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Autore: InspiredByBieber    29/08/2013    6 recensioni
Non sapere in che cosa ti stai cacciando e sapere che hai sempre la tua migliore amica con te. Scappare da un passato burrascoso e pieno di litigi, scappare dalla persona che eri prima di tutto questo. 
E adesso, eccoci qua. Al college.
Benvenuti matricole, che la vostra Clique vi possa dare il benvenuto in Florida!
Genere: Commedia, Erotico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Justin Bieber
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Finch era disperato, non la smetteva di prendere a calci qualcosa, o di mettersi le mani sul viso. Chi non poteva biasimarlo, era il suo migliore amico, come un fratello per lui.
 
«Forse hanno sbagliato, Finch, forse può ancora essere fuori pericolo» suggerì Jake.
«Lui trafficava quella merda di droga, Jake!»
 
Hilda era irritata ed esausta allo stesso tempo. Si stava comportando come una bambina fastidiosa. «Ma non capisco, perché ci hai voluti a casa tua adesso?» chiese sbuffando.
«Perché vogliono fare ricerche più approfondite, vogliono sapere se ieri c’era qualcun altro che stava trafficando cocaina o qualsiasi altra cosa. Vogliono tenere d’occhio Justin»
«Cosa?» chiesi acutamente «Cioè, andiamo. Per quanto possa essere dannato, non spaccia!»
«Lo sappiamo, ma abbiamo voluto avvisarvi perché metteranno in mezzo voi tutti perché abitate insieme a lui. Sarete controllati per un po’»
 
Sospirai quasi angosciata.
 
«Grazie, Finch. Spero che andrà tutto bene con DJ. Se hai bisogno di qualcosa, facci sapere»
«Anche io e grazie, ma credo che riuscirò a pagargli la cauzione per conto mio»
«E chi stava parlando di soldi?» Cory fece ridere tutti e ci distaccò per pochi attimi da quella situazione che stava risultando quasi critica. Essere circondati dalla polizia giorno e notte? No, grazie.
 
Il tragitto verso casa fu un mortorio, tutti eravamo agitati all’idea che ci avrebbero perseguitati. Cory qualche volta apriva la bocca per borbottare qualcosa, ma per il resto tutti rimasero zitti, compresa Acacia. Ed era una cosa veramente strana.
 
Dopo cinque minuti che fummo a casa, qualcuno bussò la porta.
 
«Agenti di polizia, aprite!»
Tutti trasalimmo. Hebe andò ad aprire e scoprì tre agenti di polizia, il primo con le mani sui fianchi come se volesse dimostrarci tutta l’autorità di cui disponeva.
«Buongiorno, giovanotti» si rivolse a tutti.
«Non possiamo dire lo stesso…» mormorò silenziosamente Acacia e le diedi una gomitata.
«Credo che sappiate già il motivo per cui ci troviamo qua in questo momento»
«Probabile» annuì Cory.
«Quindi non vi dispiace se daremo un’occhiata a tutta la casa?»
«Per niente. L’unica cosa che potrete trovare se siete fortunati sono dei calzini sporchi» rispose infastidito Jake.
 
Controllarono in ogni angolo della casa, senza risparmiare neanche il bagno e addirittura l’interno degli assorbenti e dei preservativi, cosa che fece imbarazzare la maggior parte di noi.
 
«Voglio essere risarcito dopo tutto questo» borbottò Cory quando anche il suo ultimo pacco di profilattici venne analizzato.
«Ragazzino, non ti conviene continuare a fare così tanto lo sbruffone»
«È cosa sacra per lui scopare, non sta facendo il gradasso» intervenimmo noi tutti.
 
Le ricerche terminarono e l’unica cosa che trovarono furono due pacchetti di sigarette. Nient’altro.
 
«Grazie per la collaborazione» disse uno degli agenti «ci vedremo presto»
«Perché?» chiese incredula Acacia «Non avete trovato niente, perché dovreste continuare a perseguitarci?»
«Qualche problema in considerazione?» puntigliò un altro.
 
Cacia alzò gli occhi al cielo. «È angosciante»
«A presto» affermò più fermamente il primo agente chiudendo la porta dietro di sé.
 
 
 ***
 

«Tesoro, ho saputo la storia con gli agenti, DJ e il resto. Mi dispiace tantissimo» Vanessa si sedette a fianco a me in mensa, posando il suo vassoio accanto al mio.
 
«Stai tranquilla, non c’è nulla di cui preoccuparsi. Non troveranno niente, tanto vale prenderla alla leggera» nonostante ciò, non riuscivo a smetterla di rimanere in pensiero per Justin e per tutti noi.
 
Arrivarono tutti e il chiasso delle loro chiacchiere divenne fastidioso come un insetto. Non riuscivo a starci. Avevo bisogno di rimanere in silenzio e tranquillizzarmi, perciò presi tutta la mia roba e dissi a tutti che avevo bisogno di ripassare per la lezione successiva.
 
