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Autore: AsanoLight    29/08/2013    1 recensioni
Una raccolta di Drabbles e Short-Fic, alcune basate sulla pairing HiratoxAkari.
Vari inserti con Tokitatsu, Gareki e Yogi.
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Akari, Altri, Hirato, Tokitatsu, Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie '♣ Karneval Parade'
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Questa Fan Fiction è un seguito di Infatuation e Doubt

Fissò la porta chiusa dell’infermeria per qualche istante, esitante ed al contempo incerto sul da farsi, se gli fosse convenuto o meno entrare ma –cosa ancora più importante, se Akari stesso avesse veramente voluto vederlo dopo quel bacio che Hirato, ancora, nel suo inconscio, si rimproverava. La campana che segnava il termine della pausa pranzo era suonata da un po’ ed il suo buonsenso gli suggeriva di fare ritorno quanto prima ai suoi doveri di studente modello.
Deglutì.
Quanto tempo aveva passato impalato come uno stoccafisso davanti a quella porta scorrevole?
Decisamente più di mezz’ora.

La porta gli si aprì proprio davanti agli occhi.
«Che ci fai qui, ragazzino?», domandò un dottore, inclinando leggermente la testa con aria incuriosita ed una punta di superbia. Hirato chinò il capo in un gesto di profondo rispetto portandosi preoccupato una mano allo stomaco e facendosi bigio in volto: «Non mi sento molto bene, dottore, a dire la verità».
Se gli avesse detto il vero motivo per il quale si era recato in infermeria sarebbe stato immediatamente sbattuto fuori. Avevano una politica severa, alla Chrono Mei.

Akari era sdraiato sul letto, con un piede ingessato e gli occhi immersi nella lettura di un libro la cui copertina non venne tuttavia nuova ad Hirato.

«Cosa ci fai qui?», tuonò l'uomo dai rosei capelli alzando lo sguardo dalla pagina e posandolo sul moro, «E non mi dire che stai male perché è una menzogna che non sono disposto a bermi per nessuna ragione al mondo».
Lo studente sorrise innocentemente, nascondendo dietro a quella smorfia una pletora di sensazioni e di ricordi, legati al giorno precedente, ricordi che avrebbe voluto dimenticare, tanto era l’imbarazzo ma che al contempo non avrebbe avuto il coraggio di liberarsene per nessun motivo al mondo.
«Ho saputo che sei scivolato dalle scale, Akari», ironizzò bastardamente, afferrando uno sgabello e prendendo posto accanto al suo letto, «E così mi sono preoccupato».

Il dottore sbuffò, richiudendo il libro che aveva da poco iniziato a leggere: «Non era necessario. E adesso tornatene in classe e non farmi perdere altro tempo».
Hirato inarcò un sopracciglio.
Si sentiva leggermente ferito da quelle parole e da quel tono freddo ma la cosa più saggia da fare era non darlo da vedere, fingere che tutto andasse bene.

«Quel libro...», mormorò dunque puntandolo con l’indice mentre si carezzava imbarazzato la nuca, «Non pensavo fosse di tuo gradimento».
«Sta’ zitto!», Akari berciò e lo colpì con quest’ultimo sulla testa, «Il mio mentore passerà a prendermi appena terminerà con un lavoro alla Torre di Ricerca e, siccome con molta probabilità dovrò restare qui fino a stasera inoltrata, ho deciso di portarmi qualcosa da leggere. E’ la prima volta che leggo Shakespeare oltretutto».
Shakespeare?
Hirato realizzò che fino ad allora non aveva mai prestato attenzione al titolo di quel libro, non se ne era mai veramente curato.
Lo apriva sempre nelle pagine più disparate, una volta nel mezzo, una volta all’inizio, una volta verso la fine.
Si cominciò a domandare improvvisamente se non fosse stato ovvio il fatto che non l’avesse mai letto.
«Oltretutto», precisò Akari fulminandolo con lo sguardo, «Mi sono chiesto perché questo libro piacesse tanto ad un ragazzo che bacia le persone a sproposito, senza un’apparente motivazione».
Giusto. Il bacio. Era lì anche per quel motivo.

«Akari forse non ha gradito?», domandò spavaldamente mentre continuava ad accarezzarsi il punto in cui era stato precedentemente colpito con il libro, l’altra mano giocava turbata con un lembo del lenzuolo di cotone, ebbe quasi un tuffo al cuore, come s’egli stesso si stesse rifiutando di pronunciare quelle parole, «Eppure avresti potuto respingermi, se lo avessi voluto».
Senza volerlo, aveva centrato nel segno.
Glielo dicevano quegli occhi di fuoco del dottore.
Ed il bernoccolo che presto sarebbe spuntato tra i suoi capelli, grande quanto il monte Fuji, dopo essersi beccato la seconda botta di libro in testa.
«Sei un bastardo», replicò irritato il dottore, «Sei un fottuto bastardo».
Hirato chinò nuovamente la testa, dapprima preoccupato.
Scrutò poi attentamente l’espressione in volto del dottore, il viso era diventato amaranto fino alle orecchie, gli occhi errano rifugiati nuovamente tra le lettere di quel libro e le mani stringevano con forza la copertina.

