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Autore: blackmiranda    28/08/2013    12 recensioni
Cinque mesi dopo la sonora sconfitta, Ade riesce finalmente ad uscire dal fiume infernale in cui Ercole l'ha scaraventato. Purtroppo per lui, i progetti di vendetta dovranno attendere: una nuova minaccia si profila all'orizzonte, preannunciata da una profezia delle Parche, unita a quella che ha tutta l'aria di essere una proposta di matrimonio...
“E' molto semplice, fiorellino. Vedi, sono in giro da un bel po', e, anche a seguito di recenti avvenimenti non molto piacevoli, mi sono ritrovato, come dire, un po' solo. E così ho pensato, ehi, perché non cercare moglie?”
Persefone rimase interdetta. La situazione si faceva sempre più surreale, minuto dopo minuto.
“Tu... vorresti sposarmi?” balbettò incredula.

Questa è la storia di Ade e Persefone, ovvero di un matrimonio complicato. Molto complicato.
Genere: Comico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ade, Ercole, Megara, Persefone
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cap. 16
Home alone






Pena e Panico osservavano a debita distanza il gruppo di dèi che si erano radunati di fronte ai cancelli del Tartaro.


Zeus spiccava tra tutti, ovviamente, per maestosità e possanza, ma anche Poseidone, sbucato poco prima dalle acque del fiume Cocito, non passava di certo inosservato.

“Vogliamo procedere?” domandò il dio dei mari, impaziente.

Ade sollevò un sopracciglio. “Se sei così desideroso di scendere a salutare il caro paparino, perché intanto non ci precedi?”

Poseidone emise un basso suono gutturale simile ad un ringhio. “Considerati fortunato di non essere lì a fargli compagnia.” replicò in tono minaccioso, stringendo la presa sul tridente.

Ahem!” si schiarì la voce Persefone, facendosi avanti.

I tre si girarono a guardarla, perplessi.

La dea incrociò le braccia al petto. “Scusate se mi intrometto, ma... che accidenti sta succedendo? Perché dovete scendere lì sotto, e, soprattutto, io che dovrei fare?”

Zeus e Poseidone si scambiarono un'occhiata confusa, non sapendo bene cosa rispondere, poi volsero la loro attenzione ad Ade. “Non gliel'hai detto?” gli chiese Zeus.

Ade fece una smorfia. “Era nella mia lista delle cose da fare.”

Poseidone ridacchiò. “Bel matrimonio...” mormorò grattandosi la barba verde acqua.

Il dio dei morti finse di non aver sentito: guardò di sottecchi prima Zeus, poi Persefone, infine si produsse in un sorriso accattivante, prese per mano la moglie e la trascinò poco distante.

Zeus corrugò la fronte. Ancora non capiva per quale motivo il fratello avesse deciso di sposarla: non gli sembrava che ci tenesse a lei, e men che meno che ne fosse innamorato. In effetti, dubitava che Ade fosse in grado di provare un sentimento come l'amore.

In ogni caso, si disse, avrebbe fatto del suo meglio per assicurarsi che la giovane dea fosse trattata con tutti i riguardi possibili.

“E mollami!” sibilò Persefone, irritata. “Che cos'è questa storia, si può sapere?” aggiunse lanciando un'occhiata truce al consorte.

“Quante storie, Seph. Pensavo che ti avrebbe fatto piacere se me ne fossi andato per un po'.” rispose Ade senza staccare gli occhi dal fratello minore.

La dea alzò le braccia al cielo. “Non ci posso credere! Mi trascini quaggiù in fretta e furia per poi neanche... Insomma, quando pensavi di dirmelo?! E, tra parentesi, di quanto tempo stiamo parlando?” domandò con una punta di preoccupazione nella voce.

Ade si strinse nelle spalle. “Tre, quattro giorni. Dipende.” Sogghignò. “Non dirmi che senti già la mia mancanza...”

In tutta risposta, Persefone gli voltò le spalle, producendosi in un lamento estremamente infastidito.

Il dio alzò gli occhi al cielo. Non aveva certo tempo da perdere a battibeccare con lei. Sgusciò fuori dalla sua portata, abbrancando Pena e Panico prima che potessero fare altrettanto.

“Voi due,” sibilò, portandoli alla propria altezza, “assicuratevi che Miss Spocchia non combini disastri mentre sono via. Intesi?”

I demonietti si scambiarono un'occhiata dubbiosa. “C-cosa intende per disastri, Vostra Malignità?” balbettò Panico sorridendo nervosamente.

