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Autore: bimbarossa    28/08/2013    1 recensioni
I have a dream. Una frase semplice ma che ha cambiato il mondo. Anche io ho un sogno, un sogno da raccontare, un viaggio immaginario di una notte come quello di Dante, ma invece del candido Virgilio come guida mi trovo il graffiante Martin Luther King, e altri personaggi tutti reali, tutti insieme a mangiare la polenta sotto il cielo africano. Perché un viaggio non si fa camminando con i piedi, ma con il cuore. E i sogni.
Genere: Comico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Ho fatto un sogno, un sogno vero, ad occhi chiusi e in fase REM, un sogno che voglio raccontare perché lo voglio ricordare, anche quando gli occhi sono aperti e perché la realtà, con tutti i suoi problemi e la sua quotidianità non lo faccia sbiadire, non lo faccia sembrare irreale.
Perché un sogno è morto solo quando lo si considera impossibile.


Ci sono io, a tavola nel mio salotto, con la luce del pomeriggio che entra dal balcone e la polenta di mia madre che mi fa storcere la bocca (domenica scorsa mia madre ha fatto davvero la polenta e io ho avuto la nausea per tutto il giorno!).

Poi compare Martin Luther King, a braccetto con un politico famoso per le sue idee “particolari” non troppo tolleranti, di cui non dico il nome solo per attenermi alla politica del sito. Tutti e due con un atteggiamento da amiconi.

Martin Luther King: ”Ciao Elisabetta, non ti piace la polenta?”

Politico: “Dovresti mangiarla, tua madre ci tiene!”

Io: “Mi fa schifo!” La buttò lontano da me e vedo la faccia di mia madre da qualche parte che è triste (i sogni sono strani, le persone appaiono e scompaiono come li piace!)

Politico: “Pensa ai bambini dell'Africa che muoiono di fame!”

Io faccio una faccia sorpresa, non mi pare che lui pensi molto ai bambini dell'Africa.

D'improvviso ci troviamo davvero in Africa, tutti e tre seduti attorno ad un fuoco nella savana. Ma non ci sono leoni, ne gazzelle. Niente prede o predatori. Solo noi tre a mangiare polenta con i fagioli.

Poi sento una voce che chiama Martin Luther King e il politico.

Lucy: “Ciao nipotini miei, come state?”

Io mi spavento, perché la donna è molto molto magra, quasi uno scheletro e io penso che forse dovrei dimagrire e mangiare meno perché ci sono i bambini dell'Africa che muoiono di fame.

Poi si rivolge a me, la donna magra e nera, e mi dice”Ciao nipotina!”

Io: “Tu non sei mia nonna, sei nera! E poi non sei la nonna neanche di loro due, lo vedi che quello è bianco e lui è americano?”

Lei ride così tanto che la polenta le sguscia fuori dalla bocca in uno sbrodolamento che mi fa anche un po' schifo.

Lucy: “Io sono la nonna di Martin Luther King e del politico, e sono anche tua nonna!”

Io: “Senti, io una nonna l'ho già, e adesso è in paradiso!”

Mi arrabbiò sempre quando si parla di mia nonna, non so se per difenderla o perché sono proprio arrabbiata con lei perché mi ha lasciata.

Lucy: “Tua nonna è anche lei mia nipote. Io sono la nonna della tua nonna. Sono la nonna di tutti.”

Io continuo a mangiare, e anche gli altri due, come se per me quella verità ancestrale e accecante non contasse, mentre per gli altri due perché quella verità l'hanno già accettata e vivono di essa.

Poi appare dal nulla un altro uomo. Lo riconosco, è uno dei mie scrittori preferiti.

Wilbur Smith si siede con noi e comincia a mangiare la polenta e intanto dice:

Non l'hai riconosciuta? Quella è Lucy, la prima donna, la vera Eva! Discendiamo tutti da lei.”

