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Autore: HighByTheBeach    26/08/2013    1 recensioni
Andrea è il classico ragazzo difficile. E' acido, a tratti arrogante, perché pensa che tutto ciò che lo circonda faccia schifo. Una sola persona era riuscita a scalfire quella barriera, a tirare fuori il vero Andrea, ma lo ha abbandonato senza alcuna spiegazione, senza dirgli addio. Si, perché Alessia si è tolta la vita, lasciandolo da solo. Andrea è pieno di rancore, di rabbia. Contro chi, o cosa, però, non lo sa neanche lui di preciso. Fa del male a se stesso, e agli altri. Eppure qualcosa potrebbe cambiare, scuotendo la vita sempre più buia che il ragazzo sta vivendo. Se in meglio o peggio, non si sa ancora. Questa storia ripercorrerà anche quello che c'era tra Andrea ed Alessia, un'amicizia più intensa dell'amore stesso. nb: è trattato il tema del suicidio, e potrebbe esserci la presenza di droghe.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La sveglia sul comodino iniziò a suonare non appena i numeri sul display segnarono le 7 in punto. Il suono estremamente irritante dell’oggetto strappò via Andrea dalle braccia di Morfeo. Il ragazzo, ancora con gli occhi chiusi, si diede la forza necessaria ad allungare il braccio e spegnere quell’aggeggio che tanto odiava. Dopo svariati mugolii finalmente riuscì ad issarsi, mettendosi a sedere sul letto. Sbadigliò pesantemente, e imprecò mentalmente per il caldo insopportabile. Erano i primi di Settembre, e quell’Estate sembrava non voler finire. Il ragazzo sbuffò, rendendosi conto che quella mattina sarebbe ricominciata la scuola. Il suo ultimo anno di liceo. Egli stesso non riusciva a capacitarsi di come era riuscito ad arrivarci senza mai essere bocciato. In ogni caso, la sua voglia era pari a zero, ma non soltanto perché avrebbe dovuto studiare e svegliarsi presto la mattina, no. Quello che più gli faceva male era la consapevolezza che quell’anno non sarebbe stato come gli altri, c’era qualcosa di diverso, qualcosa di mancante. Mancava lei. Il solo pensiero gli fece salire un brivido lungo la schiena, ma cercò di non pensarci. Si alzò definitivamente dal letto, passando davanti allo specchio. Osservò la propria immagine riflessa nel vetro. Quello che vide non gli piacque affatto. Aveva un corpo magro, ma non troppo. La sua faccia era scavata dal sonno, la sera prima si era fatto tardi, e i suoi capelli di un castano molto scuro erano tutti arruffati. Ci avrebbe impiegato un sacco di tempo per rimetterli a posto. Uscì dalla sua stanza, recandosi al bagno, che per fortuna trovò libero. Lasciò che l’acqua fredda lo risvegliasse e lavasse via tutto ciò che era accaduto la notte prima. Non ricordava neanche quante bottiglie si erano svuotate, ne quanta erba era stata fumata. Dopo essersi asciugato ed aver indossato un semplice paio di jeans con una t-shirt bianca andò in cucina, dove trovò entrambi i suoi genitori.

“Andrea, si può sapere a che ora sei tornato ieri sera? Ti avevo detto di rientrare alle 11” disse sua madre.

Andrea la osservò per un istante, notando quanto fossero in disordine i suoi capelli neri. Si era probabilmente svegliata da poco. Comunque sia la ignorò e si sedette a tavola, addentando un biscotto al cacao.

“Devi rispondere quando ti viene chiesto qualcosa, dove sei stato?”

Stavolta, a parlare, era stato suo padre. Un uomo non molto alto, con capelli radi che andavano dal nero-grigio al bianco sulle tempie. Negli ultimi tempi era invecchiato davvero tanto agli occhi di Andrea. Quest’ultimo sbuffò. Tra i due non c’era mai stato un vero e proprio rapporto. Le uniche volte che quell’uomo parlava a suo figlio era per criticarlo, giudicarlo o urlargli contro. Mai un consiglio paterno o una parola d’affetto. Andrea aveva sempre pensato che non fosse tagliato per fare il padre, e quasi non lo riteneva tale. Durante la sua infanzia lo aveva visto pochissimo. Egli era infatti un operaio, e doveva spostarsi per settimane intere in varie città, tornando solo per il week-end. Di questo non gliene faceva una colpa, visto che la loro famiglia aveva bisogno di soldi, ma neanche in quei pochi giorni che avevano a disposizione le cose cambiavano. Quando Andrea aveva 11 anni suo padre ebbe un infarto, e non ha più potuto lavorare, accontentandosi della pensione precoce. Da lì le cose sono andate sempre peggio. Alfredo, questo è il suo nome, si era reso sempre più insopportabile. Avevano due mentalità completamente diverse. Andrea, in realtà, aveva una mentalità diversa da tutta la sua famiglia. Più volte avrebbe voluto fuggire via da quel posto, da quella città, dall’Italia.

