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Autore: Princess of the Rose    28/08/2013    2 recensioni
Era iniziato tutto con uno semplice scambio culturale, qualcosa che normalmente arricchiva gli studenti coinvolti con preziose esperienze, scolastiche e umane. Per Ludwig, Feliciano e Kiku, fu l'inizio del periodo più tragicomico della loro vita.
Solo due settimane, erano soliti ripetersi, osservando il calendario. Solo due settimane: quattordici giorni all'inferno, e poi sarebbe tutto finito.
Genere: Commedia, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: 2p!Hetalia, Axis Powers/Potenze dell'Asse
Note: AU | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Through the Looking-Glass and what Hetalians found there'
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Ancora una volta quel maledettissimo sogno: il mare di Ostia e la sua corsa disperata sul lungo mare mentre veniva inseguito da quel pazzoide di suo cugino armato di motosega. A onor del vero, quello era più un ricordo che un sogno, ma la differenza era minima quando il risultato era lo stesso: sudore intenso, cuore a mille, ansia alle stelle e paura che faticava ad andarsene; figurarsi adesso che era costretto a condividere la camera con suo cugino – perché i custodi non avevano preparato in tempo le camere per gli “ospiti”, e Leonardo aveva ben pensato che non poteva esserci alcun male se Ludwig, Feliciano e Kiku condividevano le loro camere con i loro cugini per una o due notti.

Ludwig inspirò ed espirò lentamente, cercando di calmarsi, e pregando che George non fosse ancora sveglio, il che gli avrebbe dato il tempo di lavarsi in  tutta fretta e scendere in mensa per la colazione prima che quello psico-killer si svegliasse. Si rigirò stancamente su un fianco, affondando il viso nel cuscino e decidendo di concedersi ancora un minuto di riposo, prima si affrontare quella che si prospettava essere una delle giornate più faticose della sua vita.

E siccome il buon giorno si vede dal mattino, non fece neanche in tempo a svegliarsi del tutto che il rumore di una motosega azionata al massimo gli trapanò le orecchie, facendogli amaramente pentire di quella piccola autoconcessione, soprattutto perché – un po’ a causa del sonno, un po’ per il sogno ancora fresco nella sua mente – balzò praticamente giù dal letto con un urlo ben poco degno del suo carattere teutonico. L’incontro col pavimento non fu dei più piacevoli, e a peggiorare le cose ci si misero le grasse risate di George, nella sua mano destra il proprio cellulare da cui proveniva il molesto rumore.

<< T-Tu! >> Ludwig si rimise in piedi, rosso in volto di rabbia e vergogna, guardando con ira crescente suo cugino, il quale preferì buttarsi sul letto di emergenza – messo appositamente in attesa della consona sistemazione - e continuare a sbellicarsi dalle risate.

<< Oh Gott, mi dispiace Lutz, non ho resistito! >> disse George, mentre Ludwig si massaggiava le tempie, esasperato da quell’atteggiamento infantile.

<< Peccato che tu non sia per nulla dispiaciuto, vero?! >>

<< Ahahah, hai ragione, non me ne frega proprio nulla!  >> ammise candidamente l’altro tedesco, per poi alzarsi e dirigersi verso la propria valigia per prendere il cambio. Ludwig grugnì qualche insulto, aprì l’armadio e prese tutto il necessario per lavarsi, adocchiando nel mentre suo cugino nel caso questi pianificasse qualcosa di male.

<< Vado a lavarmi per primo. >> disse George, avviandosi verso la porta del bagno, ma si trovò la strada bloccata da Ludwig.

<< Non ci pensare nemmeno, vado prima io. Tu ci metti sempre tanto a lavarti. >>

<< Lutz, levati dai. >> George cercò di superare suo cugino, il quale però di spostava immediatamente per impedirgli qualunque avanzata.

<< Nein, ho lezione alle otto e mezzo, e non intendo arrivare in ritardo a causa della tua lentezza. >> disse Ludwig, per poi fiondarsi dentro il bagno, ma George cercò di sorpassarlo, col risultato che entrambi rimasero incastrati nell’uscio.

<< George, verdammdt! >>

<< Voglio lavarmi prima io, necessito assolutamente di una doccia visto che ieri non me l’hai fatta fare! >>

<< Avevo appena pulito il bagno, se permetti volevo evitare che lo sporcassi di nuovo! >>

<< Non cambierai mai, tu e la tua maledetta ossessione per l’ordine! Spostati idiot! >> nonostante la posizione, George cercò di assestare una gomitata contro il fianco del cugino per farlo arretrare; Ludwig incassò dolorosamente il  colpo, ma non demorse, a dopo vari spintoni riuscì finalmente a districarsi e a spingere via George, entrando immediatamente nel bagno e chiudendo la porta a chiave dietro di sé.

Sospirò pesantemente, per poi mettersi sotto la doccia. Erano solo le sette del mattino, ma se tutta la giornata fosse stata uguale a quel risveglio certamente non sarebbe arrivato vivo all’ora di pranzo.

Ludwig sospirò amaramente, cercando di rilassarsi sotto il getto caldo dell’acqua, mentre cercava di pensare a qualcosa che avrebbe potuto contribuire a rendere perlomeno vivibile quelle due settimane sicuramente piene di scherzi di poco gusto e umiliazioni.

