiata sul fianco "Guarda che tra qualche anno sarai tu quello che dovrà venirmi dietro!"
"Staremo a vedere, fratellino. Ma..." Federico si diresse nuovamente ai piedi del letto "... per il momento..." lo afferrò per la vita e cercò di immobilizzarlo, coprendolo nuovamente con le lenzuola dalla testa ai piedi "... pensa a dormire!".
 Rimase a giocare con Ezio per qualche altro minuto, finché non arrivarono le prime ore del mattino e le primissime luci dell'aurora si fecero strada tra l'orizzonte appena al di là della finestra. I toni seri che si erano venuti a creare in precedenza nel discorso sfumarono ancor prima che uno dei due se ne potesse accorgere e presto Ezio crollò di colpo in un sonno profondo e sereno. Il suo sguardo indugiò ancora sul viso addormentato del fratello minore prima di lasciare la stanza, ripensando a ciò che era accaduto non molte ore prima di quel preciso istante.
Appena fuori la porta della camera di Ezio, qualche servitore indaffarato movimentava silenziosamente i corridoi del palazzo. Alcuni accendevano piccole lanterne per farsi luce, altri entravano nelle camere da letto portando ciotole in terracotta colme di acqua fresca e ne uscivano con vasi da notte da svuotare. Una delle servitrici più giovani, notando la sagoma di Federico che si faceva strada fuori dalla camera del fratello, indugiò qualche secondo con sguardo incuriosito fisso su di lui, ma prima ancora che potesse rivolgerle la parola la ragazza si dileguò con passo svelto nel silenzioso trambusto che si era venuto a creare in quei pochi attimi, portandosi una mano al viso nel tentativo di contenere un delicato risolino d'imbarazzo.
Federico tornò nelle sue stanze con la buona intenzione di dedicarsi anche solo pochi minuti di riposo dopo quell'intensa nottata. Stranamente l'adrenalina gli ribolliva ancora nelle vene come nell'attimo in cui aveva conficcato la sua lama nel collo di quell'arciere. Era una sensazione piacevole, in fin dei conti... se non fosse per il fatto che, oltre all'adrenalina, a riscaldargli il sangue nelle vene quella mattina c'era anche un pressante dubbio riguardante suo fratello e la dinamica degli eventi.
Sapeva di non poter trarre abbastanza conforto dai toni scherzosi e pacati che si erano scambiati in camera di Ezio: suo fratello era da sempre un abilissimo bugiardo, di gran lunga più bravo di lui. Ricordava spesso con un sorriso stampato in volto di quella volta in cui, per nascondere una fuga assieme da palazzo pochi minuti prima dell'arrivo del precettore, riuscì a convincere senza la minima piega il loro padre del fatto che entrambi erano sempre rimasti nelle loro stanze e che la colpa fosse, invece, dello stesso insegnante che aveva passato l'intera seduta di studio tra le braccia di una servetta nelle cucine. Ma ora era proprio quella straordinaria abilità del fratello ad arrecargli grande preoccupazione.
Chiuse gli occhi e si abbandonò tra le coperte, con ancora indosso gli abiti da assassino. Fu un sonno breve e leggero, per nulla riposante. Si risvegliò poco dopo, le membra indolenzite e la testa pulsante: si ricordò di dover far visita a suo padre, per fare rapporto della sera prima e, dopo essersi dato una sistemata, si incamminò lungo i corridoi del palazzo, diretto verso il suo ufficio.
Poco distante dal cortile il precettore di Ezio, messer Rondelli, uomo di scienza più che di lettere, attendeva di esser ricevuto nelle stanze del suo allievo.
"Messer Rondelli, lieto di vederla a palazzo." accennò un saluto in lontananza con la mano e si diresse verso di lui.
Era un uomo di mezza età, di media statura ma pur sempre più basso di Federico, per via di una pronunciata gobba, emblema della sua vasta cultura dovuta ad ore ed ore di studio passate su antichi libri sparsi per i vari conventi d'Italia.
"Federico, quanto tempo ragazzo mio!" oltre ad essere il precettore di Ezio, Giulio Rondelli fu anche l'insegnante di Federico nei suoi ultimi anni di studio, prima di dover affiancare suo padre negli 'affari di famiglia'.
"Ma dimmi un po', dov'è quello scansafatiche di tuo fratello Ezio? Saranno venti minuti che aspetto!"
"Oh, Ezio … sì, purtroppo quest'oggi mio fratello non si sente molto bene. Il medico crede sia meglio lasciargli almeno un giorno per riposare e rimettersi in sesto" allungò venti fiorini, quasi il doppio della quota giornaliera che spettava a Rondelli, e li nascose tra le mani del maestro "Questi sono per il disturbo."
