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Autore: feelthepain    27/08/2013    3 recensioni
Non è abbastanza. Non è mai abbastanza.
Non consigliabile agli stomaci deboli.
Dedico questa storia a tutti coloro che si sentono soli, non amati, dimenticati.
Non fatevi del male, per favore. Non siete soli, ci sono io con voi.
La gente insulta, giudica, pretende e finge. Tutto questo per essere accetata, apprezzata o idolatrata.
«Divertiti, fingiti qualcuno che non sei, fingi pure. Ma fa' attenzione: anche altri potrebbero star fingendo.»
ATTENZIONE: LA STORIA E' STATA SPOSTATA SU QUESTO SITO: http://www.wattpad.com/134582952-skinny-love-prologo
PASSATE A LEGGERLA QUI.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Prologo (1).

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«Stai diventando troppo magra, Scar.» la riprese la madre, dopo averla fatta sedere sul divano, davanti a lei. Scarlett abbassò lo sguardo sulle sue mani, strette in grembo. I suoi genitori non capivano. Non capiva nessuno. Le sue cosce erano troppo grosse, aveva troppa pancia e la sua taglia di jeans rasentava a malapena la 36. Non era abbastanza.

Non è mai abbastanza.

«Scarlett, mi stai ascoltando?» la richiamò la donna e lei alzò gli occhi, fissandoli in quelli grigi di sua madre.

«No.» rispose semplicemente, con la sfacciataggine che la caratterizzava. Lei era sempre stata così: una facciata dura per proteggere la sua parte fragile. Più la corazza era spessa, più ciò che nascondeva era fragile.

«Questa conversazione non ha senso.» terminò, dedicando a sua madre un'occhiataccia.

Era sempre stata brava a spaventare le persone con uno sguardo. Non se lo sapeva spiegare, ma le tornava molto utile. Anche se, a volte, finiva per allontanare tutte le persone a cui teneva. Ma, forse, era giusto così. Non voleva rovinare la vita a nessuno. Lei non era fatta per stare in compagnia. Lei amava leggere, ascoltare musica e scrivere. Sì, lei viveva per scrivere, per trasmettere emozioni con delle parole che molti ritenevano inutili. Lei voleva diventare una scrittrice, da grande. Voleva aiutare le persone.

«Bene, allora, visto che non lo capisci con le buone, domani parti per la riabilitazione.» pronunciò Ashley, guardando la figlia con un dolore negli occhi, che nessuno sarebbe riuscito ad immaginare. La sua bambina aveva bisogno di aiuto e lei non l'aveva capito. Era una donna separata dal marito e costretta a crescere due figli da sola, anche se erano rimasti in buoni rapporti dopo il divorzio e lui si era offerto per accompagnare Scarlett, il giorno dopo.

La ragazza impallidì visibilmente. «Che...No!» urlò, scattando in piedi, così come fece la madre, con più calma. Scarlett divenne rossa dalla rabbia.

«Scarlett, cerca di capire...» tentò di spiegare, protendendo le mani verso la ragazza che, prontamente si allontanò, guardandola stupita.

«No! Cerca di capire tu! Per una volta, mamma, cerca di capirmi!» gridò, ancora, mentre percepiva le lacrime salire agli occhi e un nodo chiuderle la gola.

«Tesoro, io ho capito ed è per questo che...» provò di nuovo Ashley, ma le lacrime della figlia le fecero sprofondare il cuore nello stomaco.

«E' per questo che hai deciso di spedirmi in uno stupido centro di riabilitazione senza nemmeno chiedermelo!?» la interruppe Scarlett, prendendo la sua borsa e le chiavi della macchina.

«Lo faccio perchè ti voglio bene, Scar.» la donna le afferrò l'avambraccio, nel tentativo di calmarla, ma quello che sentì la fece gelare sul posto. Il braccio di Scarlett era magro, troppo magro. Scommetteva che se l'avesse stretto tra il pollice e l'indice, le due dita si sarebbero toccate senza problemi.

Scar approfittò dell'improvvisa debolezza della madre per tirar via il braccio.

«Non si direbbe.» disse, dandole le spalle ed aprendo la porta. Ashley si riscosse dai suoi pensieri, ignorando l'ultima frase della figlia.

«Dove vai?» le chiese, mentre la vedeva uscire di casa.

«Fuori.» borbottò Scarlett in risposta e Ashley fece per seguirla, ma la porta si chiuse con un tonfo a un centimetro dal suo naso ed intuì che era meglio lasciarla sola.