Isolarlo era un’opzione da escludere, visti gli ordini che il preside gli aveva dato prima di rispedirlo in camera dopo la lavata di capo che si era preso per la faccenda della telefonata alla polizia, e certo voleva evitare di rivedere Leonardo arrabbiato o sentire suo nonno sbraitargli improperi addosso; l’ipotesi migliore sarebbe stata quella di ignorarlo, ma sapeva anche lui che non ci sarebbe mai riuscito; rispondere a quelle provocazione, tra  l’altro, era fuori discussione: non si sarebbe mai abbassato a tanto.

Più ci pensava, e più si rassegnava all’idea che sopportarlo e far passar il più velocemente quelle due settimane fosse, purtroppo, l’unica soluzione.

Uscì dalla doccia con l’umore nero, si asciugò in fretta e furia e si mise i boxer, per poi abbassare la maniglia della porta per uscire dal bagno; peccato che la maniglia non si abbassò neanche di un centimetro.

Ludwig rimase interdetto per qualche secondo, per poi afferrare il manico con entrambe le mani cercando di abbassarlo, spingendo allo stesso tempo la porta, inutilmente.

<< George! >> provò a chiamare suo cugino, e quasi gli parve di sentire una piccola risata nell’altra stanza, << George, idiota che non sei altro, apri la porta! Che diavolo hai fatto!? >>

L’altro tedesco non gli rispose, e l’unico rumore che Ludwig sentì fu quello della porta della sua camera che si chiudeva: << George, verdammdt! Non andare via, apri la porta, maledizione! George! >>

 

Ci era voluta una mezz’ora abbondante prima di riuscire ad aprire la porta a forza di spintoni – George aveva messo una sedia sotto la maniglia – e un altro quarto d’ora lo aveva passato a vestirsi, a rendersi perlomeno presentabile, e a mettere i libri delle lezioni della giornata dentro la borsa a tracolla, prima di correre verso la mensa per prendere almeno un paio fette biscottate con cui arrivare allo spuntino di metà mattinata.

Arrivato in mensa, quasi tutti i presenti si voltarono verso di lui con sguardi compassionevoli, prima di tornare a consumare il loro pasto. Ludwig deglutì pesantemente, per poi andare al buffet e prendere due fette biscottate e una confezione monouso di marmellata, e guardarsi attorno alla ricerca di Feliciano e di Kiku, i quali si erano messi nell’angolo più scuro della sala, funerei e con ben poca voglia di consumare la loro colazione; la stessa cosa non poteva dirsi di Marco e di Hidekaz– che avevano già finito il loro pasto – mentre George stava mangiando gli ultimi bocconi di una brioche assieme al caffelatte. Alla sua vista, Ludwig non poté lanciare qualche insulto silenzioso carico di rabbia.

<< Guten morgen. >> sbottò, lasciando a terra la borsa e sedendosi vicino a Kiku, chiedendogli in prestito il coltello per poter spalmare la marmellata.

<< Sei qui, >> disse George prima di sorseggiare un po’ di caffelatte, << credevo ci avresti messo di più sai? >>

Ludwig gli lanciò la peggiore delle sue occhiatacce, mangiando lentamente le fette biscottate.

<< Ve~ Ludwig vuoi un po’ di caffè? Io non lo bevo tutto. >> disse Feliciano, porgendoli un bicchierino in vetro ancora pieno a metà. Il tedesco accettò, e mandò giù tutto d’un sorso la bevanda ancora tiepida nonostante fosse poco zuccherata per i suoi gusti – come faceva Feliciano a bere il caffè senza addolcirlo un po’ era un qualcosa che gli era impossibile capire.

<< Che brava mogliettina che sei Feli. >> disse Marco, ghignando leggermente quando  suo cugino gli lanciò un’occhiata perplessa e vide Ludwig arrossire violentemente.

<< Perché? >>

<< Gli hai tenuto il posto, hai conservato un po’ di caffè e una brioche per lui, ci manca solo il bacio del buongiorno e sareste una bella coppietta. >>

<< Ve~ a dire il vero noi ci abbracciamo, non ci baciamo. >>

<< Feliciano! >> urlò Ludwig, rosso in volto.

<< Ve! C-Che ho fatto?! M-Mi dispiace! >>

<< Che invidia però, >> si lamentò George, voltandosi verso Marco, << potresti darmelo anche tu un abbraccio del buongiorno, o un bacio meglio ancora. >>

<< Scordatelo. >> sibilò Marco, distanziandosi dall’amico quando ne notò lo sguardo adorante.

<< E dai. Anche solo tenersi per mano? >>

<< Noi due neanche stiamo insieme! E chi ti dice che io sia gay, tra l’altro? >>

<< Tu. L’hai confessato tu stesso di essere bisessuale. >> disse Hidekaz con nonchalance, guadagnandosi un calcio negli stinchi da parte di Marco.

<< Non vuol dire nulla! E tu, George, mi stai facendo venire voglia di diventare completamente etero! >>

<< Ma Marco- >>

<< Vi dispiacerebbe non urlare? Non vorrei essere al centro dell’attenzione più di quanto non siamo già. >> disse Ludwig, mentre gli studenti attorno a loro si gettarono su quanto rimaneva della loro colazione per nascondere l’imbarazzo di essere stati beccati a spiare.

