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Autore: Lucia98_    29/08/2013    6 recensioni
Riuscirà Eggman a trasformare Mobius in Eggmanland?
In questa storia Eggman ha un nuovo diabolico piano e il nostro eroe Sonic The Hedgehog dovrà vedersela col dottore, con la raccolta dei Chaos Emeralds, con sentimenti inattesi e con nuove appassionanti ed emozionanti avventure! ^^
Questa è la mia prima fan fiction e spero di lasciare soddisfatti i lettori e coloro che credono in me! :)
BUONA LETTURAAAAAAAAAAA! :D
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“Credimi, non si capisce il vero valore di ciò che abbiamo finché non lo si perde…”
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“Non rilassarti troppo, Eggman. Qualsiasi cosa tu abbia in mente di fare, non riuscirai mai a metterla in atto perché te lo impedirò con ogni mezzo. Parola di Sonic the Hedgehog!”.
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[SonAmy; KnOuge]
Genere: Avventura, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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-CAPITOLO QUATTORDICESIMO-
Merce orientale a Soleanna


-Ecco, ci siamo ragazzi! Come potete vedere guardando fuori dai finestrini stiamo sorvolando Soleanna! Datele un’occhiata, è bellissima!- Esclamò emozionato Tails sorridendo e lanciando un rapido sguardo al panorama che gli si apriva sotto gli occhi: antichi tetti in mattoni di un rosso antico e sbiadito tra i quali di tanto in tanto spuntavano campanili, eleganti torri in mattoncini rossastri e maestose cupole bianche o anch’esse in mattoni. Da quella privilegiata vista sopraelevata l’antica città marittima poteva essere ammirata nella sua raffinata totalità e si poteva osservare bene anche la fitta rete di insenature marine e di canaletti che penetravano in ogni punto della città con gli eleganti e rifiniti ponti che li sovrastavano, per questo Amy accettò con piacere il consiglio dell’amico aviatore e contemplò sorridendo lo spettacolo posto sotto di loro. Anche Sonic lanciò un rapido e svogliato sguardo al di sotto del Tornado X per fare contento il volpino e non sembrare troppo sgarbato, anche se osservare dall’alto le bellezze architettoniche di Soleanna era senz’altro il minore dei suoi interessi in quel momento. Per questo il riccio troncò sul nascere eventuali commenti sul panorama da parte dei due compagni e disse:

-Bene! Quando scendiamo?- Dal tono della sua voce era facile evincere che era in uno stato di cinica e concentrata impazienza, come un volenteroso soldato che non vede l’ora di scendere nel campo di battaglia per dimostrare il proprio valore guerriero.

-Tra poco! Pensavo di atterrare vicino al porto e di entrare in città camminando! Va bene?- Rispose Tails con un atteggiamento decisamente più tranquillo e cordiale dell’amico.

-Per me è perfetto!- Esclamò Amy, distogliendo lo sguardo dal panorama sottostante; poi chiese a Tails: -dove dovrebbe trovarsi di preciso il Chaos Emerald?- il volpino lanciò un’occhiata al radar che teneva vicino a sé poi disse:

-Se non vado errato dovrebbe essere proprio nei pressi del centro storico!- poi ridendo aggiunse: -Finalmente uno smeraldo si degna di finire in un bel posto!- Amy rispose a sua volta con un sorriso, poi il volpino fece fare una virata al Tornado e dopo essersi rivolto ai due passeggeri con un entusiasmato “Prepararsi all’atterraggio!!” effettuò le manovre di sbarco e, dopo una breve discesa fece atterrare l’aereo con grande maestria.

-Bene signori e signore, adesso potete anche slacciare le cinture di sicurezza! Vi ringraziamo per aver scelto la linea del Tornado!- Disse scherzosamente il volpino dopo aver spento i motori dell’aereo; poi prese il radar e i tre uscirono dal velivolo, per fare il loro ingresso in città.

-Benvenuti a Soleanna!- Esclamò una donnola che aveva tutta l’aria di essere un marinaio, smettendo di scaricare dalla propria barcollante barchetta di legno una grande rete da pesca verde scura, poi rivolse ai tre presunti turisti un goffo sorriso sdentato e si tolse il bianco cappello sgualcito che portava in testa in segno di saluto. Sonic, Tails ed Amy ringraziarono per l’accoglienza.

-Come sono gentili gli abitanti di questa città!- Commentò gioiosa la ragazza quando si furono allontanati dal pescatore lungo la passeggiata di grandi blocchi di marmo grezzo che sovrastava la verde acqua marina.

-Avrà semplicemente letto quel cartello là!- ribatté Sonic, più indifferente che mai, additando una targa di pietra liscia issata su un supporto di ferro sulla quale erano incise le parole appena pronunciate dallo sconosciuto.