Io mi volto verso la vecchia, che non è più vecchia e nera; o meglio non è solo vecchia e nera.

Nello stesso momento è vecchia, giovane, bambina, scheletro, bionda, rossa, con gli occhi grigi, con gli occhi scuri e liquidi che hanno i neri.

È tutte queste cose messe insieme, dipende da come la percepisco, da come la capisco.

Sento un legame con tutto in quel momento, in uno stato di esaltazione affine a quello che provo mentre leggo un libro particolarmente intenso, uno dei libri di Wilbur Smith sull'Africa per esempio.

E mi sento davvero in Africa, nella culla dell'uomo, con l'occhio del disco giallo del Sole al tramonto come un laser, o un fucile pronto a sparare, dritto su di me, verità di una portata e di un'eccezionalità semplice e sconvolgente.

Poi, nell'arancione di quell'atmosfera che decadrà presto nella notte, vedo una figura bianca e scattante che si aggiunge a noi, attorno al fuoco.

Io: “Ma te sei il papa!

Però non smetto di mangiare, come se lui fosse uno di casa, l'ultimo ospite che aspettiamo prima di iniziare. Non so che cosa, e non so se sono pronta.

Siccome non sono molto affezionata alla chiesa, verso cui ho sviluppato una ribellione e una critica che ai miei imbarazza parecchio, gli chiedo subito: ”Sai che voglio diventare Papa?

Politico: “Le donne non possono farlo, puoi diventare suora!”

Io: “Ma non è la stessa cosa, io voglio l'abito rosso!

Papa: “Allora puoi diventare cardinale!”

Io: “Davvero? Ok, voglio diventare cardinale! E voglio essere anche un'eroina!” (non chiedetemi perché ho associato le due figure!)

All'improvviso mi ritrovo in un abito striminzito, di pelle rosso fucsia e d'oro, con tanti pizzi color ecrù (mia madre è una ricamatrice e so come sono i pizzi ecrù, tiè) in una fusione impossibile da descrivere, tra l'abito di un Cardinale e quello di Catwoman.

In più mi spuntano boccoli di un rosso veneziano e una maschera tipica di quei luoghi (avevo appena letto la Maschera veneziana di Rosalind Laker).

Sono proprio una strafiga, magra e abbronzata.

Lucy mi guarda come se non fosse più mia nonna, e il politico mi dice: “Tu così la pubblicità dell'Ikea non la fai!”

Martin Luther King e gli altri, compreso il Papa, continuano a mangiare, la mia trasformazione li lascia indifferenti e mi domando se superman o l'uomo ragno provino la stessa sensazione nel loro anonimato.

Sento un rombo, come un tuono, e una parte della mia coscienza si chiede se nel mondo reale, quello che circonda il mio letto in cui sto dormendo e sognando si stia scatenando un temporale.

Ma no, sono delle moto, quelle che vanno nel deserto.

Ho paura e mi immagino i tipi di Death Valley che ho visto ieri sera su Rai4 che mi accerchiano e mi violentano e ci uccidono tutti come porci.

Io: “Che facciamo?”

Martin Luther King: “Ma sei tu l'eroina, trova tu una soluzione. Vai e stendili!”

Io: “Non posso! Non so come si uccide una persona!”

E Lucy con la sua voce suadente che sembra venire da tutte le sue ossa messe in mostra: “Il sangue è l'unica soluzione!”

Non pensavo che fosse così vendicativa e guerresca!

Poi mi passa un coltello e io, o la creatura che si impossessa di noi nei sogni, che decide cosa dobbiamo fare mentre noi siamo spettatori esterni di noi stessi, si fa un taglietto nel dito e comincia a scrivere. A scrivere quello che so essere un patto di sangue.

Anche gli altri sei lo fanno, e a gambe incrociate come me scrivono il loro nome davanti, sulla terra marrone che è il suolo dell'Africa.

