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Autore: Symphonia    27/08/2013    2 recensioni
Era un pacifico giorno come gli altri e Hiccup decide di andare a volare assieme a Sdentato. Tutto come al solito.
Tranne per due fattori un pò... strani.
Un particolare messaggero si dirige a casa sua e l'altro... Beh... Una strana corrente disturba il volo dei nostri due eroi e loro hanno tutta l'intenzione di seguire la sua scia, fino a scoprire che quello era niente di meno che...?
- Uhm... Era un'ideuzza che mi passava per la testa da un pò e volevo trascriverla, così, per divertimento. Non è una sottospecie di sequel mentale o roba simile (a quello ci penserà ben la DreamWorks!), ma volevo proprio togliermi lo sfizio... -
[STORIA INCOMPLETA]
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hiccup Horrendous Haddock III, Nuovo personaggio, Sdentato
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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        ‘Bum, bum, bum’ faceva il tetto. Altri tre pesanti colpi fecero cadere un po’ di polvere dal soffitto. Tutto quel baccano assurdo svegliò Aura, che mugolò una specie di lamento. Aprì pigramente un occhio, tanto quanto le bastava per poter vedere Hiccup scendere giù per le scale frettolosamente, gridando qualcosa al suo drago. O almeno quella era la scena che le sembrava di aver capito. Era intontita dal sonno e non aveva nessuna voglia di alzarsi.
Quando Hic aprì il pesante portone di casa sua, si ritrovò davanti Luminosa con gli occhioni azzurri che lo fissavano allegramente. Era di buon umore e sicuramente più sveglia di quella pigrona della sua padrona.
“Buongiorno, Luminosa!” la salutò lui tendendole la mano.
Lei ci strofinò sopra il muso e poi si fece largo in casa, mentre il ragazzo spariva da qualche parte all’esterno. Un paio di passi ed individuò la sua padroncina avvolta nella coperta di lana verdognola, ancora mezza addormentata. Ci si avvicinò e cominciò a uggiolare, dandole dei buffetti alle guancie. Questa si voltò dall’altra parte, lamentandosi. Luminosa non si arrese e continuò a darle colpetti e a produrre lamenti, finché questa non si sarebbe svegliata.
“Eddai, Lumi… Voglio dormire…” borbottò con tono sonnolento.
Il drago bianco fece un chiaro verso di disappunto e cominciò a zampettare sopra la pancia, provocandole del solletico, ma lei ancora non cedeva. Alla fine la toccò involontariamente così forte, da farla sobbalzare sul materasso di legno.
“Ahia! Ma Lumi!” sbottò lei, guardandola male.
Il drago la fissò con occhi dolcemente colpevoli e guaì un verso di scuse. Lei tirò un sospiro di rassegnazione e pigramente si tolse la coperta di dosso e appoggiò i piedi sul gelido pavimento. Rabbrividì all’istante. Lumi le si strofinò prima sul braccio dopodiché cercò uno spazio sotto l’ascella. Aura alzò il braccio e la lasciò passare, appoggiandosi poi su di lei. Il drago bianco espirò una nuvoletta di vapore che strappò il primo sorriso della giornata.
“Ho capito, ho capito…” borbottò con tono finto la ragazza. “Sì, andiamo a volare… Certo che sei insistente, però!”
Appena uscite di casa si diedero un’occhiata intorno. Si poteva vedere all’orizzonte l’accenno dei primi colori dell’alba, ma del sole non c’era ancora traccia. Era ancora troppo presto. La città era coperta da un velo bianco zuccherino solo che sapeva di freddo pungente.
“No, questa non è di certo la Normandia…” mormorò distrattamente la ragazza al panorama.
Luminosa si voltò a scrutarla, ma non disse più nulla. Così tornò a fissare l’orizzonte giocherellando con le zampe nella neve, mentre Aura seguì con curiosità alcune tracce che portavano dietro casa. Non appena girato l’angolo del tetto, vide il drago nero volarle a giusto verso di lei, a un paio di centimetri dalla sua faccia. Poi s’alzò in volo sopra la sua testa verso il cielo variopinto. Aura si voltò di scatto e d’istinto gli corse dietro giù per la collina, come una bambina che inseguiva un aquilone.
