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Autore: SSONGMAR    27/08/2013    5 recensioni
Prendete due persone distanti, distanti in tutti i sensi che possano esistere al mondo e metteteli tra la folla: quante possibilità hanno gli occhi di queste due persone di incontrarsi? Direi una su centomila. Eppure a loro era successo, per un secondo i loro occhi si erano incontrati, i loro sguardi sfiorati, le loro mani toccate e nulla poteva ostacolare quello che stava accadendo. Nemmeno l’oceano.
L’oceano tra noi.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Riagganciai e mi avvicinai lentamente a Meg prestando ancora attenzione al cellulare – beh che ha detto Jun? – chiese mentre saltellava con le mani in tasca, sorrisi a quella buffa scena – sta arrivando – risposi, portando una ciocca di capelli dietro l’orecchio – Seoul è grande, sicuro che sarà qui a momenti? – chiese Meg incuriosita – sarà nei paraggi – risposi intenta a guardare il cielo mentre ancora pensavo alle sue parole.. ho una sorpresa aveva detto.
Mentre aspettavamo ci lasciammo cullare lentamente dai numerosi rumori di quella splendida metropoli e dagli odori che inebriavano l’aria. Ancora incredula per essere lì sorridevo istintivamente quando la mia attenzione si posò su un’anziana ajumma sul fondo della strada. Vendeva dolcetti fatti in casa e intorno a lei vi erano numerosi liceali in divisa. Guardai le ragazze che graziosamente si allontanavano felici col dolcetto offertogli dalla signora. Le loro divise erano tutte differenti, di colori diversi e sgargianti ma una cosa che accomunava tutti erano quelle grosse sciarpe rosse che avvolgevano caldamente i loro colli.
Attendemmo circa mezz’ora quando Jun arrivò di corsa ed ansimante ma nonostante tutto indossava il suo bel sorriso – scusate per il ritardo – disse mentre era intento a riprendere fiato accovacciato sulle sue ginocchia, Meg sorrise – non preoccuparti – disse.  Jun rivolse nuovamente il suo sguardo a noi e ci sorrise, il sorriso era tipico di lui. Lanciammo un’occhiata sul suo look vivace e colorato ed io e Meg sorridemmo all’unisono, indossava un maglioncino bianco con strisce blu/azzurro, un pantalone di un giallo misto all’ocra ed in spalla aveva uno zaino grigio, di quelli enormi che si vedono nei drama. Mi sentii strana improvvisamente, tutto quello che avevo intorno era vero eppure ancora non riuscivo a crederci, non riuscivo a credere di essere tra i colori di Seoul.
Lo stomaco cominciò ben presto a reclamare cibo così Jun fu tanto gentile da scortarci in un meraviglioso ristorante tradizionale. Quando entrammo una deliziosa ragazza vestita in tema storico ci accolse alla porta e ci scortò ad un tavolo. Mi guardai intorno e ricordai col sorriso i numerosi drama stile Joseon, Rooftoop Prince  fu il primo a cui pensai  perché l’ambiente che mi circondava era proprio uguale a quell’ era. L’atmosfera era calda ed accogliente e di sottofondo vi era una dolce melodia, suonata molto probabilmente con gli strumenti tradizionali di cui mi sfuggiva il nome. Io e Meg ci guardavamo intorno incredule mentre Jun entusiasta sorrideva – vi piace qui? – chiese immediatamente ed io e Meg annuimmo entusiaste e con vigore. Prima ancora che ordinassimo la ragazza si avvicinò a noi lasciando sul tavolo i menù ed un bicchiere con del delizioso tè verde che sorseggiai senza pensarci due volte.
Presi il menù tra le mani e cominciai a dare un’occhiata scrutando attentamente ogni singolo piatto. Io e Meg masticavamo il coreano abbastanza bene ma alcuni simboli non ci erano ancora molto chiari e quella volta fummo salvate dall’inglese. Accanto ad ogni portata, infatti, vi era una figura con la traduzione in inglese, cosa che ci rincuorò immediatamente. Meg portò il dito su una figura ed entusiasta della sua scelta urlò – questo – strabuzzai gli occhi per guardare meglio e cercai di leggere la parola in coreano – kal-kalguksu – inarcai testa e sopracciglia non avendo capito molto bene cosa fosse, Jun mi guardò divertito lanciandosi in una sonora risata, lo guardai incredula e a ruota cominciò a ridere anche Meg, mi sentii un tantino stupida – sono fettuccine fresche col brodo – esordì immediatamente Jun, salvando una povera me in preda alla vergogna – ah – mugugnai, mi morsi le labbra e posai nuovamente il mio sguardo sul menù pronta a fare la mia scelta – mmh – c’erano così tante cose che non sapevo cosa scegliere quando la mia attenzione fu richiamata da una parola precisa – bibimbap – urlai con gli occhi sbirluccicanti prima di cominciare a cantare la canzone che gli mblaq cantarono nella quinta stagione di Hello Baby, Meg mi guardò con un’espressione buffa che mi fece ridere – sei il disagio Mar – disse prima di fiondarsi completamente tra le mie braccia.

