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Autore: Kruaxi    29/08/2013    0 recensioni
[http://it.wikipedia.org/wiki/La_svastica_sul_sole]
Si tratta di una breve parodia pecoreccia del noto 'La Svastica sul Sole' di Philip K. Dick. Un romanzo ucronico di difficile interpretazione che ho molto amato. Averlo letto è senza dubbio la conditio sine qua non per trarre, spero, qualche sorriso da questo raccontino squinternato...
Genere: Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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-Buongiorno Tamagoci san, come posso truffarl... ehm... servirla oggi ?-

Il signor Cilda era piegato quasi a 90°, in omaggio al suo solito cliente

Sushi Tamagoci, un eminente giapponese della missione commerciale.

Ovviamente stava con il culo appoggiato alla parete, perché aveva letto che dei gusti sessuali di questi figli del Sol Levante non c'era da fidarsi.

-Cilda, signore,- rispose freddamente Tamagoci, -partendo dal presupposto

che lei in tutti questi anni è riuscito a vendermi ogni patacca possibile ed inimmaginabile le chiedo: avrebbe un autentico pitale della Guerra Civile Americana ? Vorrei far felice un importante ammiraglio della Marina Imperiale presto in visita in questa terra di barbari, signore.-

Cilda si incazzicchiò un poco, Tamagoci non perdeva occasione per ricordargli che avevano perso la Guerra Mondiale.

'Tutta colpa di quella troia !' Pensò fra sé e sé, 'quell'imbecille di McCoy fosse stato a casa sua !'

-Signore !- Tamagoci lo riportò alla realtà, -la prego di non fantasticare come al solito: le avete prese secche a Pearl Harbour, alle Midway vi abbiamo dato un sacco di  bastonate e pure la vostra nazionale di baseball fa schifo, sempre senza offesa, signore.-

-Guardi questo ! E' meraviglioso, e così ben conservato !- Disse Cilda tirando fuori da un armadio un pitale bianco come il latte.

-Signore, so benissimo che mi considera un imbecille, ma provare a vendermi un pitale di plastica è troppo anche per lei.- Cosi detto, Tamagoci sfilò la sua katana dal marsupio: -Potrei aiutarla ad uccidersi per evitarle una simile vergogna.-

Cilda perse solo qualche goccia di sudore freddo, questa pantomima si ripeteva ogni volta, -Tamagoci san,- disse inchinandosi ancora al cospetto del giapponese, -le chiedo perdono per questo mio ennesimo errore, sa

purtroppo bene quanto siamo sottosviluppati noi americani; mi farò perdonare offrendole questo meraviglioso manufatto originale confederato, appartenuto niente di meno che al generale Lee !-

Tamagoci osservò con meraviglia l'oggetto, poi tirò fuori dal marsupio il suo

 I-Ching.

Ad occhi chiusi lavorò a lungo con i 49 steli di millefoglie fino ad ottenere un esagramma: il 321.

Guardò con attenzione, era "Sa dì", il portento.

Lesse il commento: 'propizio è perseverare', 'se non provi non sai', 'tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino'.

La seconda linea mobile diceva: 'non ci sono più le stagioni di una volta'.

Cinquemila anni di saggezza erano racchiusi in quel libro.

-Va bene, lo compro.- Sorrise Tamagoci, -è senza dubbio un meraviglioso pezzo originale, grazie signor Cilda.-

Mentre usciva dal negozio Cilda lo salutò con il solito inchino a 90°, ma non si coprì bene perché Tamagoci fece in tempo a tastargli il culo.

'Maledetti froci gialli ! Bah... a me mhà rovinato a guera...'

Tamagoci chiamò un taxi a pedali e tornò a casa tutto contento, mentre girava e rigirava fra le mani lo scopettino usato, e mai lavato, che Cilda aveva preso dal lurido bagno del suo negozio.