Amy gli lanciò uno sguardo di fuoco: non avrebbe tollerato che il suo scetticismo rovinasse la bella atmosfera di quella giornata, né tantomeno avvilisse il suo entusiasmo per una nuova avventura alla ricerca di un Chaos Emerald; ma poi pensò che probabilmente, anzi, senza dubbio, il riccio era frustrato per la perdita di tutti e cinque gli smeraldi di cui erano in possesso e per la scoperta del piccolo robot spia del dottore, così decise di non infierire oltre e gli rivolse delle parole che potessero tirargli un po’ su il morale:

-Oh, andiamo Sonic! Cos’è quella faccia smorta? Vedrai che andrà tutto bene e ci divertiremo tantissimo!- Disse lei sbattendo il proprio fianco con quello del riccio. Sonic la guardò storto, poi scosse la testa rassegnato di fronte a tanto buon umore. –E se disgraziatamente dovessimo incontrare qualche stupido robot di quel grassone gliele daremo di santa ragione! Non è vero Tails?- Continuò con la sua consueta energia la ragazza rivolgendosi anche al volpino per farlo entrare nella conversazione e per avere un altro alleato nel tirare su il morale al riccio.

-Verissimo!- Confermò il volpino, felice di vedere la ragazza tanto euforica e felice.

Sonic sorrise, contagiato dalla gioia e dalla disinvoltura con cui i suoi due compagni si preparavano ad affrontare la ricerca e li ringraziò con lo sguardo; poi, recuperata la sua autostima e una buona dose di buon umore, esclamò:

-Bene miei prodi, vi vedo carichi! Soldato Tails, guidaci verso il centro storico! Mi sento che recuperare questo smeraldo sarà un gioco da ragazzi!- Sonic in realtà presentiva che il loro compito sarebbe stato tutt’altro che facile e rapido, ma capì che in quel momento era necessario che stessero uniti e fossero positivi, come spesso era lui stesso a consigliare ed esigere.

Tails ed Amy si scambiarono uno sguardo e sorrisero, poi:

-Sissignore!- Esclamò il volpino, e la combriccola si accinse a raggiungere il cuore della città, camminando di buona lena sulla strada di marmo bianco.
 
***

Il piccolo Egg-fly, dopo aver volato ininterrottamente alla sua massima velocità senza mai attivare i suoi sensori retrovisori per verificare se qualcuno lo stesse inseguendo, era appena arrivato sano e salvo al quartier generale del proprio creatore. Cessò la sua folle fuga di colpo davanti al sinistro cancello metallico della mastodontica Techno base, per far riposare per qualche istante i suoi piccoli sofisticatissimi sensori interni, o per ritardare di qualche minuto quella che pensava sarebbe stata la sua fine.

Una volta recuperato il suo stato ottimale il robottino volò oltre il cancello e frustrato si avvicinò lentamente alla fortezza del dottore, mentre tutte le luci delle telecamere di sicurezza rimbalzavano sul suo rivestimento bianco lucente, facendolo sembrare già al centro di una pesante inquisizione.

Entrò nell’abnorme edificio da una piccola apertura meccanica circolare che si apriva ad un suo comando vocale ed era situata direttamente sulla parete esterna, tramite la quale il robot spia poteva entrare rapidamente all’interno della struttura e raggiungere direttamente la sala principale attraverso uno stretto condotto su misura per lui. Attraversata la piccola galleria il robot raggiunse rapidamente la stanza, ma in essa non vi era anima viva.

Si guardò intorno e svolazzò nervosamente per la grande stanza per qualche istante, poi finalmente persuaso che il dottore non si trovava lì dentro uscì dalla porta meccanica che era rimasta aperta e imboccò il corridoio che portava al settore E-2, convinto che Eggman si fosse recato lì per degli accertamenti o per semplice supervisione.

Volando a velocità sostenuta raggiunse uno degli ultimi incroci dell’intricato percorso che conduceva all’area e fece per svoltare quando il suo corpicino rotondeggiante urtò contro una superficie metallica levigata e gelida. Dopo essersi ripreso dal colpo inaspettato il piccolo robot puntò in alto i suoi sensori visivi, che incontrarono lo sguardo apatico che gli stava rivolgendo l’automa contro il quale aveva impattato.

-Egg-fly.- Fu tutto quello che disse Omicron quando ebbe realizzato che si trattava di lui.

-Dov’è il dottore? Non riesco a trovarlo.- Rispose il robottino volante, sottraendo lo sguardo da quello indagatore dell’altro.

-Veramente è il dottore che ti sta cercando. È molto scocciato e non comprende perché non hai comunicato agli automi d’attacco la loro destinazione entro la scorsa ora come ti era stato ordinato.- Ribatté ancora più glaciale Omicron.