Vedo il Papa che invece di scrivere Sua Santissima eccetera eccetera si firma Jorge Mario Bergoglio e Lucy fa uno svolazzo che comprende tutte le lingue del creato.

Io mi firmo Donna-Cardinalessa-con-tuta-fucsia-e-oro-e-con-merletti-ecrù e tutti ridono del mio nuovo nome da eroina.

Politico: “Un po' lunghetto per essere un nome!”

Io mi incavolo, tutti hanno diritto a decidersi un nome da battaglia. Mica posso andare a combattere con il mio semplice nome!

Martin Luther King: “Non è un po' ampolloso? So che ti piace essere barocca, che ti piacciono le minuzie e i dettagli. Ma vedere i dettagli a volte svia dal vedere il fulcro del tutto.”

Con la sua mano insanguinata cancella la mia scritta, il suo sangue che si mescola al mio fino a che la differenza sparisce.

Ora scrivi il vero nome con cui combatterai!”continua imperterrito.

Ma io sono stufa di essere me stessa! Non ho amici e nessuno mi capisce! Non vivono la mia realtà e io non so spiegargliela!” ho le lacrime agli occhi, è dura dover confessare le proprie mancanze.

No, loro non vivono il tuo sogno, e non potrebbero mai farlo.” Wilbur prende un pezzo di legno e si mette a fare ghirigori nella sabbia scura.

Noi scrittori ci nutriamo di sogni, viviamo in essi, e il prezzo per questo è che molto spesso siamo fuori dalla realtà in cui si trovano le altre persone.”

Martin Luther King mi prende la mano e io sento la sua forza, la sua potenza, la sua arte, che è quella di creare non un romanzo, ma un obbiettivo verso cui tutti gli altri possono tendere e immaginare il cambiamento.

Noi siamo i nostri sogni, è lì che viviamo, non cercarti altrove, non cercare dettagli che non parlano di te ma che ti nascondono, a te stessa e agli altri!”

Mi ritrovo tra le mani la maschera veneziana che indossavo fino a poco prima, nei toni fucsia e oro a spirale, come i miei pensieri che si attorcigliano e mi confondono.

In quello stato di estraniamento scrivo sulla terra d'Africa, scrivo senza accorgermene e quando gli occhi riescono a mettere a fuoco ciò che mi sta davanti provo un senso di disagio e delusione.

Ma sono soltanto io! Solo Elisabetta!

Nella terra, scritto in caratteri dritti e profondi, ben delineanti c'è il mio nome, senza orpelli, senza abbellimenti ne aggiunte.

Con questo devo andare in guerra?”

Questa sei tu, stai attenta che la pioggia non lo cancelli!”

Va bene Martin, ma te il sogno che hai fatto nel discorso lo hai fatto davvero?”
Lui non risponde e io continuo: ”Ma te non eri morto?”

Lui ride e gli altri gli fanno eco. ”Non posso morire, io sono un sogno!”

Politico: “Te invece sei una maschera, che ne vuoi fare di quella? O la indossi o te la rompi.”

Io sono indecisa e Lucy ci serve altra polenta, che diventa pizza, che diventa riso al curry, che diventa i dolci dell'amica algerina di mio padre.

Non so più cosa stiamo mangiando, ma in fondo non ha molta importanza.

Noi stiamo mangiando, insieme attorno a quel fuoco africano, noi sei, e mi viene in mente l'opera teatrale Sei gradi di separazione, in cui si afferma che fra ogni individuo, di qualsiasi nazionalità e in qualsiasi posto si trovi non ci sono più di sei gradi di separazione che lo allontana dal suo simile.

In quell'istante, proprio in quell'istante vicino al fuoco appare il mio atlante, quello enorme e con la copertina rigida con cui giocavo con mia sorella a dove fossero i paesi e a trovare le città più strane.

Vedo che è quasi tutto coperto di macchioline rosse tranne in zone in cui so che ci sono delle guerre.