 

Il razzo VolksWagen Polo IV atterrò all'aeroporto di New York dopo solo 20 minuti di volo da Berlino.

Escludendo i soliti due o tre imbecilli che non si erano messi bene la cintura, e che furono recuperati qua e là dagli adetti alle pulizie, era andato tutto bene.

Lo sturmgruppenfuherer Otto Kranz si guardò allo specchio del bagno dell'aeroporto: l'accelerazione folle del razzo da trasporto del Reich gli aveva lasciato il volto come un quadro di Munch.

'Maledetta arte degenerata !' Pensò l'SS, 'ci vorranno ore per tornare normale'.

Mentre aspettava i bagagli si inchiacchierò con un tipo: -Il nostro mondo è meraviglioso da quando abbiamo eliminato tutti gli ebrei, non trova ?-

L'uomo chiuse la Toràh che aveva fra le mani, spostò le treccine peot dal viso, spense il walkman che suonava klezmer a palla, si aggiustò la Kippah in testa e lo guardò annuendo fortemente.

Più tardi Kranz si concesse un lungo pranzo all'americana, con Wusterl, crauti ed hamburgher, conditi da un'abbondante dose di birra. Era bello variare un po' l'alimentazione sperimentando la cucina indigena.

Una volta in albergo, la pensione 'Bella Auschwitz', aprì la valigetta che portava con se.

Dentro c'era una busta, con scritto 'segreto'.

L'aprì, dentro c'era una busta più piccola con scritto 'segretissimo'.

Dentro a questa trovò una busta molto piccola, con scritto sopra 'ancora più segreto'.

Dentro quest'ultima c'era un biglietto con scritto, in caratteri gotici: 'sei un pirla, te lo abbiamo detto a voce qual'é la tua missione'.

Dopo essersi bevuto una decina di litri di birra, ed aver intonato una buona oretta de 'I Nibelunghi' a colpi di rutti, si addormentò profondamente.

 

Oliver Hardy era contento di essere americano, anche se dalla fine della guerra la cosa non andava più molto di moda.

Aveva combattuto a lungo contro i tedeschi ad est e contro i giapponesi ad ovest.

Aveva ricevuto mazzate sui denti incredibili da ambedue.

Le bombe atomiche tedesche avevano spianato buona parte dell'America che conosceva, ma era certo che avrebbero lo stesso vinto se non fosse stato per quei robottoni nipponici.

-Go Nakai ! Tu sia maledetto ovunque sei !- Urlò al cielo.

Oliver  tornò a concentrarsi sul banco da lavoro; stava lavorando da mesi su di un pitale smaltato.

Era una piccola opera d'arte. Una volta invecchiato a dovere sarebbe sembrato un gioiello della manifattura americana del 19° secolo.

Ottimo per truffare quei gonzi di giapponesi; quegli omini gialli compravano di tutto purché 'originale'.

Lui era un esperto nel fabbricare originali: aveva imparato da suo padre, a Napoli, quando ancora si chiamava Vincenzo Pulcinella.

Quante 'vere' borse di Luis Vuitton aveva fatto.

 Ma questo era un segreto che nessuno doveva sapere, mai !

La sua famiglia si era trasferita in America poco prima della guerra.

Oggi gli USA non esistevano più, sconfitti dall'Asse Roma-Tokio-Berlino.

Avevano sbagliato tutto, ed anche investire i risparmi nella Enrom non era stata una grande idea.

Non che l'Italia ci avesse guadagnato molto dalla guerra; Hitler ed Hiroito gli avevano permesso di annettersi San Marino, l'Afghanistan, la Patagonia e la kamtchaka. Quest'ultima non era ancora stata occupata dalle truppe del Duce, che non erano riuscite a trovarla sulla cartina geografica.

A volte qualcuno aveva dei dubbi sulla sua vera provenienza, infatti come tutti gli italiani era scurissimo di carnagione, aveva i baffi ed i capelli nerissimi, era basso ed aveva un pene di dimensioni mostruose.