-Ci sono stati dei disguidi sull’andamento della mia operazione…- Rispose Egg-fly, mantenendosi sul vago per evitare seccanti commenti da parte dell’altro. –Dov’è il dottore?- Ripeté poi per avere le giuste indicazioni per raggiungere lo scienziato o forse per cambiare argomento, ma questo tentativo non ebbe i risultati sperati. Omicron fece un verso che esprimeva un misto di scetticismo e di disprezzo, poi commentò:

-Sei stato creato per l’abietto e insignificante compito di spiare i movimenti di 001 e dei suoi stupidi congiunti e ti permetti anche di fallire… sei soltanto un futile buono a nulla, se io fossi il dottore a quest’ora ti avrei già mandato alla fonderia.- Gli rispose Omicron, senza considerare la domanda che gli era stata rivolta; poi lo scansò con un braccio e si fece largo per poi continuare per la sua strada.

-Peccato che tu non lo sia.- ribatté coraggiosamente il piccolo automa, che non tollerava di doversi sottoporre all’arroganza del suo superiore.

Quelle parole, pronunciate dalla vocina sottile e cinica dell’Egg-fly, suonarono come una provocazione ancora più esplicita a cui Omicron doveva rispondere a tono. Si fermò di colpo e senza nemmeno voltarsi sibilò:

-Forse non ti è chiaro il rapporto che intercorre tra me e tutti voi: la massa dei subordinati senza nome. Sono io ad avere l’ultima parola, sono io il braccio destro del dottore, solo io sono al corrente del suo piano nei minimi dettagli. Tu sei come tutti i minorati robot operai e come i grandi e grossi robot d’attacco, che hanno tanta latta e armi nel loro corpo possente quanti pochi neuroni artificiali. Siete solo delle marionette che eseguono degli ordini: io, invece sono indispensabile per il dottor Robotnik e ho l’autorità di prendere l’iniziativa esattamente parimenti a lui.- poi, senza aggiungere altro al suo discorso trionfante proseguì per il corridoio.

L'Egg-fly rimase per un attimo fermo, apatico, forse allibito, senza rispondere niente. “Ne dubito.”  Fu il suo laconico pensiero. Poi, interrotta quella riflessione e concentratosi di nuovo su ciò che aveva intenzione di fare proseguì il suo percorso verso il settore E-2: passati altri due corridoi metallici si incrociò col dottor Eggman, che era appena uscito dall’area.

-Egg-fly!- Esclamò quest’ultimo corrucciando la fronte, a metà tra il sorpreso e l’adirato. –Dove sei stato per tutto questo tempo? Ho appena mandato Omicron a dare un’occhiata ai monitor della sala comandi per cercare di intercettare il tuo dispositivo ricetrasmittente! Che fine avevi fatto?!-

-Sono desolato dottore… ci sono state delle complicazioni per cui non ho potuto fornire ai robot d’attacco le coordinate da seguire per la loro direttiva.- Disse l’automa tutto d’un fiato, evitando di guardare in faccia il dottore.

-Che tipo di complicazioni?- Chiese questi laconico, stringendo gli occhi sul piccolo robot.

-Io sono desolato, dottore…- Ripeté il robot, per abbozzare delle scuse.

-Questo l’hai già detto.- Rispose freddo Eggman. –Ora dimmi cosa è successo.- Aggiunse poi, trasformando la
domanda in ordine imprescindibile .

-001…- Sussurrò l’Egg-fly.

Eggman tacque e il suo volto si incupì. “Sapevo che non potevi essere stato portato via dalle acque come volevano farmi credere quegli incompetenti di Decoe, Bocoe e Bokkun, Sonic.” Pensò. “Sei subito tornato dai tuoi amichetti per non farmi guadagnare tempo eh? Peccato per te, perché morire affogato è una bazzecola in confronto a quello che ti aspetta.” Il dottore sorrise. Era sempre stato sicuro che Sonic non avesse perso la vita a Glyphic Canyon, ma non si aspettava un suo ritorno in auge tanto repentino.

