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Autore: aturiel    29/08/2013    2 recensioni
Un misterioso ragazzo dagli occhi color sangue si aggira di notte e nessuno deve sapere cosa gli è successo in passato, nessuno. O sara' in pericolo.
se recensite non vi mangio *^*
[Revisione in corso - Revisionato fino al cap. 2]
Genere: Angst, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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Capitolo Uno


 
Aveva occhi come il sangue, rossi, intensi e profondi che scintillavano alla luce della luna. Guizzavano veloci alla ricerca della sua preda, come quelli di un vampiro.
In realtà era solo un ragazzo alto, piuttosto magro e dai movimenti sensuali ed eleganti, si vestiva sempre di colori scuri che mettevano in risalto il suo pallore innaturale dovuto, probabilmente, a qualche strana malattia. “Forse è albino”, dicevano, ma gli albini non avevano di certo i capelli neri come le tenebre e nemmeno le ciglia scure e lunghissime che proiettavano una lunga ombra sulle guance chiare.
Non era bello, o almeno non abbastanza per attirare l’attenzione delle ragazze della scuola che, al contrario, lo trovavano piuttosto inquietante. A quelle poche che avevano trovato Raze affascinante, era sempre passata la voglia di uscire con lui dopo che il ragazzo le aveva allontanate in malo modo.
Nessuno sapeva da dove provenisse o chi fossero i suoi genitori; si diceva che i suoi fossero morti e che fosse cresciuto in un orfanotrofio, tuttavia la sua vera storia rimaneva un mistero.
 
Quella notte Raze e qualche altro ragazzo dall’aria minacciosa, vagavano per le vie della città deserta alla ricerca di una ragazzina scomparsa qualche giorno prima.
Non erano poliziotti, anzi, ma si dava il caso che la dodicenne fosse la sorella di uno della banda e certo non volevano che spifferasse qualche loro segreto a qualcuno che avrebbe potuto mettere a repentaglio la sicurezza del gruppo. Avrebbe potuto raccontare la storia di Raze, l’unica storia di cui i ragazzi avevano davvero paura, l’unica che nessuno avrebbe mai dovuto conoscere e anche l’unica che chiunque conoscesse Raze almeno di nome avrebbe voluto sapere.
 
Era cominciato tutto circa un anno prima, quando Raze non aveva ancora compiuto diciotto anni e, quindi, si limitava ad andare in giro a piedi, spesso di notte.
Gli piaceva camminare nel silenzio e nel buio illuminato solo dalla fioca luce dei lampioni e dei fanali delle poche macchine che sfrecciavano per le strade deserte.
Non era mai stato particolarmente socievole e tutti lo ritenevano un po’ strambo, forse per il colore dei suoi occhi, oppure perché non sorrideva mai o perché quando camminava non produceva nessun rumore. In fondo a lui quest’ aura di mistero non gli dispiaceva, appena poteva la enfatizzava, sparendo qualche giorno da scuola oppure uscendo con qualche ragazzo che le madri per bene avrebbero chiamato “losco individuo”. Normalmente non avrebbe avuto bisogno di nessun motivo reale per starsene a casa, ma quel giorno era diverso.
Era arrivato a casa davvero tardi la sera prima e nemmeno lui era riuscito a recuperare il sonno perduto, senza contare che - sempre nelle sue passeggiate notturne - aveva incontrato qualcuno che non era riuscito a dimenticare, nonostante avesse fatto molti sforzi, e si era ritrovato a pensare alle cinque di mattina, aggrovigliato nelle lenzuola come un gatto, a quel qualcuno, senza riuscire a prendere sonno. Dandosi dello stupido ogni minuto in più passato sveglio, per evitare di perdere sonno utile, cercò di ricomporre velocemente i fatti: era passato in quel vicoletto buio, come faceva ogni sera, quando aveva visto uno strano bagliore azzurrino provenire dalla fine di quella viuzza; si era dunque avvicinato, preso da chissà quale curiosità. Aveva sbirciato da dietro il muro ammuffito della casa malandata che si affacciava sulla strada principale e aveva visto quel qualcuno girato di spalle.
Aveva dei capelli rosso fuoco arruffati e tagliati male che gli sfioravano le orecchie, muscoli asciutti e scattanti, come quelli di un nuotatore, che non ne appesantivano la figura longilinea, indossava una giacchetta di jeans e un paio di pantaloni neri piuttosto stretti che gli fasciavano le gambe come guanti; gesticolava e parlava a bassa voce, forse con qualcuno che non rientrava nel suo campo visivo, ma Raze non capiva cosa stesse dicendo esattamente.
Poi l’individuo si voltò.
Fu come quando ci si ritrova faccia a faccia con l’assassino in un film horror: Raze lo vide e si mise a correre più velocemente che poteva fino ad arrivare sotto casa con il fiatone; aveva ancora quegli occhi dorati con la pupilla sottile come quella di un serpente impressi nella mente e non se li sarebbe scordati tanto facilmente. 
   
 
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