Primo
Capitolo
Quando Rose riaprì gli
occhi la luce era sparita e il cono
di vetro anche; sul pavimento del Tardis c’era solo un
mucchio di vestiti, e
per un attimo la ragazza pensò al peggio. E se il Dottore si
fosse sbagliato?
Magari la macchina non ringiovaniva, ma distruggeva.
Poi però si rese conto che nei vestiti c’era
qualcuno, gli andavano solo un po’
grandi.
Un po’, perché
il Dottore era magro, sì,
ma ora al suo posto c’era un bambino
di sette anni al massimo, che dormiva profondamente.
Rose sorrise mentre nel sonno il
piccolo si tolse una delle
Converse, rivelando il piede nudo. Stava per svegliarsi, il che era un
problema. Cosa gli avrebbe detto? Il Dottore l’aveva lasciata
senza la minima
idea di cosa raccontargli per spiegare il fatto che era in un Tardis,
in
vestiti enormi e con una ragazza sconosciuta. Ottimo lavoro, davvero!
All’ennesimo movimento
pre-risveglio del bimbo, Rose prese
un bel respiro, cercando di calmarsi. La cosa migliore sarebbe stata
vedere
cosa il Dottore ricordava di sé stesso e costruire man mano
una storia
vagamente plausibile. Dopotutto aveva a che fare con un ragazzino, non
sarebbe
dovuto essere così difficile. Ce l’avrebbe fatta.
Nel frattempo il Dottore si era
svegliato tirandosi su a
sedere e la stava osservando incuriosito, probabilmente chiedendosi chi
diavolo
fosse e perché lo stesse guardando come se sembrasse sul
punto di esplodere.
“Ehi, ti sei
svegliato!” cominciò Rose, constatando
l’ovvio.
Meglio cominciare dalle cose semplici, si
disse.
Era mille volte meglio passare per
stupida davanti ad un
Signorino del Tempo fin dall’inizio, piuttosto che farsi
sgamare inventando
storie poco realistiche. Per quello che ne sapeva, i Signori del Tempo
potevano
essere super intelligenti anche a sette anni e il mini Dottore
probabilmente conosceva
il Tardis infinitamente meglio di lei.
“Tu chi sei?”
La domanda la fece sussultare. Ok, e
ora cosa gli diceva? Ciao, so che non ti
ricordi di me, ma sono
una tua amica. Viaggiavamo insieme, finché non hai avuto la
brillante idea di
mangiare larve velenose e tornare bambino. Comunque mi chiamo Rose,
piacere. Ma
andiamo!
“Mi chiamo Rose”
Avrebbe riflettuto sui dettagli più avanti,
si disse. “Tu come ti chiami?” Ripensandoci, il
Dottore non le aveva mai detto
il suo vero nome, nonostante i suoi sforzi, e lei aveva rinunciato
anche
abbastanza presto, chiamandolo come lui desiderava. Ma ora aveva la
possibilità
di scoprirlo ed era piuttosto eccitante.
Il Dottore piegò la testa
di lato guardandola confuso. “Non
me lo ricordo”
L’entusiasmo di Rose si
sgonfiò come un palloncino bucato. Ovviamente,
pensò.
“Cosa ti
ricordi?” Chiese allora, cercando di non sembrare
delusa. “Da dove vieni?”
“Non lo so”
rispose spaventato. Probabilmente stava
realizzando in quel momento di non ricordare nulla, era ovvio avesse
paura. Lei
al suo posto sarebbe già scoppiata in lacrime. E il suo
terzo grado non aiutava
di certo.
“È tutto a
posto” cercò di tranquillizzarlo lei,
avvicinandosi poco a poco. “Se non sai come ti chiami ci
inventeremo noi un
nome che ti piaccia, mh?” gli sorrise “Che ne dici
di John? Ti piace?”
Il Dottore annuì, prima di
aprirsi in un sorriso timido. Era
adorabile nonostante gli occhi e il nasino rossi.
