L’uomo dai
capelli chiari stava in piedi davanti alla grande finestra del suo ufficio,
contemplando il panorama della campagna francese… Dopo molto tempo, con un lieve
sospiro, si avvicinò alla sua scrivania e si sedette. Lentamente, aprì un
cassetto e ne estrasse una fotografia di vecchia data, logora e quasi
completamente consumata… tuttavia, vi si potevano ancora vedere i volti di due
giovani ragazzi sorridenti, nella piena stagione delle loro vite: uno era l’uomo
stesso, che abbracciava una giovane dai capelli biondi e gli occhi
azzurri…
Le sue dita
accarezzarono il viso della donna con delicatezza, quasi con timore che quel
leggero tocco potesse farla scomparire per sempre…
“Sto cercando un
passato che non tornerà mai più… se solo sapessi dove trovarti,
sorellina…”
La sua mente
tornò a quel maledetto giorno, quando le fu portata via sotto gli occhi… “Avrei
potuto fare di più… forse ora saremmo insieme… forse mamma e papà non sarebbero
morti di dolore…”
Forse…
forse…
Com’è strana la
vita… lui era un uomo affermato ormai, ma tutto quel potere gli era stato dato
proprio dai criminali che l’avevano rapita. Aveva pensato di entrare
nell’organizzazione perché così sarebbe stato più facile trovarla… ma le cose
erano andate diversamente da come sperava… erano passati quasi sei anni e non
aveva scoperto nulla sul destino di sua sorella… aveva finito per arrendersi,
convincendosi che forse era morta anche lei…
“Magari è stato
meglio così… almeno ora non puoi vedere quello che sono diventato e vergognarti
di me…”
Dai suoi occhi
cadde una lacrima che andò a sciogliersi sul bel viso della ragazza… Lui, che
non piangeva mai, che non si mostrava mai debole, si era lasciato trasportare
dalle sue emozioni… Irritato per quella mancanza di autocontrollo, scaraventò la
fotografia che aveva in mano nel cassetto della scrivania ancora aperto e lo
richiuse con forza, imprecando.
Nella foga del
suo gesto, si accorse di essersi lievemente ferito il dito indice con la carta
della foto… rimase immobile, fissando minuscole goccioline di sangue uscire
dalla sua pelle… fu assalito da una grande, inspiegabile
ansia…
I suoi pensieri
non riuscirono a prendere forma, perché sulla porta del suo ufficio comparve un
uomo… alto… il volto preoccupato…
“Chi è lei? Come
ha fatto ad entrare qui dentro?” l’uomo riprese il controllo di
sé…
“Sei Arnoul?”
chiese il misterioso individuo, passando direttamente al
tu…
Nessuna risposta,
l’altro ripeté “Jean-Paul Arnoul?”
“Perché vuole
saperlo?”
“E’ questione di
vita o di morte… sei tu Jean-Paul Arnaul?”
L’uomo esitò un
istante, poi… di nuovo quell’ansia… allora disse “Sono io, ma lei chi diamine
è?”
“Mi chiamo Joe
Shimamura… e sono tuo cognato…”
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“009!” gridò
Albert, fissando un punto oltre Joe… Lui si voltò e fece appena in tempo a
sostenere 003, che cadde svenuta tra le sue braccia…
“Françoise!...
Françoise!... Tesoro, rispondimi! Françoise!...”
Gli altri si
radunarono intorno ai due ragazzi… 003 giaceva a terra e non mostrava alcun
segno di ripresa.
Il Dottor
Gilmoure le prese il polso e disse “Mmmmh… il battito è molto debole… dobbiamo
portarla subito in ospedale!”
“Cosa?” esclamò
002 “Professore, ma noi siamo cyborg… non possiamo andare in
ospedale!”
“Non dire
idiozie! Voi non siete completamente artificiali e comunque le parti robotiche e
meccaniche di 003 sono situate solo nel cervello… inoltre, qui all’ospedale di
Parigi lavora una mia collega ed amica, Caroline Fourier, che sa tutto di voi…
dobbiamo andare da lei, io non ho a disposizione gli strumenti necessari a
capire che cosa le ha provocato questo…” rispose lo
scienziato.
“Va bene,
sbrighiamoci” esclamò 009 “Ivan… puoi teletrasportarci
tutti?”
“Certamente!”
“Andiamo!”
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In pochi secondi,
giunsero in ospedale e consegnarono Françoise alle cure della dottoressa
Fourier, assistita dal Dottor Gilmoure.
I cyborg
attendevano pazienti i risultati di quella visita in una piccola sala d’aspetto,
isolata dal resto della struttura sanitaria: nessuno doveva sapere che si
trovavano lì…
Joe era sempre
più in ansia: “Mi sento così inutile…”
“Siamo tutti
preoccupati” cercò di confortarlo Geronimo “ma l’unica cosa che possiamo fare è
aspettare…”
Rimasero in
religioso silenzio… 009 continuava a ripetersi mentalmente “Non voglio perderla…
no… non può lasciarmi solo”, come se le sue parole potessero in qualche modo
esorcizzare il fantasma della morte, di nuovo così vicina a
lui.