“Hmm.” fece lui, fingendo di rifletterci su. “Facciamo così: non voglio che faccia niente, che tocchi niente, che vada da nessuna parte. Abbastanza chiaro, il concetto?”

Panico deglutì, annuendo.

Bene.” disse Ade, mollando la presa. I due caddero a terra, rimbalzando sul pavimento grigio e freddo con un sordo boink. Senza ulteriori indugi, il dio dei morti fece comparire dal nulla la chiave dei cancelli di Tartaro e si portò vicino all'entrata dell'abisso. "O la va o la spacca." mormorò socchiudendo gli occhi.

Persefone, suo malgrado, non poté fare a meno di allungare il collo per vedere meglio cosa sarebbe successo.

Gli enormi cancelli sembrarono piegarsi, come se una qualche forza invisibile li stesse martellando. Al centro, dove a rigor di logica avrebbe dovuto esserci la serratura, si formò allora un piccolo foro, che prese a girare e ad allargarsi quasi spasmodicamente, mentre rumori a dir poco inquietanti si facevano strada attraverso l'apertura.

La dea avvertì i capelli drizzarsi sulla nuca quando un vento glaciale iniziò a soffiare nel corridoio cieco in cui si trovavano. Il foro era diventato grande abbastanza affinché un uomo adulto riuscisse a passarvi attraverso; tutto attorno ad esso, le inferriate dei cancelli erano drammaticamente distorte, quasi in procinto di fondere. Poi, tutt'a un tratto, le tre divinità furono risucchiate all'interno, scomparendo istantaneamente alla vista in un fragore che ricordava il mare in tempesta e il fulmine che sia abbatte rabbiosamente sulla terra.

Persefone sgranò gli occhi mentre il buco nero si richiudeva e le inferriate si raddrizzavano in un clangore di ferro battuto. Tartaro era di nuovo chiuso e inaccessibile; con un piccolo tuffo al cuore, la dea si augurò che andasse tutto liscio. Non che fosse preoccupata per Ade, anzi; ma non ci si vedeva proprio, nei panni di unica amministratrice del regno dei morti.

“Vorrei tanto sapere cosa ci sono andati a fare, là sotto.” brontolò riavviandosi i lunghi capelli bianchi. Il suo sguardo vagò fino ad incontrare quello dei due demonietti. “Voi ne sapete qualcosa?” chiese in tono inquisitorio.

“Oh, crediamo siano andati a parlare con -” La risposta di Pena fu interrotta da Panico, che gli si piazzò davanti in fretta e furia. “No! No, non ne sappiamo niente, sfortunatamente.” intervenne, girandosi poi a borbottare con il compagno.

Persefone sollevò un sopracciglio. Sorridendo furbescamente, prese a camminare in tondo. “So di aver sentito Ade menzionare suo padre, che se non erro era il Titano di nome Crono.” disse, cercando di suonare il più innocente possibile.

“Mmh, sì, chissà...” balbettò Panico, lo sguardo che saettava da una parte all'altra del corridoio, quasi a cercare una via di fuga.

Lei sbuffò. “Mi annoio di già. Cosa c'è da fare di un minimo divertente, qui nell'Oltretomba?” chiese, incamminandosi pigramente verso la sala del trono.

I due diavoletti si affrettarono a seguirla. “Oh, niente, proprio niente! E' un vero e proprio mortorio!” esclamò Panico, ridacchiando nervosamente. Pena annuì vigorosamente, reggendogli il gioco.

“Sapete, avete ragione, questo posto E' un mortorio! Certo, si potrebbe migliorarlo un po'. Ad esempio, due belle ghirlande di fiori variopinti proprio sopra al trono, o all'entrata dello Stige...”

Pena e Panico si guardarono l'un l'altro, un'espressione di puro terrore dipinta sul volto.

“Immagino che Ade non reagirebbe molto bene alla cosa, o sbaglio?” continuò la dea, iniziando a far germogliare un rampicante nella propria mano. “Un po' di edera, magari, o delle rose...” Si arrestò, divertita, osservando la reazione dei due piccoli demoni.

“S-sono sicuro che se la prenderebbe anche con te.” tentò Panico, sudando freddo.

Persefone si strinse nelle spalle. “Più odioso di così non può diventare, per quanto mi riguarda. Inoltre, sono certa che anche solo vedere la sua reazione quando avrò finito il restyling di questo posto mi darà una grande, enorme soddisfazione.” Si avvicinò di un passo al trono e vi poggiò una mano sopra. “Che ne dite, giallo o rosa, quale dei due colori odierebbe di più?”

