Serie TV > Numb3rs
Segui la storia  |       
Autore: y3llowsoul    27/08/2013    1 recensioni
Le quattro mura grigie, il vuoto della stanza, l'umidità, il freddo – tutto gli faceva, in modo inquietante, pensare a un carcere. Il fatto che non sapesse che cosa intendevano di fare di lui non migliorava il suo stato e non sapeva neanche che cosa dovesse pensare del fatto che per quanto sembrasse non lo sapevano neanche loro. Sembrava che l'avessero semplicemente spostato lì finché il problema non si fosse risolto da solo. Per esempio tramite Charlie se si fosse deciso a lavorare di nuovo per loro. Oppure se avessero concluso i loro affari. Oppure se Charlie si fosse suicidato.
Charlie collabora a una missione segreta. Don cerca di venire a sapere qualcosa della faccenda, ma quando finalmente ci riesce, non è una ragione per rallegrarsene, e per la famiglia Eppes cominciano periodi brutti.
Genere: Malinconico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Charlie Eppes, Don Eppes, Un po' tutti
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Grazie per le recensioni e buon divertimento!
 




32. Senza scelta
 

You’re obsessed with all my secrets.
You always make me cry.
You seem to wanna hurt me,
No matter what I do.
I’m telling just a couple,
But somehow it gets to you.
(Lene Marlin, Sitting Down Here)
 

Charlie ci mise un po’ ad essere abbastanza sveglio da capire che erano di nuovo venuti nella sua cella e gli stavano gridando degli ordini. Si mise a sedere il più velocemente possibile, ma non abbastanza per i suoi avversari.

«Dai, sbrigati!»

Charlie si alzò, si lasciò tirare in piedi, trascinare fuori: si lasciava fare di tutto. Era stanco, poteva appena tenere gli occhi aperti. Non era peggio di… era stato ieri? Non lo sapeva, aveva perso ogni senso d’orientamento. A giudicare da come si sentiva poteva aver dormito per un'ora o per una settimana: tutto era possibile. Comunque il suo cervello era di nuovo moderatamente attivo, ma il suo corpo rimaneva completamente esausto.

Quando si sedette di nuovo sulla sedia, avrebbe potuto addormentarsi all’istante, se non ci fosse stato Rosenthal.

«Buongiorno, dottore. Suppongo che non abbia nulla in contrario se cominciamo subito col lavoro. Vogliamo solo chiarire brevemente le nostre condizioni contrattuali».

Pian piano, Charlie realizzò che non aveva idea di cosa Rosenthal stesse parlando, ma lo lasciò continuare.

«Saremo noi a stabilire quando sarà terminato il suo incarico. Fino ad allora, lei, sotto la nostra supervisione, lavorerà ai progetti che le daremo. Avrà contatto col mondo esterno solo quando noi glielo permetteremo. Non sarà retribuito, ma riceverà cibo e alloggio gratuito. In compenso, il governo accetterà di non muovere alcuna accusa contro lei riguardo le sue attività terroristiche».

Anche se Charlie fosse stato più sveglio probabilmente non avrebbe trovato parole da dire. I suoi rapitori potevano davvero essere così sfacciati? Potevano, dopo tutti i suoi rifiuti, veramente credere che sarebbero riusciti a farlo cooperare con una tattica simile, cercando di coglierlo di sorpresa?

«Scordatevelo».

Solo un istante più tardi gli venne in mente che sarebbe stato opportuno mantenere un tono più cortese con le persone nelle cui mani si trovava, ma le parole erano già fuori. Non dovette attendere a lungo la reazione: le sopracciglia di Rosenthal si restrinsero.

«Che cosa intende dire, Dottor Eppes?»

«Dico che non vi aiuterò. Ve l'ho già detto». Innumerabili volte, aggiunse nella sua testa con una traccia di disperazione.

Rosenthal scosse il capo. Le sue fattezze erano pietrificate e Charlie sentì di nuovo brividi lungo la schiena. «Ci ha dato la sua parola, Dottor Eppes. Si è impegnato a collaborare con il governo».