«Dove stai scappando?» Justin mi raggiunse inaspettatamente, facendomi gettare quasi un urlo.
«Tu sei pazzo! Mi volevi per caso far venire un attacco al cuore?»
«Non ne avevo le intenzioni, scusami» mi prese una mano e sospirai.
 
«Che succede?» corrugò la fronte in modo sexy, con i suoi occhi color nocciola che continuavano a fissarmi. Il suo sguardo si posò sulle mie labbra e questo mi fece sentire in imbarazzo.
«Sono solo… non lo so, mi sento stressata, tutto qui» mi voltai verso l’andito, per evitare che Justin continuasse ad osservarmi in modo così accurato e per vedere se qualcuno ci stesse guardando, ma era tutto deserto. Tutti erano ancora in mensa.
 
«Non voglio che tu ti senta così per colpa di questa situazione» mi fece poggiare ad un armadietto e quasi gemetti quando mi fece aprire le gambe, posizionandosi in mezzo ad esse. Fui travolta da un milione di pensieri ed emozioni. Mi tremavano le ginocchia.
 
«Justin, che diamine stai facendo?» stentavo a mantenere un tono di voce calmo.
«Sto cercando di aiutarti. Ti senti ancora agitata?» mi spinse ancora un pochettino con il suo peso e lo spinsi improvvisamente. Non avrei resistito, e lo sapeva.
 
«Sei un pervertito!» mi ricomposi ed evitai i suoi occhi. Sicuramente stava pensando a qualcosa, ma non immaginai neanche a quale pensiero erotico.
 
Ma no, non stava pensando a qualcosa del genere. Stava pensando a qualcosa di più serio, gli si poteva leggere negli occhi.
 
«Ti ricordi la notte al biliardo?»
Non era ciò che mi aspettavo di sentire.
«No» armeggiai con la mia pinza e mi tirai su i capelli castano chiaro.
«Sì che te la ricordi» mi accusò e io alzai gli occhi al cielo.
«E allora?»
«Mi devi una cena, ricordi?»
 
Indugiai, poi strabuzzai gli occhi. «Fai sul serio?»
«Non sono mai stato più serio di così. Che ne dici di stanotte?»
Non risposi e pensai che l’avesse presa come un assenso perché se ne andò dicendomi di essere pronta per le 7.
 
 
 
 
«Cosa mi avevi proposto, Justin? Me lo puoi ricordare?» chiesi guardando i finestrini della macchina.
«Lasciami fare. Ti ho chiesto di passare una serata con me; non puoi solo farlo?»
«Mi hai chiesto una cena, non una serata!» lo accusai ridendo.
«Facciamo che oggi stai con me e basta»
 
Eravamo usciti di casa non appena fui pronta e stavamo facendo più tragitto del solito. Poi capii che stavamo andando a Miami.
 
«Perché stiamo andando a Miami?!»
«Ti ho detto di lasciarmi fare o sbaglio?» si voltò verso di me e annuii, cercando di stare calma.
 
Scesi dalla macchina e vidi lo stadio dei Miami Heat. Cazzo me n’ero scordata: quel giorno c’era la sfida contro i Chicago Bulls.
 
«Forza, andiamo» mi prese per mano, tenendomi sempre vicina a lui e andammo a comprare cose stupide come i guanti con i pollicioni a favore sia dei Miami Heat che dei Chicago Bulls.
«Temo che non potremmo stare più insieme» intuii.
«Perché?»
«Io tifo per i Chicago Bulls, tu per i Miami Heat. Le nostre tribune dovranno essere diverse»
«Ma noi non staremo nelle tribune»
 
Comprò due hot dogs più grandi delle mie due mani attaccate e delle noccioline con due birre, poi salimmo di corsa delle scale fino a quando non arrivammo in cima allo stadio. Mi fece cenno di sedermi per terra, in modo da far penzolare le gambe e attaccarmi con le braccia e il busto alle ringhiere.
 
«Non so che cosa abbia fatto venire quest’idea a quella tua mente contorta… ma io cadrò di certo, Justin»
«Fidati di me, siediti» si sedette e mi diede una mano. Così feci e subito dopo mi mise una cintura attaccata al soffitto intorno alla vita, simile ad una di quelle che si mettono quando devi fare bungee jumping o che gli attori si mettono per fare film d’azione. Mi guardò per qualche istante dritto negli occhi, poi mi stampò un bacio sul naso, si allontanò e vidi che mi aveva legato perfettamente la cintura. Fece lo stesso con lui.
 
«Si vede perfettamente» dissi entusiasta.
«Lo so»
«Come ha fatto ad avere questi “posti”?»
«Non l’ho fatto. Se ci trovano, siamo morti»
 
Lo guardai con occhi scioccati.
 
«Scherzo. Ho un amico che lavora qua, mi ha riservato questi posti anche se è vietato rimanere qua» mi diede un hot dog e lo addentai senza pietà.
«Forse dovresti lasciarne un po’ anche per quando inizia la partita»
«No, durante la partita dovrò esultare»
 
Lo finii dopo poco e poi Justin mise le labbra in modo strano, come se stesse trattenendo una risata.
 
