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Autore: Book boy    26/08/2013    3 recensioni
Pierre, un cavaliere in viaggio attraverso la Francia per raggiungere la Terra Santa è costretto a barricarsi in un'abbazia cristiana per sfuggire a orde di non-morti, riportati in vita da una misteriosa peste. Una guerra contro il male che costringerà Pierre ad usare tutte le sue forze per non cedere alla follia.
Genere: Avventura, Introspettivo, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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Parte 1: l’inizio della peste
1189, Francia Meridionale.
Il cavaliere galoppava a bordo del suo fedele destriero, guardandosi intorno e ammirando le bellezze che la natura poteva offrire. Si trovavano in aperta campagna, percorrendo una stretta via fra gli alberi e gli arbusti del sottobosco. Il cavallo perse per un attimo la presa sul terreno e scivolò leggermente di lato. Il fantino allora con un colpo dei talloni lo rimise sul sentiero –Ehi! Vai con calma, non c’è fretta… hai visto com’è bello qui, ci sono alberi di tutti tipi, alcuni non li ho nemmeno mai visti.- Veniva dal nord della Francia, si chiamava Pierre ed era in viaggio per raggiungere Bordeaux ormai da parecchi giorni, dove una nave mercantile lo avrebbe portato in terra Santa. Voleva andare a combattere gli infedeli aiutando così i crociati già presenti sul luogo. Era il figlio di un ricco borghese proprietario di qualche terreno che, dopo averlo coltivato, gli fruttò un bel guadagno, con cui compro cavallo, corazza e spada al figlio che partì immediatamente per quel viaggio ai confini del mondo. Era circa mezzodì e il caldo era insostenibile. –Ehi bello, sarà meglio che ci fermiamo, almeno per un po’, questo caldo sta uccidendo me e figuriamoci te con anche il mio peso addosso. Fece accostare la cavalcatura lì vicino, scese e si tolse l’elmo normanno di metallo, ma appena lo toccò nella parte superiore lo lasciò cadere per terra: era bollente. Sembrava quasi incandescente. Lo prese per il rivestimento interno di pelle e s’incamminò tenendo con l’altra mano le briglie dell’equino. Andò nei pressi dell’ombra di un albero, dove legò il cavallo a un tronco vicino a un piccolo ruscello dove potesse abbeverarsi mentre lui si sedette sull’erba con le spalle contro la corteccia –Per ora rimaniamo un po’ qui, tanto prima di altri due giorni non saremo a Bordeaux.- Si guardò
ancora intorno mentre il cavallo beveva avidamente dopo lo sforzo compiuto di portare il suo padrone in groppa per parecchi chilometri. Pierre respirò a pieni polmoni poi appoggiò anche la testa al tronco e chiuse gli occhi. Il calore dei raggi del sole lo inondava completamente facendo sì che la corazza di ferro scottasse come l’elmo. Iniziò a sonnecchiare. Il cavallo nitrì ma lui nemmeno se ne accorse.