Charlie era convinto che fosse un'altra delle loro bugie per renderlo insicuro. E lui non avrebbe fatto loro un simile piacere... almeno non avrebbe voluto farlo. «Non è vero».

«Non menta, dottore» lo redarguì Rosenthal, e suonava talmente serio e credibile che Charlie non osò contraddirlo di nuovo.

L’uomo allungò la mano verso un registratore a nastro sul tavolo e premette un bottone. Fece clic; il suono svegliò qualcosa nella memoria di Charlie.

«Ecco, professore. Sembra esser stanco, molto stanco. E noi abbiamo ben voglia di lasciarla dormire. Ma anche noi vogliamo dormire in pace. E potremo farlo solo quando lei ci avrà assicurato il suo aiuto. Voglio che adesso lei risponda alla mia domanda obbligatoria: farà i calcoli che le sottoporremo? Dica "sì" se acconsente».

Passarono solo pochi istanti prima che Charlie udisse la sua voce: «Sì».

Charlie respirava rapidamente. Aveva avuto uno strano presentimento su cosa sarebbe arrivato, quale risposta avrebbe pronunciato, ma aveva pensato che l'avesse solo sognato o immaginato, come un déjà vu. Invece l'aveva detto. Lui, proprio lui l'aveva detto: in realtà, aveva accettato l'incarico. Ricordava appena la conversazione, era stato talmente stanco, ma sapeva che aveva avuto luogo, che non era uno dei loro trucchi.

«Questo è un contratto vincolante, Dottor Eppes. Lei ci ha promesso la sua collaborazione. Se rompe il contratto sarà passibile di pena. Un altro reato che si aggiungerà a quelli che già gravano su di lei».

Charlie cominciò ad accaldarsi. Doveva fuggire da lì. Doveva riflettere. Doveva recuperare la calma.

«Allora, Dottor Eppes? Con questo, la faccenda è chiara, giusto? Ha accettato l'incarico. A lavoro».

Con questo, Rosenthal si alzò. Charlie rimase seduto. Almeno finché degli uomini non lo trascinarono brutalmente per omeri fuori dalla stanza.

Charlie pensò prima che lo stessero portando di nuovo nella sua cella, ma i tre uomini si fermarono davanti ad un'altra porta e l'aprirono.

«Questo, dottore, sarà il suo nuovo posto di lavoro. Vi manderò subito uno dei nostri tecnici che l'aiuterà a familiarizzare con tutto. Non faccia scherzi, comunque non avrà alcuna chance».

Charlie credette che era giunto il momento di mostrare la sua reticenza con un po’ più di forza. «Non lavorerò per voi».

«Vuole violare il contratto?»

Charlie non rispose subito. Il suo cuore batteva veloce. Se avesse detto "sì" in quel momento, se avesse violato il contratto orale, avrebbe davvero commesso un crimine. E a quel punto i terroristi l'avrebbero davvero tenuto in pugno.

Dall'altro lato, però, lo tenevano in pungo già da tanto tempo. E se avesse eseguito i loro ordini, la sua illegalità non si sarebbe limitata alla violazione di un contratto.

«Sì, lo voglio» rispose quindi Charlie, però non poté evitare il tremolo della sua voce. Questo ruolo non gli si addiceva affatto. Stava agendo secondo il suo senso morale, ma completamente contro il suo istinto di sopravvivenza. «Non lavorerò per voi». L'aveva detto talmente tante volte fino ad allora che stava per aggiungere un "e adesso basta" prima di accorgersi che non avrebbe dovuto mostrare ai suoi rapitori una simile mancanza di prospettive per i loro progetti con tanta chiarezza.

- - -

Mentre David e Colby controllavano gli atti cercando delle irregolarità e tentando di trovare informazioni sui conti di alcuni di loro, Don e Megan si stavano occupando di interrogare il personale. Ha fatto caso a qualcuno sospetto negli ultimi sei mesi? Uno dei suoi colleghi ha mostrato un improvviso interesse per un paziente in particolare? Le risposte di solito non li aiutavano. Di tanto in tanto qualche infermiere sembrava dare loro un paio di informazioni rilevanti, ma nella verifica si rivelavano puntualmente un buco nell’acqua.