Dopo un’attesa
interminabile, la dottoressa Fourier comparve davanti agli otto cyborg, con il
Dottor Gilmoure al suo fianco.
Era una donna di
mezz’età, con i capelli corti ed il volto di una persona che aveva visto tanto
dolore nella sua vita; tuttavia, i suoi occhi emanavano ancora una luce vivida,
quasi un segno di speranza… teneva una cartella clinica…
Joe si avvicinò
immediatamente… davanti all’espressione interrogativa della dottoressa, disse
“Sono il marito… che cos’ha?”
I due scienziati
si scambiarono uno sguardo ed il Professor Gilmoure disse “Vieni con noi,
ragazzo…”
009, esitando, li
seguì; lo accompagnarono a quella che doveva sicuramente essere la sala
rianimazione, poiché era separata dalle altre camere e circondata da vetri molto
spessi. Françoise giaceva ancora svenuta all’interno della stanza, circondata da
tubicini, apparecchi medici e collegata ad una maschera che le consentiva di
respirare.
Joe era
sconvolto… non l’aveva mai vista in quello stato, neanche dopo il suo precedente
intervento: “Ma che cos’ha, dottore?”
Lo scienziato
sospirò e rispose: “Parla pure tu, Caroline…”
La donna porse la
mano destra a 009 “Innanzitutto, piacere di conoscerti… anche se avrei preferito
averlo fatto in circostanze diverse…” e continuò “…
siediti.”
Joe non resisteva
più in quell’incertezza… obbedì.
“Dunque, ragazzo…
ho due notizie per te: una buona ed una cattiva,
purtroppo…”
Lui guardò il
Dottor Gilmoure, che annuì con il capo.
“Quale vuoi
sapere per prima?”
Non rispose, era
come se qualcuno gli avesse serrato la gola per impedirgli di
parlare.
La dottoressa
Fourier continuò maternamente: “Beh, credo sia meglio cominciare con quella
buona… tua moglie aspetta un bambino…”
Era come aver
ricevuto un pugno nello stomaco… ma la sensazione non era affatto
dolorosa…
“Ma… io… come…
lei…” iniziò a balbettare, volgendo gli occhi dall’uno
all’altra.
“Sì, sì…
reagiscono tutti così…” disse la donna, porgendo la cartellina che aveva in mano
a Joe… lui la aprì e quello che riuscì a vedere prima che le lacrime gli
offuscassero lo sguardo fu un’ecografia che mostrava un esserino minuscolo, con
piccole manine davanti al faccino…
“Oddio!”
singhiozzò…
La dottoressa gli
prese la cartella dalle mani e disse: “Considerato il risultato delle analisi,
lo stadio della gravidanza è di dieci settimane, poco più di due
mesi…”
“Ma… io… insomma…
noi non ci siamo mai resi conto di…”
“Sì, capisco” lo
prevenne la dottoressa Fourier “ma ad una donna può capitare di non accorgersi
di niente, finché non ha i primi sintomi… inoltre, la situazione di Françoise è
molto particolare… essendo un cyborg certamente non avrebbe mai immaginato di
rimanere incinta…”
Joe si ammutolì…
lei purtroppo continuò dispiaciuta: “Devo darti però anche la cattiva
notizia…”
Lui cercò di
ricomporsi… ascoltando attentamente…
“Françoise non
sta bene… vedi… la gestazione è già fisicamente impegnativa per una donna
normale… per lei lo è ancora di più”
“Che
significa?”
“Il bambino sta
assorbendo tutte le sue energie… e lei non ha la capacità di reagire… non è in
grado nelle sue… diciamo… condizioni, di affrontare una gravidanza… mi dispiace
molto ragazzo, ma temo che se non si riprenderà sarà necessario ricorrere
all’aborto…”
Joe schizzò in
piedi “No! Ci dev’essere un altro modo… Mi rifiuto di credere che non esista
un’altra strada!”
Caroline Fourier
rispose tranquillamente: “L’unica maniera consiste in trasfusioni di sangue, da
effettuare con una certa regolarità per tutti i nove mesi di gestazione… ma a
quanto ne so, Françoise non ha parenti e voi non potete certo prestarvi alle
cure…”
“Si sbaglia!”
gridò 009 “mia moglie ha un fratello, vive proprio qui a Parigi. Lo contatterò e
gli spiegherò la situazione… mi aiuterà… dovrà farlo!” Un lumicino flebile di
speranza si accese di nuovo in lui… serrò i pugni… la dottoressa comprese
perfettamente la sofferenza del ragazzo.
“E va bene” disse
“però cerca di sbrigarti… secondo i miei calcoli, dovrò eseguire la prima
trasfusione tra meno di due ore, altrimenti…”
“Farò molto prima
può giurarci…” detto questo, corse dai suoi amici, spiegando loro che cosa aveva
intenzione di fare…
La missione era
definitivamente cambiata…
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