Si risvegliò di soprassalto. Aveva appena avuto un incubo dove il suo cavallo stava venendo smembrato dai demoni di Satana. Guardò il tronco dove aveva legato l’animale e… era scomparso. Rimanevano soltanto le briglie spezzate da un colpo forte e deciso, sicuramente il cavallo si era liberato perché qualcosa lo aveva spaventato a morte. Pierre si alzò e subito estrasse la spada aspettandosi che un brigante avesse rubato il suo cavallo e che non si fosse ancora allontanato. Ma non era così. Fece qualche passo in avanti, poi si voltò tornò indietro e prese in mano il suo elmo che ora non era più caldo. Se lo infilò bene sul capo ed alzò lo sguardo sulla strada. Vi era un uomo fermo nel centro. A prima vista poteva sembrare un pellegrino in viaggio verso qualche cattedrale o qualche monastero lì vicino, ma aveva qualcosa di strano. Si stava dirigendo verso Pierre strisciano i piedi –Ehi! Ehi voi! Dov’è il mio cavallo?!- L’uomo non gli rispose ma continuò ad avvicinarsi sempre più velocemente –Vi ho chiesto di dirmi dov’è il mio…- Si blocco pietrificato. Un brivido freddo gli scese giù per la schiena. L’uomo non era più umano, sembrava… un mostro! Gli colava sangue dalla bocca, gli occhi erano vitrei, la pelle e la carne ormai in putrefazione erano di un colore marrone-verdastro e i pochi brandelli di vestiti che indossava erano ormai a pezzi e pieni di macchie e sporcizia. Pierre non riusciva ad emettere alcun suono fino a ché quella creatura non lo attaccò ringhiando. Non aspettandosi quell’attacco, il cavaliere cadde a terra di schiena e perse la presa sulla spada che cadde pochi metri più in là. Il mostro tentava con tutto se stesso di mordere l’armigero che tentava di tenerlo lontano da sé ma era un’impresa titanica: nonostante fosse molto magro e le ossa gli si vedessero molto nitidamente attraverso la pelle, aveva una forza spropositata, qualcosa di impensabile anche per un cavaliere in ottima forma. Pierre digrignò i denti mentre con tutta la forza che aveva, riuscì a staccarselo di dosso e a gettarlo di lato. Poi si alzò in ginocchio e gettandosi  verso la spada la prese saldamente in mano e, voltandosi, diede un colpo secco con cui piantò la lama nella gola di quel mostro che cadde a terra rantolante e ormai morto. Pierre respirava affannosamente tenendo gli occhi sgranati dalla paura puntati su quell’orribile creatura. Si calmò un attimo ma una volta che si guardò intorno, notò che gli si stavano avvicinando una decina di quei cosi. Si alzò di scatto, prese l’elsa della spada e iniziò a tirare per far fuoriuscire dalla gola del mostro la sua spada. Tirò e strattonò tentando in tutti i modi ma la spada non voleva staccarsi. Si guardò alle spalle e vedendo che quei “demoni” erano ormai troppo vicini per rischiare oltre, lasciò la spada lì dove si trovava e iniziò a scappare nel fitto del bosco. Corse a perdifiato, graffiandosi più volte il viso e le mani con i rami che spuntavano qua e là. Corse ancora e ancora, fino a che, ormai stremato, non riuscì ad uscire dal bosco. Si ritrovò in un'altra stradina molto simile a quella in cui aveva viaggiato fino a poco prima ma quest’ultima, invece, portava ad un’abbazia. Era molto grande e a una prima impressione dovevano viverci parecchi frati. Lui corse verso quest’ultima e si ritrovò di fronte altri di quei mostri e, non essendo armato e non sapendo cosa fare iniziò a chiamare aiuto battendo con le mani sul portone d’ingresso alla chiesa. Batté e batté ancora ma nessuno accorreva in suo aiuto. Le creature erano ormai vicinissime, a pochi metri quando la porta si aprì, spalancata da un frate grasso e con la tonsura –Entrate presto!- Pierre non se lo fece ripetere due volte, con un balzo fu all’interno del luogo di culto ed aiutò a serrare la porta un attimo prima che quei cosi entrassero all’interno. Il frate assicurò un catenaccio alla serratura e poi, aiutato da altri due confratelli, spostò una panca di legno che bloccò la porta. Pierre li guardava con occhi sgranati come se anche loro fossero dei mostri –C-chi sono quelli là fuori…?- Chiese quasi temendo la risposta –Demoni, probabilmente inviati su questa terra dal diavolo per i peccati che tutti noi abbiamo commesso. Non sappiamo cosa sono di preciso ma sta di fatto che sono molto pericolosi ed estremamente forti-
-Ma tutto questo… tutto questo quando è iniziato? Io ero in viaggio da molti giorni verso Bordeaux ma non ho mai sentito di niente del genere, l’ultimo contatto che ho avuto con un villaggio risale a due giorni fa.-
