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Autore: Violet Tyrell    27/08/2013    4 recensioni
Laryon, Cuore della Stella. Anno 11110 dell'era degli Dei. Sabino, dio deposto della volta celeste, ha l'occasione di vendicarsi dell'affronto subito millenni prima dai suoi fratelli maggiori e intende portare il regno di nuovo sotto il suo dominio. Re Edmund tenterà di impedirglielo chiamando a raccolta i migliori guerrieri del regno e pregando affinchè gli Dei tornino a farsi sentire.
Ma una vittoria è tutt'altro che auspicabile, Laryon è divisa in tre parti: Punta Ovest - culla nobile delle arti, della scienza e del Sapere - e Punta Est - patria senza regole fisse e dimora di viandanti e religiosi - sono in guerra da millenni e sono intenzionati a continuare su questo sentiero anche se entrambi i popoli sono uniti da una sola cosa, ovvero la totale fedeltà al re di Laryon. Il resto del regno non si schiera con questi popoli, preferendo occuparsi di altri argomenti e dei continui attacchi da parte dei piccoli e grandi criminali.
A Edmund resta una sola possibilità: raggiungere la Penisola degli Dei, oltre il Ponte dell'Inferno che collega Laryon a un luogo inaccessibile agli umani. L'arrivo della giovane Kirsi a palazzo sarà solo la pietra iniziale per quella che sarà la guerra.
Genere: Fantasy, Generale, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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laryon efp

Una piccola premessa prima della lettura: si tratta di un esperimento personale che porterò avanti sia che piaccia oppure no, lo sto pubblicando qui soltanto perchè ci tengo a condividerlo con voi al fine di avere delle opinioni - positive o negative non ha importanza - che mi aiutino a capire cosa può essere migliorato :=)
Nei limiti del possibile ho cercato di inventare tutto io, anche se di sicuro ci saranno degli elementi comuni ai fantasy: purtroppo ci sono degli enigmi che risolverò molto più avanti perciò vi avviso di questi già da ora^^ Ringrazio sentitamente chi vorrà spendere un po' del suo tempo per farmi avere un'opinione; mille grazie anche ai miei amici di FB che hanno contribuito ad aiutarmi coi loro consigli/incoraggiamenti e tutto quanto. Questa storia è dedicata anche a loro. Posterò dei disegni più avanti che mi sono stati fatti da Ikumi e che ringrazio di cuore


Copyright - l'autrice è la sola detentrice di tutto ciò che leggerete, dalla storia ai personaggi, alle varie invenzioni e tutto. Non copiare in alcun modo: morde, e molto forte.


Laryon, il Regno delle Tre Punte

Laryon Tales
  Libro primo: verso Punta Nord, alla ricerca degli antichi Dei.



Capitolo Primo.

Prologo. Anno 5555 dell'epoca degli Dei.

Castello delle Divinità, penisola degli Dei.


Esiste un posto dove le divinità possono essere uomini: la penisola degli Dei, dove l'umanità finisce e in cui incontra la conoscenza superiore e la assorbe per farla diventare parte di sè. Ed è in quel posto che siamo diretti, nello stesso luogo in cui la nostra natura ci sarà finalmente chiara: il Ponte dell'Inferno è l'unico spazio in cui gli uomini possono proteggere ciò che li ha resi tanto forti da affrontare tutti i pericoli per raggiungerlo. L'ultimo baluardo che permette agli Dei di capirci e sostenerci: non più Dio e umano ma una mente sola, con un cuore e un obiettivo unico. Cosa ci sia oltre non ci è dato saperlo, ma il giorno in cui lo raggiungeremo tu sarai al mio fianco e finalmente mi capirai.

- Kyosuke, leader of Crystal Forest and Mind Master -


"Ho detto no! Non possiamo ucciderlo, mi rifiuto di appoggiare questa proposta!"


La donna si alzò in piedi, brandendo il suo scettro d'alabastro nero, la furia che l'avvolgeva: indossava una lunga veste d'argento impreziosita da decorazioni nere che simboleggiavano la Morte. Era alta, biondissima, con occhi neri e pelle diafana: il corpo era perfetto, e sulla testa portava un diadema nero che brillava di luce propria. Natasha, la Dea della Morte e della magia nera, era irresistibile agli occhi di chiunque: del resto la Morte doveva apparire come un premio agognato, un desiderio impossibile da soddisfare. Il riposo eterno, oppure una continua dannazione. Agli umani Natasha piaceva molto, e anche lei li adorava dal momento che erano loro che chiamava a sè. Un sospiro si levò dall'altro lato della sala.

"Sorella, Sabino ha già abusato della nostra pazienza: la tua richiesta è stata accolta in precedenza e forse non avremmo dovuto farlo. Ora non possiamo chiudere nuovamente gli occhi e lasciare che Laryon venga distrutto per la sua follia vendicativa, non dobbiamo renderci complici di un massacro e lasciare che gli umani ci credano ipocriti e si sentano traditi e abbandonati da noi. Non li senti, vero, i loro appelli disperati? Permettere a Sabino di vivere è come sacrificare tutti loro. Preferisco uccidere lui, non chi è privo di colpe. Molti miei valorosi Arcieri sono già periti a causa sua, non sopporterò altri affronti. Io dico di ucciderlo, il  più presto possibile."

La voce di Umildur era profonda e radicata: il Dio della Natura sedeva sul suo trono fatto di tronchi d'albero e piante rampicanti di un verde splendente, e non aveva esitato a rispondere alla sorella furiosa. Era vestito come uno dei suoi amati Arcieri – con un'armatura fatta di muschio e legno di quercia lavorato, e un arco di antica forgia nella mano destra -, e tutti lo guardavano male per questo. A Umildur non interessava presentarsi in maniera formale, lui viveva in mezzo a ciò che proteggeva, ne aveva persino una vaga somiglianza: alto, robusto, aveva lunghi capelli rossi in disordine, con la fronte lasciata libera grazie a una fascia verde che teneva i ciuffi ribelli a bada. I suoi occhi erano neri e profondi, e sul mento aveva una barba poco folta, molto simile a un pizzetto.
Dei fratelli era quello con l'aspetto più selvaggio: in questo gareggiava con lui Thormund, costantemente armato di spada ed egida, mentre Balanthar era fin troppo etereo per sembrare reale con l'aspetto da eterno ragazzino, esattamente come i suoi amati spiriti. E poi c'erano le sorelle: Natasha, la maggiore, era la più bella, ma anche Dorota e Seala avevano il loro fascino. Una volta lui e Dorota avevano avuto una relazione incestuosa, e di tanto in tanto si incontravano per uno o più motivi innocenti, ma non l'avevano mai resa pubblica. Per loro che erano Dei, l'incesto non era reato, tuttavia dovevano dare l'esempio agli uomini.
Seala, la maga che dominava gli elementi e la magia arcana della mente, era relativamente bassa e vestita di un'armatura color arcobaleno: i capelli erano raccolti in tre trecce ed erano di un azzurro intenso, proprio come i suoi occhi. Per quanto molti la potessero credere simile a una principessina viziata, la Dea era tutt'altro che legata alle convinzioni e aveva l'aspetto di una donna saggia ed esperta. Ora sedeva tranquilla sul suo trono di ghiaccio – l'elemento che più la rappresentava tra tutti – mentre loro dibattevano, lo sguardo acuto e l'espressione attenta sul volto. L'attenzione di Umildur si spostò sull'altra sorella e ammirò l'aggraziato profilo di Dorota, che si era appena alzata a sua volta per parlare: sapeva già cosa avrebbe detto, tra loro non c'erano segreti.