“Bene John” disse
Rose in tono scherzosamente pomposo,
alzandosi in piedi “ andiamo a trovarti dei vestiti
adatti”.
Il bimbo non se lo fece ripetere due
volte e si tirò fuori
dagli abiti del vecchio sé, calpestandoli con i piedini
nudi. Rose si ritrovò a
pregare che non li rovinasse, perché il Dottore non le
avrebbe mai perdonato il
completo sgualcito, non importava fosse stata la propria versione
infantile a
camminarci sopra.
Lo prese per mano e si diresse verso
il corridoio. Se non
ricordava male, la terza porta a destra del quinto corridoio a sinistra
era un
centro commerciale. Sperava solo di non sbagliarsi, perché
il bimbo oltre ad
essere scalzo era completamente nudo, e non voleva doversi preoccupare
di un
Signorino del Tempo con la febbre.
Come credeva, spalancata la porta si
ritrovò a vagare tra i
negozi deserti – tutti aperti e con la merce in mostra
– di un grande
magazzino.
Alla sua destra, i manichini della
vetrina più vicina
esponevano vestiti all’ultima moda per i bambini londinesi
dai zero ai dieci
anni, perciò si affrettò da quella parte cercando
di scacciare la visione di
fantocci di plastica cerebro-controllati.
“Ok, ora io e te cercheremo
qualcosa di adatto da metterti
addosso. Che ne dici di questi?” lasciò andare la
mano del bimbo e agguantò una
maglietta rossa e un paio di jeans. Piuttosto anonimo come
abbigliamento, a
dire il vero, ma la sua priorità era vestirlo e evitare che
si ammalasse. Due
cuori o meno, era pur sempre un bambino nudo in giro per un centro
commerciale.
“Da quella parte c’è il reparto intimo,
e in fondo a destra troviamo le scarpe”
continuò guardandosi intorno.
John però non sembrava
pensarla come lei.
“A me non
piacciono!” sbuffò contrariato “Sono
noiosi!”
A quanto pareva il
Dottore aveva uno strano gusto nel vestire fin da bambino. Non si
sarebbe
stupita nel vederlo girare fiero con il completo del sé
stesso adulto, adeguatamente
rimpicciolito.
“Va bene” cedette
“Ti infili questi per evitare di ammalarti
e poi possiamo fare tutti i cambi di look che vuoi”.
Appena cinque minuti dopo, un John in
maglietta, jeans e
scarpe con il velcro passeggiava mano nella mano con Rose, indicando di
tanto
in tanto un negozio e trascinando la ragazza per provarsi qualche nuovo
vestito.
“Guarda lì,
Rose!” esclamò entusiasta all’indirizzo
di un Footlocker “quel
cappello è
meraviglioso!”
“È anche troppo
grande per te” rispose l’altra entrando nel
negozio per prendere il cappello NY che tanto piaceva al Dottore.
Il piccolo glielo tolse dalle mani e
se lo calcò in testa,
mettendolo di traverso come lo aveva il manichino. Il cappello gli
appiattiva
il ciuffo facendoglielo finire negli occhi e aveva un orecchio dentro e
l’altro
fuori.
“Ti sta bene”
disse Rose cercando di non ridere.
“Non è
vero!” si imbronciò contrariato l’altro,
togliendoselo. “Stai ridendo!”
“Non sto ridendo”
replicò prontamente Rose, costringendosi a
tornare seria “Ma credo sia ora di provare qualche altro
stile” sentenziò,
mettendosi il cappello e prendendo il bambino per mano.
Un infinità di outfit
dopo, Rose era stremata. Aveva anche
comprato – ma forse non era il termine giusto, dato che non
c’erano commessi a
cui pagare – una macchina fotografica e aveva immortalato
tutto ciò che John si
era provato, ma il piccolo era ancora alla ricerca dell’abito
perfetto. La
ragazza non avrebbe mai detto che il Dottore fosse un fanatico della
moda.
Probabilmente era solo strano.