-Allora non sai cos’è successo… bè siediti qui- E gli indicò con la mano aperta e il palmo rivolto al soffitto, una panca di legno fra le ultime file di quelle nella chiesa. Il cavaliere si accomodò e il frate, sedutosi di fianco a lui, congedò i confratelli, poi cominciò –Tutto è iniziato la notte scorsa. In poche ore una specie di… apocalisse. I morti sono fuoriusciti dalle loro tombe.- Pierre restò di sasso. –Dal cimitero dietro l’abbazia ne è uscito uno mentre fra’ Paul stava togliendo le erbacce. Successe così, all’improvviso. Una mano è uscita dalla terra ed ha iniziato ad aiutare il resto del corpo a uscire- Il cavaliere non riusciva a crederci né tanto meno a capire con precisione come possa essere successo e soprattutto perché –Poi hanno iniziato ad uscirne altri, fino a che tutto il cimitero non si è vuotato. Frate Vincent è stato assalito da quelle bestie immonde e l’hanno… trasformato in uno di loro.-
-Cosa?! Come diavolo!?-
-Sappiamo solo che l’ha morso a un braccio e lui in pochi minuti è diventato come loro.- Pierre era incredulo, esterrefatto e terrorizzato al tempo stesso –Ma i contatti con le altre città? Ce ne sono stati?-
-No, le città, appena hanno visto le ondate di non morti avanzare verso le mura, hanno sbarrato le porte ed ora quasi tutte sono isolate dall'interno. Invece non va così bene ai paesi e agli insediamenti che non hanno delle mura o anche solo delle palizzate di legno. Molti villaggi sono ormai distrutti e tutti i loro abitanti tramutati in quei cosi. Noi siamo uno dei pochi avamposti che resiste ancora, forse perché siamo isolati. O forse perché è un luogo di culto e sono dei demoni di Satana, risvegliati da loro sonno eterno per sconfiggerci e invadere il nostro mondo, direttamente dall’aldilà. Sta di fatto che noi stiamo resistendo con i mezzi a nostra disposizione.-
-Ma come sapete queste cose? Intendo: se siete stati chiusi qui tutto il tempo?-
-Quando è iniziata, alcuni nostri confratelli erano fuori per affari e quando sono tornati per fortuna sani e salvi ci hanno detto le cose come stavano.- L’armigero ora guardava a terra, tenendosi le mani fra i capelli. Chiuse gli occhi alcuni secondi, li riaprì e chiese –Ma il re? E Parigi? Si sa niente dal monarca? Sta preparando le controffensive per respingere questo nemico? L’esercito regolare dove si trova? Perché nessuno fa niente?!-
-Calmati! Devi stare calmo, so che per te dev’essere un duro colpo, sia fisico che mentale ma ora dobbiamo ragionare con calma ed essere razionali, prima di tutto dobbiamo mantenere la nostra calma e pace interiore.-
-Va bene, va bene. Avete delle armi? Io ho perso la mia spada.-
Be, normalmente non teniamo armi, però al momento un’ arma ci sarebbe, seguimi- Si alzò dalla panca e si diresse verso la sacrestia laterale, seguito a ruota da Pierre. Vi entrarono e trovarono al suo interno un frate intento a pulire le ampolline dove si metteva il vino benedetto durante le messe –Buon giorno Padre- Lo salutò il cavaliere –Buon giorno a lei avventuriero, ben venuto a Sainte-Fleur-.
-Grazie- Il frate che gli aveva aperto la porta andò vicino ad un armadio e lo spalancò. All’interno vi erano alcune immagini sacre e dei bastoni, ma sul fondo vi era anche un forziere di legno che, con l’aiuto dell’armigero posarono a terra. Era molto pesante. Il frate prese una chiave che teneva sopra a un tavolo pieno di candele e candelabri. Lo aprì e alzò il coperchio. All’interno vi erano alcuni oggetti che fecero strabuzzare gli occhi a Pierre, primo fra i quali un elmo in metallo lucidissimo elmo di forma conica, molto bello e ben realizzato. Poi Posò gli occhi sulla spada, non molto lunga, di metallo finissimo e sicuramente molto affilata e tagliente. Infine vi erano anche una cuffia di cotta di maglia e due parastinchi di metallo battuto. Il frate spiegò il perché il monastero possedesse quel materiale bellico –Qualche tempo fa, un uomo arrivò qui morente, era un armigero, come te e aveva una ferita all’altezza del petto, dalla qualche poco prima si era estratto una freccia scagliata da qualche brigante che aveva incontrato sulla strada. Cadde fra le mie braccia e m’implorò di non seppellirlo con la sua arma e i suoi oggetti ma di riporli in un luogo sicuro visto che magari un domani sarebbero potuti servire. Quel giorno è arrivato.- Prese in mano i parastinchi e li passò a Pierre che immediatamente li provò. Andavano alla perfezione. Sembrava quasi un segno del destino. Forse lo era. Prese in mano la spada ma lasciò nello scrigno l’elmo, indossando solo la cuffia di cotta di maglia sopra alla quale mise l’elmo di fattura normanna. Sembrava davvero un paladino di Cristo. L’ultimo appunto fu una mantella bianca con una croce nera che il frate gli assicurò sulle spalle con due cordini di spago. Ora poteva vincere le tenebre –Sembri davvero un guerriero di Dio!- Pierre sorrise in quel momento di sconforto –Comunque io sono Pierre- Disse.