"Sono d'accordo, siamo stati fin troppo clementi. Anche i miei Cerusici hanno perso la vita, oppure sono stati resi schiavi: Sabino ci ha già traditi e catturarlo non è stato facile: io e Umildur forse abbiamo commesso un errore nel non riferirvi che lo stavamo controllando, ma alla luce di ciò che è accaduto stanotte sono sicura che abbiamo preso la decisione giusta. Thormund, Seala e Balanthar, voi che cosa pensate?"


Dorota, la Dea della Guarigione che aveva serici capelli neri e una veste dorata lunga fino ai piedi, si appellò agli altri fratelli: era importante avere un'idea delle loro opinioni e temeva che Natasha sarebbe rimasta delusa. Dopotutto era consapevole di avere agito scorrettamente rivolgendosi al fratello, ma se c'era qualcuno di cui si poteva fidare senza riserve, quello era proprio Umildur: di solito il protettore degli Arcieri tendeva a prendere le distanze e si manteneva neutrale, lasciando che le lotte per il potere interno avvenissero tra Natasha, Thormund e lei. Invece per una volta tutto era andato diversamente, tanto che si era sorpresa quando Umildur aveva accettato di aiutarla, controllando Sabino e ciò che combinava nel mondo degli umani.

"Proprio tu, sorellina, vuoi graziarlo? Non vedi come ti ha usato?"


La voce delicata di Balanthar era una frecciata diretta al cuore di Natasha: lei, che era la più grande tra loro – e che aveva ottenuto quindi il diritto di regnare sulla Morte – era da sempre stata molto legata a Sabino, molto più che a tutti loro. Lo aveva cresciuto come una madre e tutti sapevano che il tradimento le dava molto fastidio; Balanthar pareva uno spirito a sua volta, tuttavia in quel momento era più pratico che mai. La sua veste nera era quasi spettrale ed era privo di capelli.
Sabino aveva sfruttato l'affetto che la sorella maggiore aveva per lui, e aveva quasi ucciso tutti loro. Lui era stato tra coloro che avevano insistito per dare una seconda chance al fratello minore, reo di avere tentato di impadronirsi delle loro anime per distruggerli. E non avrebbe più commesso lo stesso errore.

"Sabino non merita più la nostra fiducia: pensavamo che togliergli lo status divino e renderlo umano fosse sufficiente, invece ha schiavizzato Laryon e ridotto a terra morta il regno che avrebbe dovuto proteggere. Un re fa questo... Propongo di ucciderlo e relegarlo nei meandri più oscuri del regno degli Spiriti, così Balanthar lo terrà d'occhio facilmente."

Seala aveva una voce dolce e armoniosa persino quando parlava di spargere sangue: gli sguardi di tutti si spostarono su Balanthar, che annuì annoiato. Umildur sapeva che Seala era estremamente saggia, infatti lo stava mostrando nuovamente: limitarsi a uccidere il fratello sarebbe stato inutile, probabilmente Natasha si sarebbe lasciata intenerire nuovamente, liberandolo e portandolo in vita. Balanthar era più distaccato, e ciò lo rendeva adatto.

"D'accordo. Ma lo ucciderò io: non dimenticherà mai questo giorno, ve lo giuro! Credevo che Laryon significasse qualcosa per lui, invece... fratelli e sorelle, incontriamoci alla sua prigione tra due ore esatte!"


Natasha, vistasi sconfitta, accettò la decisione pur ponendo i propri veti: si separarono tutti, dandosi appuntamento nei sotterranei del loro palazzo, dove Umildur e Dorota avevano incatenato il traditore in attesa del loro giudizio.

Rimasta sola nella propria principesca stanza, la Dea della Morte si sentì inutile: sapeva quanto i fratelli avessero ragione e non dubitava della saggezza di quella decisione, eppure non poteva evitare di odiarli. Tutti. Aveva sperato che Umildur, dichiaratosi neutrale nella loro prima decisione avvenuta alcuni anni prima, lasciasse anche questa volta la decisione agli altri... invece no. Non riusciva a capirlo, non gli era mai importato nulla dei suoi stupidi Arcieri, ed ecco che di colpo decideva di prendere una posizione bellicosa; Natasha si sedette sul letto, chiedendosi se non avesse fatto meglio a colpire a tradimento i fratelli, liberare Sabino e dominare sul mondo assieme a lui senza ulteriori spargimenti di sangue.
'Chi voglio prendere in giro? Hanno ragione, se si fosse trattato di un altro di loro – chiunque – lo avrei già giustiziato.'