Le cose erano comunque migliorate da quando girava senza il mandolino a tracolla e gli spaghetti in tasca.

Quel giorno era comunque inquieto, sentiva la necessità di un grande mutamento.

Abbandonò il pitale e tirò fuori la sua copia dell’I-Ching.

Lanciò le monete sei volte, e l’esagramma numero 70 si materializzò davanti ai suoi occhi: ‘Và’ il frettoloso.

‘Propizio è muoversi’, ‘i saldi sono prossimi’, ‘meglio un uovo oggi che una gallina domani’.

Osservò affascinato le chiare risposte dell’oracolo: era valsa forse la pena di perdere la guerra pur di ereditare questa meraviglia dell’antica saggezza asiatica.

La prima linea mobile recitava: ‘agosto, moglie mia non ti conosco’.

La sesta linea mobile diceva: ‘un milione di posti di lavoro, credici !’

Con il pitale in mano andò dal capo officina: -Mi licenzio, me ne vado da questo posto di merda, ho ben altri traguardi da raggiungere, IO !- Urlò alla volta del poveretto.

Il capo officina gli mise subito duemila dollari in mano, gli preparò il caffè, gli offrì dei pasticcini e lo salutò con due baci schioccanti sulla guancia; le leggi giapponesi rendevano molto difficile licenziare qualcuno, ed il fatto che Oliver se ne andasse era una vera festa per lui: cosa dire di un idiota che lavorava da sei mesi su di un pitale ?

Oliver, con i soldi in una mano ed il pitale nell’altra si avviò verso un futuro senza dubbio radioso.

 

Roxanna Hardy viveva nella zona cuscinetto, un piccolo stato stretto e lungo fra gli Stati Nazisti dell’Est e la Colonia Imperiale Americana dell’Ovest.

Il paese era piccolo e povero, ma relativamente autonomo.

La stampa era libera, vi erano ben tre testate: ‘Libero’, ‘Il Giornale’ e ‘La Padania’.

Roxanna si manteneva insegnando Judo, ed adescando camionisti nei Drive-In.

Ogni tanto ripensava al suo ex marito Oliver ma senza alcun rimpianto.

Beh, tranne che per il mostro che nascondeva negli slip, ma forse non era sufficiente per rimpiangere quel rapporto. Oppure si ?

Mentre mangiava da Harnold’s, dopo essere inciampata un paio di volte fra i tavoli ed aver inconsapevolmente fatto volar via un vassoio pieno ad un cameriere, intravide un tipo con una t-shirt con sopra la scritta ‘Italians do it better’.

Incuriosita iniziò a parlarci, non prima di avergli pestato un piede. Il tizio diceva di essere italiano.

-Ja, io ezzere Ezpozito di Palermo. Guido camion ma, afendo troppi zoldi in tasca, forrei trofare tipa per mantenerla con festiti pellissimi e tanto zesso animale, ja !-

Dopo trenta secondi uscirono sottobraccio dal Drive-In.

In effetti lui la reggeva: lei era inciampata sulla soglia.

Quell’italiano la colpiva un po’, era alto e biondo come l’oro.

I suoi dubbi crebbero la notte stessa: l’artiglieria di Esposito era alquanto mediocre per un italiano che, come tutti sanno, sono dotati in modo mostruoso.

Esposito aveva solo un wusterino.

Però aveva una valigia piena di marchi del Reich.

-Dove andiamo amore ?- Gli chiese Roxanna la mattina, mentre si rialzava dal pavimento dove era caduta tentando di scendere dal letto.

 

Tamagoci era stressato.

Combatteva da giorni contro uno strano malessere esistenziale.

La continua consultazione dell’I-Ching lo aveva forse confuso ulteriormente.

Soprattutto quel giudizio dell’Oracolo: ‘dire a nuora perché suocera intenda’.

Non ne veniva fuori.

Il bushido non gli era d’aiuto, lo zen men che meno.