-Io invece sono frate Andrè-.
Nel tardo pomeriggio, dopo aver conosciuto la maggior parte dei frati presenti nell’abbazia di Sainte-Fleur, Pierre andò nel chiostro. Era molto bello, con la tipica forma quadrata al centro della quale vi era un bellissimo giardino con fiori di ogni colore, e proprio nel centro un pozzo da cui i religiosi traevano acqua. I portici invece sembravano antichi, dovevano almeno avere settanta o anche ottant’anni. Probabilmente prima era soltanto una chiesa con un cortile interno. Pierre si sedette su uno sgabello di legno e tenne lo sguardo puntato sul muretto di fronte a lui. Si era tolto sia i parastichi che la corazza e l’elmo. Tenendo soltanto la cotta di maglia e la giubba sopra di essa. Stava riflettendo sulla situazione attuale. Era davvero l’apocalisse? Il giudizio universale stava avvenendo? Perché si meritavano tutto quello? Che cosa avevano fatto per far scaturire l’ira divina? O forse no, forse era stato Satana a liberare le sue schiere demoniache e forse anche in paradiso in quel momento, gli angeli stavano combattendo una guerra contro i demoni e i diavoli del re del male. Il re del terrore. Il diavolo.
Forse era soltanto un incubo, uno scherzo del destino, fatto a loro soltanto perché la loro mente gli diceva di aver peccato ma in realtà nemmeno esisteva Dio? No, non voleva credere a questa ipotesi. Lui era un cristiano convinto e mai nessuno gli avrebbe fatto cambiare idea. Mentre pensava a queste cose, gli si avvicinò uno dei frati. In realtà era solo un novizio ma non c’era tempo per finire gli studi e diventare frate, perciò lo avevano fatto “salire di grado” automaticamente. Gli si sedette accanto, prendendo uno sgabello lì vicino. Anche se giovane, poiché non poteva superare i sedici - diciassette anni, aveva già la sua tonsura. Pierre allora gli chiese –Perché sei frate? Insomma perché hai voluto studiare per prendere i voti invece che diventare cavaliere o magari artigiano o fabbro?- Il fraticello rimase alcuni secondi senza dire niente, quasi stesse ragionando su quale fosse la risposta più adatta da dare, poi disse –Be, fin da quando sono molto piccolo, ho sempre creduto in Dio, perciò penso che fin da bambino io abbia sempre voluto essere un uomo di chiesa. Inizialmente volevo divenire prete, ma poi mi sono avvicinato ai frati e così ho iniziato a studiare per diventarlo anch’io. E poi già i miei tre fratelli più grandi erano uomini d’arme perciò mio padre mi esortò a prender e una carriera più religiosa, ma non fu molto contento quando gli dissi che sari diventato frate e non diacono o prete.-
-Hai altri fratelli oltre quei tre?-
-Sì, in realtà ho anche una sorella più piccola, che ha cinque anni e sinceramente spero stia bene…- Poi si rattristò tutto d’un colpo e in pochi attimi fu in lacrime. Pierre lo abbracciò, comprendendo il suo dolore e comprendendo che era un peso molto grande per un ragazzo come lui a cui, in pratica, era appena sputata un’ombra di barba e non era ancora un uomo vero e proprio. Anche Pierre passò un brutto momento alla sua età, quando suo fratello morì in un incendio, carbonizzato vivo. Se ci ripensava, immancabilmente gli occhi gli si inumidivano e quasi sempre piangeva come un vitello. Aveva sempre voluto bene alla sua famiglia e con quel suo fratello maggiore era molto legato, talmente tanto che quando era mancato a lui parve come aver perso una parte di se stesso. Il giovane frate tirò su con il naso e si sciolse dall’abbraccio, poi si asciugò gli occhi con la manica del saio e si alzò dallo sgabello avvertendo Pierre che se avesse avuto bisogno di qualcosa oppure di parlargli l’avrebbe potuto trovare in biblioteca a leggere, lui allora annuì e gli auguro una buona lettura. Pierre purtroppo era analfabeta e non sapeva neppure scrivere il suo nome ma gli sarebbe piaciuto imparare ora che si trovava in un’abbazia e ne aveva occasione, però ci ripenso subito dopo costatando che in un momento come quello, oltre a non sembrargli il caso più adatto, non era di estrema importanza imparare a leggere e scrivere. Per