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Autore: Deirbhile    27/08/2013    6 recensioni
Dalla storia:
“Magari è vero che le persone non sono mai come sembrano, Pirandello aveva perfettamente ragione. Ognuno di noi indossa una maschera. Solo che fino ad ora ero convinta che l'unica che usasse Roberta Della Corte fosse una maschera esfoliante per liberare i pori” constatò Chiara.
Chiara e Roberta sono due liceali qualunque: a Chiara piace leggere e studiare, stare in mezzo alla natura e portare i capelli rossi legati in una treccia. A Roberta piace ostentare la sua bellezza statuaria, mostrarsi in centro a fare shopping con il suo ragazzo e nascondere i propri pensieri in fondo all'alcol.
E allora perché, dopo quattro anni passati ad odiarsi, sentono lo strano desiderio di capirsi a vicenda?
Fra amiche iperprotettive, genitori sempre assenti, scontri diretti e qualche attacco di panico, Chiara e Roberta capiranno finalmente che c'è qualcuno disposto a cicatrizzare le loro ferite.
[STORIA CONCLUSA]
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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Angolo dell’autrice: Innanzitutto vorrei scusarmi con tutti coloro che, seguendo la mia storia, hanno dovuto aspettare mesi e mesi perché io mi facessi viva. Mi dispiace non aver potuto mantenere la mia promessa di pubblicare una volta ogni due settimane ( per motivi come viaggi, computer formattati improvvisamente, salute un po’ deboluccia). Ecco il venticinquesimo capitolo, scritto in nemmeno ventiquattro ore… finalmente l’”ispirazione” è tornata. Quindi ringrazio in anticipo ed ancora una volta i lettori  e i recensori che mi sono rimasti fedeli, senza di voi non ce l’avrei mai fatta,davvero! Ora vi lascio alla lettura.

Deirbhile

 

 

 

 