«Che c’è?»
«Non ti chiederò mai più di passare una serata con me» mi posò le sue dita sulle labbra, togliendomi tutto il ketchup e avvampai.
«Chi non lo avrà mai fatto?»
«Sei la prima e spero anche l’ultima» ridacchiò.
«Chi non è mai risultato sexy con del ketchup sulle labbra? Avanti, Justin, pensavo fossi un po’ più stile camionista non rose e fiori!»
 
La partita iniziò e utilizzai il mio guanto rosso per tifare i Chicago Bulls e quando ne ebbi l’occasione ne diedi un colpo a Justin e iniziò una mini-lotta. Ci lanciammo addirittura gli arachidi, poi gliene lanciai un paio in bocca e la maggior parte del tempo lo passammo a scherzare e ridere, senza badare tanto alla partita. Dopo il terzo tempo, chiesi a Justin di accompagnarmi in bagno.
 
Il bagno era vuoto e Justin mi aspettava fuori. Avevo un aspetto orrendo, ma continuavo a sorridere come un’ebete, nonostante avessi degli arachidi impigliati tra i capelli. Me li tolsi e uscii dal bagno dopo circa venti minuti. Justin stava parlando con una ragazza con un paio di tacco 12, dei capelli lunghissimi castano scuro e una maschera di trucco in viso che poteva far concorrenza ad una Barbie.
Justin mi vide uscire e liquidò la ragazza.
 
«Non perdi l’occasione per far colpo, eh?»
«Mi ha chiesto se avessi un accendino e una parola ha tirato l’altra. Non volevo neanche parlarle, Amie»
Corrugai la fronte «Perché ti stai scusando? Non credo che ci siano problemi, puoi fare quello che vuoi per quanto mi riguarda, o no?» in realtà vederlo parlare con quella ragazza mi aveva in un certo senso irritato, ma non volevo rompergli le scatole: d’altronde non ero nessuno per impedirgli di parlare con qualsiasi ragazza intorno a lui.
 
«Ritorniamo a guardare la partita?» si mise le mani in tasca e dondolò.
Sorrisi «Sei convinto che se andiamo, la guarderemo seriamente?»
Scrollò le spalle e avanzò «Nah»
«Ritorniamo a casa»
Fece una smorfia «Adesso?»
«Sono stanca, Justin»
Lui annuì e mi prese la mano. Il tragitto verso casa lo passammo a cantare in macchina a squarciagola e ridere ad ogni parola sbagliata e ad ogni urlata forzata.
Quando ci trovammo nel parcheggio di casa, mi obbligai a farci zittire per non svegliare tutto il vicinato.
 
«Sono stata bene stasera» ammisi, togliendomi la cintura «grazie, J.»
«Sono stato più bene io di te» mi aprì la portiera e mi cinse un fianco.
Aprì la porta e trovammo tutti in cucina a discutere su qualcosa. Quando io e Justin chiudemmo la porta, tutti rimasero a bocca aperta vedendoci attaccati in quel modo.
 
«Se non fosse perché sei una mia amica, penserei che ti stai mettendo in mezzo ad una storia a tre» borbottò Angie, infastidita.
Trasalii, ma subito dopo la rabbia prese la meglio.
«Grazie per il pensiero, ma l’hai appena fatto» dissi a denti stretti «e non è così»
 
«Ah no?»
«Chiudi il becco, Angie! O solo Dio saprà che cosa ti succederà!» Acacia accorse in mia difesa e la sua minaccia sembrò intimorirla.
Angie se ne stette zitta e Hilda invece sbuffò.
«Che cosa vi prende?» chiesi, impaziente e nervosa.
«Che cazzo ci facevate insieme?» Hilda era irritata dall’immagine mia e di Justin attaccati in quel modo. Justin mantenne la sua posizione, lasciando il suo braccio intorno alla mia vita.
 
«Siamo andati a guardare la partita dei Chicago Bulls e i Miami Heat» sussurrai quasi in segno di scusa, districandomi i capelli.
Hilda fulminò Justin con lo sguardo che sostenne i suoi occhi furiosi. Che cosa stava succedendo?
 
«Smettila, Hilda. Solo questo» Justin mantenne la calma.
«Lei non…» fece crollare la frase lasciandomi cadere nell’oblio più totale.
«Lei che cosa?» azzardai.
«Sei una fottuta stronza!» mi disse scandendo ogni parola, poi salì le scale lasciandomi confusa davanti agli occhi di tutti, che man mano andarono nelle loro rispettive camere.
 
«Io… non capisco» riuscii a dire quando fummo soltanto io, Justin, Acacia e Jake.
Mi resi conto che Jake stava impedendo ad Acacia di muoversi, però poi riuscì a liberarsi dalla presa e andò correndo al piano di sopra.
 
«Come cazzo ti permetti di dire alla mia migliore amica di essere una stronza?» Acacia era furiosa e chiesi apertamente a Justin di accompagnarmi fuori. Iniziai a piangere.
 