A fine pranzo Jun insistette più e più volte di voler pagare il nostro pasto, invano fu l’opporsi mio e di Meg.
- Vi porto al parco – ci disse entusiasta mentre si stiracchiava rumorosamente con le mani al cielo, io e Meg sorridemmo e fummo pronte a partire. Prendemmo un taxi che ci scortò velocemente al parco di cui Jun ci aveva tanto parlato. Quando vi entrai i meravigliosi colori dell’autunno richiamarono la mia attenzione facendo battere il mio cuore ancora più forte, chiusi gli occhi ancora una volta e a pieni polmoni respirai l’aria pulita; da quando ero arrivata a Seoul non avevo fatto altro che respirare i suoi profumi, ma non potevo farci nulla, avevo intenzione di ricordarli tutti una volta tornata a casa.
Girammo circa un quarto d’ora per smaltire tutto ciò che eravamo stati in grado di mandar giù, soprattutto io e Meg, che ci stavamo gustando le delizie di quel posto una ad una. Scegliemmo una panchina accanto ad una fontana, di fronte a noi una coppia di fidanzatini si tenevano timidamente per mano, erano liceali ma con divise diverse. Sorrisi. – Come è stato il vostro primo impatto con Seoul? – chiese curioso Jun – è meravigliosa – esordì Meg alzandosi di colpo dal suo posto per mimare le meravigliose cose che avevamo visto. Loro due cominciarono a parlare incostantemente quando io mi isolai per un istante “mi piacerebbe vederli” pensavo, se avessi visto gli MBLAQ di sicuro la mia vita sarebbe diventata migliore. Ero persa completamente in una bolla, intorno a me un susseguirsi di bla bla bla quando Meg attirò la mia attenzione residua – e poi Mar ha fatto una foto accanto alla sagoma degli MBLAQ – disse ed io girai il capo verso di lei con uno scatto tale da far venire il torcicollo – MBLAQ? Dove? – chiesi ad occhi sgranati ma ciò che ottenni furono solo le fragorose risate di un Jun ed una Meg che si divertivano a prendermi in giro – sveglia Mar – disse Meg accarezzando la mia testa, sorrisi. Jun restò per qualche secondo a fissarmi – avevo detto di avere una sorpresa no? – disse prendendo il suo zaino dalle spalle e portandolo sulle sue ginocchia, lo aprì lentamente e cominciò a rovistarvi dentro. Intanto Meg mi guardava in cagnesco poiché non le avevo ancora detto nulla. A mia sorpresa, a mia meravigliosa sorpresa Jun prese dalla sua borsa dei biglietti che mi fecero intendere immediatamente cosa fossero e prima ancora di prenderli tra le mani cominciai istintivamente a piangere. Persi immediatamente ogni facoltà, di pensiero, di parola e addirittura di movimento, non riuscivo più a capire e sentire niente a parte l’affermazione di Meg – oh mio Dio – aveva esultato. Mi avvicinai a Jun e senza pensare che lui fosse coreano e che tutti questi abbracci fossero strani mi fiondai tra le sue braccia soffocando le mie lacrime ed il mio viso nel suo meraviglioso maglioncino incurante di rovinarglielo, insomma mi sarebbe dispiaciuto ma in quel momento stavo pensando ad altro. Stranamente Jun accolse molto bene il mio abbraccio – ehi su mela – sussurrò sorridendo. Alzai il capo per guardarlo e tirai su col naso, presi i biglietti tra le mani ed asciugai violentemente le mie lacrime – come hai fatto ad averli? – chiesi ancora incredula, Jun portò le braccia sotto il torace – segreti del mestiere – disse sorridendo. Meg cominciò a saltellare, mi prese in braccio e mi fece girare – oddio Mar, vedremo gli MBLAQ – urlò piena di gioia, io restavo ancora ferma, non riuscivo a metabolizzare per bene la cosa, era troppo strano, stava accadendo tutto in fretta ed era ancora il mio  primo giorno a Seoul, avanti a me ancora un mese lunghissimo.