I pomeriggi di inizio giugno passati a casa di Roberta per Chiara furono i più dolci e i più intensi che avesse mai vissuto, come se l’essenza stessa dell’estate le fosse stata iniettata nelle vene e ora le arrossisse le guance, le inturgidisse le labbra coi suoi baci che sapevano di frutti maturi, le riscaldasse la pelle e la carezzasse con la sua brezza carica di aromi lontani. La scuola era finita da appena due giorni e il primo fine settimana libero da ogni impegno si ergeva davanti ai loro occhi come un miraggio finalmente divenuto realtà, carico di promesse di divertimento sfrenato e relax senza fine. Dopo il pomeriggio delle ripetizioni di fisica , come Chiara aveva mascherato a sua madre quei loro incontri clandestini, le scuse erano diventate sempre più fantasiose e Margaret aveva accolto le proposte ogni volta con un cipiglio più dubbioso. “Ma’, vado a correre” (l’unico circuito dove farlo era alla fine del parco, che confinava con casa Della Corte), “Stasera sono a cena da Carmen, non aspettarmi alzata” (ed intanto l’amica faceva il suo dovere, coprendola come meglio poteva), “Papà, mi accompagni in centro? Devo vedere i miei amici, quelli del corso di chimica che ho fatto quest’autunno, ricordi? Per un caffè” mormorava, piena di imbarazzo nel mentire così spudoratamente, ma animata da un’incontenibile voglia di vedere di nuovo Roberta e camminare, parlare, sfogliare i libri della libreria all’angolo, correre al parco per potersi stendere al sole, mangiare un gelato o bere una bibita ai tavolini di un bar nascosto su per dei vicoli semideserti. Carmen la prendeva sempre in giro dicendole che ,da quando c’era Roberta, tutta l’energia che Chiara aveva solitamente impiegato nello studio, nelle sue letture o nello sport si erano finalmente riversate in tutta la loro potenza nella sua vita, rendendola attiva, più creativa del solito, positiva come non lo era mai stata. Gli altri amici ancora si domandavano a cosa poteva esser dovuto quel cambiamento così repentino e inaspettato: Sabrina lo attribuiva alla fine delle fatiche scolastiche, che di solito la rendevano più acida di una spremuta di limone, Flavio insinuava maliziosamente che ora Chiara si sfogava in chissà quale altro modo; Ivan guardava tutti con superiorità, sostenendo di essere l’unico a conoscere l’arcana causa, ma rimanendo con le labbra sigillate sulla questione Roberta. Come da tradizione ormai, quel sabato tutta la compagnia di Chiara avrebbe passato una giornata in spiaggia, visto che il loro paesino di montagna distava poche ore di treno dalla prima località balneare. In una sera calda e serena, di quelle passate in giro con la macchina di Roberta per le vie deserte del paese dopo essere sgattaiolata via dagli amici, Chiara rifletté se non fosse una buona idea portare anche lei. Carmen e gli altri erano rimasti fuori al Black Davil, tutti troppo intontiti dopo innumerevoli brindisi con la birra scura alla fine della scuola, e Roberta l’aveva raggiunta con la macchina al parcheggio attiguo. Solo Ivan e Carmen si erano accorti della sua piccola fuga, ma l’avevano prontamente taciuta. Così, ora si trovavano tutte e due nella sua elegante Mini Cooper nera, con Roberta che gettava occhiate sempre più ansiose alla strada, mano a mano che si avvicinavano alla zona più abitata, e Chiara che cercava di calmarla, accarezzandole il braccio in quel modo che, sapeva, l’avrebbe fatta impazzire. La verità era che, per quanto loro due vivessero ancora nell’idillio, la paura di essere scoperte continuava, e se per Roberta andava bene che Ivan e Carmen sapessero di loro due, di certo non voleva che le sue “amiche” sospettassero la loro relazione. Così continuava a passare il sabato sera con loro nelle discoteche della zona, rifiutando però qualsiasi tipo di avance da parte dei ragazzetti vestiti di tutto punto che affollavano in quei postacci e cercando di essere convincente nella parte della ragazza appena scaricata e col cuore spezzato. Spesso però un sorriso la tradiva, pensando che un messaggio di Chiara, velato di gelosia, l’avrebbe aspettata una volta a casa. Non ne parlavano spesso nei momenti in cui erano insieme, ma lo spettro di Vanessa o di Angela o addirittura di Massimo sembrava aleggiare a qualsiasi semaforo desolato si fermassero.

-Chiara, ti prego, smettila di accarezzarmi così, mi distrai- ridacchiò Roberta, sospirando di sollievo quando vide che l’ennesima strada si allungava di fronte a loro, senza nemmeno un passante. La rossa rise a sua volta, continuando però imperterrita e anzi aggiungendo anche qualche bacio sulle spalle scoperte, slacciandosi la cintura con uno scatto. Roberta sembrò sbiancare, ma stavolta Chiara sapeva che non era per paura di incrociare qualcuno, ma semplicemente perché ogni qual volta le cose fra di loro prendevano una piega troppo troppo, Roberta arrossiva fino all’inverosimile o diventava bianca come un lenzuolo ad intermittenza.

-Se ci beccano senza cintura a quest’ora, allora altro che Vanessa- borbottò la riccia, rauca, spostando subito lo sguardo sulla strada, senza più distoglierlo. Chiara alzò le mani, tornando al suo posto, non prima di averle mollato un piccolo schiaffetto.

-Scusa, mamma- la rimbrottò, allacciandosi la cintura. Alla radio passò Arms di Christina Perri, addolcendo gli animi di entrambe.

-Questa mi fa venire sempre te in mente- sorrise Roberta, svoltando per riavvicinarsi al pub, dove ancora gli amici ignari le aspettavano, credendo forse che Chiara fosse al bagno.

-Si, anche a me. Sai che è quasi un mese che… insomma… hai capito- gesticolò la rossa, indicando prima lei e poi Roberta.

