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Autore: Sheeran    28/08/2013    0 recensioni
Non è mai facile come sembra. E il problema è che le persone non capiscono, il problema è che le persone fingono di capire e tu, come uno stupido ci credi sempre, credi in loro senza aver mai creduto in te stesso.
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Non avevo la minima intenzione di tornare a casa. Probabilmente mi avrebbero sgridato, oppure avrebbero fatto finta di niente dandomi un biglietto solo andata per Londra e una valigia da mettere in stiva. Non li volevo vedere, non mi andava di discutere con loro anche se prima o poi sarei dovuto tornare.

 

 

Stavo andando da Luke, per quanto potesse essere lontano non avevo intenzione di usare nessun mezzo di trasporto oltre che per il mio aspetto, non volevo arrivarci in fretta, no non avevo nessuna fretta perché solo il pensiero che quella era l'ultima volta, chissà per quanto, che facevo quella strada mi si chiudeva lo stomaco in una morsa e lo stupido tacchino ripieno del pranzo mi saliva su.

 

 

Non sapevo come dirglielo, non avevo idea della sua reazione non si merita una cosa simile.

Iniziavo a credere che l'unico motivo per cui la partenza a Londra mi sembrava un pass gratis e obbligatorio per l'inferno era esclusivamente il fatto di lasciare Luke.

Perché a pensarci bene se non ci fosse stato Luke lo avrei fatto volentieri, andarmene intendo, per quanto posso volere bene ai miei genitori mollarli qui non mi costa chissà quanto, insomma a scuola non ho molto da perdere, non sono uno popolare ma nessuno mi rompe le palle e io faccio altrettanto tenendomi per le mie. Ragazze? Quello che dovevo perdere su questo argomento l'ho già perso e il fatto di non essere mai stato veramente innamorato sinceramente è rincuorante.

Insomma se non fosse per Luke andrei via senza grandi tristezze.

Ma Luke c'è; Luke è in una casa a 100 metri da me, probabilmente in camera sua che ascolta musica e sta su twitter, oppure prova a chiamarmi ma il mio cellulare sta sicuramente vibrando a vuoto sopra il letto. Sono le sei e mezzo e non gli avevo ancora fatto sapere niente dopo averlo salutato con uno sguardo che lo implorava di non lasciarmi lì da solo.

 

Passare cinque minuti davanti a quel campanello senza trovare il coraggio di premerlo è stato logorante. La paura, una tremenda, odiosa, dolorosa paura mi avvolgeva da capo a piedi.

*Driin* Luke mi si era parato davanti, ci aveva messo pochissimo ad aprire, sembrava quasi che mi stesse aspettando dietro la porta, e forse era così. I suoi occhi mi avevano già detto tutto, aveva già capito probabilmente, o era solo un impressione?

Avevo voglia di abbracciarlo per fargli capire che ero ancora lì, anche se forse quello che ha aveva bisogno di sapere che l'altro c'era ero io.

Il soggiorno collegato alla cucina era illuminato solo dalla luce artificiale del telefono e del pc di Luke sistemati sopra il tavolo da cucina, come avevo immaginato; le serrande abbassate per evitare che la polvere dei lavori nella casa affianco, quella dove stava la signora-carlino, entrasse dentro.

Eravamo tutti e due così agitati e dovevo parlargli a quattr' occhi.

Ormai neanche ci pensavo al fatto che non riuscissimo a comunicare a parole per colpa del suo problema, io sapevo qualcosa del suo alfabeto, oppure mi scriveva le cose, però sono convinto che nonostante questa difficoltà ci siamo sempre capiti alla perfezione, molto meglio di alcune persone che possono parlare forse. È grazie ha Luke che ho questa specie di fissa per cui cerco di capire cosa prova la gente dallo sguardo, perché per me e lui è sempre stato così.

 

 

-Luke... i miei,.. i miei mi hanno detto che devo partire a Londra, con i miei zii..- Sentivo le mie gambe già tremanti cedere del tutto al suo sguardo, grazie al cielo ero seduto.

-Luke non so quando devo partire, in realtà non so neanche perché e la verità é che non voglio. La verità è che li odio per questo.- Sentivo la rabbia bollire dentro, la sentivo come un fuoco.

-Io non voglio andare via senza di te, non voglio lasciarti solo in questo paese e in quella stupida scuola tra quella stupida gente. E non so neanche come fare a restare, hanno già deciso per me. Decidono sempre per me. Come se fossi un bambino, come se non sapessi fare delle scelte. Le MIE decisioni.- Avevo deciso di non sfogare la rabbia quando stavo con lui, ma non ero riuscito a resistere ed ero scoppiato in quel fiume di parole e pensieri che mi puntellavano in testa.

Sentivo gli occhi pieni zeppi di lacrime che cercavo di trattenere ma erano troppe, e come un fiume in piena scendevano senza sosta libere sulle mie gote. Era la seconda volta che piangevo ma farlo da solo è diverso, davanti a me c'era Luke, dal suo viso era sparita l'espressione sconcertata che aveva all'inizio, ora era più cupo, triste, ferito e vederlo così non faceva altro che alimentare il mio pianto isterico.