-001 mi ha localizzato…- rispose l’automa allontanandosi lentamente dal dottore credendo che il suo sorrisetto mefistofelico fosse dovuto alla pianificazione della sua distruzione a quelle parole. –mi ha localizzato mentre stavo registrando le informazioni e sono dovuto fuggire… temevo che mi raggiungesse e così ho pensato solo a fuggire il più rapidamente possibile… trascurando la direttiva…-

L’Egg-fly abbassò il suo sguardo robotico per non incontrare quello del suo creatore, ma al contrario di quello che credeva l’automa Eggman non sembrava furibondo e stranamente non gridò per ottenere delle spiegazioni, anzi rimase in silenzio corrucciando leggermente la fronte, poi chiese:

-Almeno sei riuscito a registrare dove sono diretti?-

L’Egg-fly armeggiò nervosamente con dei piccoli pulsanti presenti sul suo piccolo petto rotondeggiante e dopo aver emesso dei suoni confusi e sconclusionati, dalla sua bocca con il timbro di Tails uscirono le parole:

-“Non ho più dubbi! Deve trattarsi della città di Soleanna!”- Poi il robottino smise di riprodurre la sua registrazione e, recuperato il suo timbro aggiunse: -Questa è una delle ultime frasi che sono riuscito a registrare, dottore…-

-Soleanna, eh? Bene.- Fu il conciso commento di Eggman. –Egg-fly, raggiungi la sala dei robot d’attacco. Tu li accompagnerai a Soleanna e riprenderai tutto quello che accadrà.- Aggiunse poi, dirigendosi verso la sala comandi. “Questa battaglia voglio proprio godermela guardandola in panciolle sulla mia poltrona!”

Il robottino rimase pietrificato. Possibile che il dottore non solo non avesse intenzione di punirlo, ma gli affidasse anche un incarico così particolare? L’Egg-fly abbandonò i suoi dubbi e dopo aver mormorato un quasi impercettibile “Ai suoi ordini”, si diresse in volo verso la sala comandi.

Appena Eggman raggiunse la sala comandi vi trovò al suo interno Omicron, freddo e inespressivo come sempre. Il dottore lo guardò con altrettanta noncuranza, fino a che il robot non scandì queste parole:

-Ha parlato con l’Egg-fly dottore?-

-Sì. Omicron, ho una direttiva per te.- Rispose il dottore, senza lasciare trasparire dettagli riguardo a ciò che si erano detti lui e l’Egg-fly.

Omicron evitò la seconda parte della frase, e si soffermò su quel “Sì” così repentino, pronunciato quasi con ribrezzo, come se si fossero detti cose irripetibili. Il robot dedusse che l’Egg-fly gli doveva aver confessato l’accaduto e dal momento che sapeva bene che per Eggman parlare degli errori commessi da una sua creazione bruciava come se a commetterli fosse stato lui stesso, non poteva perdere l’occasione per far notare di quanto fossero inette certe sue creazioni.

-E l’ha punito a dovere, dottore?- Chiese allora Omicron, con aria saccente.

-Non sono questioni che ti riguardano: qui comando io, e giudico io chi punire e chi no.- Ribatté scocciato il dottore. –Adesso vai a dire ai quaranta robot d’attacco che aspettavano indicazioni dall’Egg-Fly di recarsi in fretta a Soleanna, e ripeti loro che sono autorizzati ad uccidere tutti meno che Sonic, cioè, 001.- Precisò il dottore avvicinandosi ai giganteschi schermi in cui apparivano le riprese delle telecamere di sicurezza e osservando con attenzione i robot caldi e carichi per lo scontro.

-Ricevuto.- Rispose sprezzante l’automa allontanandosi dalla stanza e andandosene a svolgere il compito ricevuto.

Non provocarmi Omicron, non dimenticare che sei un mio subordinato e non un mio pari: faresti meglio ad accontentarti di quella posizione e a non provocarmi…” Pensò il dottore, osservando sui monitor i movimenti del robot verso la sala. “Presto o tardi dovrò decidermi a fare un po’ di pulizia qua dentro. Arrivato a questo punto non posso assolutamente permettere che chicchessia trami alle mie spalle. Eggmanland è vicina, la sento, la percepisco…” Cominciò a divagare Eggman, spaziando tra i suoi pensieri megalomani e la sua voglia di incontrastabile potere. Chiuse gli occhi e strinse i pugni, come per aumentare la sua percezione e per sentire il suo desiderio quasi fisicamente presente. “…è per questo che non lascerò che accada alcuno strafalcione.” Eggman riaprì gli occhi e puntò di nuovo il suo sguardo verso l’immagine di Omicron, che era ormai giunto nel settore dove erano riuniti gli innumerevoli robot d’attacco. I suoi baffi si incurvarono e sotto si essi si formò un sorriso sicuro e malvagio.

