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Autore: _Krzyz    26/08/2013    4 recensioni
Tutti conoscono la storia di Katniss e Peeta. La loro vita verrà ricordata per sempre grazie a quella storia. Ma le storie dei Ventidue tributi morti, quelle sono morte con loro. Perchè a nessuno è mai interessato ricordarle. E' così che comincia la Fiaba da Una Terra di Polvere. La Fiaba delle vite degli altri, che ora meritano di essere ricordate, che ora vivranno per sempre.
Genere: Malinconico, Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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“Out here the good girls die…”

 
Questa è La Fiaba della Ragazza che Catalogava gli Arcobaleni.

Perché era questo che amava fare. Tra le mani un piccolo quadernino . E colore dopo colore milioni di tonalità diverse  prendevano vita sul tetto della palazzina dove abitava, avvolta dai fumi della città.
 
Reeva lavorava sodo. Chinata su un pezzo di stoffa da tingere per dieci ore al giorno, in una vecchia fabbrica che sapeva di ruggine e vernice. Colorava un metro di tessuto pregiato e passava a quello dopo, senza mai fermarsi. Le sue mani di tredicenne scorrevano rapide sugli intrecci di cotone, dando nuova vita ovunque passassero, tramutando una pezza bianca e sterile in un’esplosione arancione o in un calmo lembo di cielo azzurro.  Usciva di lì che era già buio.

La sua famiglia viveva in periferia, al settimo piano di un condominio abbastanza messo male. Faceva le scale di corsa tutte le volte rischiando sempre di rompersi il setto nasale inciampando sugli scalini, così, senza un motivo preciso. Tornava giusto in tempo per la cena. La sua famiglia era già seduta a tavola, quasi al completo perché suo fratello Donn faceva il turno di notte come guardiano alla fabbrica di seta e cominciava a lavorare quando il sole tramontava.
-“Com’è andata oggi, Reeva?”- gli chiedevano sempre in coro i suoi fratelli. Erano tutti più piccoli di lei e tutti le volevano un gran bene.
-“ A meraviglia, oggi ho fatto un record! 46 metri di stoffa colorata in dieci minuti!”- Molto probabilmente non era vero, ma a lei piaceva il modo in cui la fissavano ammirati.
Prima di andare a dormire saliva sul tetto. Il distretto 8 non godeva di certo di un grande panorama, un’uniforme distesa di fabbriche e ciminiere che sputavano fumi di diverse gradazioni di grigio come draghi di cemento. Eppure in mezzo a quella desolazione Reeva coglieva la diversità: una luce ambrata che veniva da una finestra, un vaso di fiori color caramella che sbucava da una desolata fioriera di ferro, l’insegna al neon azzurro chiaro di una taverna. Era quella la magia, la magia che i colori davano ad un paesaggio in bianco e nero. E nel buio delle fumose sere cittadine la ragazza captava quel bagliore particolare.
 
Sapeva tutti i nomi dei colori, Reeva. Dal rosso sandalo  al giallo cadmio, dall’uovo di pettirosso al verde smeraldo, non una singola sfumatura che le fosse sconosciuta. Quando in fabbrica le chiedevano di tingere di viola lavanda un pezzo di tessuto lei dosava alla perfezione i pigmenti, quasi stesse preparando una pozione magica. La gradazione era perfetta, il tessuto tinto meravigliosamente. Era sorprendente la passione che una piccola ragazzina poteva riversare nel suo lavoro. Perché a Reeva piaceva il suo lavoro. Non le piaceva lavorare, ma era sempre meglio che passare metà della sua vita nella fabbrica di uniformi bianche dei Pacificatori. E quella tredicenne non poteva desiderare posto migliore.
 
Alla domenica terminavano di lavorare a mezzogiorno, al pomeriggio la fabbrica sarebbe stata rifornita di nuova stoffa da tingere e serviva che fosse stata completamente sgomberata da tutti i dipendenti del reparto colore. Tornava a casa, prendeva un frutto e il suo taccuino e si dirigeva alla stazione. Non aveva mai avuto i soldi per pagarsi il biglietto del treno ma era diventata brava a nascondersi tra i bagagli dei signori facoltosi. Saliva sempre sul solito treno, una piccola locomotiva che trasportava tre container di vestiti già imballati al distretto 7. Saltava con un balzo sul retro della terza carrozza e contava un quarto d’ora. Al termine del tempo saltava giù dal treno atterrando sull’erba fresca.
 Il distretto 8 aveva pochissimi spazi verdi e quel posto era come una toppa di Paradiso cucita su una distesa di infeltrita lana color grigio topo. Era un piccolo pascolo circondato da boschi di querce con un minuscolo ruscelletto che lo attraversava proprio nel mezzo.
-“Finalmente sei arrivata!”- Una voce maschile la fece sobbalzare. – “Ti aspettavo mezzora fa!”
-“Il treno è partito un po’ in ritardo, scusa se ti ho fatto aspettare!”- rispose lei sorridendo.
Amaranth era il suo migliore amico. Abitava dirimpetto a casa sua quand’erano piccoli e aveva un paio d’ anni in più di Reeva. Si era trasferito fuori città quando sua madre era morta, schiacciata da un serbatoio in fabbrica. Da allora la ragazza andava a trovarlo tutte le domeniche. Solo una volta all’anno Amaranth veniva in città, ma di sicuro non ci veniva per una gita di piacere. Il ragazzo tornava tra le ciminiere solo per la Mietitura. E mancavano meno di due settimane alla prossima.
-“Quanti biglietti hai quest’anno?”
-“Quattro per l’età e sei per le Tessere, per un totale di dieci volte in tutto”- Amaranth era fortunato, a parte suo padre non aveva fratelli o sorelle da sostenere economicamente e il suo vecchio lavorava. –“Tu come sei messa?”
-“Due biglietti per l’età e quattordici per le Tessere, sedici in tutto.”- rispose mesta la ragazza. Lei aveva sei fratelli, cinque dei quali avevano meno di dieci anni. I suoi genitori lavoravano entrambi ma non prendevano molti soldi, così lei e suo fratello maggiore dovevano lavorare per contribuire alle spese della famiglia.
Passarono il pomeriggio seduti sul prato a chiacchierare del più e del meno, tra un sorso d’acqua e un pezzo di mela. Poco prima che Reeva andasse via in cielo si stagliò l’inconfondibile sagoma di un arcobaleno. Si formavano spesso arcobaleni in quella zona perché tutti i vapori rilasciati dalla città condensavano in quell’area dando vita ad enormi ricadute d’umidità. E allora la ragazza tirò fuori il quadernino e lo annotò.
 