<< Ti vedo un po’ teso Ludz. Tutto ok? >> chiese George con un sorriso che per Ludwig risultò irritante oltre ogni limite.

<< Non saprei, >> disse ironicamente quest’ultimo, stringendo con forza il coltello per spalmare la marmellata, << mi hai solamente rinchiuso in bagno, rischiando di farmi fare tardi e saltare la colazione. Direi che non ho proprio alcun motivo per essere arrabbiato. >>

<< V-Ve…  Almeno tu non ti sei svegliato con un ragno in faccia. >> mormorò mestamente Feliciano, rabbrividendo quando sentì su di sé lo sguardo divertito di suo cugino.

<< Non pensar male Ludwig, >> disse Marco quando si accorse dell’occhiataccia che il tedesco gli stava riservando, << io non centro nulla questa volta. >>

<< Si come no. Come quando ci siamo ritrovati un tasso nella stanza l’anno scorso, immagino. >>

<< Sei tu che hai pensato male. Mi spieghi come avrei fatto a catturare un tasso e a metterlo nella vostra stanza? >>

<< Un modo l’avrai trovato. I tassi non si avvicinano all’uomo, figurarsi introdursi dentro gli alberghi. Per non parlare quando hai messo dei pipistrelli dentro la borsa di Feliciano. >>

<< Quella fu un’idea di Hidekaz. >>

<< Non tirarmi in ballo, Marco-kun, io non ero in vacanza con voi l’anno scorso. >>

<< Ma se me lo hai suggerito tu quando ci siamo sentiti su Facebook. >>

<< Io non ti ho suggerito un bel niente. Ti avevo solamente raccontato dello scherzo che feci a Kiku quando avevamo dieci anni, sei tu che poi hai preso spunto. >>

<< Sapevi che l’avrei fatto. >>

<< Ho rischiato di perderci un occhio, ve. >>

<< E non esagerare! Sei solo fifone, >> disse Marco, per poi iniziare a tirare il capello che sbucava dalla tempia sinistra di Feliciano, << lo sei sempre stato e sempre lo sarai. >>

<< V-Ve, l-lasciami –per f-favore! >>

<< Mollalo immediatamente! >> Ludwig guardò Marco malamente quando vide un’espressione di dolore sul volto improvvisamente più rosso dell’amico.

<< Mica gli sto facendo del male. >>

<< Lascialo! >>

<< Perché, che fai se no? >> chiese Marco con una luce molto poco rassicurante negli occhi, e Ludwig, complice il pessimo modo in cui si era svegliato e il nervosismo per quanto era accaduto dopo, fu per fregarsene del suo classico contegno e spaccargli la faccia, senza pensare che avrebbe potuto far scoppiare una mega-rissa con suo cugino se solo avesse sfiorato il suo liebe.

<< S-Si sta facendo tardi, perché non andiamo in classe? >> disse Kiku, intuendo quanto quella conversazione stesse degenerando  e indicando l’ora sul suo cellulare.

Gli altri cinque lo guardarono in silenzio per qualche tesissimo istante, per poi concordare e alzarsi dal tavolo, dirigendosi verso la classe della prima lezione della giornata.

<< Ve, il martedì alla prima ora abbiamo letteratura del novecento sia io che Ludwig e Kiku. Il preside vi ha detto qualcosa sulle lezioni da seguire? >>

<< Teoricamente dovremmo seguire i corsi che seguiamo anche nel nostro istituto. >>

<< E guarda caso abbiamo anche noi letteratura del novecento. >> disse George, dando una pacca sulla spalla di suo cugino, il quale sorrise il più fintamente possibile, mormorando uno sconsolato: << Che fortuna. >>

<< West! Finalmente, ti ho cercato dapper- >> l’urlo di Gilbert si smorzò immediatamente non appena avvistò suo cugino, assieme ai suoi due amici; subito, il suo cipiglio si fece più severo, quasi rabbioso, << oh, ma ci siete anche voi. >>

<< Non essere troppo felice di vedermi, vetter. >> ghignò George, senza preoccuparsi degli irati occhi rossi posatisi su di lui.

<< Come mai siete insieme? >> domandò l’albino, squadrando malamente i tre studenti della Second Player Academy.

<< Ci stavamo dirigendo a lezione, ne abbiamo una in comune. >> gli rispose Marco, senza smettere si sorridere nonostante le occhiate inquisitorie.

<< Oh, che fortuna. E quale sarebbe? >>

<< Letteratura del novecento. >> disse Hidekaz con calma, ricambiando appieno l’ostilità di Gilbert, il quale rimase in silenzio per quale istante, perso a lanciare lampi di puro odio dagli occhi rossi verso i tre. In quel momento si avvicinarono anche Francis e Antonio, impensieriti dall’improvvisa scomparsa del loro amico albino. E quando si accorsero in che compagnia fosse, impallidirono entrambi, mettendosi subito a fianco di Gilberto pronti a qualunque evenienza.

<< Oh, bonjour Marco, >> disse il francese con tono incerto, cercando di sorridere il più naturalmente possibile, << sei… già qui. >>

<< Bonjour, cousine Francis. >> rispose l’interpellato con un lieve sorriso, mentre una sorta di gelo calava sul gruppo. Attorno a loro, gli studenti lanciavano occhiate fugaci, alcuni intimoriti, altri divertiti da quella che si prospettava essere una guerra all’ultimo sangue.

