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Autore: ImAFeather    28/08/2013    10 recensioni
[...]E gli occhi parlano più di mille parole dette, sussurrate o urlate; più di mille gesti fatti, gettati o pensati; perché sono occhi, fanno parte dell’uomo, ma non sono controllati da questo… sono come i diamanti scalfiti, solo, da loro simili.
E Beth sapeva che con gli occhi non si può mentire, non si può ferire; ma sapeva, anche, che con gli occhi si può amare, si può morie.
Eppure, doveva ammetterlo, sapeva che ciò che fa innamorare il mondo sono le parole, dolci suoni che compongono eterne melodie.
E sapeva anche che... quelle parole... pronunciate dalle sue labbra... erano state il colpo mortale.
E allora Beth disse addio a quell'ultima scheggia di cuore che le era rimasta; perchè adesso lo sapeva che era completamente, e irrimediabilmente, suo.
| Alec è un musicista. E potrebbe essere nient'altro. Ma non è così.
| Beth è un'artista. E potrebbe essere nient'altro. Ma non è così.
N.d.a. Non è la solita storia d'amore se d'amore vogliamo parlare!
Genere: Introspettivo, Romantico, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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»Chapter 1


Last Nights - As Ink On Paper




"Settembre, come tutti i mesi di transizione, cullava gli incerti. Fuggiva in avanti con il vento fresco che sarebbe diventato presto autunnale, si rifugiava indietro nella luce ancora estiva del cielo. E ciascuno poteva assaporare quello che preferiva: foglie più pallide che cominciavano ad abbandonarsi, nuvole veloci e senza pioggia, pezzi di blu tra i palazzi grigi come cerniere dell'infinito."

 

E Beth non sapeva scegliere cosa preferisse di più.

Si cullava nell'incertezza, stretta nel suo maglione bordeaux, diventato ormai leggero per il tempo che abbracciava Bath.

Il cielo, come lei e forse, poche altre persone, aspettava con ansia il tramonto.

Beth, era lì, su di una panchina. Sola. In compagnia, di ciò che c'è di più bello al mondo: la natura.

Intorno a lei, quello che una volta era un prato felice, ora, sembrava essere una coperta in patchwork. Il verde era coperto a tratti da foglie gialle, arancioni, rosse e qualcuna, invece, si mimetizzava. Gli alberi sembravano invecchiati senza la folta chioma di foglie a colorarli. Altri, erano come congelati dal tempo, sempreverdi. E Beth, voleva essere come quegli alberi, semprefelice. Ma semplicemente non era possibile.

Beth, era lì, su di una panchina. Con un romanzo sulle gambe e una cioccolata calda in mano. Ed era in pace.

Il liquido scuro scendeva lungo la sua gola riscaldandola. Accanto la panchina, dalla borsa, Beth prese il suo album e la scatola di colori. Era il momento.

Il cielo si dipinse di colori adatti a quella stagione. Rosso e arancione lottavano per avere il dominio della tela, sfumandosi poi nel giallo dopo aver trovato accordo. Il sole calava sempre di più fino a fondersi con la linea dell'orizzonte, diventandovi un'unica cosa. Un'unica fascia che prendeva fuoco. Beth ne era certa: il cielo stava bruciando. E non aveva mai visto incendio più bello.

Dopo che il cielo fu interamente bruciato, le ceneri lo dipinsero di nero.

Piccole fiamme vi galleggiavano. Illuminandolo.

Ed ora non era più nero. Era trasparente. Rendeva visibile ciò che il giorno nascondeva. Rivelava ciò che per millenni aveva affascinato l'uomo: un manto stellato.

Sul foglio che aveva in mano, erano impresse tutte le sfumature e sfaccettature che quella sera avevano attraversato il cielo. Prese una penna e sul retro, in fondo a destra scrisse:

cielo di Bath - tramonto - 10 settembre 2013_Beth Smith

E lo ripose nella cartella con altri centinaia di schizzi. I suoi schizzi.

Dopo una cioccolata calda finita, un romanzo a metà e un nuovo schizzo, Beth lasciò quello che fino a pochi secondi prima era stato testimone della vera se. Quella che diventava con un foglio da disegno e una matita. La vera Beth.