Justin mi abbracciò.
La sua pena risultava peggio delle parole di Hilda e Angie. Mi slacciai dal suo abbraccio e con gli avambracci mi asciugai le lacrime. Inspirai ed espirai vivamente.
«Sto bene» ammisi, fingendo.
«Non è così»
«Perché Hilda era così… incazzata?» chiesi, incapace di capirlo.
 
In quel momento si spalancò la porta.
 
«È meglio che vada dentro. Devo sbrigare delle cose» borbottò Justin con tono serio. Mi baciò sulla fronte. «Rimani sveglia, dopo ti devo parlare»
 
Annuii e poi notai che la persona che aveva aperto la porta era Acacia.
 
«Amore» mi abbracciò come fa una madre con una figlia e mi strinse così forte da non farmi neanche respirare «la cancello dalla faccia della terra se continua…»
«Sto bene, davvero. È tutto okay»
 
Acacia si distaccò il tanto giusto per guardarmi negli occhi e rendendomi visibile una delle sue espressioni da le-cazzate-dille-ad-un’altra-persona-perché-io-non-ci-casco.
 
«Però ancora non capisco…»
«Scusami, te l’avrei dovuto dire prima» Acacia sospirò e si sedette sul gradino davanti alla porta. Io feci lo stesso.
«Che cosa?»
Lei sbuffò, stressata.
«Non so perché non te l’abbia detto… forse mi è sfuggito… non…»
«Acacia!» la rimproverai. Adesso era lei quella ad andare fuori di testa «Che cosa non mi hai detto?»
 
«Hilda e Justin sono nel bel mezzo di una storia complicata…»
«Che? Intendi con altre due persone? Che cosa c’entra tutto questo? Non ha senso…»
«Non essere sciocca!» alzò gli occhi al cielo «Tra di loro, Amie. Tra di loro!» ripeté con enfasi.
 
La fissai per alcuni attimi e poi scoppiai in una risata isterica. «Justin e Hilda? Ma non diciamo sciocchezze!» parlavo senza ragionare. Un senso di umiliazione mi scorreva nelle vene. Non capivo bene… non li avevo mai visti insieme… a parte…
 
«Amie, secondo te cosa stavano a significare quelle urla durante la notte?» inarcò le sopracciglia come per farmi ragionare «Oppure il fatto che Hilda flirti con altri ragazzi solo davanti a Justin?»
«Che vuole uscire con qualcuno?» osai ma lei scosse la testa, con disapprovazione.
«Certo che sei veramente tonta! È per farlo ingelosire!»
«Mi spieghi perché non ho mai notato niente del genere?» giocherellai nervosamente con la manica della mia felpa.
 
Acacia alzò le spalle con disinvoltura e si mise in piedi. «Non lo so, ma io pensavo l’avessi capito. Andiamo, si vede lontano un kilometro che Hilda è pazza di Justin» si pulì i pantaloni da tutta la polvere e poi sospirò veemente «spero che la smetta. Comunque entriamo?»
Annuii e ci dirigemmo verso le nostre camere.
 
 
 
 
La mattina mi svegliai con un mal di testa assurdo e la prima cosa che vidi fu… Hilda che si limava le unghie in camera mia?!?!?
 
«Buongiorno» sbatté la lima sulla scrivania, scocciata.
Mi stiracchiai e mi strofinai gli occhi. Non ero ancora abituata alla luce del sole.
 
«Che ci fai in camera mia, Hilda?» chiesi con tono fermo. Non dovevo perdere le staffe e non era mia intenzione, a meno che non si comportasse in quel modo…
 
«Senti, le cose sono chiare: stai lontano da Justin» si alzò dalla sedia facendola strisciare sul pavimento e lanciandomi contro l’indice, con fare minaccioso. Scandì tutte le parole con aggressione, come se fosse pronta a saltarmi addosso come se fossi una sua preda.
 
«Justin è un mio amico, non puoi ordinarmi di non frequentarlo più» scossi la testa, quasi divertita mentre lei continuava a ribollire di rabbia. Aveva gli occhi rossi, e io senza badarci tanto, mi legai i capelli e uscii dal letto soltanto con delle mutande e una maglietta extra-large senza reggiseno. Stavo eseguendo la mia solita routine, come tutte le mattine, soltanto che cercavo di evitare qualsiasi contatto con Hilda per il fatto che era molto possibile che tutto si sarebbe trasformato in una lite furibonda. E non volevo. Era l’ultima cosa a cui puntavo.
 
«Justin non…» Hilda balbettava, come se non trovasse le parole giuste per “ferirmi” ma qualcuno fece capolino dalla porta ed entrambi trasalimmo.
 
«Qualcuno mi ha chiamato?» era Justin con gli occhi leggermente gonfi e la faccia ancora assonnata. I capelli color cenere erano sparpagliati dappertutto ma continuava ad avere un aspetto super sexy.
 