Le seccava dover ammettere quelle parole, ma si era veramente lasciata irretire dal suo fratellino; lei, la prima dell'era degli Dei, aveva sempre voluto bene al più piccolo, complice il fatto che la madre era morta subito dopo. Sabino era stato un bambino adorabile, che si era trasformato in un affascinante giovane Dio: quando era giunto il momento di spartire i domini ai fratelli e alle sorelle, Natasha aveva lasciato per lui la parte migliore. Il Cielo. La volta celeste che dava poteri praticamente illimitati, che dominava sul giorno e sulla notte, e che poteva spazzare via tutto se fosse crollato; per sè aveva preso la Morte, da sempre affascinata dal potere di poter spezzare la vita a chi non la meritava, oppure offrendola come compenso agli eroi. Le piacevano i guerrieri, di qualunque genere, e spesso li premiava con una notte d'amore indimenticabiliìe, uomini o donne che fossero: li lasciava nell'illusione di poterla domare, senza sapere che in realtà la mattina successiva non avrebbero respirato mai più. Poi resuscitava i loro corpi, tenendoli come suoi schiavi eterni, tutto perchè li adorava. Natasha non si sarebbe mai privata del piacere che le davano, né avrebbe smesso di cercare la compagnia dei loro ultimi momenti; era qualcosa che andava al di la di qualunque appagamento fisico, era la certezza di aver compiuto fino a fondo il suo dovere. Li amava come se fossero anche loro suoi fratelli, e tutti sapevano quanto Natasha fosse legata alla famiglia.
Ma più di tutti sapeva che era Sabino il suo preferito, che un tempo aveva persino allattato personalmente perchè era la sola a poterlo fare; un tempo aveva anche accarezzato l'idea di lasciare che si prendesse anche il suo corpo, ma l'idea di infangare un rapporto tanto puro l'aveva sempre spaventata.
Eppure – come avevano detto gli altri – si era lasciata usare: Sabino era cambiato senza che nessuno se ne accorgesse, indossando una maschera mentre complottava di assassinarli, lei compresa. Aveva i brividi. Ricordava ancora la notte in cui Dorota era venuta da lei, accompagnata da Seala, implorandola di fare qualcosa: il Dio del Cielo era stato scoperto dalle due sorelle mentre metteva a punto alcuni esperimenti oscuri ed era fuggito.
Temporaneamente: Sabino, per quanto intelligente e scaltro, era stato trattenuto da Balanthar, incontrato casualmente durante la fuga e il ritardo gli era costato tutto. Natasha ricordava le lacrime amare versate quando, dopo aver privato il fratello del suo potere divino rendendolo umano, si era trovata sola: adesso era solo una conferma, il vero colpo lo aveva ricevuto tanto tempo prima.

Raggiunse i sotterranei: Sabino era controllato personalmente da Dorota, Balanthar e Thormund mentre Umildur, nella sua forma animale di possente tigre nera, sembrava del tutto indifferente alla scena anche se i suoi occhi dorati non si perdevano nessun movimento. Sabino era rannicchiato in posizione fetale e Natasha notò come fosse invecchiato da quando l'aura divina lo aveva abbandonato: il bel giovane dai lunghi capelli biondi, gli occhi neri e lo sguardo etereo di un Angelo non c'era più, l'uomo che era stato catturato era vecchio e dall'aspetto repellente. Molte cicatrici ricoprivano il corpo nudo e perdeva molte ciocche di capelli ormai bianchi.

In cinquantacinque anni era davvero diverso da loro: gli Dei dimostravano svariate età, ma durante gli anni umani il processo di invecchiamento era così lento che dopo ben 5555 anni, solo Thormund ne dimostrava circa quaranta. Anche Umildur, per quanto di aspetto selvatico, poteva essere scambiato per un aitante trentenne... poi loro sorelle ne dimostravano a malapena venticinque. Balanthar era talmente etereo che pareva fatto d'aria e più che vecchio, sembrava antico.
Ma Sabino era davvero diverso e Natasha lo riconobbe solo dagli occhi: era il solito sguardo che le rivolgeva, quello da cucciolo che era in grado di piegarla in ogni modo. Di quella notte gli Dei ricordarono solo la promessa del loro fratello ormai definitivamente rinnegato: pagherete.
Soprattutto tu, sorella!

L'alba seguente fu rossa. La morte di Sabino fu annunciata agli umani da Dorota, apparsa in un'illuminazione angelica agli occhi di tutti gli abitanti di Laryon: quella notte vennero sollevati molti calici di vino e succo d'uva, un potente concentrato alcolico particolarmente apprezzato durante le feste e dai Cerusici per via dei suoi poteri curativi. La leggenda racconta che nessuno degli Dei scese nel mondo degli umani, troppo sconvolti da ciò che erano stati costretti a fare.

Altri, invece, sostenevano che si fossero dati ai festeggiamenti a loro volta e che avessero coronato il tutto accoppiandosi con molti umani; voci differente, più vaghe e incerte, davano per certo che l'uccisione di Sabino li avesse spiritualmente resi vulnerabili.

Due fatti concreti sono giunti ai giorni più recenti, avallati da molte testimonianze: il primo fu che Sahila, la celebre donna guerriera che Sabino si era scelto come guardia del corpo e compagna di letto, era stata benedetta dagli Dei. Fonti precise e accurate raccontano come Natasha, per quanto distrutta dal dolore di aver dovuto punire un fratello, abbia impedito che la Morte si appropriasse di una guerriera tanto fedele quanto coraggiosa da rivoltarsi contro il re a cui aveva giurato fedeltà e ucciderlo in nome della pace di Laryon. Il contraccolpo – dovuto al latente potere divino rimasto in Sabino – aveva fatto a brandelli il giovane corpo della temeraria guerriera, tuttavia il suo spirito era stato salvato da Balanthar e sottoposto alla benedizione di tutti gli Dei. Numerosi templi sorsero nel corso dei millenni in onore di una guerriera giusta e coraggiosa, ma il più importante era stato costruito nei giardini interni del palazzo reale, nell'esatto punto in cui la spada di Sahila aveva trafitto il corpo mortale del re traditore. Gli Dei avevano voluto che esistesse una prova vivente del vero spirito di un guerriero di Laryon da tramandare alle future generazioni di umani.

La seconda certezza fu la nomina, da parte del Consiglio del Re, di Thomas – il fedele consigliere – a re: l'uomo, già sposato e padre di molti figli, generò quindi una successione duratura a Laryon e rendendo giustizia al regno. La storia racconta delle sue numerose opere per iniziare a tracciare la via della pace: nei millenni successivi, infatti, Laryon si fece conoscere come terra non amante della belligeranza e adatta a chi desiderava la pace. Non somigliava per nulla a luoghi lontani come l'isola della Bellezza – la cui stessa esistenza si basava su un fiorente commercio dell'oro e dell'argento, e dove i poveri più disagiati potevano possedere alcune minuscole pepite -, oppure come posti inospitali come il Deserto Rosso e Punta Nord – in cui vivere era impossibile -, oppure a Punta Est e Ovest che divideva ben due regni perennemente in lotta.