quello ci sarebbe stato sempre tempo. Se fosse sopravvissuto all’apocalisse. Per l’ultima volta sperò che fosse tutto un incubo e, stupidamente, si tirò un pizzicotto fortissimo sul dorso della mano, sperando di risvegliarsi ai piedi di quell’albero, nell’ombra protettrice da un caldo cocente e con il suo cavallo ancora legato al tronco dell’albero appena fuori dal ruscello. Era tutto un sogno? Tutto soltanto una realtà immaginata dalla sua mente che lui credeva vera? Chiuse di nuovo gli occhi sperando, quando li avesse riaperti di trovarsi altrove, in un altro luogo, in un altro tempo. Espresse molto intensamente questo desiderio. Aspettò qualche secondo. Poi riaprì le palpebre. Era ancora seduto sullo sgabello, di fronte al giardino del cortile interno del chiostro. E i suoi occhi erano puntati sul pozzo, che, apparentemente, non aveva fine.
Alla sera Pierre si spostò nella mensa del monastero, dove per la  prima volta da quando era lì costatò quanti frati ci fossero in quell’Abbazia: erano tantissimi! Saranno stati quasi quattrocento, non aveva mai visto tanti uomini di chiesa in un luogo solo! Si sedette di fianco a frate Andrè, su una panca di legno di fronte ad un tavolo su cui era collocata una tovaglia, un candelabro e le ciotole dove avrebbero mangiato il loro pasto. Dopo aver detto la preghiera rituale, un frate salì su un piedistallo e iniziò a leggere una pagina della Bibbia che parlava di Adamo ed Eva. Pierre si chiese quante volte nella loro vita quei frati abbiano sentito quel sermone sul paradiso terrestre.  Dopo pochi minuti, dalle cucine, uscirono i cuochi e gli sguatteri del monastero che erano sempre i più giovani novizi che non superavano i sedici anni d’età. Gli servirono una fetta di pane che misero sul fondo della ciotola, poi in essa servirono un mestolo di brodo caldo speziato, che la fetta di pane avrebbe imbevuto in parte prendendo il sapore della minestra. Infine fu servita un'altra piccola fetta di pane su cui misero due acciughe. Pierre divorò tutto avidamente, accompagnando il cibo con un piccolo bicchiere di vino rosso fatto dai frati che però trovò amaro e non molto saporito. La cena era stata frugale ma all’armigero andava bene così: anche solo un tozzo di pane gli sarebbe andato bene in quel momento. Il frate, terminato il pasto scese dal suo piedistallo e tutti insieme iniziarono a pregare ma a un tratto si sentì un rumore agghiacciante. Del legno che si spezzava. Subito Pierre balzò in piedi e dopo aver sentito altri colpi simili a quelli precedenti corse verso la celletta che gli era stata data per riposare alla notte. Lì aveva lasciato la spada. Entrò e prese al volo la sua arma, poi corse fuori e si diresse nella chiesa, seguendo padre Andrè e altri quattro o cinque frati che, armati di bastoni e accette con cui spaccavano la legna, correvano nel luogo sacro per capire ciò che stava succedendo. Appena entrarono si trovarono di fronte uno spettacolo raccapricciante: Stavano sbranando letteralmente un povero novizio che per primo era andato a controllare cosa stesse succedendo. Quest’ultimo urlava e si dimenava per cercare di liberarsi. Pierre corse per primo in suo soccorso e con due fendenti recise le gole ai due mostri che gli erano sopra. Nel frattempo Andrè e gli altri tenevano lontano gli altri di loro penetrati. Il ragazzo perdeva molto sangue sia dalla gola che da una ferita sul fianco, all’altezza delle costole. Premette, sulla ferita al collo, con uno strofinaccio che teneva nel sacchetto legato alla cintura, ma non servì a bloccare l’emorragia. Andrè invece iniziò a urlare –Dobbiamo respingerli altrimenti perderemo la chiesa ed io non voglio che loro l’abbiano! Morirete tutti mostri di Satana! Dannati satanassi!