«Hilda mi stava giusto…»
«Dicendo che tu hai la massima libertà di capire le cose da solo e di determinarle, no?» aveva una voce ed espressione così ipocrita che mi venne voglia di riderle in faccia.
«Non so di che cosa stia parlando» alzai le spalle, divertita rivolta verso Justin che ammiccò.
 
«Fate da brave» strabuzzò un occhio e poi se ne andò seguito da Hilda che lo inseguì come una disperata. 
 
Aveva ragione Acacia: come ero riuscita a non capirlo prima? Hilda era super cotta di Justin.
 
Scesi al piano di sotto dopo essermi preparata per bene e presi le chiavi della macchina.
«Io vado a fare la spesa»
Prima che potessi entrare in macchina, mi capacitai del fatto che qualcuno mi stesse tallonando, in silenzio.
 
«Justin, per l’amor del cielo!» feci un salto dallo spavento «Non è divertente!»
Sghignazzò ed entrò in macchina, posizionandosi sul sedile del passeggero. Si allacciò la cintura mentre lo guardai da alto in basso con riluttanza.
 
«Che ci fai ancora lì? Avanti, ti accompagno»
Entrai agilmente in macchina, dalla parte del guidatore sospirando.
«È anche vero che mi sia rifiutata di ascoltare le minacce di Hilda, ma non mi sembra comunque giusto farci vedere assieme in questo modo» appoggiai le mani sul volante.
«La relazione che c’è tra me e te, non c’entra un emerito cazzo con quella che ho con Hilda» aggrottò le sopracciglia, sorpreso.
 
In un certo senso mi sentii offesa. Intendeva dire che non fossi nei suoi standard di “ragazza perfetta” con cui avere una relazione? Hilda era una bella ragazza, ma accennandomi il fatto che fosse migliore di me, mi faceva ripensare a tutto. A lui, a lei, alla discussione… a tutto.
 
Accesi la macchina inserendo la chiave nel nottolino e feci stridere il motore così tanto forte da far rumore ai miei pensieri. Iniziai a diventare furiosa, proprio quando avevo meno motivazioni per esserlo. Perché?
 
«Stai andando oltre il limite di velocità, non credi di dover rallentare?» Justin non sembrava convinto delle sue parole. Leggevo un altro significato nel suo tono di voce.
 
«Mi piacciono le sfide» dissi, secca.
 
«Che?» Justin stava strozzando una risata.
 
Sbuffai.
 
«Scusami, piccola»
Mi voltai e incrociai il suo color caramello. Lo fulminai, ma lui sorresse la mia espressione.
«Non chiamarmi piccola» ringhiai.
«Ho detto che dovevo sbrigare delle cose ieri. L’ho fatto» sospirò voltandosi verso la strada. Si mise a posto il cappellino e io lo fissai, aspettando di sentire altro, ma la vista di una Chevelle a fianco a noi, mi fece illuminare in viso. Justin se ne accorse e si voltò.
 
Un ragazzo dell’età di circa venticinque anni, mi stava strabuzzando l’occhio. Attirò la mia attenzione e abbassò il finestrino, invitandomi a fare lo stesso.
 
«Ma lo vede che ci sono anch’io in macchina questa testa di cazzo?» borbottò Justin. Si mise tra me e il ragazzo che si corrucciò.
«Justin!» lo ammonii scostandolo.
 
«Ehi baby» fece il ragazzo «non mi aspettavo di vedere in giro una bellezza del genere» sorrise con uno dei suoi migliori sguardi.
«Allora per rivederlo ti conviene riuscire a starmi alle calcagne» lo sfidai facendo ruggire il motore. Il ragazzo sorrise maliziosamente e fece lo stesso.
 
Quando il semaforo scattò, partii a tutta velocità.
Arrivai al supermarket con una sgommata e sorrisi, compiaciuta. Non era riuscito a sorpassarmi e tanto meno a starmi dietro. Lo sapevo.
 
«Non so che cosa avessi in mente» Justin uscì dalla macchina «ma non mi è piaciuto»
Lanciai gli occhi al cielo. «Neanche mia madre mi fa così tante prediche, quindi tronca questa ramanzina sul nascere» presi una monetina dalla borsa e presi un carrello.
 
Justin me lo rubò dalle mani e mi fece spostare.
 
Andai nel reparto “CARNE” e presi alcune scatole di carne e pollo. Mi accorsi che Justin non era più dietro di me ma bensì nel reparto “CHIPS & SALATINI”
 
«Certo, è questo ciò di cui abbiamo bisogno: patatine e salatini» dissi sarcasticamente mettendo tutto dentro il carrello «da annotare: mai mandare Justin a fare la spesa da solo»
Lui acchiappò altri pacchetti di patatine e li buttò dentro il carrello «Non dovresti parlare, e lo sai»
Scrollai le spalle «Hai ragione, cercavo solo di essere genuin
Lui mi guardò con aria divertita «Non sei affatto convincente, dovresti lavorarci sopra»
«Non dormirò la notte» tentai di non ridere, ma lui mi posò la sua mano calda sopra la pancia e poi passò alla vita, alla quale diede una strizzatina e io risi per la sensazione di solletico. Andò oltre e passò alla parte farmaceutica.
 