-E’ quasi un mese che stiamo insieme, si- affermò Roberta, completando la frase per lei, senza esitazione. Incredibile come fosse diventata più coraggiosa, più volenterosa nel far entrare Chiara nel suo mondo, lasciando crollare tutte le sue barriere. Piangendo qualche volta in più, mostrandole tutti i demoni del suo passato nella speranza di trovare difesa fra le sue braccia, come un qualunque essere umano spaventato da troppi anni di repressione, di finzioni, con un peso sulle spalle troppo gravoso per essere lasciato lì. Roberta diceva sempre che desiderava che le cose fra di loro andassero bene, per questo non voleva avere segreti. E parlava a Chiara  delle sue paure, di ciò che provava anche nelle piccole cose, dei suoi desideri, dei suoi sogni. Chiara si sentiva al persona più fortunata del mondo quando, con la riccia mezza distesa su di lei in un altro dei loro pomeriggi passati a fissare il cielo azzurro del parco, la sentiva parlare e parlare di quando aveva dodici o tredici anni, di quando era andata in vacanza in Sardegna e aveva conosciuto una ragazzina che era stata la sua prima cotta, persino di quando Massimo l’aveva rudemente persuasa a fare l’amore, che tanto amore non era. E capiva perfettamente quale era stato il suo timore, quale peso aveva gettato fuori quella sera a Vienna raccontandole di quella situazione, rifiutando di andare avanti con la sua patetica recita. Per questo, quando si parlava di sentimenti, Chiara metteva da parte il suo animo un po’ freddo e incline al silenzio per diventare affettuosa, disponibile all’ascolto, partecipe di qualunque emozione solcasse quegli occhi azzurri che tanto venerava. A quel pensiero, Chiara trattenne un sorriso. Roberta la spronò a parlare, abbassando il volume della radio.

-Io… nulla. Pensavo a quanto è cresciuto  il nostro rapporto in così poco. A come ci siamo fatte bene, l’una all’altra-

La riccia, che nel frattempo aveva guidato con calma fino al Black Davil, spense il motore e si rivolse completamente a lei.

-Tu a me hai fatto più che bene, Chiara. E lo vedo dal mattino, quando mi alzo e penso che sarà un’altra giornata bellissima. Mi hai fatto tornare la voglia di dipingere, di leggere, di guardare il tramonto. Anche se non ci vediamo, io ti sento. Sento che ci sei, che sei tu che mi porti a fermarmi e ammirare il panorama dalla mia terrazza, tu che mi ricordi che non importa quello che dicono Vanessa o Massimo. Che io sono migliore di quello che sembro- mormorò, prendendola delicatamente per mano. Chiara fece per parlare, ma l’altra fece segno di voler continuare.

-Eppure, non so io quanto bene sto facendo a te. Quando ti guardo, mentre siamo a casa mia, da sole, e ascolto il tuo silenzio, mi chiedo cosa passi per la tua testa. Problemi? Non lo so, ma a volte mi sembri così irraggiungibile da farmi paura. Per me ci sei sempre, non mi lasci più cadere, ma io per te sembra non possa far nulla. Mi prometti che, se mai avrai bisogno, ti lascerai proteggere? Che ti fiderai di me, che ti ho come cosa più cara?- 

Chiara rimase leggermente spiazzata, era la prima volta che Roberta affrontava un discorso del genere e, dalla piega che aveva assunto la sua fronte nivea, dedusse che per lei fosse davvero importante. Cercò di parlare, ma sentì un groppo in gola e passarono alcuni minuti prima che pronunciasse parola.

-Io sono particolare, Roberta. Se ho qualcosa da dire, purtroppo, sono abituata a seppellirla dentro finché diventa inevitabile per me liberarmene. E anche in quel caso, lo faccio da sola. Avere qualcuno accanto, sai, a volte mi destabilizza. E’ una cosa così bella, così nuova… ho la mia famiglia a sostenermi, certo, mia sorella, i miei amici… ma mi è sempre mancato qualcuno che capisse- disse, con calma, sforzandosi di vincere quel muro che troppo spesso la portava ad isolarsi, chiudersi e lasciare tutto il mondo fuori.