- E così dicendo frantumò il cranio ad uno di loro utilizzando una grossa mazza di legno che normalmente usavano per scacciar le volpi o le faine. Il cavaliere alzò lo sguardo e vedendo che un morto vivente gli si stava avvicinando prese in mano la spada, ma no appena la alzò una mano gli si serrò sul polso: era la mano del novizio. Lo guardò in viso e vide che aveva gli occhi vitrei come i non-morti. Sgranò gli occhi e senza capire bene cosa stesse succedendo, quasi d’istinto alzò la spada ben alta sulla sua testa e la calò con tutta la forza che aveva in corpo sul capo pelato del frate. Il rumore delle ossa della calotta cranica che si spezzavano era raccapricciante e in pochi attimi un rivolo di sangue bagnò la tonsura del giovane. Uno dei frati lì accorsi rimase di sasso e non si accorse che un morto vivente gli andò dietro, lo prese per le spalle e lo tirò a terra, iniziando a mordergli le testa all’altezza della fronte. Lui iniziò a urlare mentre altri frati accorrevano nella chiesa per supportare gli altri a difendere il luogo sacro. Pierre tentava di estrarre la lama dalla carne del giovane. Non si muoveva. Tirò ancora, con tutta la forza in corpo, aiutandosi anche con i piedi ma niente, la spada non si staccava –No! Non ancora porco diavolo! Staccati grandissima bastarda!- Digrignò i denti e nuovamente fece forza e alla fine dopo vari tentativi ci riuscì. Subito si voltò e notò con piacere che i frati stavano respingendo l’ondata di non-morti con grinta e molto coraggio per uomini di chiesa. Forse era proprio perché si trovavano in un luogo sacro che la loro forza cresceva, per difendere quel luogo avrebbero usato ogni parte della loro anima. Anche a costo della loro stessa vita. Pierre se ne ritrovò di fronte un altro e schivò una sua “zampata” che diede con la mano, dopodiché con un fendente gli squarciò il petto e con un secondo taglio gli recise di netto la gola, schizzando sangue da tutte le parti, imbrattando un arazzo lì vicino che rappresentava Adamo ed Eva nel paradiso terrestre. Proprio come la lettura durante la cena. Forse era un segno. Cosa gli stavano comunicando? Ma soprattutto chi? Pierre respinse quest’idea e pensò si trattasse semplicemente di un caso, una coincidenza molto strana. Niente di più. Forse. Comunque si accostò agli altri frati presenti e li aiutò respingendo i morti con dei calci e dei colpi di piatto. Quando riuscirono a raggiungere la porta, notarono che era stata completamente sfondata e ormai non so poteva più riparare perciò si attivarono tutti per spostare le panche incontro all’entrata, a mo’ di barricata. Pierre gestì i “lavori” indicando ai frati come disporre nel migliore dei modi i vari oggetti per far sì che tenessero e non crollassero dopo qualche colpo di troppo. Utilizzando poi le sue poche conoscenze militari e belliche ordinò ad alcuni frati di disporsi in “falange”, uno di fianco all’altro di fronte all’entrata, per tenere fuori i cadaveri ambulanti e dare così il tempo agli altri confratelli di innalzare la barricata che avrebbe bloccato l’avanzata dei nemici. Oltre alle panche utilizzarono anche sedie e sgabelli di legno per rinforzare la barricata e per rendere più resistente il tutto misero dei barili vuoti sotto al tutto come delle fondamenta. Quando ebbero finito, i morti rimasero fuori, senza riuscire più ad entrare. Ce l’avevano fatta, li avevano respinti, ma nessuno festeggiò. Quella non poteva essere considerata vittoria, anche perché avevano perso due confratelli. Pierre solo in quel momento pensò al secondo frate morto e ritornò al suo cadavere di corsa. Non c’era più. Una striscia di sangue indicava che si era diretto nel chiostro. Pierre corse seguendo quella striscia e quando arrivò nel cortile interno trovò il frate trasformato sopra al ragazzo che poche ore prima lui aveva consolato perché si era messo a piangere. –Levati, vile mostro!- Corse verso di lui e con un affondo deciso gli conficcò la spada fra le scapole, poi gli strinse le mani introno ai gomiti e lo tirò su di peso, gettandolo di lato. Vide che il giovane frate era disteso a terra con gli occhi sgranati e la bocca aperta, ma non sembrava ferito per fortuna. Gli diede una mano ad alzarsi e lo strinse fra le braccia. Non seppe perché lo fece, ma sentiva che era legato a quel ragazzo, forse lo vedeva come un fratello. Non lo capiva ma avrebbe dato la sua stessa vita pur di proteggerlo.