C'era un'altra voce non confermata: prima dell'uccisione di Sabino, Laryon era un regno almeno mille volte più vasto. Si vociferava che la sua furia, esplosa al momento della morte, avesse raso al suolo parecchi chilometri, facendo estinguere la natura, le popolazioni e riducendo il reame a un cumulo di terre ben inferiore rispetto all'opera originale degli Dei. Ora aveva una curiosa forma a triangolo, ed era diventato molto meno ospitale: definito ormai Regno delle Tre Punte, si dice che a Punta Nord si trovi il più pericoloso dei luoghi di Laryon, in cui ghiacciai oscuri hanno condotto la popolazione alla morte o all'isolamento, mentre Punta Est e Punta Ovest, per quanto cambiate dopo il cataclisma, si facevano la guerra da millenni e le due razze di umani tendevano a evitarsi pur di non versare continuamente sangue. La sola cartina in grado di confermare o smentire questa voce pareva trovarsi a palazzo, custodita in un luogo chiuso a chiave da secoli a cui neppure i re avevano accesso.

Nel corso dei millenni gli Dei cominciarono a mostrarsi sempre meno, convincendo inavvertitamente gli umani della loro morte: di tanto in tanto spuntavano alcuni eroi che giuravano di averli visti, oppure di avvertire la loro presenza. Le voci sostenevano che, deboli e ormai sconfitti, la loro era fosse giunta al termine e si fossero ritirati nella penisola degli Dei, un luogo mai visitato dagli uomini e che si poteva raggiungere attraversando i territori nefasti di Punta Nord, legato a Laryon dal terribile Ponte dell'Inferno che si diceva essere l'antro stesso della morte A memoria d'uomo nessuno era riuscito a compiere tale impresa: nel corso dei millenni molti furono i temerari guerrieri che avevano cercato di aprirsi un varco, facendo perdere le loro tracce: i più non riuscivano ad arrivare neanche nelle vicinanze dei ghiacciai, smarrendo la via e vagando per anni sino a morire. Girano voci secondo cui re Wallace, un potente e rispettato Arciere, si fosse avviato in quella direzione, anche se nel corso dei secoli ci furono molte smentite: dopo aver lasciato il trono al figlio, venne visto addentrarsi nella Foresta di Cristallo, sparendo definitivamente.

In tempi più recenti fu il padre dell'attuale re Edmund a tentare, ma i suoi resti furono trovati da alcuni perlustratori avventurosi che dichiararono come l'uomo fosse stato sbaranato da terribili animali mai visti prima.
In verità re Edmund era riuscito ad arrivare a Punta Nord ben due volte, portando con sé un cerusico esperto come conferma, ma le voci sostenevano che si fosse semplicemente addentrato e dunque non l'aveva attraversato completamente.
Anche grazie a tutte queste voci, gli uomini considerarono defunti gli Dei: non era possibile, secondo il loro pensiero, che potessero soggiornare ancora oltre quel luogo nefasto e li avessero abbandonati, costringendoli a patire mille inferni nel tentativo di raggiungerli.


Cuore della Stella. Capitale di Laryon, sede del potere di re Edmund.

Anno 11110 dell'era degli Dei.


"Vostra Maestà, devo ringraziarvi sentitamente per aver accettato di ricevermi: non mi sarei mai sognato di disturbarvi se non si fosse trattato di unavquestione seria. Come promesso, vi ho portato la mia Kirsi, la mia figlia femmina, sperando che possa essere degna della vostra attenzione. Quest'inverno è stato il suo sedicesimo ed è pronta per una relazione importante avendo raggiunto la maggiore età."

La sala delle udienze era la meno sfarzosa di tutto il castello: nonostante la presenza del trono di re Edmund – in oro con intarsi argentati -, la stanza era molto simile a quella del tribunale diretto da mastro Santos, l'ambiguo giudice che agiva per conto del sovrano in persona. Vi era uno scranno poco distante dal re, su cui sedeva il famoso magistrato ricoperto da una lunga veste nera con cappuccio, da cui uscivano alcuni filamenti grigi, parte della chioma che l'uomo possedeva. I suoi occhi scrutavano avidamente la giovane fanciulla, senza lasciarsi sfuggire un dettaglio.

Re Edmund era salito al potere quasi quarantacinque anni prima, quando correva l'anno 11065 del calendario dell'era degli Dei, ormai scomparsi da tempo secondo le credenze popolari: a dodici anni era succeduto a re Connor, il suo valente padre, morto durante il viaggio verso Punta Nord, la patria dei feroci e inospitali ghiacci. Connor era stato un Mago molto stimato, eppure era morto ad appena venticinque anni, lasciando un figlio giovane e una moglie i cui resti erano stati sepolti assieme a lui. Edmund avrebbe voluto opporsi, tuttavia la regina Savannah si era lasciata incenerire senza alcun problema, anche se si era premurata di scegliere una sposa per il suo bambino prima di raggiungere il suo sposo nell'ultimo viaggio che la vita riservava a tutti loro.
Così a diciannove anni Edmund aveva sposato la regale e misteriosa lady Astrea, una potente Visionaria della Foresta di Cristallo: la sposa scelta da sua madre, infatti, era stata troppo giovane per potersi legare a lui in matrimonio sin da subito, tuttavia Edmund aveva atteso paziente, sinceramente innamorato della sua bella fidanzata e colpito dalla sua fragile dolcezza. A dodici anni era ancora una bambina, dall'aspetto squisito ed etereo allo stesso tempo; sembrava troppo delicata per qualunque cosa, eppure aveva sempre presenziato al fianco del suo sposo quando era opportuno farlo. Edmund sorrise sotto i baffi, ricordando i bei tempi andati. Era davvero trascorso troppo tempo.

"Maestà, se mi posso permettere... La beltà di questa leggiadra fanciulla è innegabile, ma avete già lady Midori al vostro fianco."

La voce di Santos somigliava a quella di un felino, un tono ringhioso senza essere offensivo: si limitava a constatare la realtà. La bella Midori era restia ad accettare nuove minacce, e una fanciulla tanto giovane e comparsa d'improvviso non l'avrebbe resa felice. Inoltre le casse del tesoro non avevano bisogno di un'altra arpia desiderosa di svuotarle, questo era certo.