<< Allora, >> disse Antonio, senza percepire minimamente l’ostilità che aleggiava nell’aria, << Marco, come è andato il viaggio? >>

<< Bene, non mi posso proprio lamenta- Che ci fa Lovino dietro di te? >> chiese, notando solo in quel momento la tremante figura del maggiore dei suoi due cugini nascosto dietro lo spagnolo; Lovino sussultò, prima di sbucare da dietro Antonio e lanciare occhiatacce fiammeggianti verso Marco: << Tu, essere di indegna esistenza! >>

<< Buongiorno anche a te Lovi. >>

<< Non è mai un buongiorno se ci sei tu, testa di- >>

<< Lovinito, per favore! >>

<< No no, Antonio, lascialo sfogare. Dopo il colpo apoplettico che gli è preso ieri ne ha bisogno. >>

<< Io non ho avuto alcun infarto! >> esclamò Lovino, avvicinandosi impettito al cugino e puntellando col dito sul suo petto, << E smettila si fare lo sbruffone, scemo! Togliti quel sorrisino da quella faccia di cazzo che ti ritrovi- Ugh! >>

Lovino quasi saltò sul posto quando notò le occhiatacce che gli stava mandando George, e subito si riparò dietro la schiena Antonio al grido di << Bastardo, bastardo, proteggimi, cazzo! >>

<< Si sta facendo tardi, avviamoci. >> disse Hidekaz dopo un breve sospiro, per poi intimare a Kiku di fargli strada. Quest’ultimo ubbidì mestamente, e presto vennero seguiti da tutti gli altri, tranne che da Gilbert, Francis, Antonio e Lovino, impegnati con altri corsi, che li fissavano carichi di preoccupazione.

 

L’aula era piena, come al solito – letteratura del novecento era un corso molto famoso in accademia – ma Feliciano e gli altri non faticarono a trovare un posto, occupando i sei posti centrali della fila di mezzo, appena in tempo prima che il vociare degli studenti si assopisse come segno dell’entrata del professor Cafkano.

<< Dobrý den. >> disse questi, un uomo ancora piuttosto giovane d’aspetto, senza ombra di capelli bianchi nella chioma corvina allisciata dal gel, che non si degnava di nascondere le orecchie leggermente a sventola, profondi occhi scuri che inquietavano un po’ tutti gli studenti ma che non esprimevano a pieno tutta la gentilezza di cui quel giovane professore era capace, e un corpo esile, un po’ rattrappito, tipico di chi passa molto, troppo tempo sui libri, vestito con una camicia leggera e pantaloni troppo larghi sulla gamba, che facevano a cazzotti con la giacca grigio scura tenuta sul braccio sinistro.

Gli studenti si alzarono per il saluto, per poi tornare seduti e confabulare per quei pochi minuti rimasti prima che cominciasse la lezione.

<< Bella aula, molto spaziosa e luminosa. >> commentò Marco, guardandosi attorno e facendo l’occhiolino ad alcune fanciulle che erano rimaste a fissarlo, le quali arrossirono violentemente prima di tornare a guardare Cafkano mentre sistemava gli appunti sulla scrivania.

<< Ve~ è la terza aula più grande dell’istituto escludendo l’aula magna. >>

<< Come mai segui letteratura del novecento, Lutz? Non avevi preso la carriera di ingegneria? >> chiese George, rivolgendosi al cugino.

<< Avevo quattro esami da dare a scelta, e letteratura del novecento mi interessava. >> rispose quest’ultimo sbrigativamente, mentre prendeva il quaderno degli appunti, imitato ben presto da quasi tutti gli studenti.

<< Bene, ehm… Allora… Marco Vargas, Hidekaz Honda e George Beil- no, George Joseph Beilschmidt, >> Cafkano guardò le file di sedie occupate alla ricerca dei tre nominati, << ci sono? >>

<< Eccoci! >> Marco alzò la mano, per poi decidere di alzarsi in piedi quando vide che gli occhi del professore si spostavano dappertutto fuorché su di lui.

<< Oh, bene, molto piacere. Io sono Josef Cafkano, docente del corso di letteratura del novecento. Non so se vi hanno già informato di come si svolge lo scambio… >>

<< Sappiamo già tutto, ieri il direttore dell’accademia ci ha spiegato tutto. >>

<< Ok, quindi sapete che seguirete i corsi assieme agli altri ragazzi, e per eventuali incongruenze potete chiedere aiuto o a me o agli studenti addetti all’accoglienza, si? Perfetto. Bene, allora avete il programma a portata di mano? Quello della vostra accademia intendo. >>

<< Hai. >> Hidekaz prese il foglio da dentro la borsa e si alzò per andarlo a portare al professore – non senza passare “casualmente” sopra il piede di Kiku.

<< Dobře, mh… mh-mh, ok, vedo che avete un programma abbastanza vasto, anche se vedo che vi concentrate più sugli autori contemporanei che di quelli di inizio novecento. Ok, allora… dove siete arrivati? >>

<< Avevamo appena iniziato Checov. >>

<< Interessante. Ok, allora, noi non siamo arrivati ancora agli autori russi, e la lezione di oggi verte su Mann, ma credo che potremmo tranquillamente fare un breve ripasso di quanto fatto fino adesso, giusto per farvi vedere quale è stato il programma fino a questo momento, >> Cafkano fece cenno a Hidekaz di tornare al suo posto, si avvicinò alla cattedra e prese il registro dove erano segnati i nomi di coloro che partecipavano al suo corso, << vediamo, vediamo. >>

<< Ma che fa, chiama qualcuno? >> chiese Marco, perplesso.

