Le
imbarazzanti avventure della guerriera dell’amore.
2.
Di
accuse infondate e malumori.
La
sveglia iniziò a trillare
rumorosamente. Minako vi passò una mano sopra nel tentativo
di fermare quel
suono assordante, ma fu del tutto inutile. Continuava a suonare
generando quel
tremendo fracasso, come se sapesse del suo rifiuto di alzarsi da quel
morbido
piumino e la stesse spronando a raccogliere tutto il coraggio che
serbava in
corpo per dare il via a quella giornata. Si diede forza per mettersi a
sedere,
ma la testa sembrava esploderle.
Tutto il peso del corpo le si riversò contro, costringendola
a mettersi a
sedere ancora una volta. La sua vista era appannata, offuscata dai
flebili
raggi di sole che filtravano dalle persiane della camera.
Sbatté a più riprese
le palpebre per focalizzare meglio le immagini che andavano man mano a
celarsi
sempre più nitidamente. La prima cosa che notò fu
una scrivania piena di
scartoffie e documenti stropicciati, poi lo sguardo si
spostò sulla grande
finestra a muro che occupava l'intera parete centrale della
camera e, infine,
scrutò il suo corpo, immobile nel letto, coperto da una
semplicissima e
trasparentissima vestaglia intima. Sbarrò gli occhi,
notando, per finire, che
la camera in cui aveva dormito non era la sua, ma, bensì,
quella del suo fidato
amico Mamoru Chiba.
Un momento. Riavvolgiamo il nastro.
Minako, letto, vestaglia intima, camera da letto di Mamoru,
nessun ricordo
razionale registrato prima di quella notte.
Cosa aveva combinato con Mamoru?
Non poteva davvero aver tradito in quel modo la sua migliore
amica.
Doveva essere ubriaca, quella era l'unica spiegazione. Non
ricordava, non
ricordava assolutamente nulla, eppure doveva ammettere di essere
– quasi – nuda
nel letto di un altro ragazzo. Fidanzato, per di più, con
Usagi. Ci aveva
passato la notte insieme, perdindirindina!
“E’ inutile piangere sulle
bistecche
perdute.”
Eh? Quel proverbio non le tornava più utile, ora
come ora.
Improvvisamente sentì la porta della camera cigolare e
aprirsi con cautela,
rivelando la figura alta e possente del ragazzo. Eccoli lì,
neanche un piccolo
spiraglio di senso di colpa e preoccupazione nel suo sguardo.
Minako capitombolò giù dal letto, beccando in
pieno Mamoru e stendendolo, gambe
all'aria, sul freddo pavimento della stanzetta.
«TU, LURIDO! COME HAI OSATO APPROFFITTARTI DI UNA POVERA
RAGAZZA INDIFESA
PICCOLA SOLA CARINA INGENUA BELLA AFFASCINANTE COME ME! Povera
Usagi!» Urlò a
gran voce, squarciando l'aria con le sue urla isteriche.
Mamoru la fissò allibito, sapeva che Minako fosse una
persona tanto bislacca,
ma fino a quel punto non l'avrebbe mai detto.
Dei passi risuonarono nel corridoio e ora, nella stanza, anche Usagi
aveva
assunto un'espressione sbigottita e indecifrabile al tempo
stesso.
«Usagi, posso spiegarti! Credimi!»
Esclamò Minako baldanzosamente, del tutto
sicura di se stessa.
«Mina-chan…. Ieri ti sei sentita male e io e
Mamo-chan abbiamo ben pensato di
portarti qui a riposare.» Spiegò la ragazza con
gli odango, osservandola
divertita.
Ecco spiegato il misfatto, si era semplicemente sentita male, ma non si
era
comunque risparmiata l'ennesima brutta figura.
«WAAAAAAAAAA!
Non è giusto!»