“Hiccup!!” strillò più volte, finché il ragazzo non si girò.
“Aura!”
“La porterai all’isola di cui ti ho parlato?” gli chiese, sempre con tono esageratamente alto, per paura che il battito d’ali di Sdentato coprisse la sua voce.
“Sì!”
“Allora non dirle che te l’ho suggerita io!!”
“E perché scusa?” chiese ingenuamente il ragazzo.
“Fa’ come ti dico e andrà tutto bene vedrai! Il perché non ti serve saperlo.” sentenziò la ragazza con un po’ di fiatone.
La Furia Buia non avrebbe volato a lungo e la sua andatura era sempre più lenta e si abbassava sempre di più a causa del pilota, che lo fece praticamente sfiorare il suolo spesso e bianco. Il drago pensò bene che dato la distrazione del giovane, fosse il caso di affiancare la ragazza a piedi.
“D’accordo. Però tu tieni la bocca chiusa con mio padre e tutti gli altri, intesi?” chiese lui non accortosi nemmeno dell’atterraggio.
Aura prese un’aria un po’ buffa e sbadatamente stava pensando con gli occhi per aria. Borbottò qualcosa di incomprensibile, mentre Luminosa la seguiva a grandi balzi fino a raggiungerla. Aura la guardò e fece le spallucce e tornò a guardare Hic in modo molto vacuo.
“Temo di essermi dimenticata qualcosa di molto importante.” disse con tono convincentemente ignorante.
Hiccup rise e diede un paio di pacche al suo drago per intimargli a riprendere il loro volo. Il drago spiegò le ali e Aura rischiò di cascare pericolosamente all’indietro. Sdentato le rivolse uno sbuffo divertito.
“Grazie.” disse Hic, non notandolo.
“Prego.” borbottò lei rivolgendogli un sorriso, lasciando perdere la rudezza del suo amico nero.
Presero il volo e con un paio di ampi battiti d’ali furono già in alto nel cielo. Aura continuò a contemplare quell’armonia di movimenti, rapidi e potenti abbastanza da non far cadere la creatura, in contrasto con tutti quei colori luminosi dell’alba. Rimase lì a guardarli andare via, finché non le venne in mente qualcos’altro da dire.
“Ricordati di segnare sul tuo taccuino la pianta dell’isola e da dove siete arrivati, sennò avrete difficoltà a ritrovare la strada di casa!” gridò con tutta la voce che le era rimasta.
Notò Hiccup voltarsi e farle un cenno di saluto con un sorriso d’intesa dipinto in faccia. Aura guardò la sua amica un po’ perplessa, ma lei la tranquillizzò con un buffetto sulla guancia e poi sbuffò scuotendo leggermente il capo. I suoi occhi non nascondevano la sicurezza che il vichingo avesse capito e glielo voleva trasmettere. D’altro canto, la trovò a dir poco apprensiva, neanche fosse stata sua madre. Riuscì a trasmettere anche quello.
“Dici? Credevo fosse importante ricordarglielo.” le rispose la ragazza un po’ imbarazzata.
Gli occhi del drago si aguzzarono e la guardarono male. Brontolò qualcosa con tono basso e sbuffò di nuovo una nuvoletta di fumo grigiastra, indicandola con la testa. Aura si irrigidì di colpo, stupefatta.
“Non sono una vecchia nonna brontolona!” ribatté convinta.
In realtà, non aveva capito minimamente cosa le avesse detto l’amica, ma le piaceva interpretare i versi e i suoni che faceva a modo suo, così si divertivano entrambe creando le situazioni più buffe. A volte Aura si chiedeva se però il suo drago capisse a pieno quello che lei intendeva invece dire.

            Il volo di Hic durò nuovamente poco, il tempo di sbadigliare e di stiracchiarsi. Sdentato virò dolcemente verso il molo e cercò un posto dove atterrare. L’amico umano gli indicò un ponte di legno poco lontano e scesero silenziosamente.
Hic si precipitò verso la casa all’estrema destra del ponte, in salita verso la piazza del villaggio. Bussò insistentemente sul pesante portante più di un paio di volte, finché non sentì che dietro di esso qualcuno gli stava venendo ad aprire.