<< N-Non credo, ve… Non lo ha mai fatt- >>

<< Allora, chi si offre volontario per spiegare gli argomenti studiati fino ad ora ai nostri ospiti? >> chiese Cafkano con cordialità, che però nulla fece per reprimere il brivido di orrore che serpeggiò nell’intera aula.

<< Y-Yada! Io sono arrivato solamente a Pirandello! >>

<< Almeno tu hai aperto libro, ve. >>

Marco rise leggermente davanti alla disperazione del cugino, e il suo sorriso non fece che aumentare quando vide il volto di Ludwig sbiancare come quello di un cadavere.

Andare a spiegare gli ultimi argomenti, a grosse linee, era come un’interrogazione ai tempi del liceo: da essa dipendeva la media finale che si avrebbe ricevuto all’esame. Solitamente erano i professori con pochi studenti ad adottare questo metodo di insegnamento, ma certo capitava che, a volte, anche quelli con corsi numerosi avessero l’improvviso sghiribizzo  di testare quanto i propri studenti stessero studiando. C’era però una differenza sostanziale tra le due tipologie: se si è in pochi, è più probabile che ci sia un secchione da poter immolare alla giusta causa della difesa della buona reputazione della classe, grazie al metodo “io ti osservo perché studio e so;”  in un aula con più di cento persone, è praticamente impossibile che il docente colga proprio lo sguardo del secchione in questione, e l’unica cosa che gli rimaneva da fare era usare il metodo “’ndo cojo cojo,” terrore di studente.

E Ludwig, che di solito studiava di pari passo con le lezioni in modo che in tempi di esami avesse solo da ripassare, con tutto il macello portato da suo cugino, si era completamente dimenticato di studiare gli ultimi argomenti fatti, vertenti su nientepopodimeno   che d’Annunzio, un autore che già non gli piaceva, e che oltretutto era anche molto pesante per argomenti trattati nelle sue opere e stile di difficile comprensione.

Cercò di mantenere una certa compostezza, ma non poté non iniziare a sudare freddo quando notò che Cafkano si stava concentrando sui primi nomi del registro; ma doveva mantenere la calma, farsi vedere nervoso avrebbe peggiorato la situazione.

<< Mh… >> Cafkano continuava a far scorrere lo sguardo sulle righe scritte, adocchiando anche i voti  presi all’ultimo esonero, e lanciando ogni tanto qualche occhiata agli studenti, notando che parecchi erano presi dal panico. Gli dispiaceva aver creato tutto quello scompiglio – anche se certo non era colpa sua se quei giovani non studiavano; forse avrebbe potuto chiamare tra quelli che sembravano più calmi? Ma si, di solito erano quelli tutto sommato preparati, avrebbe potuto puntare a loro invece che spaventare ancora di più gli altri; e poi avevano pure il coraggio di dire che fosse un professore cattivo. Per esempio, quel ragazzo biondo, seduto rigidamente nella fila centrale, avrebbe potuto fare al caso suo. Come si chiamava?

<< Ve, perché ci mette tanto? Eppure Cafkano non è un sadico! >>

<< È una mia impressione, o sta guardando da questa parte? >>

<< Paura Kiku? >>

<< Y-Ya, è solo ch- >>

<< Ti è così difficile stare al passo con le lezioni come faccio io? Kami, mi chiedo veramente se abbiamo li stessi geni io e te. >>

<< G-Gomenasai! >>

<<  Hide’, rilassati, smettila di trattarlo male. >>

<< Gli affari di famiglia non ti riguardano Marco-kun. >>

<< Adoro quando fai l’altruista! >>

<< Stammi lontano Geor- Ma qui non c’era Feliciano prima!? >>

<< Abbiamo fatto cambio di posto, così possiamo stare insieme. Non è un amore il tuo vetter? >>

<< Feliciano! >>

<< V-Ve. >>

<< Feli, dai, prima che scatti una rissa, rifai a cambio di posto con mio cugino. >>

<< V-Ve no! Marco mi menerà. >>

<< Puoi giurarci! Ti faccio a fette maledetto codardo! >>

<< V-Ve. >>

<< Dai liebe, non litigare con Feli. E’ stato così gent- >>

<< Fai silenzio, crucco del cavolo! >>

<< Abbassate la voce almeno! >>

<< Ah, non rompere Lutz! E’ roba da fidanzati che un verginello come te non può capire. >>

<< George!!! >>

<< Ma quali fidanzati! Smettila di inventarti le cose! >>

<< Prima o poi lo sarai, so che saremo insieme per sempre! Nel profondo lo vuoi anche tu, Marco. Perché non accetti i tuoi sentimenti per me e ti fidanzi con me? >>