-E ora, proprio in questo momento, leggo nei tuoi occhi che… tu mi hai capito- concluse, dopo averle gettato un’occhiata profonda e significativa. Roberta annuì, sospirando dal naso, per poi avvicinarsi con calma e baciarla, facendole percepire fisicamente tutto ciò che le aveva detto prima, accarezzandole le labbra come se volesse proteggerla dal mondo intero. E Chiara, per la prima volta, si sentì davvero al sicuro, a casa, come se lì ci fossero tutti i suoi libri preferiti, il camino acceso delle serate irlandesi passate dalla nonna Agnes, come se Roberta fosse il suo gusto di tè preferito e quella macchina la poltrona che dava alla finestra della casa in campagna. Chiara sentì qualche lacrima premere per uscire e un singhiozzo silenzioso fece per spezzare il loro bacio, ma loro continuarono a volersi e a cercarsi, piano, ormai nel loro piccolo rifugio.

                                                                                   ***

-Ragazzi, ragazzi, fermi tutti- rise sguaiatamente Sabrina, portandosi una mano al petto per le troppe risate. Tutt’attorno a lei , i ragazzi erano collassati sul muretto affianco al pub e l’orologio di un palazzo vicino, di quelli vecchi che riempivano il centro storico, rintoccò la mezzanotte. Carmen la guardò, liquida, ridendo ancora senza freno, ma facendo segno agli altri di non far casino per ascoltarla. Ivan gettava occhiate nervose alla strada, aspettando con ansia che Chiara tornasse, mentre Flavio e Isabella, la ragazza che aveva cominciato a frequentare da poco, si scambiavano paroline melense sotto voce e Michela parlava al telefono con Andrea, che era partito per il fine settimana con i suoi cugini.

-Dov’è quella matta di Chiara?- chiese, ora leggermente più seria, la ragazza dalle ciocche colorate. Carmen tossicchiò, affiancandosi ad Ivan e cominciandosi a innervosire.

-E’… Riccardo è venuta a prenderla e sono… a fare un giro?- si inventò di sana pianta, chiedendo conferma al riccio con gli occhi. Quello scosse la testa, Riccardo era fuori città. Sabrina alzò le spalle, inacidendosi, talmente brilla da non ricordarsi quel piccolo dettaglio. Il giorno dopo sarebbe stato facile raggirarla.

-Quei due, sempre assieme. Mi sta sul cazzo che si sentano ancora nonostante Chiara gli abbia spezzato il cuore. Lui è scemo o cosa?- brontolò, allontanandosi dalla baraonda. Ivan alzò le sopracciglia, fiutando qualcosa che non andava.

-Che c’è di male? Sono amici- affermò, sospettoso. Sabrina fece un gesto con la mano, sbrigativa.

-Riccardo è un coglione a starle ancora dietro-

I ragazzi si guardarono, straniti, ma lasciarono correre. Quando poi Carmen notò che Sabrina si stava dirigendo verso il parcheggio, provando a bloccarla, le corse dietro.

-Dove vanno?- domandò Flavio, allungando il collo verso la strada deserta.

-Nulla, lascia stare- risolse Ivan, avviandosi dietro di loro.

Intanto, sempre più vicine al parcheggio, Carmen cercava di attirare Sabrina dalla parte opposta della strada, chiacchierando a vanvera e tenendola per il braccio.

-Ma si può sapere che hai? Voglio fare un giro- si lamentò lei, liberandosi il braccio dalla sua morsa con un solo scatto. E, continuando a camminare, era quasi già arrivata dov’è che Chiara e Roberta ancora placidamente si parlavano nel buio.

-Sabrina, torniamo indietro, su- disse risoluta Carmen, parandosi davanti a lei.