Per tutto il fine settimana furono occupati con il personale senza però trovare una qualsiasi informazione che fosse rilevante. Avevano cominciato ad interrogare quelli che erano in servizio in quel momento ed nel pomeriggio della domenica proseguirono andando ai domicili degli altri collaboratori della clinica.

Sabato sera, Colby aveva ipotizzato che qualcuno aveva potuto hackerare dall’esterno i computer della clinica e avere accesso a tutti i dati. Esaminarono questa traccia con diligenza, ma scoprirono che la clinica aveva un sistema interno e che nessuno computer era collegato ad internet o ad un’altra rete esterna; in ogni caso non c'era alcun indizio che qualcuno non autorizzato si fosse procurato i dati dei pazienti o altre informazioni dai computer.

Megan infine aveva proposto di dare un’occhiata più approfondita alle persone che avevano lavorato in clinica durante il soggiorno di Charlie. E fu a quel punto che trovarono qualcosa: c'era un infermiere, Jonathan Taylor, che aveva cominciato poco dopo il ricovero di Charlie e che si era licenziato all'inizio dello scorso mese, un tempo di lavoro davvero breve con date d'inizio e di fine sospette. Quando però approfondirono le ragioni di quella stranezza, la cosa fu ovvia: sua moglie aveva trovato un nuovo lavoro ben pagato nell'area e durante il mese di settembre dello scorso anno si erano trasferiti. Suo marito aveva trovato un nuovo lavoro solo ad aprile e fino ad allora era, per un periodo di transizione, stato impiegato nella clinica. Naturalmente lo avevano sottoposto ad un controllo accurato, ma non avevano trovato niente. Taylor sembrava avere la coscienza pulita e dunque essere un altro vicolo cieco.

Intanto, era lunedì e non avevano ancora fatto un singolo passo in avanti. La speranza era diminuita sempre più, ma non aveva ancora raggiunto il punto zero. Non avevano ancora controllato tutti, c'era ancora la possibilità di trovare qualcuno, c'erano ancora delle persone potenzialmente sospette.

Per esempio Doris Conrad. Prossima ai trent’anni, impiegata lì da già otto, sembrava poco appariscente e forse un po' nervosa mentre si trovava faccia a faccia con due agenti federali. Era poco dopo le cinque del pomeriggio; aveva appena terminato il suo turno di lavoro ed aveva acconsentito a rimanere per un altro po' per rispondere alle domande dei due agenti della California.

«Signora Conrad» cominciò Megan, «ricorda per caso un paziente che soffriva di amnesia di nome Michael che è stato curato qui fino a metà aprile?»

Olà, pensò Don fra di sé e per la prima volta dopo ore fu completamente concentrato. Perché era sicuro che Doris Conrad aveva spalancato appena un po' gli occhi. Cercò comunque di non mostrare il suo interesse. Se la donna sapeva o cercava di nascondere qualcosa, non voleva intimorirla.

Dopo un'esitazione molto rivelante rispose: «Sì».

Anche a Megan non era sfuggito il nervosismo anormale della donna, ma neanche lei lo mostrava. «Sa che questo paziente è scomparso una settimana fa?»

Gli occhi si allargarono ancora di più e i due agenti potevano vedere che la donna deglutire. «No».

«Ne sa qualcosa?» chiese Don energicamente.

Megan gli diede un breve sguardo. Poteva comprendere l'impazienza di Don, ma se metteva paura alla testimone, questa avrebbe probabilmente smesso di parlare del tutto.

«Io... no, non direttamente».

Non era difficile distinguere che la Signora Conrad avrebbe preferito essere in tutt'altro posto in quel momento. Megan continuò con un tono che – almeno sperava – potesse calmare la donna almeno un po'. «E indirettamente, Signora Conrad? Per favore, deve comprendere che la sua deposizione potrebbe aver un'importanza enorme per noi. Supponiamo che... Michael sia stato sequestrato. Se sa qualsiasi cosa, non importa quanto insignificante la trovi, per favore, ce la dica. Possiamo anche tacere il suo nome se lo preferisce, ma deve dirci che cosa sa. Forse uno dei suoi colleghi ha dimostrato un aumentato interesse per Michael?»