Con il freddo che le percorreva la pelle, rendendola d'oca, s'incamminò verso casa.

Quella, ora ne era consapevole, sarebbe stata una delle sue ultime notti lì. E voleva viverle, tutte, prima dell'imminente ritorno a scuola.

 

 

Il tramonto aveva attraversato il cielo da poco e Alec, si ritrovò a pensare come sempre, che forse, quello sarebbe stato l'inizio di qualcosa di bello.
Che forse, quello sarebbe stato l'inizio di qualcosa di nuovo.
Ma dopo, il cielo tornò come ogni sera nero e la speranza che per qualche secondo aveva invaso la sua mente sparì, così come i colori in cielo.
E ciò che rimase fu solo nero. Stupido ed insulso vuoto. Nero.

Alec, era scappato per l'ennesima volta di casa. E come sempre, lo aveva fatto di nascosto.

Con la chitarra sulle spalle si era diretto verso il Palladian Bridges.

Il Prior Park, a circa a 1,5 km a sud del centro di Bath, era il luogo che Alec preferiva di più. Addentrandosi nel parco si scoprivano laghi con cascate, un tempietto gotico e un famoso ponte palladiano oltre alla suggestiva vista che spaziava sul profilo di Bath.

Ma ciò che Alec preferiva di più in assoluto, era la vista che si aveva dal ponte.

Il tempo impiegato ad arrivarci a piedi non poteva essere speso meglio. Quel suggestivo luogo era sede delle migliori notti di Alec. Vi si recava quando il tramonto era alle porte e lo osservava per tutto il tragitto.
Poi, in compagnia del buio suonava.

Quel parco era testimone delle sue canzoni, delle sue gioie e dei suoi dolori. Della sua vita.

Ma quella sera qualcosa galleggiava nell'aria. Sarà che l'estate era finita. Che l'autunno era alle calcagna. O che l'ultimo anno di liceo si avvicinava. Quel maledettissimo e tanto atteso ultimo anno.
E Alec non ne era per niente felice.
Ricominciare la scuola significava non poter passare le intere sere e aspettare l'alba, lì, con la sua chitarra. Vivere di notte, quando intorno ci sono le stelle e la luna ad illuminarti, i pensieri a specchiarsi nel fiume, e note una dopo l'altra a far da vento in serate dove il caldo sembrava non darti scampo, o semplicemente un bagno nella natura e dormire, in quel luogo, dove tutto tace e acconsente.
Sentirsi, anche se per poco, anche se in minima parte: liberi.
E di certo la scuola non era sinonimo di liberà. Più che altro un contrario.

Alec era lì. Le corde della chitarra tra le dita e la testa vuota. Ma mai così piena.

Pronto per una delle ultime notti dell'estate. Che per lui sarebbe ufficialmente finita il primo giorno di scuola.



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Ink Droplets

Care lettrici,
In primis mi presento sono Fil alias IamAFeather.
Questo nome è nato così, senza un motivo preciso, o forse inconsciamente mi sento proprio come una piuma, leggera e libera di volare. Ma ho bisogno di una folata di vento per farlo... la scrittura.
Per essere leggera, però, ho bisogno di leggere. E non è un caso che le due parole siano simili, o quasi del tutto uguali. Perchè leggere ci rende la testa leggera e libera di volare. Lì dove, le storie lo permettono, e superare i confini di chi si limita a vedere il mondo in superficie e così come appare.
E spero che la mia storia ve lo permetta.
Questi primi due capitoli sono un po' corti, nei prossimi, entrando nel vivo della storia, il racconto sarà più lungo.

La citazione a inizio capitolo è tratta dal romanzo di Alessandro D'Avenia Cose che nessuno sa. E non avrei potuto trovare o scrivere inizio migliore, per questo l'ho scelto. Spero vi piaccia.

Cosa ne pensate di questi primi due capitoli?? Recensite e se vi va seguite la mia storia. Non ve ne pentirete.
Parola di IamAFeather.
Xoxo

   
 
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