“A una festa” rispose, alzandosi da poi da tavola.

Aveva mangiato appena due biscotti e bevuto un sorso di caffè, ma non aveva voglia di stare lì a sentire le ulteriori domande che i genitori gli stavano ponendo. Ignorò le voci, inforcò lo zaino su una spalla ed uscì di casa. Il liceo che frequentava era abbastanza vicino, ci sarebbe arrivato in 5-10 minuti a piedi. Si infilò le auricolari nelle orecchie e la voce colma di rabbia di Eminem gli stravolse i timpani, provocandogli piccoli brividi lungo le braccia. La musica lo aiutava a non pensare. A non immaginare quel banco che sarebbe stato vuoto quell’anno. Andrea sapeva che, nonostante avesse svariati amici tra quei banchi, quell’anno sarebbe stato da solo. Lo era già da un po’, in realtà. Da quando Alessia non c’era più. Andrea non era mai stato un ragazzo facile. E’ sempre stato un ragazzo costantemente incazzato col mondo, perché lo ritiene ingiusto. Incazzato con la gente, perché stupida. Incazzato con se stesso, perché non è mai abbastanza. Eppure quegli occhi così luminosi, di quell’azzurro intenso, erano riusciti a scrutarlo fin dentro le ossa. I suoi comuni occhi nocciola erano nulla in confronto agli occhi di Alessia.

Alessia, lunghi capelli rossi ed occhi azzurri era la ragazza più bella che egli avesse mai visto. Si erano conosciuti al primo anno di liceo. Fu lei ad avvicinarsi ad Andrea, che era all’epoca un ragazzo timido e restio a fare amicizia. Eppure lei riuscì a scalfire la barriera nella quale Andrea era avvolto praticamente da sempre. Lei diventò la sua migliore amica. Hanno condiviso tutto, insieme. C’era una specie di fuoco inestinguibile, in lei, o almeno così sembrava. Era sempre allegra, ottimista, riusciva a dare consigli in ogni situazione. Lei era l’unica persona che riusciva a penetrare nella barriera di Andrea, a fare uscire il vero Andrea fuori. L’Andrea dolce, sensibile, una versione di se di cui il ragazzo stesso aveva dimenticato l’esistenza. Lei sapeva di essere tutto, per lui. Fu la prima Andrea confessò che non era per nulla attratto dalle ragazze, la prima a cui Andrea parlò di quanto odiasse la propria famiglia e la prima con cui aveva fumato la prima sigaretta, la prima canna, con cui si era ubriacato la prima volta. Loro si amavano, a modo loro. Era un’amicizia così profonda che il termine stesso “amicizia” era riduttivo, per cui doveva per forza essere una forma d’amore, di questo Andrea ne era convinto. Non l’amore che c’è tra due fidanzati, ma un amore impossibile da spiegare, che nessuno potrebbe capire. Nessuno, tranne loro. Eppure, nonostante ciò, Alessia lo aveva lasciato per sempre. Non gli aveva detto neanche addio. Si è soltanto immersa nella vasca da bagno con in mano una lametta, si è aperta i polsi e si è lasciata andare. Andrea non saprà mai perché lo ha fatto, e non la perdonerà. Probabilmente nessun fuoco è davvero inestinguibile, neanche quello che Alessia aveva dentro di se. Lo ha lasciato da solo senza degnarlo di una spiegazione, lasciando che affogasse tra sensi di colpa e di impotenza. Non era neanche andato al funerale. Andarci avrebbe significato tacita accondiscendenza al gesto della ragazza dagli occhi color oceano. Lui non l’avrebbe perdonata. Non era riuscito a piangere. Andrea non aveva pianto per la morte della sua migliore amica. Andrea non piangeva mai, e neanche Alessia. Il ragazzo si era convinto di essere diventato insensibile. Era successo quattro mesi prima, e Andrea non aveva parlato ancora con nessuno di ciò che provava. Eppure in quel momento, l’immagine del banco di Alessia vuoto che di lì a poco sarebbe diventato realtà, gli fece provare un po’ del dolore del quale aveva provato tenacemente a privarsi. Come se uno spillo gli avesse trafitto il cuore e non riuscisse a toglierlo.