La Signora Conrad tacque. A lungo. Megan poteva vedere che Don stava per far nuova pressione sulla testimone da un momento all’altro e anche lei dovette contenersi per non intimidire la donna tramite altre domande. Tutti e due sapevano benissimo che adesso dovevano essere pazienti, per quanto difficile fosse.

«Sì» rispose l'infermiera infine. «Una mia amica. Anna Silverstein».

Don dovette controllarsi con forza per non alzarsi in piedi immediatamente ed andare a trovare quell'Anna Silverstein a chiederle che cosa ne avesse fatto di Charlie. Invece chiese: «Dove possiamo trovarla? E in che senso ha dimostrato interesse per lui?»

Di nuovo la donna esitò, ma di nuovo la sua compassione per la vittima di sequestro, il suo paziente di una volta, sembrò aver il sopravvento. «Mi ha chiesto d'informazioni su di lui» rispose. «Anna ha smesso lavorare qui già da due mesi e da allora mi ha chiamato ogni settimana per chiedere come stesse Michael. Voleva essere sempre al corrente su di lui. Un sabato, due mesi fa, l'ho chiamata per dirle che era ritornato a casa. Da allora non ho più saputo niente di lei».

Il cuore di Don batteva con una tale velocità che poteva appena sopportare. Quella era una pista, davvero una pista! «Sa perché la sua amica fosse talmente interessata?»

«Non direttamente. Certo, gliel'ho chiesto, ma ha sempre evitato di rispondermi. Ma credo che avesse qualcosa da fare con dei soldi. Voleva andarsene da qualche tempo e da quando Michael è stato ricoverato qui, ha cominciato raccontare di come si sarebbe trasferita a breve perché avrebbe finalmente i soldi per farlo. Ma da dove li avesse presi non l'ha mai detto».

«Ha il suo indirizzo?»

«Sì. Me l'ha dato, per il numero di telefono. Adesso abita a Jackson, Mississippi, ma dovrei consultare la mia agenda per l'indirizzo esatto».

Don annuì e riuscì appena a nascondere la sua agitazione. Quell'Anna Silverstein aveva qualcosa da fare con la scomparsa di Charlie, era così ovvio...

«Controlleremo le sue dichiarazioni, signora Conrad. Purtroppo dobbiamo prenderla in custodia fino ad allora».

Ad un tratto il nervosismo della Signora Conrad si trasformò in orrore. «Deve fare cosa?!»

«Dobbiamo essere sicuri che lei non possa avvertire la sua amica finché non le avremo parlato. La prego di comprenderlo. Naturalmente sarà rimborsata dell’eventuale perdita finanziale causata da questo provvedimento».

«Sì, ma...»

Megan provava quasi pena per lei, ma sapeva che non avrebbe potuto far cambiare idea a Don. Lui non avrebbe rischiato di perdere una pista talmente buona riguardo l’ubicazione di Charlie. «Sarebbe davvero meglio per lei, signora Conrad, se venisse con noi volontariamente. Domani a quest'ora sarà tutto finito».

Doris Conrad sembrava ancora adirata, ma nei suoi occhi Megan poteva vedere che si sarebbe adattata.

- - -

Rosenthal colse l'occasione non appena il suo tecnico passò davanti la porta aperta del suo "ufficio". «Aspetta, Cedric!»

Cedric Patter si voltò e guardò verso lui dall'infisso. «Che c'è?»

«Entra. Chiudi la porta». Patter ubbidì. «Siediti». Rosenthal aspettò finché Patter non fosse seduto prima di continuare: «Come vanno le cose con Wellman?»

Cedric storse la bocca. «Non mi rende di certo le cose facili» rivelò senza esitazione. «Dico, non ho tanto da fare data la situazione attuale, ma davvero non so cosa fare con lui. Era più utile come talpa».

