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Autore: victoriasbox    27/08/2013    1 recensioni
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“Oh, devo avere sbagliato ancora numero.” risponde il riccio ovvio.
“Grazie per l’informazione, non ci sarei mai arrivata da sola.”
“Sei così bassa?” ride Harold, non provocando però lo stesso effetto sull’altra.
“In realtà sono alta un metro e settantotto centimetri, senza tacchi.”
“Sei una modella?”
“No.”
“E perché no?” I fatti tuoi Harold, mai eh?
“Perché ho un occhio solo, tre gambe, i denti cariati ed ingialliti e mi mancano cinque dita delle mani."
“Il senso dell’umorismo no di sicuro.” risponde il riccio, realizzando che quella voce non è poi così fastidiosa come pensava.
Genere: Comico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutte/i! 
Ho iniziato a scrivere questa storia nel mio altro account, che ho però poi successivamente "abbandonato" ma non cancellato, per varie ragioni. Ho modificato i nomi e un po' la trama, sebbene di base la sostanza sia rimasta immutata. Perciò, dopo circa sette mesi di fermo, ho deciso di riproporvi questa storia nella speranza che vi piaccia e che riesca ad aggiornare regolarmente. Detto questo, vi lascio al testo.

Un salutone,
Grace. :)



Essences olife

Prologo




Harold Edward Styles è in un ritardo pazzesco. La sveglia non è suonata (o così dice) ed il suo migliore amico è partito senza di lui. Tomlinson avrebbe potuto avvertirlo, ma siccome è incredibilmente furioso con lui al momento, ha tranquillamente deciso di lasciarlo arrangiare. Ma Louis non deve averci fatto un grosso affare, perché Styles non si arrenderà finché non avrà ottenuto la sua vendetta. Nel giro di qualche secondo un Paul furibondo lo chiamerà, ripetendogli di quanto sia irresponsabile ed infantile, che dovrebbe prendere i suoi impegni con più serietà e che è confinato in appartamento per i prossimi tre giorni. Ma ciò non può interessarlo più di tanto, perché lui uscirà indisturbato dal balcone della camera Zayn e si divertirà tutta la notte. Ma un Harold Edward Styles appena alzato, ancora assonnato e con la maglia al contrario, non è lo spettacolo preferito dai cittadini Londinesi. Oppure sì?
 
Ma non si preoccupa del suo aspetto esteriore mattutino tanto quanto di non sapere l’indirizzo dello studio. Dopo aver vagabondato un po’ per la città, decide infine di chiamare l’unica persona che potrebbe dirgli dove andare. Sebben proprio l’unica, però, non lo era.
Digita velocemente il numero dell’amico portandosi il cellulare all’orecchio.
 
“Sei un grandissimo figlio di puttana! Ti dispiaceva così tanto svegliarmi stamattina? Cazzo Lou, sai no che Paul mi ammazzerà? Cazzo perché?”
“Hai detto cazzo due volte.” risponde la voce.
“E sono i primi di una lunga serie di cazzi che dirò! William dimmi immediatamente dove si trova questo studio di merda prima che ti spacchi quella faccia da cu-“
“Senti, primo io non sono Lou, o William, o chi per lui, secondo, quanto sei scurrile ragazzo mio!” lo interrompe fastidiosa la voce.
“Se tu non sei Louis, allora chi sei?”
“Tua madre no di sicuro.”
“Ah, ha fatto la battuta.”
“Sei scazzato tesoro?”
“No, rispondo a tutte le persone così.”
“L’avete sentito? Adesso la battuta l’ha fatta lui.”
“Sei scazzata anche tu, amore.”
“No, rispondo così a chi mi insulta alle 7:14 del mattino. Soprattutto se sono sconosciuti.”
“Ok, devo proprio andare.” dice Harold, chiudendo velocemente la chiamata.
 
E ti pareva che per una volta non filasse tutto liscio? No, oltre all’essere nei casini con mezzo management, doveva anche sbagliare numero e chiamare una perfetta sconosciuta puntigliosa ed antipatica. Velocemente digita altri numeri sul cellulare, stavolta sicuro di aver composto quello di Tomlinson.
 
“Sai che grandissimo pezzo di merda sei? Hai idea di quante ramanzine sarò costretto a sorbirmi per colpa tua? Vaffanculo Lou!”
“Sì e anche la Ginevra! Vuoi sapere cos’ha fatto? Ha rovesciato il caffè sul mio nuovo abito! Io stasera come faccio, me lo dici?” E questa adesso chi è?
“Scusami, devo avere sbagliato numero.”
“Non ti preoccupare Mr. Lou grandissimo figlio di puttana, dov’è lo studio, faccia da culo, ho fatto la battuta del secolo e str-“
“Ancora tu?” domanda Harold stizzito.
“Fino a prova contraria sei tu che hai chiamato.”
“Oh, devo avere sbagliato ancora numero.” risponde il riccio ovvio.
“Grazie per l’informazione, non ci sarei mai arrivata da sola.”
“Sei così bassa?” ride Harold, non provocando però lo stesso effetto sull’altra.
“In realtà sono alta un metro e settantotto centimetri, senza tacchi.”
“Sei una modella?”
“No.”
“E perché no?” I fatti tuoi Harold, mai eh?
“Perché ho un occhio solo, tre gambe, i denti cariati ed ingialliti e mi mancano cinque dita delle mani."
“Il senso dell’umorismo no di sicuro.” risponde il riccio, realizzando che quella voce non è poi così fastidiosa come pensava.
“Sono le sette del mattino, aspetta di sentirmi a quelle di sera!”
“Magari stasera dovrò chiamare Louis faccia da culo e casualmente sbaglierò numero di nuovo.”
“E questa è una promessa o una minaccia?”
“Probabilmente nessuna delle due. Facciamo che sia una casualità.” spiega Harold.
“Quindi io dovrò semplicemente rispondere normalmente, come se non sapessi che sei tu.” constata l’altra. Perspicace.
“Esattamente.” sorride entusiasta Harold.
“Allora arrivederci, o meglio, a risentirci Lou faccia da culo, stronzo, fig-“
“Si, ho capito, grazie. Buona giornata.” chiude velocemente la chiamata il riccio, affrettandosi a comporre il numero del vero Louis Tomlinson.
 