La sera vi fu una riunione in mensa fra tutti i frati presenti nell’abbazia. Si decise che si sarebbe dovuto barricare tutto, porte finestre, uscite varie, tutto. E si decise anche, che per la sicurezza di tutti i confratelli la chiesa sarebbe rimasta barricata e la porta di accesso dal chiostro sarebbe stata sprangata. Di fatti le barricate non avrebbero retto in eterno, alla fine avrebbero ceduto e Andrè, il monaco più ammirato dopo l’Abate che era morto appena rima che quell’apocalisse iniziasse, non voleva rischiare che qualche frate o novizi non si trovasse in chiesa nel caso succedesse. Molti frati ne furono sconfortati ma non replicarono né contestarono la scelta del monaco.
Il giorno seguente tutti si aiutarono a vicenda per sbarrare e sprangare tutto, chi le finestre, chi le porte. Pierre aiutò a sprangare la porta di accesso alla chiesa. Per farlo utilizzarono delle assi e dei pannelli di legno. Prima inchiodarono i pannelli alla porta e poi inchiodarono le assi a questi ultimi, chiudendo definitivamente l’accesso al luogo di culto. Andrè tirò su con il naso rumorosamente e una lacrima gli rigò il viso. Poi si scusò e si ritirò nella sua celletta dicendo che voleva pregare un po’. Pierre ormai sfinito, non avendo quasi dormito quella notte ma avendo riflettuto nuovamente sulla situazione e sulla cosa migliore da fare in quel momento, disse di voler anche lui riposare un po’ la mente e si andò a sdraiare sul suo pagliericcio. Era davvero stanco morto. Quando appoggiò la testa sul fondo di paglia, iniziò a pensare a un modo per uscire da quella spiacevole situazione, a un modo per portare tutti i frati in un luogo più sicuro, ma quale? Se era vero che tutte le città avevano sbarrato le porte e i villaggi erano spopolati, non sapeva dove avrebbe potuto trovare riparo. L’unico luogo che gli venne in mente fu il castello di suo padre, nel nord della Francia, ma raggiungerlo sarebbe stato impossibile con circa 400 monaci al suo seguito. La strada era troppo lunga. Si girò e rigirò sul suo letto di fortuna fino a che, dopo aver spremuto le sue meningi non chiuse gli occhi e si addormentò subito dopo. Si svegliò alle quattro del mattino, quando i monaci andarono in mensa per iniziare le loro prime preghiere della giornata. Li seguì anche lui, non sapendo cos’altro fare. Anche se normalmente, pur essendo credente, non continuava a pregare per tutto il giorno, trovò molto bello avere un momento di riflessione in cui poter staccare da tutto ciò che era intorno a lui. Era una sensazione bellissima. S’inginocchiò di fronte al piedistallo su cui, a ogni pasto, normalmente si leggevano alcuni passi della Bibbia e che ora era diventato l’altare per la messa e le preghiere anche diurne. Unì le mani nel tipico gesto di preghiera, chinò il capo e iniziò ad invocare il signore nella sua mente mentre i monaci iniziavano i canti “Signore, Mio Dio grandissimo e altissimo. Ti prego di aiutarmi e di guidarmi nel mio cammino, indicandomi la strada più giusta per salvare questi uomini che hanno dedicato e dedicano tutt’ora la loro vita alla tua adorazione. Ti prego mio Dio, aiutami, supportami ma soprattutto confortami nel difficile cammino che comporteranno le mie scelte e mi porterà il mio cuore. Ti prego. Amen” Rimase così ancora un po’, pregando anche Maria e Gesù, sperando che anche loro lo proteggessero e lo guidassero nell’arduo cammino che lo aspettava. Se avesse avuto il loro supporto, non avrebbe temuto niente e nessuno. Avrebbe salvato quei monaci, a costo della propria vita. Li avrebbe salvati da qualunque cosa, perché in quel momento capì qual era il suo destino, fin da subito. Diventare un soldato di Cristo. Difendere i deboli dalle forze del male. Difendere gli uomini dai non-uomini. Difendere i cristiani dalle forze di Satana.