<< M-Ma che cazzo ti dice la testa!? Dio mio, George! >>

<< E dai. Non ti deluderò, sarò il fidanzato che hai sempre sognato! >>

<< O santo cielo! >>

<< Ah, sei carino così rosso, liebe. >>

<< Se non la smetti di chiamarmi liebe ti strappo gli occhi! >>

<< Ve, attento George, lo fa davvero! >>

<< Fai silenzio tu! >>

<< Ve! >>

<< Non ti azzardare a torcere un capello a Feliciano! >>

<< Tranquillo che il tuo fidanzatino non te lo tocca nessuno. >>

<< Ancora con questa storia!? E smettetela di urlare, ci guardano tutti! >>

<< Se tu quello che ha alzato la voce Lutz. >>

<< Tu. Non. Devi. Proprio. Parlare. Chiaro? >>

<< Perché che fai se no? >>

<< Tu- >>

<< Beilschmidt? >>

I sei si voltarono all’unisono verso il professore, Ludwig ancora più pallido di prima.

<< Ludwig Beilschmidt, potresti fare un breve riassunto del programma studiato fino a questo momento? >>

Ludwig sbatté le palpebre, guardò Feliciano e Kiku, poi suo cugino, poi il professore, e poi di nuovo suo cugino; ebbe l’istinto impellente e a malapena frenabile di mettere le dita attorno al collo di George, soffocarlo lentamente, e utilizzare il suo cadavere come mazza per abbattere Marco e Hidekaz, e poi metterli tutti e tre, vivi o morti che fossero, dentro un barile e gettarli da una cascata alta decine di metri che dava su un corso d’acqua costellato di pietre aguzze contro cui si sarebbero abbattuti sotto il suo sguardo sadicamente divertito; invece, con tremante calma, mormorò un << Ok, >> e cercò di mettersi il più compostamente possibile sulla sedia, mentre cercava di ignorare George e le sue risatine di derisione, nonché il suo sguardo da “ti hanno fottuto, eh?”, << d-da dove comincio? >>

<< Non so… Beilschmidt… Per caso tu e George siete parenti? >>

<< È-È mio cugino. >>

<< Mh, interessante. George, perché non fai tu una domanda a Ludwig? Magari su una parte del vostro programma che non hai capito. >>

Ludwig sussultò veementemente, per poi lanciare un’occhiata di fuoco a suo cugino, che però sembrava star scivolando anche lui nel panico. Infatti, Feliciano non era l’unico che aspettava l’avvicinarsi delle date degli esami per studiare – anzi, diciamo che un buon 99,9% degli studenti adottava questo metodo di studio – e George a malapena ricordava di cosa trattasse il corso di letteratura del Novecento. E adesso si ritrovava a dover fare una domanda al suo vetter su cose di cui neanche ricordava il nome a momenti, e con l’evidente rischio di fare una brutta figura, che non era esattamente tra gli eventi più raccomandabili da fare il primo giorno in una nuova accademia.

Che cosa poteva chiedergli? Aveva ragione, il suo liebe: avrebbe dovuto studiare al passo con le lezioni: neanche ricordava dove erano arrivati col programma! E la sua testa gli stava giocando il brutto scherzo di non partorire nomi di autori del novecento. Come poteva fare? Il professore lo stava guardando, non poteva chiedere neanche aiuto a Marco o a Hidekaz.

<< Ehm, ok, allora… >> George si guardò brevemente attorno, in cerca di qualche appiglio, e notò che Kiku aveva sul banco il libro del corso aperto. Lesse quello che dalla sua posizione poteva vedere, ma il giapponese , accortosene, coprì le pagine buttandocisi sopra; lesse solamente “dan.” “Dan:” chi poteva essere? Forse uno che si chiamava Daniele? O Daniel? Ma ce ne erano troppi che avevano quel nome, e neanche era sicuro che fosse il nome di un autore, tra l’altro. Forse era il cognome? Dan-dan- Dannati? No. Danesi. No. Da-da-da…  Dana- dane- dani- dano- danu- dannu… D’ Annunzio, forse? Poteva essere, effettivamente. Ma c’era nel loro programma? Che figura se avesse detto d’Annunzio, e poi d’Annunzio non l’avevano fatto!

Nel frattempo, Ludwig si disperava, e pregava con tutte le sue forze che George non facesse scherzi. Suo cugino  non poteva sapere che gli ultimi argomenti non gli aveva studiati, ovviamente, ma aveva la strana e inquietante capacità di riuscire sempre, sempre, a farlo finire nei guai peggiori. E se avesse pensato di chiedergli di d’Annunzio? Oh Gott, non poteva neanche pensare alla sua amata media del trenta venire così ignobilmente scalfita! Tutti tranne d’Annunzio! Tutti tranne d’Annunzio!!!

<< Ehm, ragazzi, tutto ok? >>

<< Uh? Ah… ja! >> George sorrise tremante, indeciso sul da farsi; ma alla fine, decise di provarci lo stesso: al massimo, se ne sarebbe uscito con una battuta, << P-Perché non parliamo di d’Annunzio? >>

<< D’Annunzio? Ah, che caso: abbiamo fatto d’Annunzio proprio la scorsa lezione. E vedo che anche voi lo avete fatto da poco. Ok, e che d’Annunzio sia. Ludwig, puoi cominciare quando vuoi... Ludwig tutto bene? >>

<< … J-Ja, >> perfetta media del trenta, auf wiedershen! << be’… D’annunzio fu un autore italiano… Vissuto all’inizio del ventesimo secolo… R-Rimasto f-famoso per le sue opere… E per la sua vita, scandalosa, che… si può… ritrovare anche dentro le sue… opere… >>

George riuscì a stento a trattenere le risate. E così, “herr vollkommenheit” non aveva fatto i compiti a casa! Ben gli stava: era ora che scendesse quel piedistallo del cavolo e facesse anche lui una figura di merda come tutti i cristiani! Non era certo un mistero che sopportava malamente suo cugino, e vederlo così miseramente ridotto a balbettare lo divertiva parecchio: gott, quanto lo odiava, lui e la sua fissa per la perfezione, maledetto! Non lo sopportava, quanto lo odiava.