“Buongiorno Astrid. Bella mattinata, non trovi?” salutò tutto pimpante.
“Il sole non è ancora sorto, Hic…” si lamentò invece la ragazza bionda con gl’occhi azzurrastri, che era venuta ad aprirgli.
“Mi avevi detto che ci avresti pensato… allora?”
“No.” fu secca la sua risposta.
Stava per richiudere il portone quando Hic la bloccò con la gamba buona. In una prova di forza tra i due, Hic riuscì a varcare la soglia. Certo quelle case saranno anche state nuove, ma di certo non erano a prova di insistenza e testardaggine vichinga.
“Astrid là fuori c’è l’avventura, il mondo intero e…” disse un po’ incerto, cercando però di convincerla ancora. “Tanti nuovi alberi che aspettano di essere conficcati dalle tue meravigliose asce lanci con tanta grazia e grinta.” sparò poi stupidamente, non sapendo più cosa dire.
“Ti ho detto di no.” chiarì lei con tono scocciato.
Era appoggiata alla porta chiusa e la luce della finestra dietro gettava ombra sulla sua figura chiaramente buttata giù dal letto troppo presto e quindi trascurata. Era spettinata con gli abiti sgualciti, ma cosa più importante, con il limite della pazienza più basso del solito. E il suo standard era già basso di suo.
“Eddai, non farti pregare, Astrid!” la scongiurò “Vieni con me…”
“Hiccup, ti avverto è l’ultima volta che ti rispondo: no!” sbraitò lei.
“Vuoi che mi metta a pregarti in ginocchio forse?”
I due si guardarono testardamente negli occhi. Era la battaglia del verde dei prati nascosti sotto la neve contro il blu dei mari invernali. Hic nonostante gli venne difficile, fece per inginocchiarsi, quando Astrid gli fece cennò di smetterla.
“Ah… Ti detesto quando fai così…” brontolò la ragazza. Poi tirò un profondo sbuffo, ma il ragazzo poté intravedere un accenno di sorriso “Va bene hai vinto! Verrò con te… Ma solo per due giorni. Chiaro?”
“Come il sole.” rispose lui con un raggiante sorriso stampato sul volto.
“E adesso sparisci.” lo cacciò la ragazza, indicando la porta.
“Ma…”
“Fuori!”
Hiccup non ebbe il tempo di protestare che venne buttato letteralmente fuori di casa a forza. Sempre meglio dei calci. Mostrò un sorriso trionfante a Sdentato, che gli rispose con un movimento d’orecchi.
Aveva camminato in cerchio ormai già cinque volte, aveva creato nel terreno bianco un vero e proprio solco. Sbuffò aria fredda tutto il tempo, calciò la neve e si girava e rigirava le mani per non congelarle e malediceva la lentezza delle donne nel prepararsi, anche quando si trattava delle vichinghe come Astrid che pensavano alle cose pratiche.
Finalmente sentì lo scricchiolio delle tipiche porte del villaggio e con la coda dell’occhio vide l’uscio aprirsi. Ne uscì Astrid - per Hiccup splendida come al solito - sempre vestita nella sua maglia azzurra a righe gialle, rivestita con le spalliere di ferro e la gonnellina rosa borchiata e i capelli intrecciati. Portava una borsa sulla spalla e con un paio di falcate nella neve fu subito piantata davanti al ragazzo.
“Sono pronta. Vediamo dove mi porti.”


            Erano passate un paio d’ore dalla partenza di Hiccup e Aura non le aveva certo passate a recuperare il sonno. Era uscita a volare con Luminosa per provare spericolanti acrobazie tra gli scogli, cercare di non cadere e rischiare puntualmente la vita ad alta quota. Era la faticosa vita del “pilota di draghi”, se così si potevano definire.
Il suo giro terminò con un tranquillo slalom fra le montagne e la discesa sul bosco innevato per tornare al punto di partenza: la casa del capo tribù. Aura scese con aria soddisfatta e diede un paio di pacche al suo draghetto bianco che le fece un verso di compiacimento.La ragazza le sorrise e si diresse giù verso la città, seguita fedelmente da Luminosa, che si divertiva a lasciare impronte nella neve. Arrivate alla piazzetta del villaggio, Aura si guardò un po’ intorno disorientata, mentre Luminosa le grugnì qualcosa.