Per un momento Edmund avrebbe voluto rimproverare il suo magistrato, tuttavia sapeva che era vero: non era mai stata sua intenzione prendere una seconda moglie, tuttavia con il tempo la sua amata Astrea era diventata sempre più fragile, fino a spezzarsi nello spirito. Sdraiata in quel letto da ormai trent'anni, c'erano ben poche possibilità che potesse un giorno tornare a essere la regina di tutti; dopo alcuni anni in cui la moglie aveva tentato di dargli un erede al trono e perdendo cinque bambini, la sua forza di volontà era venuta improvvisamente meno. Edmund non avrebbe mai dimenticato il fulmine nero che, caduto dal cielo, aveva colpito in pieno Astrea: tutti i Cerusici più saggi e dotati di Laryon avevano decretato la sua morte, invece la regina era diventata muta e insensibile alla realtà. Alcuni Visionari avevano ipotizzato che potesse essere stata sconvolta da una potente arte illusoria nel tentativo di difendersi dalla forza del fulmine: Edmund trascorreva ore nella stanza a parlarle, nel tentativo di riportarla alla vita, ma dalla sua regina non c'era alcun segno incoraggiante. Si spegneva sempre di più nel letto e tutti, compreso lui, cominciavano a chiedersi quando sarebbe perita definitivamente: la morte sarebbe stata un sollievo, molto più umana di quel gramo destino che l'aveva resa un vegetale.
Edmund aveva atteso prima di sposare Midori, una bella nobildonna figlia di un magistrato e l'aveva fatto solo perchè a Laryon era indispensabile avere un erede. Era molto legato alla sua seconda moglie - che, essendo viziata e indolente, era molto diversa dal mistico fascino spezzato di Astrea -, tuttavia non l'aveva mai resa regina: la sua prima moglie aveva ancora un forte ascendente su di lui, e non gli importava nulla che non potesse parlare o vivere come gli altri. Si rivolse a Santos con un cenno cordiale, anche se formale.

"Grazie, Santos, sono consapevole di ciò che dici, ma hai dimenticato di dire che è la mia prima moglie, la regina Astrea, ad avere la precedenza su Midori. Giovane Kirsi, alzati e vieni avanti: voglio guardarti più da vicino, se me lo consenti."

Edmund parlò con voce incoraggiante, ben sapendo che la ragazza non avrebbe potuto rifiutare: anche se non gli piaceva dare ordini, sapeva che nessuno avrebbe mai osato contraddirlo, specialmente da chi otteneva udienza. In guerra le cose erano differenti, ma tra le mura sicure della città capitale di Laryon la sua parola era la legge stessa; osservò Kirsi muovere qualche passo verso di lui. Solo uno stupido avrebbe potuto non accorgersi dei delicati lineamenti della ragazza: gli occhi a mandorla e la carnagione chiara erano il segno inequivocabile che si trovava di fronte a una straniera, inoltre era più alta di quello che si aspettava da una figlia dell'Oriente. Con la coda dell'occhio guardò Saggio Spenctur, il potente Spiritista che gli stava offendo la figlia proprio come avrebbe venduto un oggetto: i due non si somigliavano perchè l'uomo doveva aver perso il suo fascino molto tempo prima, di certo doveva essere stata la madre di Kirsi a darle un volto tanto magnifico.

Sarebbe stata una bella concubina, non aveva dubbi, ed era anche certo che non si fosse mai coricata con un uomo: di solito le fanciulle venivano date in moglie entro i tredici anni, ma Edmund vedeva il velo virginale negli occhi di Kirsi. Non aveva vissuto quasi sessant'anni senza imparare nulla dalla vita: pensò a Harriet, l'unica sua concubina e a come avesse compreso sin dal primo sguardo che non era una novizia nell'arte dell'amore carnale. Allo stesso modo era certo che la giovane fanciulla di fronte a lui fosse del tutto ignara delle gioie che si potevano trovare in un letto.
Ma quei pensieri non erano per lui importanti; voleva osservare attentamente la giovane per essere certo che potesse essere ciò che cercava. Tutti a Laryon sapevano che lui aveva bisogno di un erede – maschio o femmina poco importava – ed era inondato di richieste simili a quella a cui stava presenziando e fino a quel momento nessuna era stata ritenuta idonea; osservò la lunga treccia scura nascosta da un sottile velo, e la veste rossa che indossava. Strana scelta, quella. Era raro che qualcuno gli presentasse una figlia che ostentava un colore tanto violento: di solito le ragazze erano vestite di bianco, di rosa, oppure di oro! Rosso non si era mai sentito, era il colore della passione che mal si sposava con l'innocenza della giovane.

"Non ti ho mai vista prima d'ora a Laryon... Vieni dalle terre d'Oriente, Kirsi? Quelle benedette dall'oro e dall'argento?

Terre che avrebbe voluto visitare, senza successo: per raggiungere l'Isola della Bellezza – il punto di unione tra occidente e oriente – occorrevano settimane di viaggio in nave, ammesso che si riuscisse a giungere nel porto giusto; la gente di quel luogo era considerata la più bella e affascinante, come se fosse stata benedetta. Del resto quella era la dimora favorita da Gratzianyo, un dio minore edonista che proteggeva la bellezza e che si vociferava fosse ancora vivo; Kirsi pareva proprio provenire da quei luoghi, non sembrava una nativa di Laryon, non con una bellezza tanto squisita. Però potevano esserci molte ragioni per cui non si erano mai incontrati: la ragazza non era di certo mai stata su un campo di battaglia, non aveva proprio l'aria di una guerriera, oppure era semplicemente una di quelle persone che adoravano la casa paterna. Non aveva mai incontrato il potente Spiritista prima di allora, anche se la sua fama parlava per lui. Suo cugino Baldric, che dirigeva l'Accademia sull'isola degli Eletti, gliene aveva parlato bene essendo il mentore degli Spiritisti.


"
Maestà, se mi è concesso... Io e mia figlia ci siamo ricongiunti dopo molti anni di lontananza: la mia defunta moglie era stata rapita e portata molto lontano. Naturalmente negli anni ho cercato invano le sue tracce, finchè non ho scoperto che era stata uccisa durante il viaggio in mare verso l'Isola della Bellezza. Dopo molti sacrifici sono riuscito a trovare Kirsi nel Deserto Rosso e l'ho riportata a casa: ora siamo finalmente una famiglia felice."

Santos fu scosso da un improvviso colpo di tosse: come lui, re Edmund stava pensando che i due potevano sembrare tutto, tranne una famiglia ritrovata, solo che si limitò a fissare la fanciulla che continuava a restare in silenzio. Per un momento, ma proprio soltando uno, il magistrato aveva avuto l'impressione che negli occhi scuri di Kirsi fosse passata una scia di furore, e che volesse aggredire il Saggio padre. Santos registrò mentalmente il buon autocontrollo della giovane, e lo mise da parte; continuava a scrivere, anche se si trattava più di suoi appunti personali.
Edmund, invece, pareva parzialmente colpito e guardava Kirsi con occhi compassionevoli e in parte ammirati.