Per non parlare della Kawasaki in garage, che non voleva saperne di mettersi in moto.

Decise così per dello shopping terapeutico.

Andando verso il negozio di Cilda il suo taxi a pedali fu investito da una Toyota. Leggermente confuso entrò in un bar.

Alla parete era appeso un televisore.

Guardò attentamente il video.

Un uomo basso, con capelli palesemente finti ed un sorriso smagliante, partecipava ad un summit mondiale sul terrorismo islamico.

Tamagoci non capiva… Quale terrorismo islamico ? Chi era quell’uomo ? Diceva di essere italiano ma non sembrava lo stimato e noto conte Ciano, il super ambasciatore del regime.

‘Non è lui, questo sembra un attore di cabaret’.

E poi: un televisore al plasma ? Nel 1962 ?

Si guardò intorno, la gente era strana.

Nessuno gli mostrava devozione, anzi. Nessuno onorava la sua nipponicità. 

-Aho, metti i Cesaroni, che stai a fa !- Disse qualcuno fra i presenti.

Improvvisamente la tv annunciò un’edizione speciale.

Pareva che l’accordo fosse stato trovato.

Tamagoci guardo quel gruppo di uomini potenti, a lui del tutto sconosciuti, certo frutto di un universo alternativo.

-Un grande successo ! Un grande successo !- Disse l’uomo basso dalla tv.

Lo vide fuggire dal gruppo e mettersi davanti alla telecamera.

-Sdrammatizziamo un po’ ! Dopo che l’ala della morte ci ha sfiorato; la sapete quella dell’arabo che prega in ginocchio ed ha un cammello frocio ?-

Si udirono delle urla violente, in una strana lingua che Tamagoci identificò come mediorientale. 

Alcuni dei presenti alla conferenza si fecero strada verso la

telecamera, brandendo scimitarre che neanche in ‘300’.

L’uomo basso farfugliò qualcosa come: -Mi avete frainteso !-

Improvvisamente l’immagine della tv tremò, parve di vedere il riverbero di un esplosione.

L’immagine scomparve e Tamagoci fu assordato da sirene d’allarme dentro il locale.

La gente urlava: -Ai rifugi ! Ai rifugi !-

Tamagoci uscì di corsa dal locale.

Niente, tutto era tranquillo. Si guardo dietro: quello strano bar era completamente scomparso, al suo posto un fiorario. 

Una donna asiatica lo guardò perplessa  mentre componeva un mazzo di bianchi grisantemi.

-Maledetti peperoni.- Disse Tamagoci, -andiamo a comprarci qualche fregatura da Cilda.-

 

Otto Kranz si stava dirigendo verso Indianapolis, la capitale dello stato cuscinetto dell’America di mezzo. Era ancora molto, molto lontano dall’arrivare.

L’Italia, nonostante fosse stata fra i vincitori della guerra, nella miglior tradizione non ci aveva guadagnato granché, anzi.

Uno dei pochi privilegi concessi all’Impero di Mussolini fu la gestione delle ferrovie in buona parte degli ex Stati Uniti.

Otto moccolava sottovoce mentre la Littorina marciava a fatica fra le montagne, alla bella media di 30 km/h. Non andava neppure male, finora avevano accumulato soltanto dodici ore di ritardo.

‘Quando c’era LUI i treni arrivavano in orario’ pensò Otto, ‘era davvero un genio: l’orario di arrivo lo scrivevano quando il treno giungeva in stazione’.

Che volete farci ? Cosa possiamo attenderci da un popolo scuro di carnagione, basso, con i baffi ed un sesso mostruoso ?!

Otto si guardò attorno: nessuno nel suo scompartimento.

Con fare furtivo aprì una tasca nascosta nella sua grande valigia.

Ne tirò fuori un libretto, sgualcito ed unto, facendo comunque bene attenzione a coprire la copertina.

‘Ahhh… finalmente !’