Lo odiava. Ludwig continuava a parlare, a cercare di tirare fuori un discorso comprensibile dai ricordi della lezione, ma gli era difficile quando tutti i suoi pensieri erano fissi su quel maledetto di suo cugino. Oh, quanto lo odiava. George era la persona più insopportabile del mondo! Erano vent’anni che aveva la sfortuna di conoscerlo, e da vent’anni gli rovinava la vita, e perfino in accademia era riuscito a fargli fare brutta figura! Ma come diavolo era possibile che sapesse che argomenti non aveva fatto?! Aveva visto i suoi appunti?? Era un indovino? Chissà che stava pensano quel maledetto! Sicuramente a nuovi modi per poterlo umiliare!

<< Liebe? >>

<< Eh? >> Marco emise un sospiro carico di frustrazione; ma come era venuto in mente a Feliciano di accettare di cambiare di posto? Oh, questa gliela pagava, e cara anche!

<< Perché non usciamo insieme stasera? >>

<< George, stai attento a quello che dice tuo cugino! >>

<< E dai, tanto ormai la figura di merda l’ha fatta! Pensiamo a cosa fare finite le lezione. >>

<< Gioco dell’uva ognuno a casa sua, George. >>

<< Io proporrei una serata in qualche locale qui vicino. Che dici? >>

<< No. >>

<< Un film al cinema? >>

<< No. >>

<< Una passeggiata romantica sotto la luna? >>

<< No. E stasera hanno dato pioggia. >>

<< Allora la faremo sotto la pioggia. >>

<< Scordatelo. >>

<< Ma voglio passare del tempo solo con te. >>

<< George finiscila! >>

<< E dai! >>

<< No! >>

<< Oh kami, fatela finita! >>

<< Che centro io? Ha cominciato George! >>

<< Anche qui dovete iniziare a fere i piccioncini? >>

<< Ma quali piccioncini, Hidekaz! >>

Ludwig lanciò ai tre un’occhiataccia quando finì quella tortura che era il ripasso su d’Annunzio, mentre Cafkano lo guardava in maniera indecifrabile; dopo aver preso suoi appunti dalla borsa di cuoio scuro e sistemato il proiettore, disse a Ludwig che gli voleva parlare dopo la fine della lezione, per poi iniziare a spiegare Mann.

 

 

Ludwig Beilschmidt impreparato: una notizia che sarebbe passata negli annali della storia dell’accademia, come minimo. E le occhiate, stupite e divertite, degli studenti presenti alla lezione che gli passavano accanto certo non contribuivano a migliorare l’umore nero del tedesco, mentre si dirigeva verso la prossima lezione attraversando gli alti corridoi assieme a Feliciano e Kiku – con suo cugino e i suoi due amici che si tenevano a distanza per confabulare.

<< Ve, dai Ludwig non fare così. Cafkano ha detto che non ti considererà l’intervento di oggi all’esame. Sono sicuro che diceva sul serio, è una persona tanto buona. >>

<< Feliciano-kun ha ragione, non c’è motivo di preoccuparsi. La tua media è rimasta intoccata. >>

<< Ve, dai Ludi, sorridi per me? >> Feliciano si pose davanti al tedesco, e cercò di tirare su gli angoli delle sue labbra. Ludwig non reagì.

<< E dai, mi fa male vederti così triste, ve. >>

<< Ehi Lutz, che lezione hai ade- Che caz- >> George fece appena in tempo ad abbassarsi prima di dover fare un doloroso incontro ravvicinato  con il tomo di matematica avanzata che suo cugino gli aveva tirato mirando alla fronte. << Sheisse, Lutz, sei impazzito?! >>

Ludwig  non rispose, continuando a lanciare fiamme dagli occhi, dirette contro quell’essere con cui condivideva uno sgradito legame di sangue: << Tu! >>

<< Si, io. >>

<< Verflucht zweifelhafter Intelligenz! >>

<< Ehi! Perché te la prendi con me? Sei tu che non avevi studiato! >>

In pochi istanti, nella mente di Ludwig ripassarono tutti i momentacci che aveva passato a causa di suo cugino, dai ravvicinati incontri con la morte agli scherzi di ogni genere subiti. E dopo tutto quello che gli aveva fatto passare, adesso osava addirittura avere ragione?! Ah, sia maledetto!

Si avvicinò a lui con tutta l’intenzione di defenestrarlo; le sue mani erano già vicine al collo di George, ma prima che potesse afferrarlo e stritolarlo, suo fratello, Francis e Antonio lo afferrarono e lo trascinarono vero l’aula di ingegneria informatica prima che potesse fare qualcosa di cui poi si sarebbe pentito.

