Angolo
dell’autrice: Innanzitutto vorrei
scusarmi con tutti coloro che, seguendo la mia storia, hanno dovuto aspettare
mesi e mesi perché io mi facessi viva. Mi dispiace non aver potuto mantenere la
mia promessa di pubblicare una volta ogni due settimane ( per motivi come viaggi,
computer formattati improvvisamente, salute un po’ deboluccia). Ecco il
venticinquesimo capitolo, scritto in nemmeno ventiquattro ore…
finalmente l’”ispirazione” è tornata. Quindi ringrazio in anticipo ed ancora una
volta i lettori e i recensori che mi
sono rimasti fedeli, senza di voi non ce l’avrei mai fatta,davvero! Ora vi
lascio alla lettura.
Deirbhile
I pomeriggi di inizio giugno passati a
casa di Roberta per Chiara furono i più dolci e i più intensi che avesse mai
vissuto, come se l’essenza stessa dell’estate le fosse stata iniettata nelle
vene e ora le arrossisse le guance, le inturgidisse le labbra coi suoi baci che
sapevano di frutti maturi, le riscaldasse la pelle e la carezzasse con la sua
brezza carica di aromi lontani. La scuola era finita da appena due giorni e il
primo fine settimana libero da ogni impegno si ergeva davanti ai loro occhi
come un miraggio finalmente divenuto realtà, carico di promesse di divertimento
sfrenato e relax senza fine. Dopo il pomeriggio delle ripetizioni di fisica , come Chiara aveva mascherato a sua madre
quei loro incontri clandestini, le scuse erano diventate sempre più fantasiose
e Margaret aveva accolto le proposte ogni volta con un cipiglio più dubbioso.
“Ma’, vado a correre” (l’unico circuito dove farlo era alla fine del parco, che
confinava con casa Della Corte), “Stasera sono a cena da Carmen, non aspettarmi
alzata” (ed intanto l’amica faceva il suo dovere, coprendola come meglio
poteva), “Papà, mi accompagni in centro? Devo vedere i miei amici, quelli del
corso di chimica che ho fatto quest’autunno, ricordi? Per un caffè” mormorava,
piena di imbarazzo nel mentire così spudoratamente, ma animata da
un’incontenibile voglia di vedere di nuovo Roberta e camminare, parlare,
sfogliare i libri della libreria all’angolo, correre al parco per potersi
stendere al sole, mangiare un gelato o bere una bibita ai tavolini di un bar
nascosto su per dei vicoli semideserti. Carmen la prendeva sempre in giro
dicendole che ,da quando c’era Roberta, tutta l’energia che Chiara aveva
solitamente impiegato nello studio, nelle sue letture o nello sport si erano
finalmente riversate in tutta la loro potenza nella sua vita, rendendola
attiva, più creativa del solito, positiva come non lo era mai stata. Gli altri
amici ancora si domandavano a cosa poteva esser dovuto quel cambiamento così
repentino e inaspettato: Sabrina lo attribuiva alla fine delle fatiche
scolastiche, che di solito la rendevano più acida di una spremuta di limone,
Flavio insinuava maliziosamente che ora Chiara si sfogava in chissà quale altro modo; Ivan guardava tutti con
superiorità, sostenendo di essere l’unico a conoscere l’arcana causa, ma
rimanendo con le labbra sigillate sulla questione Roberta. Come da tradizione
ormai, quel sabato tutta la compagnia di Chiara avrebbe passato una giornata in
spiaggia, visto che il loro paesino di montagna distava poche ore di treno
dalla prima località balneare. In una sera calda e serena, di quelle passate in
giro con la macchina di Roberta per le vie deserte del paese dopo essere
sgattaiolata via dagli amici, Chiara rifletté se non fosse una buona idea
portare anche lei. Carmen e gli altri erano rimasti fuori al Black Davil, tutti
troppo intontiti dopo innumerevoli brindisi con la birra scura alla fine della
scuola, e Roberta l’aveva raggiunta con la macchina al parcheggio attiguo. Solo
Ivan e Carmen si erano accorti della sua piccola fuga, ma l’avevano prontamente
taciuta. Così, ora si trovavano tutte e due nella sua elegante Mini Cooper
nera, con Roberta che gettava occhiate sempre più ansiose alla strada, mano a
mano che si avvicinavano alla zona più abitata, e Chiara che cercava di
calmarla, accarezzandole il braccio in quel modo che, sapeva, l’avrebbe fatta
impazzire. La verità era che, per quanto loro due vivessero ancora
nell’idillio, la paura di essere scoperte continuava, e se per Roberta andava
bene che Ivan e Carmen sapessero di loro due, di certo non voleva che le sue
“amiche” sospettassero la loro relazione. Così continuava a passare il sabato
sera con loro nelle discoteche della zona, rifiutando però qualsiasi tipo di
avance da parte dei ragazzetti vestiti di tutto punto che affollavano in quei postacci e cercando di essere convincente nella parte della
ragazza appena scaricata e col cuore spezzato. Spesso però un sorriso la
tradiva, pensando che un messaggio di Chiara, velato di gelosia, l’avrebbe
aspettata una volta a casa. Non ne parlavano spesso nei momenti in cui erano
insieme, ma lo spettro di Vanessa o di Angela o addirittura di Massimo sembrava
aleggiare a qualsiasi semaforo desolato si fermassero.