“L’avevo vista ieri qui da qualche parte ti dico!” esclamò voltandosi all’amica. Controllò per bene le case una ad una e finalmente la ritrovò. “Eccola!”
La ragazza aveva appena indicato la bottega di Skaracchio, colui che durante la guerra fabbricava armi e adesso al massimo poteva creare utensili per la cucina e i campi. Si diresse verso di essa quasi di corsa, mentre Lumi si voltò a guardare da un’altra parte ed era indecisa se seguirla o meno. Alla fine, vedendo che non la calcolava nemmeno perché troppo presa a sporgersi all’interno, se ne andò per le sue anche lei.
“C’è nessuno? Oh, eh… Buongiorno, uhm… Skaracchio, giusto?” chise la ragazza non appena vide il massivo uomo rimettere apposto alcuni attrezzi.
“Cosa ti porta qui, ramoscella?” ribatté burbero.
“Ah, la cortesia campagnola…” mormorò sarcastica. “Pura curiosità. Cosa fabbrichi?”
“Varie cose, guarda un po’ in giro che io devo finire questo.” le rispose mostrandole in velocità l’oggetto che aveva nella mano.
Lo stava rimettendo a posto, martellandolo sull’incudine, dopo averlo scaldato a dovere.
“Questo…?” domandò la ragazza sbirciando. L’oggetto la lasciò alquanto sorpresa e tentò di trattenere le risate.  “Fantastico! Questi sono oggetti per… mani intercambiabili?”
L’uomo dai baffoni biondi intrecciati e il dente di pietra sporgente, si voltò e le puntò il martello contro, guardandola dubbioso.
“Problemi?”
“No.” rispose lei sorridente e scuotendo la testa. “Sono sorpresa perché… giù in Normandia un paio di queste cose tornerebbero utili! Tipo… questo cucchiaio!” continuò poi, prendendo il primo oggetto che le capitò sotto mano.
L’uomo la squadrò, alzando e aggrottando le folte sopracciglia svariate volte. Mise via l’oggetto dall’incudine e brontolò qualcosa che Aura non comprese. Tornò a fissare la ragazza e giocherellò con il baffo destro. La ragazza aveva lo sguardo vacuo, perso nel vuoto e che non lasciava intravedere niente. Se c’era una buona cosa che aveva imparato dal suo drago era che per prima cosa bisognava dimostrare indifferenza e poi aprirsi. Così almeno era successo tra loro due.
“D’accordo principessina, cosa vuoi?” sentenziò infine Skaracchio.
La ragazza alzò semplicemente le spalle mingherline.
“Niente di che… Solo curiosare, come mi hai appena suggerito tu. Cosa c’è da quella parte?”
“E’ lo studio di Hiccup…” spiegò Skaracchio seguendo il dito che indicava la stanza dietro. La ragazza non indugiò ad andare a curiosare dentro. “Non puoi…! E’ lo studio del mio e del mio apprendista, cavolo...!”
La ragazza si bloccò, prima di varcare la soglia della stanza buia. Si voltò con lentezza come se stesse pensando a qualcosa, poi guardò il fabbro stupita.
“Hic è tuo apprendista? Sul serio?!”
“Cosa vuoi che faccia quel… ramoscello, oltre che ad ammaestrare draghi?” rispose con tono ironico e quasi stridulo l’omaccione.
“Ti piace la parola ramoscello, vero?” sospirò non riuscendo però a trattenere un sorriso.
“Abbastanza. Vedi dimostra quel senso di deb...”
“Ma perché lui può fare l’apprendista e io no?! Cavolo!” troncò la ragazza, prima di entrare nel discorso dei poveri ragazzi che avevano le braccia identici a dei spaghetti, non avevano ancora formato il fisico da vichinghi come tutti e che sembravano degli alberelli.
“Tu vorresti fare l’apprendista di un fabbro?” domandò Skaracchio, soffocando la risata che influenzò il suo tono di voce. “Questa sì che fa ridere!!”
“Gli uomini… tutti uguali!” brontolò lei. Poi sparì dentro la stanzina e accese un paio di candele per vederci meglio. Purtroppo non c’erano finestre e bisognava arrangiarsi. “Questi progetti sono fantastici…” pensò guardando i disegni appesi alla parete sopra la scrivania.