Cosa sono i pallini rossi?” domando mentre mi strafogo di pizza ortolana, la mia preferita.

Quelli sono i conflitti attualmente presenti,” mi dice il papa.

Si ma quella è la Germania, e quello è il Canada, e gli Stati Uniti, e quella è l'Italia. Noi non siamo mica in guerra!”

Le guerre ci sono eccome, silenziose, che serpeggiano, in una frase razzista, in uno stupro, nella malasanità, quando picchi un bambino, quando truffi la gente. Queste guerre sono malevoli, trasparenti, si confondono e ci strisciano addosso come creature velenose,” il politico ha un'aria lugubre da maestro Yoda, ”guardati da queste forme estreme di conflitti, è da loro che si dipanano le guerre che intendi tu, quelle che si possono risolvere, se solo si volesse. Una guerra può finire solo se diventa manifesta, ma per quelle sotterranee, per i crimini dell'odio, per quelle non puoi fare molto, se non smascherarle.”

Il politico finisce la sua tiritera mentre Lucy mi ruota attorno come un leone in attesa, pare la prima cacciatrice in Buffy l'ammazzavampiri, quella specie di sciamana che la istruisce nel deserto.

Ma io non voglio essere una cacciatrice, non mi piacciono i vampiri e nemmeno i mostri.

Lei mi legge nel pensiero perché sbotta: ”I veri demoni non sono quelli dei film, svegliati Elisabetta! I demoni che devi temere sono quelli dentro te stessa!”

E mi punta un dito scheletrico e adunco contro:"Pigrizia, presunzione, arroganza, orgoglio. Ecco quali sono i tuoi demoni personali.”

E come faccio a sbarazzarmene?”

Devi amarli,” afferma convinto Martin Luther King, che mangia un kebab vegetariano, come il mio.

Politico: ”Allora, che fai con quella maschera?”

Io: ”Me la tolgo solo se tu ti togli la tua!”

Cominciamo a litigare, ognuno sulle proprie posizioni. Intanto Martin Luther King comincia a proclamare il suo discorso, quello per cui è famoso, e che ho viso in questi giorni al TG5.

Il suo è un rumore di sottofondo tra me e il politico che urliamo, e il fuoco che brilla come se volesse imitarci.

Papa: “Piantatevela di litigare e mangiate il dolce con la crema, è argentino, molto buono!”nel suo accento spagnolo ci da il dolce e io lo divoro (da quando mia sorella è stata al ristorante argentino e ha mangiato un dolce con la crema, identifico la pasticceria di quel paese solo con quello, quindi argentini perdonatemi, è solo un sogno!)

Nell'atlante che è ancora lì la Siria comincia a brillare, e diventata bianca e splendente.

Mi sono addormentata con il telegiornale di RaiNews che parlava di quello e sento, nella dimensione onirica in cui mi trovo come una voce fuoricampo, la conduttrice che parla di guerra e intervento militare.

Secondo te Papa, se vado a fare l'eroina in Siria li faccio smettere di combattere?”

Papa: ”Se ci vai come Donna-Cardinalessa-con-tuta-fucsia-e-oro-e-con-merletti-ecrù non ci riuscirai mai, non hai nessuna possibilità.”

Mi sento profondamente offesa e mi rivolgo verso Martin Luther King:”E se ci vado come Elisabetta?”

Beh, direi che hai una possibilità su sei miliardi di portare la pace. Direi che ognuno di noi, ogni abitante del pianeta ha una possibilità, trovandola in se stesso, di portare la pace. Tu che dici? Ti va di essere te stessa?”

Mi rendo conto che ho ancora la maschera veneziana fucsia e oro tra le mani, pesante e concreta come un neonato, e decido di non romperla ne di disfarmene ma di tenerla in braccio, al sicuro.

Poiché le nostre maschere, le nostre mancanze, i nostri difetti e i nostri fallimenti devono essere cullati, protetti; e amati come la parte più debole e più forte di noi, la nostra parte eroica.