Mi fermai.
 
«Dove diamine stai andando?»
«Vieni»
 
Dopo un attimo di esitazione, lo seguii e lo vidi attraversare il piccolo corridoio come se fosse casa sua. Poi si fermò davanti allo scaffale dedicato esclusivamente ai preservativi e mi passò il carrello.
 
«Mettili dentro» mi porse almeno cinque confezioni di profilattici tutte con grandezze XXL e diventai paonazza. Justin si accorse dell’improvvisa colorazione del mio viso.
 
«Sono dei preservativi, Amie» lo disse come se volesse rincuorarmi «mai visti prima?»
Cosa intendeva dire con questo? Che nessuno mi trovava così attraente da potermi portare a letto?
«Non dire scemenze» evitai i suoi occhi e li misi dentro il carrello «io sono abituata ad altre cose»
 
Justin inarcò un sopracciglio.
 
«Perché fai quella faccia?» risposi avvicinandomi allo scaffale. Esaminai velocemente tutte le targhette deglutendo e notando quelli più costosi, li presi. Ma la confezione aveva una forma strana…
 
«Ecco, è che io sono abituata a questi…»
«Amie, quello è lubrificante»
 
Assunsi un colore rosso quanto un peperone. Justin stava per scoppiare a ridere fragorosamente, ma prima che potesse farlo, mi voltai per nascondermi e scappare, ma una coppia di anziani mi stava fissando incredula.
 
Ah bene, non bastava una figura di merda.
 
«Amie, sei tu?» prima che potessi virare verso un’altra direzione, mi raggelai.
«Sì?»
«Oh, la piccolina Amie!» l’anziana mi venne incontro e mi abbracciò calorosamente «Quanto sei cresciuta!»
 
E tu chi sei?
 
«Ehm… già…»
«Immagino che tu non ti ricordi di me» mi accarezzò i capelli «sono amica di tua zia Ellen»
 
Cazzo.
 
«Oh, mi dispiace di non averla riconosciuta prima…»
 
Signora… amica-di-zia-Ellen? Perché devo fingere di conoscerla?
 
«No, scusami tu. Forse eri impegnata col tuo ragazzo in alcune spesuccie…»
 
Io e Justin ci scambiammo un’occhiata e lui si mise una mano in bocca per non scoppiare a ridere. Me l’avrebbe pagata.
 
«Oh, lui non è il mio ragazzo…»
«Non ti devi preoccupare, non dirò niente a nessuno!» mi fece l’occhiolino e mi diede piccole gomitate, come per farmelo capire. Non avrei mai pensato che una donna così anziana potesse essere così... pervertita?
 
«Oh, grazie. Sa, queste cose private… come la candida nei punti bassi di Amie…» Justin si aggiunse alla conversazione e tutti rimanemmo fermi, immobili, mentre lui si divertiva. Porse la mano per presentarsi e poi mi cinse con un braccio.
 
«Tesoro, sei hai problemi nei piani bassi, dovresti consultarti con un…»
«Non ho nessun tipo di problema!» gracchiai. Mi ricomposi. «È che stava scherzando, gli piace fare così» sorrisi falsamente nella direzione di Justin, tentando di stare al gioco.
«Però adesso è meglio che andiamo, si sta facendo tardi» ammisi «mi ha fatto piacere incontrarla…» mi ricordai di non sapere il suo nome, perciò non aggiunsi altro e li salutai educatamente. Lo stesso fece Justin.
 
«Io ti ammazzo! La candida? Tu sei completamente fuori di testa!» gli dissi quando fummo abbastanza lontani. Justin continuava a sghignazzare.
«Stavo scherzando. Credevano veramente che fossimo fidanzati…»
Incrociai le braccia al petto.
«Molto divertente, devo dire»
«Non era così male, dai» parcheggiò il carrello e mi si avvicinò. Mi baciò sulla guancia e sorrisi.
 
«D’accordo, adesso andiamo» mi allontanai e andammo a pagare tutto.
 
 
 ***
 
 
15 chiamate perse.
10 messaggi in segreteria.
 
«Rispondi a quel cavolo di telefono!» si lamentò Acacia sotto i cuscini.
 
Ero seduta sopra la scrivania, con il Mac davanti, tentando di fare un saggio di storia. Mi sentivo oppressata.
Tolsi la suoneria e proseguii, ma le chiamate continuarono, più frenetiche che mai.
 
«Pronto» mi decisi a rispondere. Uscii dalla stanza per non far troppo rumore e mi tolsi gli occhiali da vista, posandoli sopra la testa.
«Amie» era Eric «finalmente»
«Che cosa c’è, Eric? Sono impegnata» ero stizzita.
 