“Questi disegni sono tutti suoi?” domandò poi a voce abbastanza alta da farsi sentire fin dall’altra parte.
Il vichingo scosse la testa e zoppicando sulla sua gamba di legno la raggiunse nella stanzetta. Diede un’occhiata al muro e annuì con la testa con un sorriso orgoglioso, nascosto sotto i baffoni di paglia.
“Quelli sulla coda e sui draghi sì.”
“Sembra… la coda di una Furia Buia? Mi sembrava che la coda di Sdentato avesse un colore strano. Quindi è artificiale!”
“Esattamente! All’inizio l’aveva costruito Hic con del cuoio battuto o qualcosa del genere, poi è andata a fuoco nella battaglia e io gliel’ho dovuto ricostruire.”
“Davvero ingegnoso come sistema…” mormorò annuendo a sua volta, studiando gli schemi.
Erano chiari e precisi, erano sicuramente fatti da una persona che sapeva lavorare bene di cervello, Aura lo notò subito. Poi le balenò in mente un’idea.
“Insegnami a costruire quest’ala!” esortò la ragazza.
“Cosa??”
Skaracchio non credeva alle sue orecchie. Se avrebbe accettato avrebbe dovuto tenere un’altra apprendista nella sua bottega, per insegnarle a costruire un’ala che forse non le sarebbe mai servita e che lui stesso ci mise del tempo a fare. Ma notò una scintillio strano nei suoi occhi verdastri.
“Ti prego, prendimi come tua apprendista! Voglio imparare a costruire quell’ala!” lo pregò Aura.
“Ma sei una…” il vichingo prese fiato, perché non riusciva a concepire l’idea di… “donna…”
Il voltò della ragazza si tramutò in uno sguardo di furore come se niente fosse. La sua schiena s’irrigidì e fece la faccia più arrabbiata che poté, ma non serviva a far capitolare Skaracchio. Anche perché non faceva paura come le vichinghe che aveva frequentato nei suoi bei tempi.
“E allora? Cosa credi che non sappia creare qualcosa in fucina?” strillò lei.
“Esattamente.” sentenziò il biondo deciso.
“Ti faccio vedere di cosa sono capace! Dammi del ferro e ti costruisco un coltello, una spada, quello che vuoi.” sfidò la ragazza al limite della tolleranza.
Skaracchio la scrutò e notò che lo scintillio nei suoi occhi era determinazione. Sorrise sotto i baffi e tornò dall’altra parte, dal suo caro incudine, tallonato da Aura. Prese qualcosa da una cassetta lì vicino e la gettò alla ragazza che riuscì a stento a prenderla al volo. Notò che tra le sue mani c’era del ferro e dell’argento grezzo.
“Crea un pugnale. Lo voglio di buona fattura, ben calibrato e a doppio filo, sono stato chiaro?”
Sul volto della ragazza si dipinse un raggiante sorriso.
“Come il sole! Non ti deluderò!”
“Heh, staremo a vedere.” brontolò l’uomo divertito ed uscì dalla bottega.


            Passarono le ore e Aura s’asciugava il sudore dalla fronte. Aveva buttato gli schizzi del pugnale sulla sedia, ormai sapeva come doveva farlo. Batteva il martello per dare la forma e cercò lo strumento per incidere sul ferro caldo. E fu allora che la notò.
La folla che s’era radunata nella piazza e che era ben visibile dalla finestra della bottega.
“Miei cari amici, ho un annuncio da farvi!” tuonava solenne la voce di Stoick.
“Un altro?” Aura alzò gli occhi al cielo pensando che ne aveva già abbastanza di tutte quelle cerimonie. “Beh, almeno lui dialoga con i suoi sudditi…” pensò poi, sospirando.
Lasciò un attimo il suo lavoro in sospeso e si avvicinò alla finestra per sentire il discorso. Il mormorio era cessato, ora tutti ascoltavano il loro capo che veleggiava su di loro, probabilmente da uno sgabello trovato sistemato a fortuna.