-Chiara, ti prego, smettila di
accarezzarmi così, mi distrai- ridacchiò Roberta, sospirando di sollievo quando
vide che l’ennesima strada si allungava di fronte a loro, senza nemmeno un
passante. La rossa rise a sua volta, continuando però imperterrita e anzi
aggiungendo anche qualche bacio sulle spalle scoperte, slacciandosi la cintura
con uno scatto. Roberta sembrò sbiancare, ma stavolta Chiara sapeva che non era
per paura di incrociare qualcuno, ma semplicemente perché ogni qual volta le
cose fra di loro prendevano una piega troppo troppo, Roberta arrossiva fino all’inverosimile o diventava bianca come
un lenzuolo ad intermittenza.
-Se ci beccano senza cintura a
quest’ora, allora altro che Vanessa- borbottò la riccia, rauca, spostando
subito lo sguardo sulla strada, senza più distoglierlo. Chiara alzò le mani,
tornando al suo posto, non prima di averle mollato un piccolo schiaffetto.
-Scusa, mamma- la rimbrottò,
allacciandosi la cintura. Alla radio passò Arms di Christina Perri, addolcendo gli animi di entrambe.
-Questa mi fa venire sempre te in
mente- sorrise Roberta, svoltando per riavvicinarsi al pub, dove ancora gli
amici ignari le aspettavano, credendo forse che Chiara fosse al bagno.
-Si, anche a me. Sai che è quasi un
mese che… insomma… hai
capito- gesticolò la rossa, indicando prima lei e poi Roberta.
-E’ quasi un mese che stiamo insieme,
si- affermò Roberta, completando la frase per lei, senza esitazione.
Incredibile come fosse diventata più coraggiosa, più volenterosa nel far
entrare Chiara nel suo mondo, lasciando crollare tutte le sue barriere.
Piangendo qualche volta in più, mostrandole tutti i demoni del suo passato
nella speranza di trovare difesa fra le sue braccia, come un qualunque essere
umano spaventato da troppi anni di repressione, di finzioni, con un peso sulle
spalle troppo gravoso per essere lasciato lì. Roberta diceva sempre che
desiderava che le cose fra di loro andassero bene, per questo non voleva avere
segreti. E parlava a Chiara delle sue
paure, di ciò che provava anche nelle piccole cose, dei suoi desideri, dei suoi
sogni. Chiara si sentiva al persona più fortunata del mondo quando, con la
riccia mezza distesa su di lei in un altro dei loro pomeriggi passati a fissare
il cielo azzurro del parco, la sentiva parlare e parlare di quando aveva dodici
o tredici anni, di quando era andata in vacanza in Sardegna e aveva conosciuto
una ragazzina che era stata la sua prima cotta, persino di quando Massimo
l’aveva rudemente persuasa a fare l’amore, che tanto amore non era. E capiva perfettamente
quale era stato il suo timore, quale peso aveva gettato fuori quella sera a
Vienna raccontandole di quella situazione, rifiutando di andare avanti con la
sua patetica recita. Per questo, quando si parlava di sentimenti, Chiara
metteva da parte il suo animo un po’ freddo e incline al silenzio per diventare
affettuosa, disponibile all’ascolto, partecipe di qualunque emozione solcasse
quegli occhi azzurri che tanto venerava. A quel pensiero, Chiara trattenne un
sorriso. Roberta la spronò a parlare, abbassando il volume della radio.
-Io… nulla. Pensavo a quanto è cresciuto il nostro rapporto in così poco. A come ci
siamo fatte bene, l’una all’altra-
La riccia, che nel frattempo aveva
guidato con calma fino al Black Davil, spense il motore e si rivolse completamente a
lei.
-Tu a me hai fatto più che bene,
Chiara. E lo vedo dal mattino, quando mi alzo e penso che sarà un’altra
giornata bellissima. Mi hai fatto tornare la voglia di dipingere, di leggere,
di guardare il tramonto. Anche se non ci vediamo, io ti sento. Sento che ci
sei, che sei tu che mi porti a fermarmi e ammirare il panorama dalla mia
terrazza, tu che mi ricordi che non importa quello che dicono Vanessa o
Massimo. Che io sono migliore di quello che sembro- mormorò, prendendola
delicatamente per mano. Chiara fece per parlare, ma l’altra fece segno di voler
continuare.