“Rose, Rose!” il
ragazzino le corse incontro con ancora
indosso il vestito da cowboy. L’ultima fermata era stata il
negozio di costumi,
ed era stata costretta a provare tutti
gli abiti delle principesse Disney, con tanto di coroncine e scarpette
varie.
Sperò solo non le avesse trovato qualcosa da mettere,
perché era esausta dopo tutti
quei cambi d’abito.
Il Dottore aveva preso la situazione come un gioco e insisteva nel
cercare un
nuovo look anche a lei, nonostante non avesse trovato niente che gli
piacesse
veramente per sé. Saltava da uno stile all’altro;
il più quotato al momento era
quello dark, ma aveva finito per non piacergli più una volta
entrato nel
negozio di costumi. Trovare un abito che lo conquistasse sembrava
impossibile,
si stava giusto dicendo Rose, quando il bambino richiamò la
sua attenzione.
“Guarda! Ho trovato le
scarpe!” fece tutto contento,
mostrando fiero le converse rosso bordeaux che aveva ai piedi.
Rose si dette un
ceffone mentale. Ma certo!
“Sai, credo di aver trovato
l’abito adatto a te” replicò
allora, non senza un po’ di soddisfazione.
Era anche ovvio e si stupì
di non averci pensato prima. Si
sarebbe risparmiata di girare come una trottola per negozi, per prima
cosa.
Adorava fare shopping – non come sua madre, certo –
ma il mini Dottore era
instancabile, non si fermava un attimo e aveva messo a soqquadro tutti
i negozi
in cui erano stati, costringendola a rimettere a posto ogni reparto che
visitavano. Non che ce ne fosse bisogno, il centro commerciale era
vuoto, era
solo la forza dell’abitudine.
Come stava dicendo, era sicura di
aver fatto centro, questa
volta.
Camminarono ancora un po’,
alla ricerca del negozio giusto e
Rose stava quasi per arrendersi in favore di qualcosa da mangiare
– era
stancante fare su e giù senza sosta per negozi, ed era certa
avesse perso
almeno un chilo nell’aiutare John a vestirsi –
quando vide la vetrina che stava
cercando. Abiti da cerimonia.
Si lasciò andare a un
gridolino di vittoria, prima di
trascinare il bambino da quella parte.
Varcata la soglia, il Dottore
lasciò la sua mano correndo
nella sezione delle cravatte e i farfallini, sicuramente gli elementi
più
colorati del negozio. Era circondata da completi sui toni del nero,
grigio e
bianco e qualche marrone. Stava per richiamare John e andarsene quando
in un
angolo vide un manichino con un completo gessato blu, identico a quello
del
Dottore.
Non entrava spesso in posti del
genere – Mickey non era il
tipo che si vestiva elegante – ma era abbastanza sicura ci
fosse anche una
sezione per i bambini, perciò si mise a cercare meglio e
dietro un separé trovò
quello che cercava, con file e file di manichini a grandezza bambino
con
addosso camicie, pantaloni eleganti, bretelle e papillon. Non credeva
che quel
posto fosse così grande.
Ora doveva solo trovare
la copia ridotta del gessato blu del Dottore, il che non
era
propriamente semplice, considerando la quantità abnorme di
vestiti che aveva
davanti.
Aveva bisogno di una mano e
l’unico aiuto disponibile era a
giocare con i papillon nell’altra stanza.
Tornò indietro e
lanciò uno sguardo all’ingresso; John non
si era mosso da lì, aveva semplicemente preso tutte le
cravatte a cui era
riuscito ad arrivare e stava cercando di legarsene il maggior numero
possibile
al collo, seguendo le istruzioni del video tutorial che trasmettevano
no-stop
dallo schermo piatto del negozio.
Inutile dire che non era riuscito a
farne uno decente o che,
come minimo, non sembrasse un cappio pronto a strozzarlo.
“John” lo
chiamò la ragazza divertita “puoi posare quelle
cravatte? Penso di aver trovato l’abito adatto a
te” gli disse con un sorriso.
Il bambino si alzò in
fretta e, con ancora un paio di
cravatte allentate al collo, la raggiunse.
