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Autore: Kaori_97    28/08/2013    2 recensioni
Tradotta da Fanfiction.net
Ambientata verso la fine della prima stagione. Gillian si è trasferita a Seattle con Alec, per tentare di salvare il loro matrimonio, ma la mancanza di Cal si fa sentire terribilmente.
-DALLA STORIA:
La sentì singhiozzare sommessamente contro di lui, tremando leggermente con le lacrime che sapeva non erano cessate. "Continua così Foster, e tu mi manderai K.O." La avvertì. “E se tu pensi che io non sappia cosa fare quando le donne cominciano a piangere, non hai idea di come divento quando ho che fare con le mie lacrime."
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cal Lightman, Gillian Foster
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Ho deciso di tradurre questa ff, perchè mi è piaciuta molto, spero piaccia anche, e che mi perdonerete per eventuali errori! :D


Home.

Gillian Foster prese un altro boccone di pane, e suo marito Alec entrò in cucina aggiustandosi la cravatta mentre si guardava intorno scrutarono la stanza. "Hai visto quel file a cui stavo lavorando ieri sera?"
Gillian indicò verso il salotto. "Sul tavolino." mormorò con la bocca piena.
Alec Annuì "Grazie." Recuperò il file, poi tornò in cucina e baciò Gillian velocemente. "A che ora vai a lavoro
oggi?" Le chiese.
"Non prima delle dieci, il mio primo paziente è alle dieci e mezza.”
"Va bene. Cercherò di essere a casa per le sei."
"Grande."
Condivisero un breve sorriso poi Alec si diresse verso la porta.
Gillian finì lentamente di mangiare l'ultimo pezzo di pane tostato poi attraversò la stanza per raggiungere il lavandino per lavare il piatto e mentre lo stava posando nello scolapiatti, Il suo occhio cadde sul calendario appeso alla parete. Era giovedì. Ovvio, lo sapeva, ma non aveva ancora realizzato la data.  Non ci volle molto a leggere il numero in bianco e nero: Diciassette aprile. Il giorno in cui aveva lasciato la sua vecchia vita alle spalle e ne aveva iniziata una nuova, il giorno in cui tutto era cambiato. Gillian chiuse gli occhi e la sua mente corse indietro a quel giorno...


Un anno prima…

Il suo volo non ci sarebbe stato prima di sera, dopotutto era piuttosto libera, Alec era già partito tre giorni fa per iniziare a lavorare e far sì che le cose si stabilissero nella nuova casa, tra cui essere lì per ricevere tutti i mobili e gli effetti personali. Le sue cose erano tutte pronte; la casa era vuota, aveva dato gli addii, e preparato tutto il necessario per il volo, tra cui un nuovo romanzo d'amore e tre grandi tavolette di cioccolato, che sono state tranquillamente nascoste dentro la sua borsa. Ma c'era ancora una cosa con cui Gillian doveva avere a che fare oggi prima di partire per Seattle. Un addio che aveva ancora da dire, e ad essere onesti, lei stava cercando di evitarlo . Perché questo sarebbe stato il più doloroso di tutti.

Cal si trovava nell'ufficio di Gillian, o quello era  il suo ufficio, lui aveva supposto che non dovrebbe più chiamarlo così ora. Ma anche se fosse rimasto vuoto per una decina di anni per venire poi occupato da qualcun altro , sarebbe rimasto sempre il suo. Si sedette sulla sedia dietro alla scrivania, chiudendo gli occhi, cercando di immaginare la stanza come era sempre stata: le foto sulla scrivania, la sua foto preferita sul muro e i suoi libri sullo scaffale. Il suo ufficio era sempre sentito così caloroso… Così cordiale, così…
’Gillian’. Ma adesso era freddo e vuoto, proprio come sospettava che la sua vita sarebbe diventata una volta che lei si fosse imbarcata su quell'aereo.