 "Ahh, quel combinaguai!" il maestro abbassò furtivamente lo sguardo verso la mano che stringeva i fiorini, facendo risuonare qualche moneta e constatando grossolanamente il peso “spero possa tornare presto in salute, ho ancora molto lavoro da fare con lui”.
 Salutò Federico con un inchino appena accennato e uscì dal cancello del palazzo, lasciando nuovamente il giovane Auditore ai suoi impegni.
"Ah, Federico!" la voce di suo padre proveniva dall'uscio del suo ufficio. "Ho bisogno di parlarti in privato..." Giovanni si guardò intorno per qualche attimo, poi invitò il figlio ad entrare con un gesto della mano.
 "Padre, io..."
"Ottimo lavoro, ieri sera." lo interruppe Giovanni. "Hai recapitato il messaggio giusto in tempo, così adesso finalmente tuo zio Mario avrà raggio di azione più ampio in periferia per un po', senza eventuali intromissioni da parte dei Pazzi. "
"Grazie della fiducia, padre" Federico si sentì in parte rincuorato.
"La fiducia è il minimo che posso offrirti, figliolo" gli occhi di Giovanni traboccavano di orgoglio "Per ora sei solo una promettente recluta, ma ritengo tu abbia tutte le qualità per aspirare alla carica di maestro assassino, un giorno non molto lontano."
Le parole di suo padre riuscivano sempre a ricaricarlo del desiderio di portare avanti al meglio quel compito tanto pericoloso e tanto importante che gli aveva fiduciosamente lasciato in eredità. Ma quella volta la sua mente era troppo offuscata da un opprimente senso di preoccupazione per prestare attenzione al sentito discorso che il padre gli aveva appena rivolto. Nella sua ancora breve ma intensa carriera da assassino aveva conosciuto bene i rischi di quel mestiere tanto da essersi ripromesso che, pur andando contro i piani di suo padre, avrebbe fatto di tutto per evitare ai suoi fratelli un destino simile al suo. Decise che avrebbe parlato a suo padre dell'accaduto, della notte precedente, del fatto che probabilmente Ezio aveva visto tutto. Ma decise che ci sarebbe arrivato con calma, magari dopo un lungo e ben articolato giro di parole.
 "Padre, avevo intenzione di parlarti riguardo un problema verificatosi ieri sera."
"Dimmi pure, Federico."
"Si tratta della lama." si slacciò il congegno dall'avambraccio e lo posizionò sulla grossa scrivania in legno di noce di suo padre. "Ieri sera è scattata di nuovo senza preavviso, me la sono dovuta cavare come ho potuto." indicò sulla lama la crepa mal riparata che spezzava l'ingranaggio interno. "Quel fabbro non ha fatto il lavoro impeccabile per cui è stato pagato".
"Senza dubbio" aggiunse Giovanni, ispezionando meglio l'arma. "Ma purtroppo non sono molti i fabbri capaci su cui un membro della Confraternita può contare, qui a Firenze".
"In ogni caso" riprese Federico "ho dovuto perder tempo per ripararla alla meglio e nel mentre una guardia si è accorta della mia presenza... ero sui tetti, non c'era nascondiglio nell'arco di mezzo chilometro e quel bastardo templare continuava ad avvicinarsi".
"Spero non abbia dato l'allarme" interruppe preoccupato Giovanni.
"Non gliene ho dato il tempo: alla prima freccia che ha scoccato per intimorirmi non ho esitato oltre e mi sono gettato su di lui. Gli ero addosso, lui era a terra, girato di schiena: ho stretto contro la sua bocca con la mano guantata e gli ho trafitto la gola dalla parte della nuca. Credo sia morto sul colpo … ma padre, credimi: quanto pesava quella corazza che aveva addosso! È caduto giù, poi una signora ha urlato e non appena sono arrivate le guardie in strada mi sono dato alla fuga prendendo la via dei tetti".
"Qualcuno ti ha notato?"
"Le guardie non hanno nemmeno alzato lo sguardo"
"Non parlo solo delle guardie" il tono di Giovanni si faceva sempre più preoccupato.
Per qualche secondo Federico tentò di far mente locale: in effetti, sì, di tutta la gente accorsa attorno al cadavere solo un ragazzo aveva azzardato uno sguardo in direzione dei tetti. Un ragazzo biondo, snello, ben vestito, l'unico che davvero aveva prestato attenzione al corpo e che ne esaminava i particolari allo stesso modo in cui l'avrebbe esaminato un medico. Decise comunque di non riferire nulla di tutto ciò. In fondo non riteneva che la testimonianza di un giovane medico potesse risultare prova inconfutabile della sua colpevolezza davanti ad un tribunale: all'altezza da cui si trovava e con l'ausilio del cappuccio da assassino, inoltre, era praticamente impossibile scorgere anche solo un lineamento del suo volto.