Ma s’accorge di non avere davvero bisogno di sentire la sua voce, perché per fortuna (o sfortuna) riesce a recuperare l’indirizzo dello studio, scritto in maiuscolo sulle note dell’Iphone. E contemporaneamente si dà dello stupido per non essersene accorto prima. Continua a camminare, un po’ più lentamente, perché non ha realmente voglia di andare a provare le nuove canzoni dell’album. Abbiamo tempo, si dice. Improvvisamente il nome di Paul si illumina sulla schermata del cellulare, ma Harold evita accuratamente di rispondere. Proprio quello di cui aveva bisogno era un manager furioso che gli urlava nelle orecchie. Almeno, se quello e tanti altri signori dentro a quello studio non lo amavano, numerose e calorose fan ci pensavano al di fuori: una mandria impazzita di ragazzine ha iniziato ad inseguirlo. Harry corre, il più velocemente possibile, sperando di sfuggire alle loro grinfie. Sembra riuscirci quando entra in uno studio, a pochi metri dal suo, andando a mischiarsi con le persone lì presenti. Sono nella merda, pensa. E non ha del tutto torto.
 
Dopo qualche secondo mette fuori la testa dalla porta principale, nella vana speranza che quelle se ne siano andate. Per sua sfortuna, però, nessuna di loro ha l’aria di volersi muovere da lì. Sbuffa. Dopo aver passato venti minuti buoni in a girovagare nello studio, imbattendosi in parruchieri, truccatori, cameraman, fotografi, modelle e chi più ne ha più ne metta, finalmente riesce a trovare l’uscita. S’incammina fuori dallo studio per raggiungere il suo. Ogni tanto si guarda indietro, controllando che nessuno lo stia seguendo.
 
“Studio 6”. Eccolo. Pronto per un Joseph adirato, un Louis incagabile ed un gruppo di zombie viventi che vanno sotto il nome di Niall, Liam e Zayn? No, ma deve entrare lo stesso.
Prima però, digita nuovamente il numero di Louis Tomlinson.
 
“Pronto?”
“Mi diresti soltanto il tuo nome? Io sono Ethan.”
“Giselle.” risponde quella.
“Allora Giselle ci si sente” sorride il riccio.
“Ciao Ethan.” conclude la ragazza prima di mettere giù.
 
E il riccio si incammina, perché non ha proprio tempo per richiamarla e discutere su quanto invitante sia il suo nome.
  
°°°
 
Fattasi sera e finita una lunghissima ed esaustiva riunione con i ragazzi ed il management, Harry decide di tornare a casa. Qui giunto, infila la chiave nella serratura ed entra. Non può fare a meno di notare il disordine che regna sovrano nel soggiorno, mentre un dolce odore di pan cakes e nutella lo invade. Ad attenderlo, dall’altra parte della stanza, vi è però un “leggermente alterato” Paul, seduto composto sul divano.
 
“Ciao Paul.” dice Harry, prevendo la lunga ramanzina che sta per ricevere.
“Harry, mi hanno accennato del piccolo ritardo che hai fatto stamattina.” lo riprende l’altro.
“Non è colpa mia,” pensa, sarà di Louis… o di Giselle… o della sveglia. Nah, è sua. “c’è, un po’ lo è, lo ammetto, ma è stato Louis che non mi ha svegliato!” si giustifica il riccio.
“Niente scuse ricciolo, da domani puntualità impeccabile, o saranno guai. Non scherzo.”
“Va bene.” concorda Harry, dubitando di potercela fare.
“Come mai oggi non c’eri?” domanda il giovane a Paul, cercando di sviare l’argomento ‘ritardo’. Entrambi si dirigono in cucina.
“Problemi con Clodagh, tutto risolto.”
“Domani ci sarai, suppongo…” dice il Harry.
“Accorto il ragazzo!” scherza Paul, sedendosi. “A proposito, chiama Louis e digli di venire qua, per favore, dobbiamo parlare.”
“Sissignore!” risponde il riccio.
 
Allora si alza e si dirige in camera e chiude la porta a chiave, non sia mai che a Paul venga un’improvvisa voglia di parlare con un povero Louis Tomlinson con un occhio solo, tre gambe, i denti cariati ed ingialliti e privo di cinque dita delle mani.
  
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