Iniziò a leggere avidamente. 

Non era un semplice libro. Nel Reich chiunque ne avesse una copia rischiava la testa.

Apparentemente era narrativa, fantascientifica per lo più ! Vera arte degenerata.

Narrava di un mondo dove l’Asse era stata sconfitta in guerra, e lo faceva con dovizia di particolari.

Quel libro era molto diffuso, e faceva non poco girare le palle agli alti vertici nazisti.

Il futuro di Otto dipendeva da quel libro; dalle parti di Indianapolis si nascondeva il suo scrittore.

Stava andando a cercarlo.

Ad Otto, a dire il vero, della trama fantascientifica non gliene fregava una cippa: la sottotrama era molto più interessante !

Era un romanzo gravido di intensa sessualità, pornografia allo stato puro.

Ne lesse una decina di pagine e poi, al solito, dovette smettere.

Un’enorme erezione traspariva fin troppo dai suoi pantaloni da sturmgruppenfuherer.

Mentre lo riponeva nella valigia gli occhi gli caddero ancora sul titolo: ‘La pecorina ci stende’.

Emise un ampio sospiro e corse nel bagno del vagone.

 

Oliver lavorava ormai da giorni e giorni alla sua produzione in serie di pitali.

Bellissimi, smaltati in tanti colori, ed opportunamente invecchiati.

Aveva avuto un’idea grandiosa: una volta terminati li prestava per una settimana all’ospizio locale, pregando che nessuno li lavasse, mai.

Il risultato era davvero eccellente.

Caricò il suo furgoncino Fiat con la prima produzione e si preparò al lungo viaggio verso Los Angeles: li avrebbe potuti vendere ai molti negozi di antichità americane.

Prima consultò I-Ching.

La sentenza lo raggelò: l’esagramma 121, ‘Da-da umpa’.

‘Il nobile non esce senza mutande’, ‘sopra il lago, sotto il monte, gran casino’, ‘hai messo la maglia di lana ?’.

5000 anni di saggezza.

Il furgone non volle saperne di partire. Oliver moccolò a lungo.

Va bene che era un Fiat, però era sempre andato.

Cazzo !!!

La maglia di lana !

Controllò il serbatoio.

Ecco perché il furgone non partiva.

Non aveva fatto benzina.

Guardò l’I-Ching con rinnovato rispetto. 

 

Erano giorni che giravano in auto, la vecchia Ford T anteguerra di Roxanna.

Esposito stava cercando qualcosa, o qualcuno.

Nei primi chilometri aveva guidato lei, ed avevano sfiorato più volte il disastro. L'apice si era raggiunto quando Roxanna, convinta di entrare nel parcheggio di un supermercato, si era ritrovata contromano nel circuito di Indianapolis, durante la 500 miglia.

Erano sopravvissuti.

Da allora Esposito aveva preso possesso del volante.

-Senti, vuoi spiegarmi dove stiamo andando ?- Sbottò un'esasperata Roxanna, -stiamo girando a vuoto da una settimana !- Così dicendo allargò sconsolata le braccia, colpendo un motociclista che li stava superando,  spedendolo a gambe all'aria.

-Ja, è ora tu sappia.- Da una tasca Esposito estrasse un piccolo libro, e lo diede a Roxanna con una certa enfasi.

-Ah ! Ma sei proprio un porco !- Lei sorrise e gli fece occhiolino: -Lo conosco benissimo ma, fammi capire, se ti piace questa roba perché non ne prendi spunto ? Io non vorrei dirtelo ma sembra che a letto tu conosca sempre e solo una posizione.-

Esposito la guardò basito: -Ach so, non mi inderezza sottotrama porno, è la vizione di storia alternativa ad avermi catturato.-

'Storia alternativa ?' Pensò Roxanna, 'ma di che parla questo coglione ?'