Durante l’ultimo periodo non la smetteva di perseguitarmi e starmi continuamente alle calcagne. I suoi tentativi di aggiustare la nostra “relazione” lo stavano portando a dargli false speranze. Mentre prima sarei stata disposta anche a stare giorno e notte con lui, in quei giorni avrei pagato chiunque per tenermelo lontano.
 
«Ti vengo a prendere alle 10 e andiamo a fare colazione insieme?» nel suo tono di voce c’era tanta di quella speranza che mi sarebbe bastata per darmi alla recitazione… nonostante non fossi per niente in grado di recitare.
«Sto studiando, non penso che faccia» guardai l’orologio che segnavano le 9.
«Per pranzo?»
«Oggi tocca a me cucinare, quindi a meno che me la svigni, nessuno mangerà oggi»
«A cena?»
 
Alzai gli occhi al cielo. Non si dava mai pace?
 
«Va bene, a cena è…» non volli dire la parola “perfetto” «fattibile» feci una smorfia allontanandomi il telefono dal viso e in quel momento vidi Justin uscire dal bagno.
 
Eric stava parlando, ma non ne fui tanto preoccupata. Sospirai sotto lo sguardo divertito di Justin e decisi di rispondere.
 
«Amie?» Eric si era accorto della mia mancanza. Cacchio!
«Sì, ho sentito. Quindi alle 8 da me»
«In realtà ti ho chiesto se andava bene alle 7»
 
Merda.
 
«Oh… facciamo 7.30?»
«Allora alle 7.30 sono da te, non vedo l’ora»
 
Annuii e riagganciai.
 
«Non dire neanche una parola» sospirai «lo so cosa pensi»
«Tu non sei fatta per un Eric Nicolson» rispose Justin, quasi seccato.
«È uno dei migliori ragazzi che abbia mai conosciuto… ma detesto dire che hai ragione. Non sono fatta per lui e lui non è fatto per me» scrollai le spalle.
 
«Quindi puoi rifiutare l’invito per uscire a cena con me» disse, sicuro di sé.
Lo spinsi fino a quando fu dentro la sua stanza «Torna a dormire, Bieber» sogghignammo e chiusi la porta.
 
 
 
Durante il pranzo continuava a sentirsi la tensione tra me, Hilda e Angie, ma francamente non mi importava tanto. Pensavo alle mie cose, alle mie faccende da sbrigare e tutto il resto. Gli esami si stavano avvicinando drasticamente e dopo una settimana tutti sarebbero partiti.
 
Tutto si sarebbe sistemato col passare del tempo.
 
Dopo pranzo decidemmo di andare tutti ad affittare dei DVDs vicino a casa. Però Angie e Cory si rifiutarono di venire con noi perché dicevano di essere stanchi.
Per che cosa?
Lasciai perdere. D’altronde del sonno extra non fa male a nessuno, no?
 
«Aspettate» avvertii, prima che potessero partire con la macchina «mi devo assolutamente cambiare la maglietta! Sono sporca di sugo!»
 
Corsi dentro casa e senza fare nessun tipo di baccano per non disturbare, salii le scale, cambiandomi velocemente. Quando scesi le scale, sentii gemiti e qualcuno che ansimava. Forte.
Rimasi con le pupille dilatate e bocca aperta per secondi interminabili.
 
Cory ed Angie?!
 
No, forse Cory aveva invitato una ragazza, forse… no.
Angie non si trovava nella sua stanza ma bensì in quella di Cory. Con aria ancora sbalordita, decisi di uscire di casa e salire in macchina.
Acacia fu l’unica che si accorse che avevo qualcosa. Le feci cenno di un “dopo ti spiegherò”.
 
Arrivati al negozio, tutti ci spargemmo in ogni reparto per cercare qualsiasi tipo di film. Io e Acacia ne cercammo alcuni horror e d’azione, mentre le gemelle d’amore e gli altri… be’, i ragazzi di tutto. Compreso il porno.
 
Quando andai a vedere alcuni film d’azione, vidi Hilda e Justin intrecciati tra di loro. Dopo qualche attimo, lei si sporse verso di lui assaggiando le sue labbra. Lui non si ritrasse ma le strinse le natiche con foga, mentre lei gemeva e si rendeva quasi ridicola, incitandolo a farlo ancora se non a spingersi oltre.
 
«Disgustoso» commentò Acacia, prendendomi alla sprovvista.
«Già»
«Ehi, ma perché hai quell’espressione?» mi guardò con sguardo indagatore e poi si rivolse di nuovo verso Justin e Hilda «Non è che…»
«Non dire sciocchezze!» feci quasi una risata isterica.
«La tua non mi sembra un’espressione disgustata… sembra quasi di gelosia» Acacia sorrideva malignamente, come se avesse appena risolto un quesito complicatissimo.
 
«Chi? Io? Di loro? Ma per favore!»
«So che cosa ti sta frullando per la testa!»
«Non importa, perché non è così. E poi… dobbiamo prenderli o no questi dannati DVD?»
 
Appena ritornati a casa, Angie e Cory erano seduti sopra il divano guardando la tv con tanta di quella disinvoltura che mi stavano facendo girare la testa. Come facevano a comportarsi in quel modo dopo essere andati a letto?
 