Quando tornai a casa sistemai immediatamente i biglietti nel mio cassetto, li accarezzai con cura e ancora li guardavo con occhi sognanti. Erano dei pass per il fansign degli MBLAQ ed il biglietto per un mini concerto che avrebbero tenuto a cui potevano partecipare si e no 100 persone e sapere di essere tra quei 100 mi rendeva la ragazza più felice di tutto il mondo. Immediatamente mi catapultai in cucina e mi misi ai fornelli, avrei sicuramente ringraziato Jun a dovere e avrei anche  ringraziato  la sua gentile madre che in mattinata aveva preparato la colazione per me e Meg.  Cominciai ad armeggiare con gli attrezzi da cucina, mi ero promessa di preparare una deliziosissima pizza all’Italiana che Jun aspettava da tempo.  
 – Cosa fai? – si avvicinò Meg avvolta dall’asciugamano ed i capelli gocciolanti – voglio fare una pizza – confessai sorridendo – Jun stravede per la pizza ma non ne ha mai mangiata una degna di nota – confessai mentre riempivo il misurino di farina, Meg mi sorrise – un po’ di cibo Italiano e si trasferiranno con noi il mese prossimo – affermò ridendo – ma se fosse per me cederei loro il mio posto pur di restare qui a vita – disse cambiando tono di voce. Io e Meg eravamo troppo innamorate della Corea del Sud, ma io a differenza sua ci sarei stata bene un solo mese, dopodiché sarei voluta comunque ritornare a casa dalla mia famiglia.
Mentre Meg era intenta ad asciugare i capelli io avevo acceso il forno ed avevo infornato finalmente la pizza. Misi il timer e mi diressi verso la porta che portava al piccolo stagnetto, la spalancai e feci entrare la luce del tramonto che colorò ben presto tutta la stanza di arancione; era una cosa meravigliosa.
Il meraviglioso profumo che emanava la pizza si impossessò dell’intero appartamento ed io inalavo, inalavo quella meravigliosa fragranza, una fragranza familiarissima. Il timer suonò ed io mi affrettai ad aprire il forno per sfornare la pizza. Afferrai un guanto al volo e tirai fuori il contenitore in cui vi era la mia bellissima creazione, la poggiai in tavola e cominciai a tagliuzzare tanti piccoli pezzetti, cambiai contenitore e ne scelsi uno più carino, la coprii per far si che il caldo non fuoriuscisse e la lasciai riposare ancora nel forno. Mi diressi in bagno e lasciai che l’acqua della doccia scivolasse delicatamente sulla mia pelle.
Mi asciugai e mi diressi in camera per vestirmi, per rendermi più o meno presentabile ed intanto Meg mi aspettava impaziente in cucina mentre ascoltava gli Shinee a tutto volume.
- E adesso che si fa? – chiese Meg con lo stomaco tra le mani, sorrisi – si va a casa di Jun – esordii felice.
Ci dirigemmo quindi verso casa sua e ad accoglierci alla porta fu la sua dolce madre – accomodatevi – disse sorridendo. Ci scortò in soggiorno, la loro casa non era molto diversa dalla nostra ma era molto più vissuta ed accogliente, si percepiva benissimo il calore familiare, era una sensazione bellissima. Da una porta spuntò il paffuto padre di Jun, un uomo grassottello di mezza età dalle gote sporgenti ed i baffi alla G.O era Oh yeah, sorrisi per lo stupido paragone che era nato nella mia mente e mi accomodai a terra accanto al tavolino che era posto al centro della stanza. Jun fu attirato dall’odore della pista, dal corridoio udimmo infatti i suoi passi e quando fu accanto a me mi abbracciò forte lasciando lo stupore sui volti dei suoi familiari – è così che ci si saluta in Italia – disse Meg sorridendo, io arrossii, forse stavo insegnando a Jun troppe cose sbagliate. Ci riunimmo tutti intorno al tavolino e ben presto ci raggiunse anche la noona di Jun, sua sorella maggiore, una ragazza bellissima sui venticinque anni, single ma con una carriera brillante in corso. Per tutta la sera scambiammo più di una chiacchiera, il padre di Jun faceva battute su battute che faticavo a capire ma non potevo fare a meno di ridere lo stesso, mi sentivo come quando davanti al pc guardavo i video idioti degli MBLAQ, e senza capirci una ceppa, sorridevo comunque come un ebete, solo perché vedevo i miei idoli felici, ed in quel momento mi sentivo così.
La mia vita in quel momento era quindi perfetta, non potevo desiderare altro. Quello era stato il mio primo giorno a Seoul ed era stato il giorno più bello della mia vita, ma il bello doveva ancora realmente arrivare.
  
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