“Ho ricevuto una bella notizia dal nostro ex-compagno Guglielmus Tremendous II. Verrà presto a farci visita! Per cui dobbiamo preparare…”
La ragazza barcollò a sentirne soltanto il nome. Sgranò gli occhi e con fare quasi terrorizzato, indietreggiò verso l’incudine. Finì per poggiare la mano proprio sulla punta della lama che non aveva raffreddato del tutto e quindi corse verso il barile a rinfrescarsi e per poi fasciarla. La guardò un secondo e notò che le sue mani le aveva maltrattate in maniera così orribile che sembravano un campo da guerra e di torture continue. In effetti, si era scottata tante volte e oramai a quel dolore c’era praticamente abituata. Comunque non era la sua preoccupazione principale in quel momento.
“Non può, non deve venire qui!” mormorò con le lacrime agli occhi.
La folla si era come dissolta neanche fosse stata nebbia e c’era il viavai di gente per la preparazione. Luminosa era scesa e dovette saltare sui tetti per non investire qualcuno. Con una certa goffaggine saltò giù da uno di questi e e attraverso la piazzetta per raggiungere l’amica che aveva ripreso il lavoro. Fece per dirigersi verso la porta quando un omaccione grosso e con una gamba finta passarle davanti.
“Allora con questo pugnale?”
“Eh? Ah, bene, guarda!” disse, tirando fuori la lama per mostrargliela. Il drago bianco lanciò un  urlò acutissimo non appena vide la lama grigiastra scontrarsi con i pallidi raggi solari. “Scusami, Luminosa! Non volevo spaventarti! Tranquilla, sai che non ti faccio niente… Il pugnale lo lascio lì sul tavolo. Adesso buona, piccola… Così da brava…” cercò di calmarla correndo fuori dalla bottega.
“E’ di ottima fattura non c’è che dire. Il peso e la calibratura sono piuttosto equilibrati ed è a doppio filo come ti ho chiesto.” notò con stupore l’omaccione.
“Posso farti da apprendista ora? Cominciamo domani?” domandò lei impaziente.
“Come?” si distrasse l’uomo. “Ah, beh… D’accordo. Ti prendo come apprendista, vedo che te la sai cavare. Però il pugnale te lo puoi tenere.” sentenziò e glielo lanciò.
“Davvero?”
“Certamente. Non credo che tu ti sia impegnata a farlo per me, vero?”
“Ah, certo… A domani allora!”
Il drago bianco continuava a ringhiare basso, mentre Aura attraversava la piazza alla ricerca del capo villaggio. Le rimase a fianco, ma continuava a fissare il pugnale intanto che veniva infilato in una tasca maldestramente cucita al’interno del gilet di cuoio.  Poi fissò la ragazza con aggressività tramite le fessure nere e non accennava a smettere di digrignare i denti.
“Suvvia, Lumi, è solo un pugnale. E’ utile per tagliare corde e prendere pesci!” si giustificò lei.
Luminosa non ne volle sapere e le diede uno spintone, facendola finire in un cumulo di neve della casa lì accanto. La ragazza cadde di schiena e la guardò male, mentre lei non accennava a smettere col suo fare ostile. Aura era altrettanto testarda e, togliendosi la neve di dosso dopo essersi rialzata, controllò di nuovo dove poteva essere finito l’uomo che era pure più grosso di Skaracchio. Luminosa invece la tirò per insistentemente per il gilet, ostacolandola e continuando a ringhiarle contro.
“Non rigirare il coltello nella piaga! Tu hai i tuoi denti e se credi che non mi inquietino di tanto in tanto, ti sbagli di grosso!”
Il drago guaì per il rimprovero ed abbassò le orecchie. La vichinga l’accarezzò con un sorriso rassicurante e le mostrò che con quel pugnale non le avrebbe fatto niente di male. Poi cercò Stoik, ma aveva ormai perso le speranze. Sospirò e fece per andarsene verso il bosco, quando sentì qualcuno chiamarla.
“Aura! Hai visto mio figlio Hiccup? Non lo riesco a trovare da nessuna parte.” le disse Stoick, raggiungendola.
“E’ urgente?” domandò da finta preoccupata, ringraziando però il cielo per averglielo mandato.