La donna scoppiò in lacrime pochi secondi dopo. Non voleva perdere la sua bambina e se solo fosse stata più presente, tutto questo non sarebbe successo.





Scarlett si accorse di star andando troppo veloce solo quando il contachilometri segnò i 150 km/h. Inchiodò improvvisamente e le ruote stridettero sull'asfalto, ma a quell'ora non c'era nessuno in città. Scese dall'auto, sbattendo la portiera e scoprì di essere finita al parco giochi. Si sedette su una panchina, davanti alle altalene e pensò. Quando è notte e sei solo, che altro puoi fare?


«Tu non puoi salire sull'altalena.» le disse piccata la bambina bionda che, nonostante la tenera età, sembrava essere uscita da una rivista di moda. Scarlett la guardò confusa.

«Perchè?» le chiese e lei si scambiò delle occhiate divertite con le sue amiche.

«Perchè sei troppo grassa. La romperesti, Oltre che brutta sei anche stupida!» rispose la bambina, prima di scoppiare a ridere con i suoi cloni.


Scarlett era sempre stata una bambina che soffriva di una leggera obesità, ma non era nulla che non si potesse risolvere con una dieta equilibrata. Non pensava che importasse. Lei voleva solo giocare con le sue amiche. Che c'entrava l'aspetto fisico? Le era sempre stato insegnato che quel che contava era ciò che avevi dentro e non capiva quelle bambine. Ma crescendo, si vedeva sempre più esclusa, sempre più ignorata, sempre più invisibile e si era beccata talmente tante porte sbattute in faccia, che aveva capito che la storia del `E' importante ciò che c'è dentro, non fuori´ era solo un'enorme stronzata. Per quanto volesse crederci, nessuno si sarebbe innamorato di una ragazza che portava una 48, invece di una 40, nessuno si sarebbe innamorato di una ragazza che il sabato sera rimaneva a casa a leggere Bukowski, invece di andarsi a sbronzare in qualche discoteca. Per quanto volesse crederci, nessuno si sarebbe innamorato di lei, di Scarlett `la grassona´.

«Ehy.» la voce del fratello minore la fece sussultare e si voltò verso di lui, in piedi pochi metri più distante, la borsa di basket in spalla, le mani in tasca e uno sguardo preoccupato e confuso negli occhi.

«Ciao.» rispose Scarlett, riabbassando lo sguardo sull'erba. Mike si sedette accanto a lei, poggiando con poca delicatezza la borsa a terra.

«Che ci fai qui?» gli chiese la sorella senza guardarlo.

«Ian mi ha dato buca, quindi stavo tornando a casa.» le rispose, abbandonandosi contro lo schienale della panchina. Notò lo sguardo di Scarlett fisso sull'altalena.

«Vuoi che ti spingo?» le chiese, sorridendo, nel vano tentativo di risollevarle il morale, ma lei scosse la testa, affranta. Non era mai più salita sull'altalena. Nonostante odiasse le ragazze che la prendevano in giro, sapeva di non essere magra come loro e si era davvero convinta che se si fosse seduta, l'altalena avrebbe ceduto.

«Mike.- lo richiamò e, finalmente, gli occhi dei due s'incontrarono. -Che faresti se mamma e papà non si fidassero di te?» gli chiese e lo osservò mentre la sua espressione si faceva pensierosa. Lui sapeva cosa faceva la sorella; aveva notato che a tavola non mangiava praticamente nulla ed aveva provato a farle capire che aveva raggiunto il peso ideale, ma lei non l'aveva ascoltato e adesso assomigliava ad uno scheletro.

«Gli darei una ragione per farlo.» Mike aveva intuito cosa era successo. Era più piccolo di Scarlett di due anni, ma sapeva che prima o poi sarebbe arrivato quel momento.

«Cosa dirà la gente, Mike?» la domanda di Scarlett era evidentemente retorica, ma quando Mike vide i suoi occhi pieni di lacrime, non potè fare a meno di abbracciarla.

«Devi smetterla di dare peso alle parole degli altri.» le sussurrò.










Non rovinatevi, maledizione.
Che importa di quello che pensa la gente?
Voi siete così, prendere o lasciare.
E chi lascia, si renderà conto di ciò che ha perso.
Voi non siete inutili.
Esistete per un motivo.
Dio non fa errori.
  
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