"
Il Deserto Rosso? Immagino che avrai incontrato altri umani, nessuno sopravvive alle intemperie del luogo: ricordo che Harriet, la mia concubina, mi disse che i suoi fratelli maggiori non tornarono mai da quel luogo... Sono felice che vi siate ritrovati, ma siete sicuro di volermi cedere la vostra bambina, Saggio Spenctur? Al vostro posto mi guarderei bene dal separamene... vorrei conoscerne le ragioni, se non è un problema."

Il re tamburellò le dita sul bracciolo del suo trono, in attesa di una risposta che giunse subito.

"Vedete, Maestà, niente mi farebbe più piacere di avere la mia piccina, tuttavia non è possibile: gli Spiriti sono irrequieti, in questi anni si sono risvegliati persino quelli di cui non avevo mai sentito parlare, e Kirsi li teme. Volevo che diventasse la mia assistente, ma una volta uno degli spiriti – interpretando erroneamente la sua paura – l'ha ferita, e potrebbe essere rischioso. Inoltre suo fratello maggiore è meno tollerante di me e non desidero alcuno scontro tra i miei adorati figli; di recente ho iniziato a pensare a un marito per lei, ma sembra che i gentiluomini siano tutti impegnati, poi ho saputo che siete deciso ad avere un erede al trono, Maestà, ed eccomi qui. Kirsi forse è un po' giovane per voi, ma è ben educata e ha ereditato la bellezza di sua madre: era una donna eccezionale e sento che sarebbe stata contenta di sapere che la piccola è affidata alle cure di chi può proteggerla."

Santos avrebbe voluto scoppiare a ridere, tuttavia il suo ghigno storto restò impassibile, osservando di sottecchi il re per vedere cosa avrebbe fatto: non era difficile da prevedere, il suo cuore si sarebbe intenerito e non avrebbe mai pensato male di un padre tanto amorevole da morire dalla voglia di sganciare la figlia vergine come concubina per un po' di gloria e parecchi denari in oro. Se fosse stato per lui, li avrebbe presi entrambi a calci e li avrebbe rispediti a casa loro.
Edmund rimase in silenzio, limitandosi ad annuire.

"Posso capire. Tuttavia devo decidere se accettarla oppure no... in fondo non siete certo gli unici, sembra che l'intera Laryon abbia figlie da darrmi come concubine. Io non amo per niente questo genere di relazioni, ma vi risponderò quanto prima. Tra tre giorni a partire da domani mattina vi informerò della mia decisione, nel frattempo sarete miei graditi ospiti: Santos, per il nostro Saggio fai preparare un'ala del Tempio degli Spiriti, si sentirà come a casa sua, mentre per la ragazza... Assegna l'incarico a Harriet, sarà felice di avere un'ospite. Potete andare."

Il magistrato sbuffò: non aveva forse detto che si sarebbe intenerito? Di certo a Harriet, la concubina di Edmund, avrebbe fatto piacere conoscere una possibile compagna, tuttavia Santos già immaginava l'espressione sconvolta di lady Midori. Avrebbe potuto scommettere tutti i denari di Laryon che avrebbe trovato un modo per allontanarla da Cuore della Stella il più presto possibile.

Erano trascorsi due giorni ed Edmund si stava allenando in arena: nonostante Laryon fosse un regno pacifico, non mancavano mai gli agguati da piccoli banditi e criminali che cercavano in ogni modo di arricchirsi. A lui piaceva tenersi in allenamento, erano ben pochi i guerrieri della sua età in grado di tenergli testa: ogni giorno di buon'ora si alzava e dopo aver cavallerescamente salutato le sue belle signore – l'etichetta prevedeva da secoli che il re iniziasse la sua giornata rendendo omaggio alle mogli, in ordine di importanza, ed eventualmente anche alle concubine. Si diceva che fosse sinonimo di buon augurio per tutti -, si recava in arena. Di solito era deserta, ma quel giorno il re vide i guerrieri marciare in gruppo, seguendo l'uomo sul cavallo nero.
Edmund aggrottò le sopracciglia: non ricordava che Algar fosse tornato dalla sua missione, ed era interessato a sapere da lui ciò che aveva scoperto, tuttavia era consapevole che se gli altri avessero notato la sua presenza, avrebbero immediatamente interrotto l'esercitazione per rendergli i dovuti onori. A Edmund non piaceva essere sempre riverito, perciò decise che per quel giorno avrebbe evitato di continuare ad allenarsi, raggiungendo la sala dei banchetti dove sicuramente la moglie, la concubina e i suoi graditi ospiti stavano facendo colazione. Con la coda dell'occhio vide, mentre si allontanava, un gruppo di giovani donne sui vent'anni che ochieggiavano con evidente apprezzamente Algar: Edmund sorrise ascoltando le loro parole, ovvero che quando il suo Araldo era presente a palazzo, le donne – di qualunque età o rango – facevano a gara per infilarsi tra le sue lenzuola. E di solito lui non disdegnava le loro offerte da quello che la sua fama raccontava, anche se Edmund non ricordava di averlo mai visto intraprendere una relazione seria con nessuna di loro. E dubitava che sarebbe mai accaduto: l'uomo, ormai superati i trent'anni, ero uno spirito libero che per molti anni era stato un pirata, solcando gli oceani e uscendo vincitore da ogni sfida. Non che fosse obbligatorio, però lui non riusciva a comprendere come poter vivere senza qualcuno da amare veramente a fianco.
Immaginava quindi che quelle donne invidiassero non poco lo splendido stallone nero cavalcato da Algar - dopotutto era un uomo affascinante, con lunghi capelli scuri sempre disordinati, alcune cicatrici sparsrse sulle braccia e sul volto e gli occhi blu. Proprio blu, non azzurri come sostenevano quelle donne: non era neanche elegante – la sue vesti erano spesso strappate – eppure non esisteva uomo più desiderato quando era a corte, molti lo sostenevano in continuazione. A controbilanciare tanta perfezione, c'era un carattere difficile, sempre pronto al comando e particolarmente istintivo che a volte scoraggiava: il re scrollò la testa allontanandosi dal gruppetto di donne prima che potessero accorgersi di lui.