-Comunque, voglio conoscere l'autore, zo che defe abitare da queste parti, in cazstello molto alto e molto difeso, ja ?-

Roxanna sorrise. Quanto tempo perso.

-Guarda Esposito che io conosco benissimo l'autore.-

La Ford T uscì quasi di strada.

 

 

A tarda sera Oliver parcheggiò davanti all'ultimo negozio di autentici manufatti americani della città. Era sconsolato, nessuno aveva voluto acquistare i suoi pitali.

La maggioranza dei negozianti non lo avevano neppure fatto entrare, sconvolti dall'olezzo che si portava dietro.

'Cilda è il migliore, lui capirà'.

Entrò con un pitale in mano.

Cilda lo guardò perplesso: -Ne ho visti tanti di mendicanti, ma lei è di certo il più eccentrico.- Così detto lanciò un nichel dentro il pitale.

-No, no !- Oliver recuperò il nichel e lo ridiede a Cilda, che lo rifiutò con disgusto, -non cerco elemosine, io sono qui per vendere sogni !-

-Non so cosa ha fumato e non mi interessa,- disse gelido Cilda, -ma se ha qualcosa da offrirmi lo dica subito chiaramente.-

-Arte ! Vera arte americana, manufatti autentici ed introvabili.-

Cilda lo guardò con interesse: -vuol dire che quel pitale...-

-Ne ho tanti altri come questo, e ne posso produrre quanti ne voglio, e non solo pitali !- Disse Oliver con orgoglio.

Cilda studiò il pitale a lungo; in effetti era perfetto in ogni particolare.

-Dunque può farmene avere altri.-

-Si.-

-Può 'trovarmi' autentiche tazze del cesso d'epoca ?-

-E' possibile.-

-Scopettini ?-

-Certo, tutto quello che vuole, ho le mani d'oro !-

Cilda agguantò il suo I-Ching e si mise a consultarlo.

Colpito, anche Oliver prese il suo e fece altrettanto.

-'Propizio è andare cauti e non farsi prendere per il culo',- disse Cilda.

-'Adeguato non rispondere alle provocazioni del mercante in fiera'- ribattè Oliver.

Cilda lo guardò di sottecchi: -'La zingara ti mostra la luna nera, e ti frega il portafoglio'.-

-'Propizio è dare fiducia'.-

-'Il caciucco del frigorifero provoca coliche pazzesche'.-

-'Mogli e buoi dei paesi tuoi'.-

Andarono avanti per ore.

Infine si ritrovarono ambedue seduti ad un tavolo, ognuno aveva davanti a se una montagna di bigliettini con scritto sopra ogni responso dell'oracolo cinese.

-Io ho due due 'Fiume in piena' contro i tuoi tre 'Gatta al lardo', non hai scampo, questa mano l'ho vinta io !- Oliver sorrise mentre portava i bigliettini avanti sul tavolo.

-Pessima idea amico mio,- sussurrò Cilda di rimando, -non hai fatto i conti con il mio 'Acqua che corre in sù non fa ruggine' !-

-Cazzo !- Oliver si mise le mani fra i capelli, -che idiota che sono.-

-Dai, consultiamo di nuovo i nostri oracoli e ricominciamo: mi sto divertendo da matti !- Disse Cilda.

-Anche io a dire il vero,- Oliver assunse un aspetto pensoso, -sai che potrebbe essere un'idea ?-

Cilda strinse gli occhi: -Cosa ?-

-Un... un gioco ! Un gioco di carte; la saggezza dell'oracolo spalmata su decine, anzi, centinaia di carte diverse, magari con una bella grafica esotica; un mix per divertirsi e divinare.- Oliver era trasognato.

Cilda aveva il logo dello Yen al posto delle pupille.

Un mese dopo uscì la prima versione de 'Magic I-Ching'.

Andò esaurita in un giorno. Dopo tre mesi erano già alla trentesima ristampa, ed alla seconda espansione.

Un successo economico senza precedenti.