Panico tirò un grido atroce, come se fosse già in grado di avvertire il ringhio furioso del padrone sul collo. “E va bene, va bene! Ti dirò tutto quello che so! Abbi pietà!”

Pena deglutì rumorosamente. “Ade non sarà contento...” mormorò, guardandosi attorno per assicurarsi che il dio non fosse improvvisamente tornato per arrostirli tutti quanti.

“Dunque,” esordì la dea, incrociando le braccia al petto, “con chi sono andati a parlare, giù nel Tartaro?” chiese, sorridendo soddisfatta.

“C-con Crono.” ammise Panico sospirando.

“Aha! Lo sapevo!” esultò lei battendo le mani. “Uhm, ok. E perché mai dovrebbero volergli parlare?”

“Per via della profezia... Un gran male sta per abbattersi sull'Olimpo, a quanto sembra... Giuro che di più non so!” balbettò il demone gesticolando freneticamente.

“Quale profezia? Di cosa stai parlando?” lo incalzò Persefone sgranando gli occhi. Era completamente all'oscuro di tutto, e la cosa le dava non poco fastidio. Ecco spiegate le frequenti riunioni che avevano tenuto sua madre così impegnata nei mesi precedenti.

“Ugh... Le Parche hanno profetizzato che... una minaccia si sta avvicinando, qualcosa che c'entra con Ade e i suoi fratelli... Capita spesso, che passino di qui a profetizzare...”

La dea rimase in silenzio a riflettere per un po' di tempo. Si appollaiò su uno dei braccioli di pietra del trono, cosa che fece quasi venire un colpo al demone verdognolo. “Quindi,” disse infine, “Zeus, Poseidone e Ade sono scesi a parlare con Crono per cercare di saperne di più su questa fantomatica minaccia?”

I due annuirono. “Possiamo andare, adesso?” chiese Panico in tono supplichevole.

“No.” disse lei, gelida. “Ho ancora una domanda da farvi, e vi conviene rispondere sinceramente.” Prese un respiro profondo. “Come ha fatto Ade a venire a sapere di me? Insomma, perché ha deciso di rapirmi e di sposarmi? Mi sembra abbastanza ovvio che la mia presenza lo infastidisca, e non ha mai mostrato interesse... ugh... nei miei confronti.”

Pena ridacchiò. “Questo è perché gli serviva una divinità ctonia, tutto qui.”

La dea corrugò la fronte. “Come, prego?”

Il diavoletto annuì, atteggiandosi da saputello. “E' così: gli serviva una divinità dalla natura compatibile con la sua, ha preso una lista e ha scelto te perché eri la più facile da rapire.”

Persefone rimase a bocca aperta: non se lo sarebbe mai aspettato, nonostante tutto. “Quindi... Io non gli interesso? Non gli piaccio?” chiese con un filo di voce, mentre constatava, suo malgrado, di stare provando una cocente delusione.

Panico si schiarì la voce. “Ehem... Questo non lo sappiamo... Potrebbe essere che...”

“Aspetta un secondo,” fece lei, interrompendo i balbettii del tirapiedi, “e allora io a cosa gli servo, in quanto divinità ctonia? Perché tutto questo casino, se alla fine non gli piaccio neanche?”

Panico sospirò. “Quando è uscito dallo Stige, i suoi poteri erano diminuiti parecchio, perciò le Parche gli hanno consigliato di sposarsi, in modo da riacquistare il controllo completo sul suo regno.”

“Perciò, in poche parole... io gli servo perché senza di me non riuscirebbe a governare l'Oltretomba?!” esclamò Persefone, improvvisamente euforica.

“Oddei, lo sapevo che non avrei dovuto dirlo! Ade mi ucciderà davvero, stavolta!” piagnucolò Panico iniziando a mangiarsi le unghie.

“Io... credo di dover restare da sola per un po'.” sussurrò la dea, balzando giù dal trono e dirigendosi velocemente verso la sua stanza.

Pena la osservò sparire nel corridoio buio. “E io che pensavo avremmo avuto vita facile, con lei... è carogna quasi quanto Ade!”

Panico gli saltò alla gola. “Siamo morti! Non c'è la minima possibilità che lui non lo venga a sapere, non appena sarà uscito da lì sotto!” esclamò con voce stridula.