Rosenthal annuì, la faccia truce. «Ha completamente esagerato, quell'idiota».

La squadra intera – non solo quegli cinque che si trovavano nel bunker – era stata, a dir poco, infastidita delle ultime azioni di Clifford Wellman. Il fatto che di fosse lasciato la sua vita alle spalle e fosse fuggito via solo perché avevano dovuto cercare un nuovo nascondiglio… – no, era davvero stato esagerato. Beh', lavorava dall'FBI, proprio come il fratello del professore – ma era un legame del quale gli agenti federali non sapevano niente. No, non ce n'era un dubbio, la reazione di Wellman era stata stupida. E a causa di questo, adesso mancava a loro un informatore interno all'FBI. E a prescindere da quanto la proceduta investigativa sarebbe potuto rimanere segreta – perché il fatto che il fratello di Eppes e l'FBI avrebbero investigato sul caso era, per Rosenthal, chiaro come il sole –, adesso sarebbe potuto essere un problema ottenere le informazioni di cui necessitavano. Faceva sempre comodo loro sapere che cosa sapeva l’avversario. Ma d’altro canto, il rischio che dalle investigazioni dell'FBI sarebbe potuto emergere qualcosa era infinitamente piccolo. Lì sotto, nessuno li avrebbe mai trovati.

«E allora che cosa facciamo col professore?» voleva sapere Patter. «Sta parlando?»

I lineamenti di Rosenthal si oscurarono. «Non ancora. Ma lo sapremo fra poco».

Le sue parole suonavano più ottimistiche di quanto potessero concedersi nella realtà. Era una settimana che il dottore non parlava. Rosenthal era sempre più tentato di passar alla forza fisica, ma in fondo la cosa lo ripugnava. Lui non era un uomo rozzo. E chi sapeva se sarebbero davvero riusciti nell’intento usando metodi più brutali? Perché in fondo, il dottore aveva l'apparenza di uno che si poteva ben distruggere psicologicamente.

Ma anche in questo caso dovevano fare attenzione: il dottore non doveva impazzire ancora una volta. Era davvero un'impresa azzardata; forse era per questo che facevano progressi così lenti.

«Ci deve essere un modo per far pressione su di lui» mormorò Rosenthal, più a sé stesso che al tecnico. «Dobbiamo trovare i suoi punti deboli...»

Cedric tacque per un po'. Ma non era ancora stato dimesso, ragion per cui Rosenthal aspettava ancora che cercasse una soluzione al problema. E in effetti ebbe successo: «L'abbiamo sorvegliato continuamente, no? Non dovrebbe essere difficile trovare una qualsiasi cosa che ci riveli i suoi punti deboli…»

Rosenthal annuì lentamente. «Mica male... Abbiamo ancora le registrazioni delle sue telefonate di allora?»

«Certo». Cedric Patter raramente buttava via qualcosa. E qualche volta questo si era rivelato essere anche un bene, per esempio in quel momento.

«Va bene. Allora cerca di trovare qualcosa. Relazioni con altre persone, il suo passato... Semplicemente fruga ovunque e dimmi quando hai trovato qualcosa».

Patter annuì e se ne andò.

Rosenthal si appoggiò indietro sulla sua sedia girevole, contemplando, pensieroso, il telefono, come se tramite esso potesse guardare il passato. Potevano davvero ritenersi felici del fatto che avevano registrato le telefonate del dottore durante il suo incarico regolare a settembre. Questa sorta di metodo molto spesso si rivelava utile in seguito. Certo, il fatto che non fosse riuscito da solo a fare in modo che il professore collaborare offendeva un po' il suo orgoglio (ma solo perché abbiamo dovuto trattarlo con i guanti, si giustificò con se stesso, ostinato), ma ora aveva il buon presentimento che Cedric gli avesse presentato la soluzione ai loro problemi: si sarebbe risolto tutto oggi o forse domani o dopodomani. E poi avrebbero avuto il dottore finalmente al posto in cui lo volevano: con le spalle al muro.

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Numb3rs / Vai alla pagina dell'autore: y3llowsoul