Rose sorrise di nuovo e si
affrettò a mostrargli il completo
blu che aveva visto. Sperò solo gli piacesse,
perché non credeva avrebbe retto
altri outfit folli e corse da un negozio all’altro.
Osservò gli occhi del
piccolo illuminarsi e capì di aver fatto centro. Finalmente!
“Ti piace?”
chiese per conferma.
“È
stupendo!” esclamò contento l’altro,
distorcendo appena
la “s”. Probabilmente gli mancava qualche dentino. Adorabile, pensò Rose.
“Ora, questo qui
è un po’ grande” spiegò la
ragazza sotto lo
sguardo concentrato del bimbo “perciò dobbiamo
cercare lo stesso modello, ma
della taglia giusta, di là” indicò con
un cenno della testa il divisorio “Mi
aiuti?”
Il Dottore non le diede neanche il
tempo di finire la
domanda e corse immediatamente al di là della tenda sotto lo
sguardo divertito
di Rose che, ridacchiando, lo seguì.
Dopo aver messo a soqquadro
l’ennesimo negozio – Rose aveva
una mezza idea di far ripulire tutto
il centro commerciale al Dottore una volta tornato adulto –
erano riusciti a
trovare il gessato blu che tanto cercavano.
John aveva un modo tutto suo di
cercare, a dire la verità:
lanciava in aria più vestiti possibili, affermando che
quello che volevano
sarebbe rimasto in alto fluttuando.
Non era andata proprio
così, ma tra i tanti mucchi che il
bambino aveva sparso per il negozio Rose era riuscita a trovare quel
dannato
completo.
“Ecco fatto”
esclamò dopo aver chiuso tutti i bottoni “manca
solo un piccolo dettaglio”. Prese una delle due cravatte che
il piccolo si era
portato dietro – quella rosso bordeaux con i disegni blu
– e gliela annodò al
collo “Perfetto” sorrise.
John corse subito al primo specchio
disponibile, per
ammirarsi.
Sì,
era decisamente un
fanatico della moda, pensò Rose mentre lo
osservava specchiarsi
meravigliato, cercando la posizione migliore e facendo piroette per
guardarsi
da tutte le angolazioni.
Gli stava davvero bene e, anche se di
solito era strano
vedere un bambino di sette anni in un abito tanto elegante, lei era
sicura non
sarebbe riuscita a vederlo in nessun altro modo se non vestito
così. Era pur
sempre il Dottore, nonostante l’età, e non era
tipo da magliette e jeans a
quanto pareva.
Il brontolio dello stomaco di John la
riscosse dai suoi
pensieri.
“Cosa abbiamo qui, un orso?” lo prese in giro, ridendo “Andiamo, ho fame anch’io”.
Note
dell’Autrice:
Ciao a tutti! Rieccomi come promesso
con il primo capitolo. Passiamo alle cose pseudo-importanti:
Prima di tutto, penso che il martedì sarà, in
linea di massima, il giorno di pubblicazione, ma potrebbe variare a
seconda dei miei impegni. In ogni caso, ve lo farò sapere.
Martedì prossimo, quindi, dovrebbe arrivare il secondo
capitolo, che ho quasi terminato di scrivere. Speravo di portarmi un
po' avanti con il lavoro, ma a quanto pare sono anche più
indietro di quanto pensassi :/ Dal 5 all'8 non ci sarò, e di
conseguenza non potrò scrivere, ma cercherò
comunque di farvi avere il terzo capitolo Martedì 10.
Per quanto riguarda i capitoli, avranno pressocchè tutti la lunghezza di questo e in ogni caso cercherò di non farli più corti di 2000 parole.
Beh, che dire, spero il capitolo vi sia piaciuto, ringrazio chi mi segue/preferisce (O___O Pazze!) e chi ha recensito il prologo: mi fate davvero felice. Se voleste lasciarmi un commentino anche a questo capitolo ne sarei onorata :)
Al prossimo capitolo!
Baci,
L.