Aprì gli occhi quando sentì il click della porta e fu sorpreso di vederla lì in piedi. "Hai cambiato idea!?" Scherzò, sperando che non vedesse il dolore sul suo volto, o la speranza disperata dietro quelle parole, e forse, e solo forse, lo aveva fatto.
Attraversò la stanza verso di lui che si alzò in piedi mentre Gillian si avvicinava. Senza dire una parola lei gli avvolse le braccia al collo, e lui la strinse in un abbraccio che avrebbe voluto non finisse mai.
Cal non sapeva per quanto tempo restarono in quel modo, tutto quello che sapeva era che fu Gillian a staccarsi per prima. Lei si asciugò rapidamente sotto gli occhi, così Lightman vide le lacrime luccicanti scenderle silenziosamente lungo le guance. Lui allungò una mano e prese una lacrima con il pollice, sorridendo dolcemente. "E adesso non fare così la piagnucolosa con me, Foster." Disse piano. "Tu sai che io non so come comportarli quando le donne cominciano a piangere in mia presenza."
"Mi dispiace" Lei tirò su con il naso "E' solo che ..."
"Lo so, tesoro," disse tirandola a sé  di nuovo. "Lo so."
"Sto facendo la cosa giusta, no?" La sua voce era stata così bassa, soffocata contro il suo petto che Cal si chiese se avesse davvero parlato, o se lo fosse solo immaginato.
"Non devo essere io a dirtelo, tesoro. Devi prendere la decisione che è giusta per te." Il suo cuore aveva sofferto mentre disse quelle parole. Da dove la forza di dire la cosa giusta e di essere passivo in questa situazione, fosse venuta, non ne aveva idea. Lui, la avrebbe voluta più di ogni altra cosa, ma per dirle che stava prendendo la decisione sbagliata. Che lasciare il Lightman Group per fondare una sua pratica privata non l'avrebbe resa felice, che Seattle non era la sua casa, Washington lo era; che suo marito non meritava una donna che impacchettava tutta la sua vita e ricominciava  solo per lui, il suo lavoro, e la possibilità di salvare il loro matrimonio in crisi. Lui avrebbe voluto dirle, ti prego resta, ma non ci riuscì. Lei aveva preso la sua decisione, e lui l’avrebbe rispettata. Anche se guardarla andarsene gli avesse spezzato il cuore, lui l’avrebbe lasciata condurre la propria vita.

La sentì singhiozzare sommessamente contro di lui, tremando leggermente con le lacrime che sapeva non erano cessate. "Continua così Foster, e tu mi manderai K.O." La avvertì. “E se tu pensi che io non sappia cosa fare quando le donne cominciano a piangere, non hai idea di come divento quando ho che fare con le mie lacrime."
Lei rise, ma era una risata a cui mancava il solito calore. "Va bene. Smetto." Si staccò da lui, asciugandosi di nuovo gli occhi, e fece un passo indietro per scrutare il suo ufficio. "Sembra diverso." Disse con calma, facendo scorrere la sua mano lungo il bordo della scrivania.
"Sì, lo è."
Lei annuì. "Io ti sto trattenendo dal lavoro…" Disse alla fine, e lui scosse la testa con un sorriso triste.
"Il lavoro può aspettare."
"Non avrei mai pensato sentirtelo dire."
"Alcune cose sono più importanti del lavoro," Le disse dolcemente, e lei si morse il labbro inferiore, cercando di farlo fermare dal tremare. "Vuoi che venga in aeroporto con te?" chiese, ma lei scosse la testa.
"Non credo... Non credo che potrei sopportarlo." Ammise. "E poi… E’ già difficile farlo qui. Darci il nostro ... Il nostro addio, intendo." La sua voce ha tremato un po' sulla parola ‘addio’, mentre invece Cal si ritrovò a deglutire al suono di quella parola. Suonava come se fosse una cosa definitiva.
"Dai, Foster. Fatti coraggio. Non è un addio per sempre, no? Voglio dire… Quando lo decido, sono pronto a prendermi un'altra vacanza e posso sempre fare un salto da Seattle…" Lei sorrise, con uno sguardo lontano. "Inoltre…" L’ha raggiunta, così ora era proprio di fronte a lei, costringendola a incontrare il suo sguardo. "Sei sempre la benvenuta qui. Questa è la tua casa".
Gillian soffocò un singhiozzo alle sue parole, e lo abbracciò di nuovo, stringendolo più  stretto di quanto non avesse fatto prima. Appoggiando la testa sulla sua spalla, si ingoiò le parole che voleva dire, sapendo che avrebbero reso la situazione solo più difficile. Non voglio lasciarti. Voglio stare con te. Ti amo.

Dopo quella che sembrò un'eternità, lei alzò la testa, e lo baciò sulle labbra. "Addio, Cal." Sussurrò, la cosa più straziante che lui avesse mai sentito dire. Lentamente si diresse verso la porta, sapendo che se si fosse voltata a guardare il suo volto ora, non sarebbe stata capace di andarsene.
"Ciao, tesoro." Disse piano, e prima che lui se ne accorse era sparita. Il suono dei suoi tacchi svanì mentre camminava lungo il corridoio, lasciando l'edificio. Lasciando la città. Lasciando la sua vita.
  
