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Autore: sheisonfire    27/08/2013    32 recensioni
Riflettori. Luci. Flash. E’ tutto quello che riesco a vedere.
Urla. Singhiozzi. Il ritmo della batteria. Le mie orecchie percepiscono solo questo.
Ma il mio cuore sta sentendo molto di più. Una cosa che ti avvolge fino a chiuderti lo stomaco, che ti toglie il fiato, che ti fa spuntare un sorriso genuino sulle labbra. Una cosa che ti fa sentire viva. Speciale. Utile.
E’ l’amore di milioni di persone.
Persone che ti seguono qualsiasi cosa tu faccia, in qualsiasi posto tu vada.
Questo solo perché ho un microfono in mano e un copione da seguire.
No. E’ di più.
La voce trasmessa da quel semplice apparecchio può far commuovere, dicono.
Delle battute scambiate davanti alla telecamera possono far ridere, dicono.
Ma io dico che non ho mai provato sensazioni così forti per gente che non ho mai visto né tantomeno conosciuto.
E’ facile. Loro ti donano il loro cuore, tu gli regali il tuo cuore…
Loro ti donano il loro supporto, tu gli regali la tua voce…
Loro ti donano il loro tempo, tu gli regali un sogno per cui combattere…
Ma una cosa che forse non sanno è che loro sono il mio, di sogno.
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Movieverse | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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                                                Chapter 1


 
Riflettori. Luci. Flash. E’ tutto quello che riesco a vedere.

Urla. Singhiozzi. Il ritmo della batteria. Le mie orecchie percepiscono solo questo.

Ma il mio cuore sta sentendo molto di più. Una cosa che ti avvolge fino a chiuderti lo stomaco, che ti toglie il fiato, che ti fa spuntare un sorriso genuino sulle labbra. Una cosa
che ti fa sentire viva. Speciale. Utile.

E’ l’amore di milioni di persone.

Persone che ti seguono qualsiasi cosa tu faccia, in qualsiasi posto tu vada.

Questo solo perché ho un microfono in mano e un copione da seguire.

No. E’ di più.

La voce trasmessa da quel semplice apparecchio può far commuovere, dicono.
Delle battute scambiate davanti alla telecamera possono far ridere, dicono.
Ma io dico che non ho mai provato sensazioni così forti per gente che non ho mai visto né tantomeno conosciuto.

E’ facile. Loro ti donano il loro cuore, tu gli regali il tuo cuore…
Loro ti donano il loro supporto, tu gli regali la tua voce…
Loro ti donano il loro tempo, tu gli regali un sogno per cui combattere…

Ma una cosa che forse non sanno è che loro sono il mio, di sogno.

Il sogno per cui ho combattuto fin da piccola, tra lacrime per note andate a male, per gli insulti ricevuti, per le parole ‘Non ti illudere! Non ce la farai mai!’.

Ma adesso sono qui, su una pedana che mi ha appena alzata da pochi secondi. Quei pochi secondi che sono durati un’eternità, mentre i miei pensieri si moltiplicavano e mandavo di nuovo a replay la mia storia.

I flashback. Dannati flashback. Quel provino, quel tremore che avevo sul palco agli inizi, la prima volta davanti a una telecamera, il primo autografo, il primo album, la prima intervista, il primo insulto, il primo complimento, il primo concerto, il primo addio…
Tutto questo ora non esiste più. Al posto di quella bambina che credeva di non farcela, di non salire mai su un palco, ora c’è un’adolescente forte. Capace di sopportare il peso del successo. Qualche anno fa quando sentivo le star parlare male di Hollywood mi spaventavo. Ora concordo assolutamente con loro, ma non mi lascio buttare giù. Almeno non per ora, mentre sorrido alla folla che impazzisce.

Tra passi di danza, cambi d’abito e note ben riuscite, mi ricordo finalmente di quel che aveva detto il mio manager prima.
Oh no, penso, mentre lascio cadere il microfono troppo presto e spezzo la frase di una canzone.
Non posso pensarci, non ora. Se ci penso rischio di saltare qualcosa. Che illusa, a pensare che non mi sarebbe mai più venuta la tremarella o roba del genere.
Scott mi aveva avvertita che ci sarebbero stati ospiti speciali. Quelle due parole mi spaventano.

‘Ospiti speciali’. Chi non li ha mai dovuti aspettare? Tutti. Come quel giorno che mi svegliai e c’era mia cugina, quella che non vedevo da tanto tempo. Ed io ero nelle condizioni peggiori possibili: in pigiama, le occhiaie, capelli scombinati e occhi assonnati. Da quel giorno non posso reggere la parola ‘ospiti speciali’.
Da un’ora e mezza sto scrutando le persone nell’arena, ma non riesco a intravedere nessun volto nuovo oppure particolarmente conosciuto. Sono condannata all’attesa: quella cruda, in cui non hai vie di scampo. Devi aspettare e basta, mentre le lancette si rincorrono, l’ansia aumenta e tu puoi solo distrarti.