Edmund giunse nella sala elegante notando ben due posti vuoti, ma prima che potesse sedersi si fece avanti Lorcan, suo ottimo amico che si occupava della difesa del palazzo e di pianificare le strategie. Gli consegnò la spada, l'egida e l'armatura che aveva provveduto a levarsi, tenendo però il mantello azzurro sopra gli abiti; vide lo sguardo freddo di Midori che lo squadrava e riuscì a immaginare che fosse a causa dell'abbigliamento spartano.

"Buongiorno tesoro, dove sono Harriet e la nostra ospite Kirsi? Buongiorno anche a lei, Saggio, spero si stia trovando bene qui da noi."

Edmund aveva infatti notato l'assenza della concubina e della figlia di Spenctur, invece presente al tavolo: lui prese posto di fianco a Midori, chiusa in un continuo silenzio mentre sorseggiava il the con aria altera. Per ottenere risposta fu costretto ad attendere che la moglie posasse la tazza sul tavolo e terminasse di deglutire.

"Buongiorno, mio re. Harriet si sta occupando di controllare che il lavoro della servitù proceda senza intoppi, quanto all'altra... non ne ho la minima idea. Suo padre non l'ha vista oggi."

Edmund scambiò uno sguardo perplesso con il Saggio, chiedendosi cosa fosse accaduto: di solito Midori era meno formale, invece quel giorno sembrava più glaciale che mai e non riusciva a comprenderne la ragione. Era però sicuro di esserne la causa, anche se non ne afferrava il motivo: forse la sua signora non era più soddisfatta delle prelibate pietanze preparate dal cuoco? Oppure il clima era troppo caldo per i suoi gusti?

"Siete molto gentile, Maestà, ma mia figlia è sempre stata incuriosita dalle novità e credo volesse visitare nuovamente il vostro palazzo visto che le avete concesso il permesso di farlo. Se me lo consentite mi recherò al Tempio, sento di dover entrare in profonda meditazione o gli spiriti saranno inquieti."

Edmund concesse a Spenctur di congedarsi e la stanza si svuotò: l'arredamento era lo stesso da almeno mille anni, ovvero mobili in legno di Laryon – che aveva un colore molto scuro -, tende chiare cucite a mano dalle migliori sarte e il simbolo di Laryon – l'aquila bianca dai contorni dorati su uno sfondo blu – su una parete, dipinto da un artista di talento. Vi erano anche molti trofei di caccia sui mobili a lato mentre il lungo tavolo era proprio al centro esatto della stanza: aveva una forma a triangolo anche se le tre punte erano state lievemente arrotondate per permettere ai commensali di mangiare senza problemi. Lui e Midori, che sostituiva formalmente la sua prima moglie durante i banchetti, sedevano assieme sul lato nord, mentre agli altri estremi di solito prendevano posto gli ospiti più importanti.
Midori scelse il momento in cui restarono soli per parlare.

"Così presto ci sarà un'altra concubina a palazzo. Avresti potuto almeno avvertirmi, ci sono rimasta molto male quando il vostro Saggio mi ha spiegato il motivo della presenza sua e di sua figlia a palazzo!"

Edmund sospirò: la ragione per cui ancora non aveva riferito nulla a Midori era che voleva decidere cosa fare prima di parlarne con lei. Non si sarebbe comportato diversamente neppure con Astrea, dopotutto era solo lui a poter stabilire la cosa giusta.

"L'avrei fatto certamente, ma non ero sicuro; in ogni caso non devi sentirti minacciata, tesoro mio, Kirsi non è che una giovane fanciulla e prenderà esempio da te su come si comporta la moglie di un re. Sono certo che sarà un compito che eseguirai con successo..."

La donna rimase sbigottita per alcuni istanti; voltò lo sguardo verso il suo re, convinta di non avere capito bene. Era difficile capire ciò che pensava Edmund quando assumeva un tono tanto formale: lui annuì, sapendo di frantumare le delusioni della bella moglie.

"Non intendo avere un'altra concubina, tu sai quanto io detesti questa pratica incivile; no, ho deciso di prendere Kirsi come mia terza moglie, e come ti ho appena detto, sarai tu a occuparti della sua formazione come moglie visto che non ha la minima idea degli obblighi che comporta questo rango."

Per un momento Edmund pensò che Midori gli avrebbe lanciato qualcosa addosso, anche solo la tazza vuota da cui aveva finito di bere: la vide alzarsi, sempre splendida anche quand'era infuriata.

"Moglie?! Non sai niente di quella piccola vagabonda... e la vuoi sposare?!! Poi è così giovane che probabilmente ha appena finito di succhiare il latte dal seno materno, non sarà in grado di..."

La donna tacque, incapace di pronunciare il pensiero che l'aveva attraversata, consapevole che esistevano dei limiti da non abbattere; avrebbe voluto dire che uno scricciolo simile, per quanto bello, non avrebbe mai potuto dargli il giusto piacere a letto, ma era un argomento di cui non si parlava. Tutti sapevano cosa accadeva tra due coniugi, o semplicemente tra amanti, tuttavia non se ne discuteva mai apertamente; avrebbe dovuto controllarsi, ma l'inattesa notizia non le era piaciuta affatto. Chinò lievemente il capo in segno di scusa.


"Perdona la mia impulsività, ma mi chiedo la ragione di tutto questo: hai già me come moglie, per non parlare della cara regina Astrea che se potesse capire, ti sarebbe riconoscente per tutte le attenzioni che le dai. Avete anche Harriet, una bella donna ancora giovane per darti un figlio, con un po' di allenamento... perchè introdurre un'altra persona? Puoi dirmelo, mio re?"

Edmund considerò l'ipotesi di non rispondere, dopotutto come re poteva fare ciò che desiderava, ma negli anni si era abituato a fare molto affidamento alla famiglia: quando Astrea era ancora giovane e in grado di vivere serenamente, avevano condiviso ogni singola cosa. Dai consigli di guerra ai continui dolori che provocavano gli aborti di lei, non c'era cosa che non le avrebbe raccontato.

Midori era diversa, in un certo senso più distante, ma anche con lei parlava molto: a parte le faccende belliche, alla donna piaceva ascoltarlo parlare, specialmente se si presentava con notizie di nobili o pettegolezzi di corte. A Edmund a volte ricordava Astrea, almeno fisicamente: entrambe belle, di aspetto regale e compiacenti, solo che Midori era più forte spiritualmente.