***

Ormai era mattina inoltrata e il sole splendeva già alto a Angel Island: i raggi del sole colpivano le foglie verdi scure degli alberi rendendole ancora più lucide e brillanti, si riflettevano nelle molteplici sfaccettature del Master Emerald, che diffondeva la sua luce smeraldina sulla grigia pietra dell’altare in cui era incastonato, e si insinuavano dalla piccola finestrella o dalle strette fessure fra una trave e l’altra del tetto o delle pareti lignee dell’umile casetta che presidiava l’isola con la sua modesta presenza, solleticando i suoi occhi stanchi.                                                                                                                                   
Lentamente aprì gli occhi, ma fu costretta a richiuderli subito perché erano inetti a sopportare lo splendore della luce dopo tante ore di buio. Strinse forte le palpebre per far terminare il prima possibile quella sgradevole sensazione di pizzicore, poi, quando ebbe riacquistato un po’ di lucidità li aprì di nuovo e trovò la forza di lanciare una rapida occhiata intorno a sé, ma la sua ispezione visiva fu immediatamente interrotta da un forte dolore che le strinse il fianco sinistro. Istintivamente si guardò le mani e vide i suoi guanti bianchi sporchi di una sostanza scura che giudicò essere sangue. Spaventata da quella poco rassicurante scoperta si alzò a sedere e, ancora leggermente stordita dalle passate ore di sonno misto a svenimento, si guardò confusamente intorno per la seconda volta, ma non riuscì a capire immediatamente dove si trovasse. Vide che era vicina al pavimento di una stanza, una stanza scura e che se ne stava su una brandina bassa e relativamente comoda. Appoggiò la mano sinistra sulla parete della stanza e sentì che era di legno, si voltò e vide un tavolo piuttosto dozzinale nel centro della stanza e nel semibuio notò una figura addormentata appoggiata con le braccia e con la testa al tavolo. Poi un attacco di emicrania la costrinse a portarsi le mani alla testa e ad abbassare lo sguardo; allora vide che la sua vita era cinta da una garza inzuppata di una sostanza unticcia e notò un grande squarcio nel suo abito nero. Allora molteplici immagini le apparvero confusamente nella mente: un vulcano attivo e la lava arancio brillante, dei robot, uno sguardo di ghiaccio e una sciabola alzata, gli occhi chiusi di Knuckles e il sangue, poi più niente. Dopo qualche sforzo per riordinare quelle immagini, riuscì finalmente a ricostruire più o meno precisamente cos’era accaduto: lei si era frapposta tra quell’automa e Knuckles e nel tentativo di salvarlo era stata ferita. Rouge faticò un po’ a fare mente locale e ad essere assolutamente sicura che i fatti fossero andati veramente così e che non si trattasse solo di uno strano e orribile incubo, e un mare di dubbi e di domande approfittò del suo stato confusionale per inondarle la mente: dove si trovava? Quanto tempo era passato? Che cosa era successo a Sonic e agli altri, dov’erano loro adesso?

La ragazza pipistrello pensò che l’unico modo per dare una risposta a tutte quelle domande fosse uscire da quella specie di capanna che non era ancora riuscita a focalizzare nella babele dei suoi pensieri, e di raggiungere immediatamente i suoi compagni. Spinta dalla sua innata forza di volontà provò ad alzarsi repentinamente, ma non fu affatto una buona idea: il suo tentativo infatti, per quanto volenteroso, ottenne solo di farle perdere le poche forze che aveva appena riacquistato e di farla ricadere distesa sulla branda. Senza abbandonare la sua testarda determinazione tentò nuovamente di alzarsi, ma questa volta non riuscì nemmeno a rimettersi a sedere, che fu di nuovo stesa da una forte fitta al fianco.

Sbuffò stizzita. Non voleva rimanere sdraiata lì un minuto di più, ma era costretta a starsene a vegetare come un povero uccellino in gabbia e questo la scocciava tremendamente. Sbuffò di nuovo e incrociò le braccia al petto e infine decise che si sarebbe riposata ancora un po’ per recuperare le forze e nel frattempo avrebbe osservato meglio quella stanza che, perlomeno da quell’angolazione, le pareva sconosciuta, e avrebbe fatto attenzione a movimenti o rumori sospetti, ma i suoi pensieri furono interrotti da una voce che riconobbe come più che familiare che collegò senza alcun indugio al luogo in cui si trovava. D’un tratto tutto le apparve più chiaro, ma, dopo averci pensato bene, l’idea di trovarsi a casa di Knuckles non fece altro che confonderla ancora di più.

-Finalmente ti sei svegliata!- Aveva esclamato Knuckles, svegliato dai movimenti e dai rumori provocati da Rouge, per darle una sorta di sorpreso e nel contempo scocciato buongiorno. Poi l’echidna, dopo essersi alzato in piedi dalla sedia su cui aveva passato la notte ed essersi stirato braccia e schiena si avvicinò alla porta della capanna, e rimase lì ritto a fissare con apparente apatia la ragazza pipistrello.

-Knuckles! Che ci faccio io qui?!- Esclamò questa scattando a sedere noncurante dello sforzo, per poi ricambiare lo sguardo dell’altro con uno gelido, mentre la chiarezza che aveva a stento recuperato si dissolveva sempre più. –E che vuol dire “finalmente”! E’ tanto che dormo?!- Aggiunse ancora Rouge, sempre più confusa.