<< Was!? Da dove sbucate voi tre?! Mollami bruder! >>

<< Nein! Sei già in ritardo! Muoviti! >>

<< Mollami bruder! >> sibilò il tedesco, ancora più rabbioso quando vide suo cugino ridere allegramente per quella scena, << mollami ho detto! Ich schwöre, ich werde dich töten George! Ich werde dich töten! Lassen Sie mich bruder! Lassen Sie mich! >>

Ma Gilbert, nonostante odiasse suo cugino come se non più di suo fratello, dopo il rimprovero ricevuto ieri da suo nonno comprendeva che fare delle scenate avrebbe solamente peggiorato la loro situazione; per questo, non appena aveva incrociato suo fratello nel corridoio e aveva compreso cosa stesse per accadere, non aveva esitato ad afferrare suo fratello per un braccio – con Francis e Antonio a dargli manforte, per fortuna: quando si arrabbiava, Ludwig era incontrollabile – e a trascinarlo verso l’aula sette per la sua lezione.

Dopo che i quattro girarono l’angolo del corridoio, George incrociò le braccia davanti al petto, sorridendo derisoriamente: <idiot. >>

<< Ma che gli è preso, ve? >> si chiese Feliciano, guardando Kiku interrogativamente. Quest’ultimo sospirò amaramente: << Lascia perdere Feliciano-kun, meglio andare a lezione. >>

<< Oh, giusto. >>

<< Che avreste adesso? >> chiese Marco, poggiando il mento sulla spalla di suo cugino.

<< V-Ve i-io ho s-storia d-dell’arte moderna, K-Kiku u-urbanistica. >>

<< Ma guarda il caso. Anche io ho storia dell’arte moderna. Saremo ancora due ore assieme cuginetto. Contento? >>

<< V-Ve? >>

<< Vengo con voi. >>

<< Tu non vai proprio da nessuna parte George! >> disse Marco, puntando il dito contro il petto del tedesco, << tu hai informatica adesso. Vai appresso a tuo cugino. >>

<< Ma non l’hai visto prima? Voleva ammazzarmi! Non è meglio se vengo con te, liebe? >> chiese il tedesco speranzoso, senza rimanere intimidito dallo sguardo dell’altro.

<< No. Già hai una media schifosa, almeno seguile le lezioni. >>

<< E se inizio a seguirle da domani? >>

<< George! >>

<< Va bene va bene. Ma lo faccio solo per te liebe, >> disse George sconsolatamente, per poi avvicinare il volto a quello di Marco e mormorare a pochi millimetri dalle sue labbra, << per un bacio, potrei anche non romperti più le scatole per il resto della giornata. Che dici? >>

Marco sorrise mellifluo, posò una mano sul petto dell’altro e la fece lentamente scendere fin sul pacco dei pantaloni del tedesco; ma questi non ebbe neanche tempo di dire << Ah. >> che subito la mano strinse con forza tale che George si ritrovò in ginocchio con un dolore lancinante in mezzo alle gambe.

<< Vai a dar frutto a tutti quei soldi che Siegfried investe per la tua istruzione, coglione. >> disse Marco, per poi afferrare Feliciano per un braccio e costringerlo a portarlo a lezione, ignorando i suoi piagnistei e le sue richieste di grazia da una non meglio comprensibile esecuzione; George si rialzò dopo qualche istante, per poi raggiungere suo cugino nell’aula di informatica zoppicando visibilmente, lasciando da soli i due cugini giapponesi.

<< Kiku. >>

<< H-Hai? >> Kiku si mise sull’attenti, osservando l’altro con timore.

<< Dov’è l’aula di fondamenti di fisica? >>

<< Uh? M-Ma non fai anche tu architettura, Hidekaz? >>

<< Al contrario degli scansafatiche come te, io mi sono portato avanti con gli esami. Urbanistica l’ho passata l’altro semestre con il massimo dei voti. >>

<< Ah, wakatta. >> mormorò Kiku, abbattuto, << comunque, se non ricordo male, fondamenti di fisica per architettura viene fatta nell’edificio qui accanto, sulla destra: secondo piano, terza porta a sinistra dell’ascensore. >>

Kiku fece per andarsene, ma Hidekaz lo afferrò per la collottola e lo trascinò fuori dall’edificio.

<< Ah? H-Hidekaz? >>

<< Muoviti Kiku! Devi accompagnarmi. >>

<< Uh? >>

<< Pensi che le informazioni che mi hai dato possano essermi utili? Baka! Forza, accompagnami. >>

<< M-Ma ho lezione! Il professore di urbanistica chiude le porte dopo dieci minuti che inizia la lezione, non potrò più entrare. >>

<< Allora facciamo in fretta, no? >>

<< M-Ma- >> Kiku provò a protestare, ma si irrigidì quando vide lo sguardo rossastro di Hidekaz puntato su di lui; deglutì a fatica, e alla fine si decise ad accontentare suo cugino, conscio che ormai la lezione di urbanistica del giorno l’avrebbe saltata.

 

 

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verflucht zweifelhafter Intelligenz =maledetto essere di dubbia intelligenza

Ich schwöre, ich werde dich töten = Giuro, io ti ammazzo!

lassen Sie mich = lasciami

 

 

 

 

   
 
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