-Non preoccuparti, non faccio scenate se li vedo assieme… ammetto di essere un po’ gelosa, sai che lui sta cominciando a piacermi. Ma prima mi sono fatta prendere troppo, Chiara è mia amica e so che per me non c’è speranza- mormorò Sabrina, sconfitta. Ivan, da dietro, le osservava preoccupato.

-No, dai, torniamo indietro, davvero- insistette la mora, quasi digrignando i denti. Sabrina la guardò bieca, come se non stesse capendo a cosa fosse dovuto il suo comportamento.

-Voglio solo salutare Ricky- disse ovvia.

Sabrina evidentemente non aveva capito che quella non era l’auto di Riccardo, brilla com’era, e ora, di nuovo libera dalla morsa di Carmen e dallo sguardo perentorio di Ivan, correva verso la fine del parcheggio vuoto, dove solo qualche gatto randagio di tanto in tanto faceva rumore.

-Porca troia- imprecò Carmen, cercando senza successo di tirarsela di nuovo indietro. Intanto Ivan, con dita tremanti, provò a chiamare Chiara.

-Cazzo, non risponde- ringhiò, chiamando di nuovo Sabrina a gran voce, nella speranza che le due in macchina si accorgessero di non essere sole.

-Dio mio, se Sabrina le scopre, Chiara ci ammazza- piagnucolò la mora, mandandole un messaggio, dopo aver provato anche lei a chiamare.

-Sabrina, torna qui!- urlò, per un’ultima volta, per poi prendere fiato e correrle di nuovo dietro.

 

                                                                                      ***

-Mmh, cosa avevi detto sull’andarci piano?- scherzò Chiara, baciandole lievemente le sopracciglia, mentre Roberta, sventolandosi il volto accaldato con una mano, le rivolgeva un sorriso provocante. Si sistemò meglio sulle sue gambe, gettando un’occhiata fuori dal finestrino per assicurarsi che non ci fosse nessuno ad osservarle.

-Guarda che non stiamo facendo nulla di male- sussurrò lasciva, allungandosi per baciarle le labbra già schiuse e accarezzandole la schiena da sotto la t-shirt.

-Si… hai ragione- sospirò pesantemente la rossa, schiacciandosi su di lei. Roberta strofinò il naso contro il suo collo, facendola ridere per il solletico. La guardò dal basso, lasciandole un bacio delicato proprio a lato e abbracciandola affettuosamente. Chiara si chiedeva sempre come facesse a passare da predatrice assetata di baci alla persona più dolce e innocente di questo mondo. In realtà, si chiedeva come lei stessa potesse diventare in certi momenti così… accesa. Da quel pomeriggio di qualche settimana prima, avevano scoperto quanto fosse bello baciarsi e sfiorarsi in modo accennato, fuggevole, perché un contatto troppo prolungato sarebbe stato difficile da reggere. “Dio, è così eccitante!” le era capitato di ammettere, stesa al buio in camera sua, ma subito dopo arrossiva come una dannata tanto era l’imbarazzo. Rimase delusa quando, con un’espressione degli occhi, Roberta le fece capire che era finito il momento delle coccole particolari,come le chiamava Chiara nella sua testa. Avrebbe voluto continuare fino a perdersi in quello che provava, andare alla deriva come una misera barchetta di carta nelle onde dell’oceano. Si accorse però che Roberta, intimandole di fare silenzio, indicava il parcheggio vuoto. Si zittì immediatamente, tornando al suo posto e sistemandosi la gonna. Sentiva il loro respiro affrettarsi e bloccarsi a seconda dei rumori di passi che provenivano da fuori. Rimasero così a contarli, finché non si fermarono del tutto e Chiara vide la sagoma di Sabrina, smerigliata dal vetro leggermente sporco dell’auto, attonita a fissarle.

-Oh, porca puttana-

Il cellulare di Chiara squillò, sui sedili posteriori. Chiara, nasconditi.

 

  
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