Per tutta risposta Knuckles le fece un sorrisetto malizioso, poi aprì di scatto la porta della capanna, facendo in modo che la luce abbagliante del mattino inondasse la casetta e colpisse senza pietà gli occhi ancora intorpiditi della pipistrella, che rispose al gesto nascondendosi immediatamente il viso tra le mani, imprecando.

-MA SEI IMPAZZITO?!?- Gridò infine strizzando gli occhi e puntandoli come frecce avvelenate verso l’echidna che rideva sotto i baffi. –Potevi accecarmi!!!- Sibilò aggressiva.

Knuckles si gustò il proprio momento di gloria, poi con solennità sentenziò:

-Come minimo sono trentasei ore, da quando siamo tornati da Lava Reef.-

-TRENTASEI ORE?!- Ribatté Rouge sconvolta: non poteva crederci. –E cos’è successo nel frattempo? Avete recuperato qualche altro Chaos Emerald? Come mai sono qui?!- Chiese a raffica poi, curiosa di sapere fino ai minimi dettagli ciò che era successo nell’arco di tempo che terminava quella mattina e intenzionata a collegare una volta per tutte i tasselli di quel puzzle sconclusionato dei suoi ricordi.

Knuckles sbuffò di fronte all’impazienza della ragazza. Non aveva voglia di parlare di quello che era successo, della notte della vittoria di Eggman, o almeno di quel poco che aveva saputo della vicenda per bocca di Tails. Ma allora cosa dirle? Lui in fondo, avendo abbandonato Sonic e gli altri, non sapeva altro che quello.

-RISPONDI!!- Gli ringhiò contro la ragazza, che pretendeva di avere risposte. Ma Knuckles finse di non sentirla e fece per avviarsi verso l’altare del Master Emerald, evitando in tutti i modi una discussione seria con la ragazza; ma questa non demorse e giocò l’ultima carta: punzecchiare il suo vulnerabile orgoglio. –Dove vai zucchero?!- Esordì lei preparandosi a sfoderare la sua prossima mossa. –Se le mie trentasei ore di sonno non mi confondono la memoria sei in debito con me e come minimo mi devi delle spiegazioni! Quindi non stare a fare tanto il prezioso e raccontami tutto!- Concluse lei in tono vittorioso fissandolo con aria di sfida.

Knuckles si fermò sul ciglio della porta e si voltò verso di lei, tacque per un attimo e poi ribatté secco:

-Io non sono in debito con nessuno.-

La donna pipistrello aggrottò le sopracciglia poi:

-La sciabola che ha fatto questo bello squarcio nel mio fianco avrebbe potuto colpire la tua testolina di rapa, dolcezza! Non te lo ricordi più?!- Rispose severa e sinceramente delusa dall’ingratitudine dell’echidna. Quest’ultimo distolse lo sguardo da quello di lei, e sentendosi punto sul vivo si rese conto che effettivamente la ragazza aveva il diritto di un breve resoconto dei fatti da parte sua: così sospirò e si riavvicinò al tavolo appoggiandovisi. Incrociò le braccia al petto e le diresse uno sguardo di sufficienza, nel quale però era presente anche una lieve serietà.

-Ho detto che non sono in debito con te perché dopo che quel robot ti ha colpita io e Tails ci siamo fatti in quattro per salvarti la vita e per uscire da quel dannato vulcano infernale. Mi dispiace deluderti, ma se non fosse stato per me adesso tu saresti un pipistrello carbonizzato!- Soggiunse, per mettere la sua precedente affermazione così concisa ed aggressiva in una luce leggermente migliore.

-Cosa c’è bellezza? Adesso vuoi sfidarmi a chi salva più volte la vita all’altro?- Rispose lei, incurvando le labbra in uno dei suoi attraenti e maliziosi sorrisetti.

-Era solo per chiarire che io non ti devo un bel niente, donna!- Incalzò l’echidna rabbiosamente.

La pipistrella esclamò ridendo:

-Va bene, va bene! Calma cucciolone!!- Poi il suo riso si placò, sospirò e puntò lo sguardo in faccia all’altro, infine con voce sommessa mormorò: -Non ti costa niente aggiornarmi su quello che è successo… Non essere timido tesoro!-
Knuckles arricciò il naso leggermente contrariato, infine fece una smorfia che esprimeva tacito assenso. Rouge rimase a sedere sulla branda e lo squadrò dal basso in alto, per poi soffermarsi sul suo sguardo che, non ci avrebbe mai scommesso, ma le sembrava addirittura lievemente turbato; e continuò a fissarlo con i suoi due grandi occhi di ghiaccio, che se in quel momento avessero potuto parlare avrebbero sicuramente detto “Allora!? Ti ascolto”.