Oggi…

La vita a Seattle fu un adeguamento, ma non era affatto male. Il suo ufficio andava bene. Avevano decorato la casa in modo che si sentiva più a casa, e erano in una bella zona con vicini amichevoli. Il nuovo lavoro di Alec stava andando bene, ed era molto meno stressante. Di conseguenza, lui stava lavorando meno ore, non era ricaduto nel giro della cocaina, e avevano più tempo da poter passare insieme come una coppia. Andavano fuori a cena, Seattle aveva certamente dei bei ristoranti, andavano la teatro, passeggiavano persino insieme al parco. Tutto sommato, la vita era buona. La vita era molto buona.
Ma c'era qualcosa che le mancava. O meglio, qualcuno.

Gillian non aveva visto Cal dal giorno in cui lo aveva lasciato in piedi nel suo ufficio, un anno fa, oggi. 
Avevano parlato al telefono un paio di volte, inviati l’un l’altro cartoline di compleanno con piccoli regali attaccati, avevano promesso che avrebbero cercato di incontrarsi prima di Natale, ma non era successo. Gillian aveva la sensazione che se avesse visto ancora una volta Cal, non sarebbe stata in grado di staccarsi di nuovo da lui. Lasciarlo una volta era stato abbastanza difficile. Lasciarlo due volte sarebbe stato impossibile.
Quindi, questa era  la sua vita ora. Qui, con Alec. Ed io non sono infelice , pensò. Ho i cuore spezzato
Non sapeva come, quelle due frasi contrastanti potessero essere entrambe vere, ma lo erano.

Rimase nella sua cucina per lungo tempo, con mille pensieri vorticosi per la mente. La sua decisione di trasferirsi a Seattle con Alec era stato la più difficile della sua vita, ha dovuto valutare i pro ei contro, considerare ogni cosa, e fare un sacco di accordi. Vendere la casa e comprarne un nuova, prendere decisioni su dove far partire la sua nuova carriera,  e sciogliere la sua partnership con Cal. Gillian Foster non era una che prendeva decisioni alla leggera, ma improvvisamente si sentiva come  se un interruttore si fosse acceso nella sua mente, o era nel suo cuore?
Che cosa stai facendo, Gillian? si chiese mentre correva al piano di sopra. Lei si chiese questa domanda mille volte anche le ore che seguirono, Quando era al telefono, quando stava gettando le cose in un sacco, quando stava salendo sull'aereo! Tu non prendi decisioni avventate come questa. La voce stava urlando nella sua testa, che cosa stai facendo? Questo è del tutto irresponsabile e sconsiderato, e non ci hai nemmeno pensato!
Per una volta, non le importava. La voce della sua coscienza poteva andarsene all'inferno; qualunque cosa la avesse indotta a questo cambiamento era per lei. Non per Alec. Non per i suoi pazienti. Non per il suo staff. E’ la cosa giusta per me. Quante volte nella sua vita aveva fatto la cosa giusta, anche se la causa era di ritrovarsi con il cuore frantumato in mille pezzi? Aveva rinunciato a tutto per Alec perché voleva sostenerlo, perché voleva essere una buona moglie, perché sembrava la cosa giusta da fare per cercare di far funzionare il loro matrimonio. Ora, stava per essere irresponsabile. La sua decisione potrebbe causare problemi e complicazioni, conversazioni difficili e spiegazioni imbarazzanti, dolore, confusione e devastazione.
Ma devo farlo. Si sentiva in colpa, riflettendo su ciò che stava per accadere, non puoi solo scappare dai tuoi problemi Gillian! Ma il suo senso colpa per una volta fu accompagnato da una decisa determinazione di difendere se stessa, per fare quello che voleva fare, invece di quello che rendeva felici tutti gli altri. E’ la tua vita, Gillian, si disse. Se non fai quello che ti rende felice ora, quando lo farai? Inoltre… la voce nella sua testa che la stava spingendo fare questo, controllava il suo cuore e non la testa, continuò, non sto scappando da nulla. Sto correndo verso qualcosa.



Cal era nell'ufficio di Gillian, nonostante fosse passato un’ anno era ancora vuoto. Non gli importava se i suoi dipendenti lo pensavano pazzo o stupido per non aver permesso a qualcuno di usare la stanza, non importava se la gente di tanto in tanto commentava il fatto che doveva ancora far  togliere la targhetta dalla porta. 