“Come? Beh, no, ma sono un po’ preoccupato. C’è tanto da fare e vorrei che lui tenesse a bada i draghi quando i nostri compagni Normanni verranno. Sono un po’ come dire…” spiegò Stoick con aria chiaramente da indaffarato.
“Paurosi verso le armi?” finì lei, lanciando un’occhiata che Luminosa respinse con uno sbuffo.
“Già.”
“Sono sicurissima che è andato a svolazzare su per le montagne… Tornerà presto.” lo rassicurò poco curante e tentò di svignarsela.
“Credo tu abbia ragione. Intanto occupiamoci di preparare tutto quanto. Non mi ricordo se tuo padre preferiva la carne di maiale o di Yak.” continuò l’uomo seguendola e indirizzandola verso la piazzetta.
La ragazza alzò gli occhi al cielo e sbuffò mentre Stoick le parlava di cose di cui lei non sarebbe riuscita ad interessarsi neanche sotto tortura. Osservava i draghi che stavano volenterosamente aiutando gli abitanti del villaggio.
“Non saprei… Piuttosto dovrei avvertirti che…”
“Oh, sono sicuro che sarà un grande avvenimento per la nostra tribù!” la interruppe Stoick con un chiara alleggria dipinta sul volto barbuto.
“Puoi ascoltarmi solo un momento, per favore?” cercò di attirare la sua attenzione con modo gentile.
“Sembra ieri quando abbiamo solcato insieme gli oceani alla scoperta di nuove terre da saccheggiare per la prima volta! Che bei tempi…” raccontava l’omaccione senza badarle.
“Stoick, per la grazia di Odino, ascoltami!” strillò infine Aura, superata la soglia della sua pazienza.
Stoick la fulminò, mentre altri abitanti la guardarono, attirati dallo strillo. Addirittura Lumi s’era distratta dal giocare con la neve, per vedere cosa stava combinando la sua padroncina.
“Non dovresti imprecare, ragazza.” la rimproverò poi Stoick.
“E tu non dovresti ignorare qualcuno che ti parla!” si sfogò la ragazza. Aveva urlato così forte che le era venuto il fiatone. Poi alzò il viso in modo serio e cupo. “Tra quanto arriva esattamente mio… padre?”
“Tre… Forse quattro giorni al massimo.” rispose l’uomo scrutandola.
La ragazza abbassò nuovamente il viso e prese a giocherellare con della neve sporca sulle sue scarpe. La montagna le rimase davanti come se attendesse qualche importante rivelazione. Aura guardò nuovamente la gente collaborare con i draghi e pensò bene a cosa dirgli.
“Ho troppo poco tempo…” mormorò ed alzò il volto di scatto. “Stoick, devo avvertirti che…”
Ma il capo villaggio era troppo impegnato ad ascoltare le idee di alcune signore vichinghe per prestarle ascolto. In men che non si dica fu trascinato in una conversazione a catena con altre persone che proponevano idee per l’evento, allontanandosi dalla ragazza e lasciandola da sola con il suo drago ai limiti della piazza. La creature le diede un buffetto sulla guancia, ma questo non la tirò su di morale.
“Non mi ascolta…” sussurrò a Luminosa accarezzandola.
Il drago girò ed abbassò un po’ il capo per cercare di intravedere almeno lo sguardo piantato in terra. L’unica cosa che vide furono due grandi laghi verdastri pronti a sgorgare su uno sfondo di guance arrossate.

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E... anche questo capitolo è stato maciullato! Lo so, sono in ritardo e vorreste tirarmi addosso tutte le prime, seconde e terze cose che vi capitano per il mio astronomico ritardo. Che volete farci... Io studio per gli esami di recupero, devo passare l'anno! Sennò altro che storie, qualcuno mi butterà nella fossa... Beh, lasciamo perdere. In fondo, a nessuno importa.
Cosa ne pensate? Perché Aura vuole costruire un'ala artificiale? E cos'avrebbe di così importante da dire? E perché Hic non sveglia Astrid con una serenata ogni tanto così magari la farebbe arrabbiare meno? (nah, questa è una domanda stupida da porsi...)
Per queste e tante altre domande e risposte ci ritroveremo nei prossimi capitoli che (spero) scriverò presto!

Bye,
   bye^^


   
 
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