Poi c'era Harriet, e con lei poteva veramente discutere di ogni singola cosa. Si schiarì la voce, cercando di essere fermo e comprensivo.

"Gli Dei sanno quanto io abbia atteso la gioia di veder un erede per il regno, mia cara..."

Si interruppe, consapevole di addentrarsi in un territorio pericoloso: lo sguardo di Midori era più vulnerabile che mai, come ogni volta che l'argomento veniva sollevato. Quando Midori aveva scoperto di aspettare un bambino, se ne era parlato in tutto il regno ed erano giunti anche da molto lontano per rendere omaggio a lui e a sua moglie; poi era nata lady Mindy, che aveva conquistato i cuori di tutti i suoi futuri sudditi e della famiglia che la viziava. Infatti a Laryon anche le donne potevano regnare, purchè coniugate: Edmund ricordava ancora quanto Midori avesse insistito per far fidanzare la piccola già a otto anni, scegliendo un duca ricco e solo di pochi anni più grande di Mindy.

Tutto era parso andare per il meglio perchè la piccina si era presa una seria cotta per il suo futuro sposo, e lui era gentile e cortese; poi il fato avverso aveva agito, poco prima del matrimonio e dei tredici anni della bambina. Era stata inspiegabilmente rapita da palazzo e fu trovata solo alcuni giorni dopo, il corpo gettato in mare e ormai privo di vita. I cerusici avevano detto che era stata selvaggiamente picchiata, ma Edmund non aveva voluto sentire altro, temendo che le avessero portato via brutalmente l'innocenza della sua età.

Sapeva che l'argomento era penoso, eppure era costretto a pensarci perchè se fosse morto senza un erede, si sarebbe scatenata una guerra civile.

"Ma non è solo per questo; Harriet sta ormai superando l'età fertile, per questo sono costretto a volgere lo sguardo verso ragazze più giovani. Inoltre voglio anche lanciare un messaggio al mio regno: ho scoperto che Kirsi è in grado di leggere e scrivere, potrebbe essere sufficente a convincere tutte le donne che l'istruzione è importante."

Combatteva contro quel pregiudizio da tutta una vita: sua madre era stata l'ostacolo più grande, accanita sostenitrice delle donne utili solo come mogli invisibili, ma lui voleva ben di più. Avendo sempre sperimentato l'intelligenza delle sue compagne – Astrea non sapeva scrivere, ma leggeva anche lingue a lui ignote, mentre Midori conosceva gli infarinamenti principali grazie a suo padre; a Harriet aveva insegnato lui qualcosa anche se la concubina gli era parsa un po' negata per quel genere di attività – non poteva certo lasciare che altri uomini sottovalutassero i loro tesori più preziosi. Del resto la loro lingua era complicata, composta di ideogrammi, e difficile da pronunciare correttamente: era un tesoro che andava preservato.

A farlo decidere era stato proprio quel punto: inizialmente si era detto che la ragazza era troppo giovane, però poi Santos lo aveva informato di averla vista leggere intensamente alcuni tomi riguardanti la storia di Laryon, e lui le aveva fatto qualche innocente domanda in proposito fino a farla scrivere su una pergamena cosa ne pensasse. Saggio Spenctur gli suscitava emozioni inquietanti, ma la ragazzina era molto diversa anche se parlava poco e non c'erano pecche: scriveva in modo articolato e corretto.

"Non dovrai temere nulla, se è ciò che ti preoccupa: ti chiedo solo di istruirla sull'etichetta di corte e su ciò che una moglie di un re deve fare. Ci riesci così bene che non lo chiederei a nessun'altra. "

L'uomo notò un muscolo sulla guancia di Midori vibrare, consapevole che la donna era sul punto di esplodere, ma nessuno dei due parlò. Un grido acuto e prolungato spezzò il silenzio del palazzo, raggelando entrambi; Midori si portò le mani alle orecchie, infastidita e impaurita, mentre Edmund riprese spada ed egida da Lorcan – rimasto fuori dalla porta – deciso a scovare il pericolo.

"Proveniva dalla stanza della regina Astrea, Maestà."

Edmund avrebbe pregato affinchè Lorcan avesse commesso un errore; imbracciò bene le armi e gli affidò il compito di vegliare sulla moglie mentre lui avrebbe risolto il problema.


Angolo Autrice:


Bene, spero che come intro vi sia piaciuta :=) Le frasi iniziali sono estrapolate da un dialogo futuro, ho preso la decisione di iniziare ogni capitolo a questo modo, con citazioni provenienti dalla storia e che potranno aiutare a farvi capire qualcosa sui luoghi/pg che verranno accennati^^
Come avrete potuto vedere ho unito poteri "magici", differenti per ciascuna divinità e il suo seguito di guerrieri: la prima parte è dedicata a ciò che accadrà poi in seguito, con tanto di voci confermate e non. Vi lascio per ora e vi attendo al prossimo capitolo; qui sotto metto i pg citati/trattati nel capitolo :=)


Personaggi -

Natasha: dea della morte

Balanthar: dio degli spiriti

Umildur: dio della natura

Seala: dea della mente e degli elementi

Dorota: dea della guarigione

Thormund: dio della guerra

Sabino: ex-dio del cielo e primo re di Laryon

Thomas: secondo re di Laryon designato dagli Dei.

Sahila: donna guerriera, fedele di re Sabino e sua assassina. Il suo spirito è stato reso immortale dagli Dei.

Gratzianyo: dio minore della bellezza, la sua dimora è l'Isola della Bellezza.

Saggio Spenctur: anche mastro Spenctur, lo Spiritista più potente al mondo.

Re Edmund: attuale re di Laryon, 57 anni

Regina Astrea: prima moglie di Edmund e regina di Laryon. Visionaria. Colpita da una maledizione in giovane età, diventata un vegetale da quasi trent'anni non si alza dal letto e attende la morte. 48 anni


Lady Midori: seconda moglie di Edmund, 43 anni 

Lady Harriet: unica con cubina di Edmund, 32 anni.

Kirsi: figlia di Saggio Spenctur. 16 anni

Algar: capo degli Araldi Vagabondi, un gruppo particolare di guerrieri fedeli al re. 31 anni

Mastro Santos: il magistrato più importante di Laryon. 45 anni

Baldric: capo dell'Accademia degli Eletti, cugino di re Edmund. 65 anni.

Lorcan: guardia del re, 37 anni.

Mindi: unica figlia di Edmund e Midori, assassinata prima di diventare regina.



   
 
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