-Eppure, non so io quanto bene sto
facendo a te. Quando ti guardo, mentre siamo a casa mia, da sole, e ascolto il
tuo silenzio, mi chiedo cosa passi per la tua testa. Problemi? Non lo so, ma a
volte mi sembri così irraggiungibile da farmi paura. Per me ci sei sempre, non
mi lasci più cadere, ma io per te sembra non possa far nulla. Mi prometti che,
se mai avrai bisogno, ti lascerai proteggere? Che ti fiderai di me, che ti ho
come cosa più cara?-
Chiara rimase leggermente spiazzata,
era la prima volta che Roberta affrontava un discorso del genere e, dalla piega
che aveva assunto la sua fronte nivea, dedusse che per lei fosse davvero
importante. Cercò di parlare, ma sentì un groppo in gola e passarono alcuni
minuti prima che pronunciasse parola.
-Io sono particolare, Roberta. Se ho
qualcosa da dire, purtroppo, sono abituata a seppellirla dentro finché diventa
inevitabile per me liberarmene. E anche in quel caso, lo faccio da sola. Avere
qualcuno accanto, sai, a volte mi destabilizza. E’ una cosa così bella, così nuova… ho la mia famiglia a sostenermi, certo, mia sorella,
i miei amici… ma mi è sempre mancato qualcuno che
capisse- disse, con calma, sforzandosi di vincere quel muro che troppo spesso
la portava ad isolarsi, chiudersi e lasciare tutto il mondo fuori.
-E ora, proprio in questo momento,
leggo nei tuoi occhi che… tu mi hai capito- concluse,
dopo averle gettato un’occhiata profonda e significativa. Roberta annuì, sospirando
dal naso, per poi avvicinarsi con calma e baciarla, facendole percepire
fisicamente tutto ciò che le aveva detto prima, accarezzandole le labbra come
se volesse proteggerla dal mondo intero. E Chiara, per la prima volta, si sentì
davvero al sicuro, a casa, come se lì ci fossero tutti i suoi libri preferiti,
il camino acceso delle serate irlandesi passate dalla nonna Agnes, come se
Roberta fosse il suo gusto di tè preferito e quella macchina la poltrona che
dava alla finestra della casa in campagna. Chiara sentì qualche lacrima premere
per uscire e un singhiozzo silenzioso fece per spezzare il loro bacio, ma loro
continuarono a volersi e a cercarsi, piano, ormai nel loro piccolo rifugio.
***
-Ragazzi, ragazzi, fermi tutti- rise
sguaiatamente Sabrina, portandosi una mano al petto per le troppe risate.
Tutt’attorno a lei , i ragazzi erano collassati sul muretto affianco al pub e
l’orologio di un palazzo vicino, di quelli vecchi che riempivano il centro
storico, rintoccò la mezzanotte. Carmen la guardò, liquida, ridendo ancora
senza freno, ma facendo segno agli altri di non far casino per ascoltarla. Ivan
gettava occhiate nervose alla strada, aspettando con ansia che Chiara tornasse,
mentre Flavio e Isabella, la ragazza che aveva cominciato a frequentare da
poco, si scambiavano paroline melense sotto voce e Michela parlava al telefono
con Andrea, che era partito per il fine settimana con i suoi cugini.
-Dov’è quella matta di Chiara?- chiese, ora
leggermente più seria, la ragazza dalle ciocche colorate. Carmen tossicchiò,
affiancandosi ad Ivan e cominciandosi a innervosire.
-E’… Riccardo è venuta a prenderla e sono… a fare un giro?- si inventò di sana pianta, chiedendo
conferma al riccio con gli occhi. Quello scosse la testa, Riccardo era fuori
città. Sabrina alzò le spalle, inacidendosi, talmente brilla da non ricordarsi
quel piccolo dettaglio. Il giorno dopo sarebbe stato facile raggirarla.
-Quei due, sempre assieme. Mi sta sul
cazzo che si sentano ancora nonostante Chiara gli abbia spezzato il cuore. Lui
è scemo o cosa?- brontolò, allontanandosi dalla baraonda. Ivan alzò le
sopracciglia, fiutando qualcosa che non andava.
-Che c’è di male? Sono amici- affermò,
sospettoso. Sabrina fece un gesto con la mano, sbrigativa.
-Riccardo è un coglione a starle ancora dietro-
I ragazzi si guardarono, straniti, ma
lasciarono correre. Quando poi Carmen notò che Sabrina si stava dirigendo verso
il parcheggio, provando a bloccarla, le corse dietro.