Ho freddo, un vento gelato fa guizzare le fiamme che sembrano gemere per quel trattamento. Non sapevo che l'Africa potesse avere un clima così, e ho paura.

I delinquenti in moto sono spariti, usciti dalla trama di un sogno ribelle che mi sta intrappolando in una ragnatela appiccicaticcia e scomoda.

Cosa succederà?” domando perché sento che devo domandarlo.

Ricordati, se la guerra scoppierà e coinvolgerà la Giordania e Israele allora sarà mondiale”, Wilbur se ne intende di guerre africane e mediorientali. Mi ricordo il suo libro L'orma del califfo, le sensazioni che ho provato quando lo leggevo, la nevicata che mi ha fatto tornare prima da scuola quel giorno ma che non mi ha fermato dall'andare in libreria e comprarlo.

Da allora i miei gusti si sono ampliati, leggo romanzi impegnati e femministi, ma non riesco a dimenticare il periodo in cui risparmiavo i soldi della merenda per prendere i suoi libri di avventura.

Provo nostalgia, la stessa che potrebbero benissimo provare le ragazzine siriane a cui i ricordi della loro casa, dei loro libri, dei loro animali domestici, dei loro giochi sovvengono alla memoria mentre sbarcano sulle nostre coste. E mi viene da piangere, piangere così tanto da riempire il Sahara e riportarlo a come era 10'000 anni fa.

Tra 250 milioni di anni le nazioni non esisteranno più, perché i continenti si uniranno fino a formare un solo unico continente, come era 250 milioni di anni fa. Cenere alla cenere.

Ricordati Elisabetta, ogni differenza è la certezza, è la prova di un'uguaglianza." È
come se Lucy avesse con quelle parole emesso una sentenza, scagliato una maledizione e fatto un dono, tutto in una sola frase.

Adesso devi scegliere cosa essere, se rimanere nel sogno, in questo che stai facendo e che forse è dovuto alla troppa pasta che hai mangiato ieri sera, e domani dimenticartene, oppure da domani vivere di sogni. E sappi che non è la stessa cosa.”

Martin Luther King mi prende la mano e non sembra tanto nera, come la mia non sembra poi così bianca.

Alla luce del tramonto appaiono proprio uguali.

Chiudo gli occhi, mentre la me stessa nella realtà li sta per riaprire.

Poi mi sveglio, e sono io, con i miei capelli, i miei chili di troppo, con i brufoli premestruali e la camicia da notte larga con i gatti che è la mia preferita.

Sento le lacrime che mi scendono, mentre sento di nuovo il discorso di Martin Luther King sotto i miei singhiozzi.

Non voglio farmi sentire da mia madre, penserebbe che sono impazzita a piangere come un'idiota per un sogno assurdo e inspiegabile, ma in quel momento mi viene in mente, e non so perché, una frase di Nicole Kidman nel film Interpreter che è più o meno questa: anche attraverso le bombe e i cannoni una voce si erge. Non una voce arrabbiata, che urla, ne una voce che piange e si dispera. E' una voce limpida, ferma, decisa, una voce più potente di tutti i rumori che una guerra produce, quelli del dolore, delle minacce, della rassegnazione.

È la voce della speranza, della ragionevolezza, una voce che tutti noi abbiamo, se solo volessimo usarla.

È la voce di Martin Luther King.

È la voce che intendo usare io, da ora in poi, per essere me stessa e perché sono me stessa.

Una voce che non ha paura.

Una voce che sa cosa significa vivere, vivere di sogni.



Con questa fanfic, senza alcuno scopo di lucro,non voglio ne stravolgere ne offendere i personaggi, vivi e non, che appaiono nella storia. Tale è e tale deve rimanere,un sogno che può essere liberamente interpretato (da notare che il carattere che ho scelto per questa postilla è arian black, piccolo e spiritoso riferimento etnico).

  
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