Cilda comprò una Lexus maestosa, e regalò a Tamagoci tutti i pitali.

Oliver si tagliò i baffi, si tinse i capelli e si fece schiarire la pelle. Andò ad abitare a Berlino per aprire una nuova filiare di 'Magic I-Ching'.

'Stavolta la famiglia Pulcinella si è trasferita per migliorare la propria condizione, qui non succederà quel che è successo in America !' Pensò Oliver.

Decise comunque di non far ritoccare chirurgicamente anche il suo enorme membro, pur se faceva tanto italiano.

 

 

La situazione mondiale era agitata, voci insistenti di guerra fra il Giappone Imperiale e la Germania nazista facevano paura.

Paura soprattutto ai giapponesi che non possedevano armi termonucleari come i Nazisti.

Però avevano Mazinga.

 

 

Otto aveva avuto fortuna. Aveva trovato l'indirizzo giusto.

Altro che castello ! L'autore de 'La pecorina ci stende' abitava all'ultimo piano di un diroccato condomino equo canone.

Ovviamente senza ascensore.

Otto caricò la sua Luger, e la nascose sotto il lucido trench nero.

Si accese l'ennesima sigaretta ed iniziò a salire le scale.

 

 

Roxanna conosceva bene l'autore del libro.

Stanislav Laurel era un inglese di dubbia provenienza.

Si era trasferito in America dopo la guerra, e viveva spacciando pornografia.

Lei aveva lavorato a lungo con lui.

In tutte le posizioni.

Mentre si dirigevano verso casa di Stan, Roxanna osservava preoccupata Esposito.

Aveva cambiato atteggiamento, era serioso e taciturno.

Era sempre meno convinta fosse italiano.

Una volta arrivati, lui abbandonò la macchina in seconda fila e lei si mise al posto di guida.

-Aspettami qui.- Disse con decisione, mentre caricava un mitra MG tedesco.

-Arrivo subito.-

Roxanna era sempre più perplessa; non capiva proprio cosa voleva fare quel tipo.

Intanto decise di parcheggiare.

-Crash !-

Roxanna si rese conto di aver colpito qualcosa in retromarcia; scese dall'auto ed andò a guardare: Esposito giaceva sotto le ruote della Ford, morto.

-Ops.-

Roxanna decise di andare a chiedere aiuto a Stan, ed iniziò a salire le scale.

Al penultimo piano inciampò in qualcosa; una volta di nuovo in piedi si rese conto che si trattava del cadavere di un uomo corpulento, vestito con un trench nero lucido.

Si teneva le mani sul petto ed aveva gli occhi sbarrati per lo stupore.

Una sigaretta ormai finita gli bruciava fra le dita.

'Ecco il risultato di una cattiva alimentazione.' Penso Roxanna scuotendo la testa.

Infine arrivò all'appartamento di Stan.

Suonò al campanello.

-Non ci sono, smammate !- Urlò una voce da dentro.

-Stan, sono Roxanna, apri !-

-Tesoro !- La porta si aprì subito, rivelando Stan in mutande con una macchina fotografica a tracolla.

-Vieni, sto lavorando ma tu sei sempre ben accetta.- Disse Stan invitandola in casa.

La condusse in camera da letto, dove un'annoiata giapponesina, completamente nuda, si grattava rumorosamente il sedere.

-Guarda che meraviglie sto facendo con photoshop !-

Stan gli mostrò una gigantografia: si vedeva la giapponesina a gambe aperte, in modo davvero osceno, con la bandiera imperiale nipponica come sfondo.

-Un giorno o l'altro finirai male Stan.- Disse Roxanna, e subito dopo inciampò, cadendo a terra.

Nella caduta si aggrappò istintivamente alla gigantografia, che si squarciò in due.

Stan la guardò sconsolato mentre si rialzava da terra: -Tesoro, sei una gran figa e sei una brava persona, ma sei così spastica !-

 
   
 
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