"No. Non mi ha notato nessuno, ne sono certo"
"Meglio così, figliolo" il volto di Giovanni tornava man mano ad essere più rasserenato.
"Ma a proposito di ieri sera, c'è un'ultima cosa di cui volevo parlarti, padre" Federico esitò qualche secondo per riordinare le parole nella sua testa "... credo che Ezio abbia..."
"AUDITORE! LURIDO BASTARDO!" Le porte dell'ufficio di Giovanni si aprirono violentemente e la sagoma di Francesco De Pazzi si fece strada prorompente nella penombra della stanza, seguito poco dopo da tre guardie di palazzo che lo bloccarono per il braccio destro ad appena qualche centimetro dal viso di Giovanni. "Tieni le tue sporche mani lontano dai miei affari, altrimenti te le taglierò io stesso!".
Diede due strattoni nel tentativo di liberarsi dalla presa dei corazzieri, invano. Sputò sulle scarpe di Giovanni, ringhiando qualcosa a denti stretti.
"Monteriggioni non è mai stato un tuo affare" fece cenno alle guardie di allontanarlo e ritornò al suo posto dietro la scrivania "Portatelo fuori da casa mia, per questa volta lascerò correre"
"Dovreste ringraziare mio padre per la sua clemenza" aggiunse Federico, rivolgendo un incerto sguardo di sfida a Francesco.
"O, sporco cucciolo Auditore, avrò di certo modo di ringraziare entrambi..." un ghigno inquietante gli colorò il volto "... ed anche gli altri piccoli bastardi che portano questo sciagurato nome"
"Guardie, fuori! Adesso!" urlò Giovanni.
 Lo trascinarono via, non senza un minimo di sforzo, poi una quarta guardia domandò scusa e chiuse nuovamente le porte, facendo ricadere lo studio nella penombra e nel religioso silenzio.
"Perdonami, Federico, ma attendo visite importanti. Continueremo il discorso più tardi" Giovanni congedò il figlio con un cenno della mano destra, senza sollevare lo sguardo da un cumulo di carte sparpagliate sulla scrivania.
Federico si ritrovò nel cortile del palazzo, confuso e preoccupato. D'un tratto dimenticò per quale ragione, solo pochi minuti prima, fosse così convinto di dover parlare con suo padre dell'intoppo della serata precedente: l'ultima cosa di cui suo padre aveva bisogno ora erano proprio ulteriori preoccupazioni.
"Federico, indovina un po'? Oggi niente studio!" Ezio superò il corridoio principale saltellando allegramente e gli si parò davanti, con un grosso sorriso stampato sul volto.
"Ma non mi dire! Una giornata di svago deve esser spesa nel migliore dei modi!" Federico gli diede una pacca amichevole sulla spalla "Che ne dici di un bel giretto in città?"
"Evvai!" esultò Ezio. Poi, improvvisamente, l'espressione sul volto del fratello minore divenne cupa e preoccupata. "Ho visto che sei uscito dall'ufficio di nostro padre" esordì con toni serio "ti prego, dimmi che non gli hai detto niente di ieri sera!"
"In verità non ne ho avuto il tempo... ".
 Il viso di Ezio riprese un po' del suo colorito perso "Meno male! Ma ti supplico, non tradirmi: se solo nostro padre sapesse che sono uscito a notte fonda sui tetti potrei dire addio ad una vita fuori da palazzo per... vediamo, per l'eternità".
 Federico sorrise, sollevato e divertito dalla scena. Pensò che il destino stesso avesse messo lo zampino in tutta questa faccenda, impedendogli di poter riferire a qualcuno ciò che era successo la sera prima, così decise di assecondarlo e non rischiare oltre.
"Non tradirei mai mio fratello"concluse prima di lasciare il palazzo.
Era ancora mattino presto, ma la città cominciava già a riprendere il suo ritmo frenetico di sempre. Una brezza rinfrescante scivolava piacevolmente sotto le camicie di cotone e i teneri raggi di un sole appena sorto donavano un piacevole tepore alle membra stanche di entrambi. Come spesso accadeva, Federico aveva ancora le gambe intorpidite dalla frenetica corsa della notte, ma in fondo a lui quella vita sul filo del rasoio non dispiaceva più di tanto: finché avesse potuto godere di mattine belle e spensierate come questa, nulla gli avrebbe impedito di servire la Fratellanza e vivere le sue giornate con lo spirito ribelle di un diciassettenne che ha il mondo in mano.
  
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