Knuckles sospirò, poi esordì:

-Dopo che Sonic e Shadow hanno recuperato il Chaos Emerald siamo tornati a casa di Tails, che ti ha stesa sul divano e ti ha medicato immediatamente la ferita…- ma non riuscì a dire altro che si sentì crescere un groppo alla gola: forse erano i posteri della rabbia che gli aveva suscitato Sonic, o forse era il rimorso per aver agito così categoricamente senza valutare le conseguenze della sua perentoria risoluzione di allontanarsi dal gruppo, fatto sta che dovette necessariamente interrompersi.

-E poi?!- Domandò impaziente la ragazza cercando di spingere l’echidna a continuare, a mandare giù quel groppo in modo da farle ascoltare il seguito del racconto.

-E poi ho avuto un diverbio con Sonic e festa finita.- Concluse secco Knuckles, corrucciando la fronte in preda a un repentino attacco di collera.

Colpita e sinceramente delusa da quelle schiette e laconiche parole la ragazza aggrottò a sua volta la fronte e ribatté:

-Come sarebbe a dire e festa finita?!-

-Sì. Festa finita. Me ne sono tornato qua ad Angel Island.- Chiarì l’echidna, senza tanti giri di parole. La ragazza non commentò, distolse lo sguardo dall’echidna mentre rielaborava quelle parole nella sua mente e fece crollare un silenzio in cui la sua delusione e la sua incomprensione erano decisamente palpabili; tanto palpabili che anche Knuckles le colse e per giustificarsi, o forse per interrompere quell’insopportabile silenzio riprese dicendo:

-Non ne potevo più del suo egoismo! Pretendeva che tutti fossimoo disposti a rischiare la pelle perché lui aveva deciso che dovevano essere trovati quegli smeraldi a tutti i costi.-

Rouge non pronunciò una parola.

-Voleva che stessimo tutti a sopportare le sue bizze, così ho deciso…- proseguì Knuckles, ma non fece in tempo a concludere la frase che:

-…di gettare la spugna.- Considerò Rouge velenosa, interpretando a modo suo quello che poteva essere il finale del discorso dell’altro.

-NO! Semplicemente non volevo essere lo schiavo di nessuno.- La corresse lui con un tono che non ammetteva repliche, ma naturalmente la scettica donna pipistrello non poteva non rispondergli a tono.

-Mi pare che il tuo orgoglio faccia eccezione.- fu il suo spietato commento.

Knuckles rimase come folgorato da quella affermazione, dalla sconsolatezza che trasmetteva il freddo sguardo di Rouge, dalla forza di quelle parole così sentite e profonde da parte di quella ragazza apparentemente tanto frivola e superficiale. Quanto era schiavo del suo orgoglio? Spiazzato e senza sapere cosa dire, lasciava che il silenzio si impossessasse nuovamente della stanza con arroganza; infine scosse subitaneamente la testa come per scacciar via quell’atmosfera così pesante e fastidiosa e ripresosi da quel momento di incomprensibile smarrimento, rimproverò la ragazza esclamando:

-Guarda che se avessi ascoltato il mio orgoglio a quest’ora tu non saresti qui a casa MIA e sulla MIA isola, quindi conta fino a mille prima di sparare sentenze, femmina!-

-A proposito…- cambiò discorso la donna pipistrello, che a dire il vero non aveva molta voglia di litigare subito dopo essersi svegliata -…come mai io sono qui?- chiese infine con stranita curiosità.

-Ieri notte Tails ti ha portato qui a bordo del Tornado X per convincermi a tenerti in casa mia per qualche giorno.- Tagliò corto Knuckles, discostandosi dal tavolo di legno al quale stava appoggiato per dirigersi nuovamente verso la porta della capanna; quella conversazione cominciava sinceramente a stufarlo.

-ASPETTA!- Lo frenò la donna, che al contrario di lui riteneva il loro dialogo appena iniziato. –E tu hai acconsentito?!- Chiese, storcendo leggermente la testa da una parte e puntando in faccia a Knuckles due occhi indagatori.

-Ha insistito talmente tanto che o acconsentivo o gli facevo seriamente del male!- Ringhiò lui, buttando là una spiegazione più o meno plausibile. –Però sappi che mi sono opposto fino allo stremo delle forze prima di dargliela vinta!- Soggiunse poi, con tanto di sorrisetto canzonatorio.