Era lì che mi consolava, io gli avevo appena detto che andavo via e lui mi stava consolando, mi sentivo solamente una merda più grande. Ma il suo abbraccio che mi diceva 'va tutto bene amico, sistemeremo tutto, andrà tutto bene, ora calmati però' stava funzionando.

I rubinetti si stavano chiudendo, gli avevo infradiciato la maglietta ma a quanto pare non ero l'unico, qualche lacrima era uscita dai suoi occhi, silenziosa come al solito, silenziosa come Luke.

 

Aveva preso il pc dal tavolo, per parlare di lunghe cose facevamo sempre così.

Le sue dita si muovevano velocemente sulla tastiera.

“Capisco come stai, so che per te è difficile lasciarmi qui, ma io non voglio essere il tuo impedimento, non puoi odiare un'occasione come questa per colpa mia. È quello che hai sempre voluto, lo so, hai sempre cercato un posto di cui potevi sentirti totalmente parte e questa occasione probabilmente ti ci avvicina sempre di più. Non puoi stare così solo per me, perché so anche di essere l'unico vero motivo per cui non vuoi andare.”

Eccolo che mi leggeva nella mente, ecco che sapeva tutto quello che non ero riuscito a dirgli e quel sorriso triste e consolatorio insieme che aveva in faccia nascondeva soltanto la consapevolezza che non si poteva fare nulla, che ora sarebbe stato solo, e si stava rassegnando a questo, lo sapevo.

-Luke io mi sentirò totalmente parte di un posto solo se ci sarai tu. Senza di te non sarò mai intero. Sono.. sono sicuro che troveremo una soluzione, si insomma lo abbiamo sempre fatto, quanti nodi abbiamo sciolto? Questo è solo uno di quelli, eh?- Stavo solamente blaterando, cercando stupide soluzioni inesistenti, ma proprio non riuscivo a rassegnarmi.

“Chri smettila di fare così. Lo sai meglio di me che non puoi nasconderti dai tuoi, devi partire e io non posso venire. Sarebbe solo più difficile. E poi non lascio mamma, ha bisogno di me molto più di quanto io ne abbia di lei.”

 

 

La porta d'ingresso si era aperta prima che potessi dire una parola per ribadire, era la signora Cate con le buste della spesa. Non potevo credere che lei già sapeva..

-Oh.. ehm ciao ragazzi. Io devo stare qui in cucina quindi se dovete..se avete bisogno di stare per i fatti vostri è meglio se andate in cameretta.- Voleva evitare un discorso o toglierci dai piedi? Odiavo la sensazione del 'tutti cospirano contro di me' ma sentivo che era così. E non avevo neanche motivi per ricredermi.

 

 

“Christopher voglio che tu parta, voglio che tu vada in Europa a Londra o dove diamine devi andare. Ti prometto che qui me la caverò. Ma non voglio essere la persona che ti impedisce un'occasione simile. Vuoi farmi felice? Dobbiamo sistemare le cose? Allora parti. Hai fatto tanto per me ed è giunto il momento che io ricambi. Ti prometto che me la caverò. Mi hai insegnato tanti modi per cavarmela dopo tutto. Ci sentiremo ogni giorno, e quando tornerai qui nel Queensland ti prometto che quel sacco blu che c'è in palestra sarà spostato da me. Non avrò problemi a difendermi da eventuali bulli. Farò tutto quello che mi hai insegnato. E resterai il mio fratellone, sempre, ovunque tu sia, in qualsiasi mare o pianeta. Tu sarai sempre il mio fratellone.”

-Tu il mio.- Era uno di quegli abbracci che parlano, quelli intensi, infiniti.

Questo è Luke.

Continuavo a veder male quella partenza ma lui mi ha detto che quello che vuole, anche se so che lo fa per me.

 

 

Abbiamo passato la sera a discutere, non è stato divertente e ogni pensiero che formulavo equivaleva ad altro dolore, ma lui, come lacrime di Fenice, riusciva rimarginarmi quelle ferite che mi procuravo da solo. Ho sempre desiderato poter fare lo stesso con lui, ma non sono mai stato così bravo probabilmente.

La consapevolezza di lui lì, accanto a me, è sicuramente stata l'unica cosa che mi ha fatto chiudere occhio per scappare da quel logorante presente e farmi entrare in un mondo di incubi ancora più tenebrosi.

 

 

 

La pallida luce che entrava dalle tapparelle mi cadeva proprio sugli occhi, non connettevo bene, ma poi il ricordo del giorno prima, quello che sembrava solo un brutto sogno andava avanti prendendosi i colori più forti per ricordarmi che era tutto vero e che dovevo andare a casa, a fare quei maledettissimi bagagli.

 

 

 

  
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