-Dove vanno?- domandò Flavio,
allungando il collo verso la strada deserta.
-Nulla, lascia stare- risolse Ivan,
avviandosi dietro di loro.
Intanto, sempre più vicine al
parcheggio, Carmen cercava di attirare Sabrina dalla parte opposta della
strada, chiacchierando a vanvera e tenendola per il braccio.
-Ma si può sapere che hai? Voglio fare
un giro- si lamentò lei, liberandosi il braccio dalla sua morsa con un solo
scatto. E, continuando a camminare, era quasi già arrivata dov’è che Chiara e
Roberta ancora placidamente si parlavano nel buio.
-Sabrina, torniamo indietro, su- disse risoluta
Carmen, parandosi davanti a lei.
-Non preoccuparti, non faccio scenate
se li vedo assieme… ammetto di essere un po’ gelosa,
sai che lui sta cominciando a piacermi. Ma prima mi sono fatta prendere troppo,
Chiara è mia amica e so che per me non c’è speranza- mormorò Sabrina,
sconfitta. Ivan, da dietro, le osservava preoccupato.
-No, dai, torniamo indietro, davvero-
insistette la mora, quasi digrignando i denti. Sabrina la guardò bieca, come se
non stesse capendo a cosa fosse dovuto il suo comportamento.
-Voglio solo salutare Ricky- disse ovvia.
Sabrina evidentemente non aveva capito
che quella non era l’auto di Riccardo, brilla com’era, e ora, di nuovo libera
dalla morsa di Carmen e dallo sguardo perentorio di Ivan, correva verso la fine
del parcheggio vuoto, dove solo qualche gatto randagio di tanto in tanto faceva
rumore.
-Porca troia- imprecò Carmen, cercando
senza successo di tirarsela di nuovo indietro. Intanto Ivan, con dita tremanti,
provò a chiamare Chiara.
-Cazzo, non risponde- ringhiò,
chiamando di nuovo Sabrina a gran voce, nella speranza che le due in macchina
si accorgessero di non essere sole.
-Dio mio, se Sabrina le scopre, Chiara
ci ammazza- piagnucolò la mora, mandandole un messaggio, dopo aver provato
anche lei a chiamare.
-Sabrina, torna qui!- urlò, per un’ultima volta, per
poi prendere fiato e correrle di nuovo dietro.
***
-Mmh, cosa avevi detto sull’andarci piano?-
scherzò Chiara, baciandole lievemente le sopracciglia, mentre Roberta,
sventolandosi il volto accaldato con una mano, le rivolgeva un sorriso
provocante. Si sistemò meglio sulle sue gambe, gettando un’occhiata fuori dal
finestrino per assicurarsi che non ci fosse nessuno ad osservarle.
-Guarda che non stiamo facendo nulla
di male- sussurrò lasciva, allungandosi per baciarle le labbra già schiuse e
accarezzandole la schiena da sotto la t-shirt.
-Si… hai ragione- sospirò pesantemente la rossa,
schiacciandosi su di lei. Roberta strofinò il naso contro il suo collo,
facendola ridere per il solletico. La guardò dal basso, lasciandole un bacio
delicato proprio a lato e abbracciandola affettuosamente. Chiara si chiedeva
sempre come facesse a passare da predatrice assetata di baci alla persona più
dolce e innocente di questo mondo. In realtà, si chiedeva come lei stessa potesse
diventare in certi momenti così… accesa. Da quel
pomeriggio di qualche settimana prima, avevano scoperto quanto fosse bello
baciarsi e sfiorarsi in modo accennato, fuggevole, perché un contatto troppo
prolungato sarebbe stato difficile da reggere. “Dio, è così eccitante!” le era
capitato di ammettere, stesa al buio in camera sua, ma subito dopo arrossiva
come una dannata tanto era l’imbarazzo. Rimase delusa quando, con
un’espressione degli occhi, Roberta le fece capire che era finito il momento
delle coccole particolari,come le
chiamava Chiara nella sua testa. Avrebbe voluto continuare fino a perdersi in
quello che provava, andare alla deriva come una misera barchetta di carta nelle
onde dell’oceano. Si accorse però che Roberta, intimandole di fare silenzio,
indicava il parcheggio vuoto. Si zittì immediatamente, tornando al suo posto e
sistemandosi la gonna. Sentiva il loro respiro affrettarsi e bloccarsi a
seconda dei rumori di passi che provenivano da fuori. Rimasero così a contarli,
finché non si fermarono del tutto e Chiara vide la sagoma di Sabrina,
smerigliata dal vetro leggermente sporco dell’auto, attonita a fissarle.
-Oh, porca puttana-
Il cellulare di Chiara squillò, sui
sedili posteriori. Chiara, nasconditi.