Il cortile della sua scuola era gremito di studenti. Vi si addentrò, raggiungendo il gruppetto della sua classe. Salutò tutti, soprattutto i suoi amici più stretti, coi quali era uscito anche durante l’Estate. Antonio, Davide, Giacomo, Daniele, erano quelli che sentiva più spesso. Erano amici, si, ma Andrea non li sentiva vicini. Era sicuro che, finito l’ultimo anno, difficilmente li avrebbe rivisti. Inoltre loro non sapevano praticamente nulla di Andrea, non gli confidava i suoi segreti. Loro ancora pensavano addirittura che gli piacessero le ragazze. Lui non parlava mai di se, con nessuno. Nessuno sapeva cosa pensasse, cosa provasse, come vivesse, quale fosse il suo rapporto coi genitori. Sembrava che a nessuno importasse, nemmeno a quelli che chiamava amici. Ma a lui andava bene così. Non voleva nessuno, non più.

“Oh, ci vieni alla festa in spiaggia questo Sabato no?” chiese Daniele, che era anche uno dei ragazzi più “popolari” della scuola, nonché uno di quelli più desiderate dalle ragazze dei primi anni.

“Ovvio” rispose Andrea, sorridendo.

Nessuno accennava ad Alessia, perché sapevano dell’amicizia tra lei ed Andrea. Quest’ultimo sorrise amaramente a questa consapevolezza. Quanto era ipocrita la gente? C’erano manifesti e striscioni ovunque in cortile, perfino chi non la conosceva avrebbe pensato a lei e alla sua tragica fine. Un dramma, eh? Andrea aveva visto addirittura gente che non la conosceva piangere, e gli aveva dato il voltastomaco. Avrebbe volentieri preso a schiaffi quelle persone che, probabilmente, il giorno dopo si erano già dimenticati di lei. Che pena.

Andrea lanciò per terra il mozzicone della sigaretta che aveva iniziato a fumare qualche minuto prima, e con i suoi compagni entrò nell’istituto. Salì lentamente le scale, imprecando mentalmente contro i tizi che sceglievano dove posizionare le classi. Odiava dover salire le scale ogni mattina. Una volta arrivato in classe dovette sbrigarsi a scegliere un posto decente, prima che gli restassero solo i posti davanti. Scelse il banco in fondo, vicino al muro. Nessuno ebbe il coraggio di sedersi accanto a lui, e ad Andrea andò bene così. Non poteva immaginare nessuno al posto di Alessia. I ricordi di loro due che si prendevano in giro e scherzavano insieme seduti a quel banco gli riempirono la mente, ed improvvisamente ebbe il desiderio di strapparsi via il cervello per non dover più ricordare. Avrebbe preferito anche ascoltare il professore di filosofia per 5 ore, se solo fosse bastato.

Dopo pochi minuti fece il suo ingresso De Martino, l’insegnante di matematica e fisica. Andrea non riusciva a sopportarlo. Lo riteneva inetto ed incompetente, nonché primo di attributi. Infatti non era in grado di gestire la classe, che puntualmente non ascoltava una parola di quello che diceva. Andrea scosse la testa, iniziando a giocherellare col cellulare, mentre il professore parlava di un qualche annuncio. Le parole “nuovo compagno di classe” ridestarono l’attenzione del ragazzo, che alzò lo sguardo verso l’uomo. Spiegò che un ragazzo, trasferitosi da poco in città, avrebbe frequentato lì il quinto anno. La porta dell’aula si aprì, ed un ragazzo abbastanza alto dagli occhi verde chiaro, tendente all’azzurro, fece il suo ingresso. Aveva dei capelli biondo scuro e sembrava avere un buon fisico, anche se non era palestrato. Il professore disse che il nome del ragazzo era Matteo. Egli, tuttavia, non sembrava troppo entusiasta della situazione, anzi. Era totalmente indifferente a ciò che gli capitava intorno. Quando l’insegnante gli disse andare a prendere posto, lo vidi avvicinarsi al banco di Andrea. In classe erano dispari, e a quanto pare quello era l’unico posto libero. Andrea imprecò mentalmente, ripugnato dall’idea che un tizio qualsiasi spuntato dal nulla dovesse prendere il posto di Alessia. Matteo si sedette e, senza dire una parola, iniziò a fare dei ghirigori con la matita, con espressione annoiata.
“Puoi evitare di scarabocchiare quella parte di banco con le tue cazzate?” disse Andrea, con fare acido.

Matteo lo guardò, inarcando un sopracciglio.

“Fottiti”
 
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Salve! Spero che questa storia sia di vostro gradimento e mi piacerebbe leggere le vostre opinioni a riguardo. E’ la prima volta che scrivo una cosa simile, quindi ho moltissimi dubbi. Dal prossimo capitolo, parallelamente alla trama di Andrea, vedremo numerosi flashback su Andrea e Alessia. Esplorerò la loro amicizia in modo dettagliato, poiché Andrea vorrà dare un senso al gesto della sua migliore amica, e chissà se ci riuscirà. Inoltre spero di riuscire a delineare per bene il carattere difficile di Andrea. Mi scuso comunque per la brevità di questo primo capitolo, spero possiate perdonarmi :)

Beh, al prossimo capitolo :)
  
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