“Rilassati!” replicò Pena, scrollandosi il compagno di dosso. “Intanto bisogna vedere se ne uscirà. E poi, non ci aveva mica detto che non voleva che lei venisse a sapere certe cose.”

“Ooh, lo sai benissimo che era implicito! Testa di rapa! E' tutta colpa tua!”

“Colpa mia? Ma se sei stato tu a raccontarle tutto per filo e per segno!”

I due battibeccarono per un bel po', mentre Persefone, non vista, sgattaiolava fuori dalla sua stanza e si avventurava alla ricerca del giardino dove crescevano i melograni. La sua camera era troppo buia e triste e le aveva trasmesso una sensazione di soffocamento che non era riuscita a sopportare per più di qualche minuto.

Si era sentita un po' in colpa per aver ricattato in quel modo i due diavoletti, ma d'altra parte ne aveva piene le tasche di essere trattata da vittima inconsapevole di quello che succedeva intorno a lei. Voleva capirci qualcosa, finalmente: voleva essere padrona del proprio destino, per quanto fosse possibile nelle condizioni in cui si trovava. Improvvisamente, tutto quadrava: il comportamento di Ade nei suoi confronti, il suo cambiamento di aspetto, la connessione che in qualche modo aveva avvertito con il regno dei morti quando si era sporta ad osservare le anime nello Stige. Era davvero la regina di quel posto, non una bella statuina messa lì per chissà quale capriccio.

La delusione che aveva provato quando aveva saputo di non piacere al dio dei morti si era ben presto mutata in sollievo: di certo era positivo che un pazzoide come lui non si fosse innamorato di lei. Si lasciò sfuggire una risatina e prese a volteggiare su se stessa in preda ad una strana allegria, che mai avrebbe sognato di poter provare in un luogo del genere.

Improvvisamente, senza bene sapere come, si trovò ad un bivio. Non ricordava di aver incontrato un bivio quando Ade l'aveva portata nel giardino dei melograni. Guardò alle proprie spalle: il corridoio che aveva appena attraversato era identico a tutti gli altri, e si snodava nella penombra fino ad essere inghiottito dalle tenebre.

Tornò a volgere la propria attenzione al bivio: le due strade sembravano perfettamente speculari, ma, a guardare meglio, una era un po' più illuminata rispetto all'altra; addirittura, le parve di scorgere una flebile luce alla fine del sentiero meglio illuminato. Dopo un attimo di esitazione, decise di buttarsi e seguire la luce, che splendeva nel buio come una stella lontana.


***
 
 
Eris si stava tranquillamente beando della sofferenza e della distruzione presenti in un campo di battaglia in Asia Minore: centinaia di corpi mutilati e ormai freddi erano sparsi disordinatamente in tutta la piana, il cui suolo era tinto di sangue nero. Uno stormo di corvi si era fermato a banchettare poco distante; i secchi versi degli uccelli erano gli unici rumori che si avvertivano in quella pianura desolata, che solo poche ore prima era stata la silente spettatrice del clangore delle armi e delle atroci urla dei soldati caduti.

Improvvisamente, la dea rabbrividì, come non le era capitato di fare per secoli. Sgranando gli occhi, alzò lo sguardo al cielo, incredula. Era come se l'avesse appena colpita un fulmine. Si alzò in piedi e spiccò il volo, alzandosi in aria.
Discordia.

Si guardò attorno, furente. “Chi parla? Mostrati!” La voce, profonda e roboante, sembrava provenire dall'alto, ma per quanto si sforzasse non riusciva ad individuarne la fonte.

Ho bisogno del tuo aiuto.” proseguì la voce, ignorando la sua richiesta.

Eris sorrise, sprezzante, ma non ebbe il tempo di esprimere il proprio rifiuto: in quel momento, infatti, il cielo le crollò addosso.   










Zan zan zaaaan
! xD
Allora, che mi dite di questo capitolo? :) Qualcuno di voi ha capito chi sarà il nostro nemico? ;)
Sono molto fiera di Seph, penso che finalmente si sia un po' svegliata fuori. ^^ Come direbbe Sakura ciliegina, ha imparato il mestiere da mafiosa. xD

Grazie a tutte, come sempre: il numero delle persone che seguono e che mettono tra i preferiti questa storia aumenta ancora, e io sono sempre più stupita e incredula e grata, soprattutto. :3 Un abbraccio forte!

Btw, Cocito è uno dei cinque fiumi infernali che scorrono nell'Oltretomba: Stige, Lete, Acheronte, Cocito e Flegetonte. Sapevatelo!

   
 
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