Qualche mese prima, fu assunto un nuovo assistente di ricerca, che, passando davanti all’ ufficio di Gillian insieme a Cal, vide il nome sulla porta. "Dottoressa Foster? Non credo di averla ancora conosciuta, chi è?" chiese.
"Se n'è andata." Fu tutto quello che Cal disse, prima di proseguire lungo il corridoio, rifiutandosi di parlarne ulteriormente. 
Tom, il nuovo ragazzo, probabilmente aveva creduto che Cal intendesse che fosse morta. Non importa, se lui è curioso può benissimo chiedere in giro e scoprirlo, pensò.
Nel corso dell'ultimo anno, aveva passato un sacco di tempo in quella stanza, come se fosse diventato un prolungamento del proprio ufficio. Se le idee non arrivavano facilmente, lì avrebbe trovato l'ispirazione. Se un caso si stava rivelando difficile, riguardando le cose nella sua stanza, avrebbe visto più in là.  O se semplicemente gli mancava, Dio, quanto gli mancava, sarebbe solo venuto a sedersi dietro la scrivania o sul divano. 
Per due volte aveva anche dormito su quel divano, raggomitolato come un bambino, abbracciando i cuscini che lei aveva scelto e che, ancora oggi, avevano il suo odore. O era solo la sua mente che gli  giocando qualche brutto scherzo?

Si alzò di nuovo, come aveva fatto già  tante volte prima. C'era una pianta in un angolo della stanza che innaffiava tutti i giorni. C'era una foto di loro due qualche anno fa incorniciata sulla sua scrivania. Emily l’aveva scattata, quando loro tre avevano trascorso la giornata al parco, ed che era sempre stata una delle sue preferite. Infatti prima che lei se ne andasse, era sempre stata nel suo ufficio. Ma la sua scrivania sembrava vuota senza foto, così la trasferì qui; un costante ricordo di ciò che avevano passato. Di ciò che avevano perso.
La data non era sfuggita alla sua attenzione. 
Quando lei, per la prima volta gli disse che lei e Alec si sarebbero trasferiti a Seattle, la sua prima domanda, anche se subito dopo gliene sorsero altre mille in mente, fu: “Quando?” Quanto tempo mi rimane da passare con te? era quello che voleva realmente dire.
"Aprile, credo." Rispose lei, e poi ci fu la conferma. Diciassette aprile.

Come era possibile che fosse già passato un anno?
Si chiese cosa stesse facendo oggi. Cosa indossasse. In questo momento era a casa o a lavoro? Era in giro per negozi o a fare la spesa? Con Alec...
Chiuse gli occhi, cercando di evocare l'immagine di
lei. Era un anno che non la vedeva, era forse cambiata? Aveva fatto crescere i capelli? Li avrà ricci o lisci ora?
Non poteva contare le volte in cui si era immaginato, che lei tornasse da lui. Ogni volta si svegliava dal sogno con il ricordo agrodolce del suo sorriso luminoso, e la consapevolezza che era solo un sogno, lo colpiva come l'acqua fredda.

Sentì lo scatto della porta e aprì gli occhi, pronto a rimproverare chiunque fosse entrato. Era diventata una regola non detta dalla partenza di Gillian che nessuno oltre a lui  doveva entrare nel suo ufficio,  tranne gli addetti alle pulizie, e tutti sapevano che era meglio non disturbarlo quando era li.
Quando la vide lì in piedi, pensò di sognare. Solo un altro sogno. La sua mente però aveva fatto un lavoro ancora migliore questa volta, lei sembrava così reale, così bella, come lo era l'ultima volta in cui l'aveva vista,  e forse anche di più.
Lei iniziò a camminare verso di lui, e Cal aspettava il momento in cui si sarebbe svegliato, ma non è arrivato. Un secondo dopo  Gillian era tra le sue braccia. La sensazione del suo respiro sul collo, le braccia avvolte intorno a lui e la sua guancia premuta contro la sua. Lui sobbalzò quando capì che era reale. Non è un sogno. Lei è davvero qui!
"Foster." Disse, senza preoccuparsi se il suo viso mostrasse tutte le emozioni che stava provando in quel momento. Sorpresa. Gioia. Paura.  E se lei è tornata solo per una breve visita e poi mi lascia di nuovo...?
“Ssh.” Gli mise un dito sulle labbra, i suoi occhi azzurri erano fissi su di lui. Tolse il dito e lo baciò dolcemente, proprio come aveva fatto il giorno in cui lo aveva lasciato.
"Sono tornata a casa, Cal." Disse semplicemente.
A sentire quelle parole Cal fu inondato dalla gioia più forte che avesse mai provato. Quando la tirò a sé per un altro abbraccio, lui chiuse gli occhi, tentando a malapena di riaprirli per paura che se lo avesse fatto lei sarebbe sparita, come in tutti i suoi sogni.
Le sue braccia la avvolsero di nuovo, stringendola più forte che mai.  
Gillian sentì una lacrima scivolarle lungo la guancia. Ma questa era diverso dalle lacrime  di un anno prima. 
Questo era il suo luogo di appartenenza. A Washington, al Lightman Group. Tra le braccia di Cal. Questa era la sua casa
.





Dato che ho amato questa ff, mi piacerebbe tanto sapere cosa ne pensate voi :)
Un bacio

Kaori_97
   
 
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