Era uno strano passatempo, quello di Reeva. Perché lei catalogava gli arcobaleni. Adorava con tutta l’anima quegli strani giochi di luce. Scribacchiava rapidamente sul quadernino, gli occhi persi a contemplare i colori. Arcobaleno n° 00854. Rosso pomodoro, zafferano profondo, giallo pastello, verde primavera, fiore di granturco, blu reale ed eliotropo. Questo registrò quel pomeriggio sul quadernino. Mai in vita sua aveva registrato una tale vivacità. I colori si stagliavano contro il cielo, talmente vividi da sembrare irreali. Non ci riusciva a credere , non poteva essere un vero arcobaleno, di certo se l’era solo immaginato. E invece era la, sospeso sopra le loro teste. Non poteva esserci nulla di meglio. Solo in quel momento Reeva respirava davvero, i riccioli castano rossiccio che le cadevano sulla fronte. In quel momento Reeva era più viva che mai.
 
Passarono in fretta le due settimane e la Mietitura arrivò come un fronte temporalesco, portando disgrazie. Reeva e suo fratello Donn partecipavano, gli altri no perché erano ancora troppo piccoli.
“Ho solo sedici biglietti su migliaia, non mi pescheranno mai”- diceva sicura la ragazza. E invece la pescarono.
Prima di salire sul treno la famiglia corse ad abbracciarla, disperata. In quel momento, con grossi lacrimoni che le inondavano gli occhi verdi, Reeva capì. Erano loro il suo arcobaleno.
Donn , diciassette anni, era il rosso, forte e determinato.
Lei , tredici anni, era l’arancio, caldo e vitale.
Mira, dieci anni, era il giallo, diffidente e schivo.
Farch, otto anni, era il verde, tranquillo e rasserenante.
Solea , sette anni, era l’azzurro, calmo e pieno di speranza.
Laster, cinque anni, era l’indaco, misterioso e profondo .
E Siran, la piccola Siran , quattro anni, era il violetto, timida e riservata.
Insieme erano una forza della natura, divisi erano solo colori.
Venne anche Amaranth a salutarla. Amaranth, il suo unico amico, il suo punto di forza, ora le stava davanti, con le guance solcate da gocce salate. Amaranth, che le disse che quello per Capitol City era un treno come quello che prendeva la domenica, anche quello magari l’avrebbe portata in un posto dove c’erano gli arcobaleni.
Ma non c’erano arcobaleni nell’Arena.
 
Reeva si salvò dal bagno di sangue e corse via. E riuscì a distinguere solo quattro sfumature in quel grigiore.

Il verde foresta degli alberi.
Il giallo oro del fuoco che aveva appena acceso.
Il rosso sangue che le sgorgava dallo stomaco, colpita da un Favorito.
E il foglia di tè, il suo colore preferito, dal quale sbucava un ragazzo biondo con gli occhi cristallini e l’anima buona che le chiedeva scusa per tutto il male che stava subendo. Ed immergendosi  in un oceano incolore Reeva sorrise a quel ragazzo, che prima di mettere fine alla sua vita aveva cercato di essergli amico.

 E un ultimo arcobaleno inondò gli occhi della ragazza, un arcobaleno vivido e caldo che lentamente la trascinò via. Un ponte di sette colori che l’avrebbe portata in Paradiso.

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IL KACTUS DI KRZYZ

E ormai ci stiamo avviando agli ultimi, questa qua era la ragazza dell'8 (quella che viene ferita da Cato e poi uccisa da Peeta nel libro. Si, quella babbalea che ha acceso il fuoco!)
I nomi: Reeva è il nome di una collega olandese di mia madre (hahahaha i cali di fantasia portano a questo!) e la prima sillaba dei loro nomi è una nota musicale (DOnn, REeva, MIra, FArch, SOLea, LAster e SIran). Amaranth invece significa Amaranto e l'ho scelto perchè è il colore preferito di mia sorella :)
Se non avete la benchè minima idea di che cappero di colore sia il foglia di tè sappiate che è una gradazione di turchese molto scura, quasi verde bottiglia.
E poi non so più come ringraziare quelle brave ragazze che seguono puntualmente questa storia! Vi amo tutte :)
Un abbraccio dal Kactus, _Krzyz 
  
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