«Stanotte non ci sono per cena» dissi sospirando ad Acacia mentre ritiravamo il grumo di roba sopra le sedie di camera nostra «Eric non si dà pace e mi sta continuamente chiedendo di vederci»
«Non capisco perché continui a rispondergli alle chiamate e parlarci!» Acacia sembrava sconvolta.
«Non voglio… perderlo come persona. Gli voglio bene. Ma stanotte gli dirò tutto. Non ho intenzione di continuarla in questo modo»
«Amen!» urlò, lanciando occhi e braccia al cielo.
 
Ridacchiai e Jake entrò dentro la camera.
 
«Ragazze?»
«Sì, amore?» Acacia cambiò tono di voce improvvisamente.
«Guarderemo tutta la notte film, ci state?»
 
Lanciai un’occhiata ad Acacia e lei capì.
 
«Certo. Però prima Amie deve passare a prendere degli appunti da Vanessa»
«Ci sarò di sicuro!»
 
 
 
«Mi sei mancata tanto» Eric mise la mano sopra la mia, sorridendomi innocentemente.
Ogni secondo della serata rimodellavo il discorso che avevo intenzione di fargli, rimandando ogni tentativo di spiegargli tutto per paura di poterlo ferire.
Non avrei mai pensato di arrivare ad un punto del genere. Non con Eric.
Scossi la testa, scacciando via tutti quei pensieri.
 
«Non ti piace?» Eric aveva un’aria corrugata.
«Ehm, che?»
«Hai scosso la testa. Non ti piace l’aragosta?»
 
Feci cadere lo sguardo sopra la grande aragosta sul mio piatto.
 
«No, è deliziosa!»
«Sei molto distratta, stanotte» aveva un’aria colpevole.
«Senti Eric…» masticai il boccone e lo inghiottii «ti devo parlare»
Lui diventò pallido e prese il vino. «Ne vuoi altro?»
Glielo presi e lo posai sopra il tavolo.
«Eric, ti devo veramente parlare»
 
Lui sospirò e si sporse dalla sedia. «D’accordo, ti ascolto»
«Non è semplice» mi pulii la bocca «ma te lo voglio dire perché mi sembra giusto farlo» chiusi gli occhi, poiché non volessi vedere la sua espressione, ma capii che fosse necessario farlo.
 
«Le cose non stanno andando tanto bene con noi…»
«Solo perché tu non collabori» aggiunse, cupo.
«Non è quello. Credo che ci sia qualcos’altro che non va. Non possiamo continuarla in questo modo!»
«Vuoi troncare i contatti con me, dico bene?»
 
Scossi la testa sbigottita.
«Certo che no! Non lo voglio per niente. Io ti voglio bene, Eric» appoggiai la mano sopra la sua e lo guardai con occhi sinceri.
«Tu mi piaci, Amie»
«E tu piaci a me. Soltanto che ti vedo come un amico e non come niente di più come prima… possiamo non terminare tutto in questo modo, potremmo uscire qualche volta…»
 
«No» sbottò a denti stretti «tu mi piaci come qualcosa di più. Io non cerco un’amica in t
Le sue parole in un certo senso mi ferirono. Non sapevo che rispondere.
«Che ne dici se ritorniamo a casa?»
Lui annuì, ancora scosso dalla conversazione.
 
Arrivati al vialetto davanti a casa, rimanemmo fermi e fui fermamente convinta che quella sarebbe stato l’ultima possibilità di parlargli.
 
«Te l’ho detto per ri–»
«Questa è la fine, quindi?»
Il suo tono di voce mi fece irritare.
 
La fine di che cosa? Non eravamo niente.
 
«Ti ho già detto tutto quello che ti dovevo dire»
«Puoi andare, allora»
 
Le sue parole mi ferirono una seconda volta nel giro di una mezz’ora. Mi sentii in colpa: anche lui probabilmente ci era rimasto male alle mie parole.
 
«Scusami, Eric. Volevo solo essere sincera» mi sporsi per stampargli un bacio sulla guancia ma si voltò appena in tempo. Sospirai e scesi dalla macchina.
 
Entrai in casa senza guardarmi alle spalle.


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LEGGETEMI!

Mi devo scusare per il ritardo colossale, lo so.
Sono stata molto impegnata e non ho avuto occasione di aggiornare,
in più mi si era cancellato tutto il capitolo e ho avuto istinti omicidi, ajshd.

ANYWAY

1) Che ne dite del capitolo? Voglio tutti i vostri commenti e recensioni!
2) Non so se qualcuna di voi stesse seguendo la mia vecchia
fanfiction (x) ma ho intenzione di continuarla uno di questi giorni.
Ho già scritto un paio di capitoli ma non so se pubblicarli
come sequel oppure continuare. 

In ogni caso, spero di trovare tante recensioni!
8 RECENSIONI
e aggiorno subito. x

 


Mi potete trovare
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