Quando fu mattino inoltrato a Pierre venne in mente una cosa. Si diresse verso Andrè che stava aiutando in cucina affettando il pane, e gli chiese –Andrè, si può accedere al campanile senza passare dalla chiesa?- Questi lo guardò, mise sul tavolo il coltello con cui stava tagliando e, dopo averci pensato su per qualche secondo, rispose –Un modo c’è- Si diressero verso una stanza al primo piano del monastero, dove vi erano i dormitori riservati ai novizi e qui Andrè guidò Pierre all’interno di una stanzetta laterale che fungeva da sgabuzzino, dove si tenevano i secchi e gli strofinacci con cui i novizi pulivano tutto il dormitorio. Indicò il muro laterale e disse –Qui vi è una piccola porticina, che conduce al campanile- Pierre la notò solo in quel momento, oscurata in precedenza dal buio e dall’ombra della stanza non illuminata. Andrè la aprì e si vide che una piccola striscia di cemento, lunga sì e no due metri conduceva ad una seconda porta da cui si accedeva al campanile –Questo passaggio fu costruito- Spiegò Andrè –Quando, nel 1161 la chiesa crollò in parte a seguito di un cedimento strutturale. Da lì non si poteva più accedere al campanile per suonare le campane, perciò noi monaci ci attivammo per costruire questo piccolo passaggio, dal quale il campanaro sarebbe potuto passare per suonare gli strumenti di Dio.- Così dicendo il monaco aprì la porta, mentre con sua sorpresa Pierre gli domandò –Scusi padre…-
-Dimmi figliolo-
-Quanti anni avete?- Il frate rimase un po’ spiazzato dalla domanda, ma poi disse –Ne ho 56. E voi?-
-Io ne ho 31-
-non siete più un giovincello allora…- Continuò il monaco mentre salivano gli scalini per raggiungere la sommità dell’altra torre di pietra rivestita di marmo.
Quando furono finalmente in cima, anche se un po’ stanchi e affannati per la salita furono contenti. Andrè aprì la porta e… rimase senza fiato. Pierre lo seguì fuori, vicino alle campane e come lui rimase in silenzio e senza fiato per lo spettacolo che gli riservava l’esterno: dall’orizzonte s’innalzavano decine d’incendi. Non avevano mai notato questo fatto perché gli alberi fuori dal monastero oscuravano la vista, ma da lì in alto si poteva osservare tutto ciò che accadeva in un raggio di almeno dieci chilometri, se non di più. Ma Pierre rimase ancor più sbalordito quando guardò in basso: I non-morti erano a centinaia, si schiacciavano contro i muri dell’Abbazia tentando invano di entrare e di distruggere le barricate innalzate dentro la chiesa. Non erano mai stati così tanti. Forse qualcuno di loro aveva mandato una sorta di “segnale” agli altri, un “messaggio” in cui comunicava che all’interno di quest’edificio vi erano degli umani. Era uno scenario raccapricciante. Ovunque si posasse lo sguardo era raccapricciante, dall’orizzonte fino al cielo, pieno di nubi. Ebbe paura. Paura di essere stato abbandonato. Paura… di essere solo.
 
 
  
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