Attesa. Un’altra parola che non mi piace.
 ‘Le cose migliori si devono sempre aspettare’. Una frase che mi ripeteva in continuazione mia nonna quando, a cinque anni, mi lagnavo per i regali di compleanno non ancora ricevuti. Infatti poco dopo arrivarono, proprio come diceva lei. Si sa, gli anziani di solito hanno sempre ragione. E ancora oggi, quando sono di malumore o non mi va bene qualcosa penso alle frasi che lei mi ripeteva, ai suoi insegnamenti, alle sue lezioni di vita.
Adesso purtroppo posso solo cercare nelle stelle la sua stella, quella che continua a sorridermi anche dalle nuvole. 
Ma non l’ho ancora trovata.
Ci sono tante cose di me, che non ho ancora trovato…

Tipo me stessa. Non so definire il mio carattere, non so dire che tipo di persona sono.
Posso solo dire che sono quel tipo di persona che vuole il bene, che si sente come una paladina della giustizia, ma che alla fine conclude tutto in male. Non esattamente tutto.
Comunque non sono il tipo di persona gentile con tutti. Appena una persona che mi è antipatica si avvicina, faccio subito capire con diffidenza e sarcasmo. Eppure non sono neanche la solita persona musona, misteriosa e acida a cui sta sul cazzo tutto il mondo. Forse sono un po’ quello e un po’ quello. Ma non mi sono mai presa veramente la briga di capire come sono fatta.

Il concerto finisce, e dal palpito forte del mio cuore e una sensazione di attorcigliamento nello stomaco capisco che l’ansia si è trasformata in aspettativa. Mentre torno nel backstage capisco che ormai è arrivato il momento di conoscere gli ospiti speciali.
“Ehi, bravissima!” mi abbraccia subito Kate, la mia amica danzatrice.
“Non hai sbagliato una nota, cavolo.” continua.
“E tu un passo! Grazie moglie di William” la sfotto io. Appena ho saputo il suo nome l’ho sempre chiamata così.
“Sara! Dove diavolo sei? Oh, eccoti!” una vocina si fa spazio tra le altre, e intravedo Alexis che si fa spazio tra il resto dello staff per raggiungermi.
“Uff, la mia statura mi impedisce di trovarti subito… che ci vuoi fare, è la vita dei bassi…” sbuffa abbracciandomi.
“Ma che cavolo dici? Quanto sei scema, oddio” rido io.
Alexis posso descriverla con solo poche parole: una delle amiche più care che ho.
 Italiana come me, viene dal mio stesso paesino del Sud Italia. Più o meno abbiamo la stessa storia. Stesso sogno, stesse ambizioni, e un successo simile. Lei ha fatto più film di me ma meno album.
Stessi quindici anni e stessa taglia 42 di pantaloni.

Purtroppo è questa la dura verità: a Hollywood qualche chilo in più rappresenta bruttezza.
Io fino a tredici anni sono stata formosa di gambe, ed è inutile elencare tutti gli insulti ricevuti.
Sentire delle risatine alle spalle mentre camminavi, guardare gli sguardi della gente disgustati…
Sento un punzecchiare nell’occhio che prevede lacrime. Lacrime? Non posso, non ora!
Nel mondo dello spettacolo ci sono molte cose che ti devi impedire di fare: non si può piangere, non si può esprimere sempre la propria opinione, non si può avere giorni no, altrimenti subito ti etichettano come ‘viziato’.  
L’avviso di Scott spezza il filo dei miei pensieri, e lo ringrazio mentalmente per avermi fatto evitare una crisi isterica davanti a tutti. Mi prende per un braccio e mi conduce davanti ad una porta, quella che dà accesso al backstage.

“…quindi, dato che sono artisti di fama mondiale, devi comportarti in modo che si ricordino che…” queste sono le uniche parole che recepisco, mentre realizzo che stanno per arrivare i motivi di tanta ansia e preoccupazione di poche ore prima.
‘Artisti di fama mondiale’. Mille nomi e mille volti mi si incastrano nella mente, dandomi la sensazione di totale smarrimento. Cosa diavolo ha detto che devo fare? Ma perché non sono stata a sentire i suoi consigli e le sue regole di buona educazione?
Maledirmi mentalmente non serve a nulla ormai, poiché da dietro la porta sento provenire dei passi.

Tac! Fa la serratura, mentre mi rendo conto che oltre alla porta, appena una figura si staglia davanti ai miei occhi, si è aperto anche qualcos’ altro.
Quello che era rimasto chiuso dopo due anni di sofferenze, pene, lacrime, tira e molla.


Il mio cuore. 

  
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