Sorrise.
Poi rise.
Rise di gusto, si lasciò andare come mai aveva fatto in tutta la sua vita.
Lasciò correre libere le sue emozioni come dei cavalli selvaggi.
Quella fu l’unica volta che Akari lo sentì ridere in quella maniera, quasi infantile ma eppur sublime.

«C-Che cazzo ridi?!», borbottò digrignando i denti, se avesse potuto l’avrebbe strozzato senza pensarci due volte. Ma Hirato non gli rispose. Si limitò piuttosto ad alzarsi dal suo sgabello.
«Capisco», disse dunque in un sorriso. Akari lo fulminò con un’occhiata.
No, non capiva, non aveva capito un cazzo. Non aveva capito che per colpa sua lui ora si ritrovava con un piede ingessato. Che se non fosse stato per quel dannato bacio, avrebbe anche fatto a meno di precipitarsi quanto più velocemente possibile giù dalle scale per tornarsene alla Torre di Ricerca all’udire del suono della campana.
Ma Hirato aveva già fatto la sua mossa, senza aspettare nemmeno una sua risposta. Se ne andò, con la promessa che sarebbe tornato dopo le lezioni e, mentre si indirizzava verso la classe, canticchiava un allegro motivetto.

Già.
‘Bastardo’ non era una risposta.
Non era un sì netto, ma non era neanche un no.
E se tutte le volte che si fosse fatto chiamare bastardo avesse ricevuto una reazione così onesta da parte del dottore, allora l’avrebbe perfino preferito ad un classico ‘sì’.
***

«Appisolato sul posto di lavoro?», domandò Akari mentre faceva irruzione nel suo studio, passandosi sfinito una mano tra i capelli, «Allora è proprio vero, che voi del Circus non avete mai niente da fare».
«Akari, sei sempre così burbero...», Hirato si rialzò dalla scrivania e si stropicciò gli occhi in uno sbadiglio, «Non hai rispetto per chi si perde tra i meandri del proprio passato».

«Ah... Certo, capisco perfettamente. Così, anziché lavorare per migliorare il presente, tu preferisci dormire sognando di tempi che non ritorneranno più. Non ti facevo così nostalgico»
«Non sono mica nostalgico, Akari. Non c’è cosa che rimpianga del mio passato»

«Nessuna?», lo incalzò il dottore aggrottando le sopracciglia.
«Nessuna», confermò il comandante alzandosi dalla sedia e facendo per venirgli incontro e stringerlo in un abbraccio, «Credo –anzi, di essermi giocato bene le mie carte».

«Non credo proprio»

Akari lo contraddisse, eluse l’abbraccio sottraendosi e fece scivolare sulla liscia e lucida superficie della scrivania un libro: «Tu hai pensato di esserti giocato bene le tue carte pensando che dall’altra parte ci fosse stato un idiota».
Hirato guardò sorpreso il libro e ne sfiorò la copertina.
«Pensavi che fossi un cretino, eh? Rispondimi», borbottò Akari, facendosi serio e mettendosi a braccia conserte, l’indice tappettava nervosamente nell’avambraccio sinistro, «Chi pensavi di fare fesso?».

Il comandante sorrise, gli occhi accesi dall’emozione.

Non voleva sapere come avesse fatto, ma poteva dirlo con tutto se stesso, che quel libro era lo stesso della biblioteca della Chrono Mei. I graffi sulla copertina erano identici a quelli che faceva con le unghie e le pagine avevano un odore di polvere, di passato, di ricordi.

«Grazie mille, Akari», lo ringraziò cercando nuovamente di trascinarlo in un abbraccio. Questa volta il dottore non oppose resistenza, si lasciò guidare verso le sue braccia imbarazzato, stringendosi alla giacca del comandante. Soffocò il volto nel suo petto, scoccandogli poi un bacio sul collo.
«Dimmi, Akari», gli mormorò Hirato d’un tratto, strisciando affettuosamente il dorso del naso sulla punta di capelli arricciati in fondo alla nuca, «Posso baciarti?».
Grugnì irritato il dottore, stringendogli con forza maggiore la giacca: «Non chiedere cose così idiote».
«Falle e basta»

«Bastardo»


***

Ma che bello, ma che bello! I giorni di Karneval stanno quasi per finire, siamo proprio agli sgoccioli!
Auguroni di buon compleanno a NakamuraNya per i suoi vent'anni!!! (\*v*/)
Questo è un piccolo presente da parte mia (il disegno viene da pivix! ;D)
Leggere i tuoi commenti è sempre un piacere anche se posso dire di essere morta per le saghe mentali di Gareki ahahhaha
Un grazie anche a tutti i lettori che continuano a seguire quest'audace (?) impresa, spero di leggere anche le vostre opinioni!!!
Grazie mille!!! :)


   
 
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