-Oh! La tua galanteria è davvero sorprendente, zuccherino!- Commentò lei, ironica, poi, portando una mano al fianco sano soggiunse: -E perché Tails mi ha portato qui? Non poteva tenermi a casa sua? Voleva proprio che morissi entro le prossime ventiquattr’ore!-

-Se è per questo non lo vuole solo Tails!- Esclamò beffardo Knuckles, rubando una risatina divertita alla donna. Non lo avrebbe mai ammesso, ma in fondo la divertivano le frecciatine che soleva scambiarsi con il rude Knuckles.

-Ti voglio bene anch’io, tesoro!- Esclamò lei beffarda, guardando con malizia il burbero interlocutore.

-Comunque…- Riprese lui, ignorando la risposta beffeggiatoria della ragazza. -…mi ha detto che oggi sarebbero ripartiti per andare alla ricerca di un nuovo Chaos Emerald e non sapevano dove scaricarti! Ecco tutto.- Concluse poi, per non lasciare la precedente domanda della ragazza senza una risposta più o meno completa e che non le suscitasse ulteriori curiosità.

-E fra tutti i posti ha scelto proprio Angel Island?!- Ruggì lei a quell’affermazione che più che completa le sembrava sprezzante e quantomeno irritante. Poi guardò compassionevolmente la parete di travi cui era appoggiata con la spalla sinistra e in seguito abbassò gli occhi e fece lo stesso con la misera branda su cui stava seduta; infine constatò schizzinosa: -Insomma, non è proprio il massimo del lusso per una ragazza ferita! Specialmente se si tratta dell’elegante e sofisticata Rouge the Bat!-

-Elegante! Sofisticata?! Io direi piuttosto ingrata!! Stanotte sono stato costretto a cercare di prender sonno su questa dannata sedia per lasciarti il mio letto e tu ti svegli dopo aver dormito come un tasso per tutta la notte e qual è la prima cosa che fai?! PROTESTI! La prossima volta non preoccuparti che non sarai costretta a dormire in questa topaia! Tails potrà anche strisciare come un verme ma la mia risposta sarà un secco NO!- Ribatté irritato Knuckles, che dopo che le aveva concesso di occupare la sua branda e di starsene tranquilla e beata in casa sua, servita e riverita, non aveva la minima intenzione di sopportare le polemiche inutili di una donna viziata.

-Sì, sì, hai ragione miele!- Rispose lei prontamente, fingendo di dargli ragione e di rendersi conto di essere stata troppo frivola, poi, dopo essersi abbandonata a un sorrisetto beffardo chiarì la sua ammissione esclamando: -Hai ragione! È proprio una vera topaia!-

Knuckles scattò come una molla, avvampò di rabbia e cominciò a scaricare un’interminabile serie di ingiurie contro l’intero genere femminile, contro tutti i pipistrelli di Mobius e contro di lei in particolare, che in quel momento si godeva quell’esilarante spettacolo ridacchiando sotto i baffi. Concluso il lungo repertorio di insulti, Knuckles se ne uscì dalla capanna a grandi passi e sbatté la porta con tanta violenza da scuotere tutte e quattro le mura del piccolo monolocale e da far sobbalzare la ragazza, che solo a quel punto si rese conto di aver esagerato. Ma che poteva farci? Amava vedere Knuckles sbuffare come una pentola a pressione.

-Torna qua dolcezza!- Gridò poi, intimandosi di farla finita di punzecchiarlo e di fargli piuttosto altre domande relative alla notte passata.

Rimase a fissare la porta per un lungo tratto a vuoto, e senza ottenere risposta; infine, quando cominciava veramente a convincersi che Knuckles se ne era andato via su tutte le furie e che non avrebbe rimesso piede nella capanna per le successive due ore, la porta di legno si aprì e la burbera echidna ruggì:

-Che vuoi!?!-

-Hai detto che ieri notte Tails mi ha portato qui dicendoti che oggi sarebbero partiti alla ricerca di un nuovo smeraldo…- Esordì lei, recuperando un tono serio.

-Sì.- Confermò Knuckles, laconico.

-Ma perché vogliono andare a rischiare la pelle ancora una volta chissà dove? Quattro smeraldi sono più che sufficienti per intralciare Eggman!- Constatò lei, non riuscendo ad avere ancora il quadro della situazione del tutto chiaro.

Knuckles non le rispose, si limitò a voltarsi da un lato e a stringere i pugni con una violenza che alla ragazza parve inspiegabile. Rouge cercò lo sguardo di lui, ma vide solo che si era fatto scuro in faccia e che aveva una tempia contratta dall’ira con cui stringeva i denti. Cosa poteva aver detto di tanto sbagliato da suscitare una tale reazione? La donna pipistrello non riuscì proprio a spiegarselo, e stranita chiese:

-Ti senti bene, zucchero?-

L’echidna evitò la domanda e quando riuscì a soffocare l’impeto di rabbia che gli stava ribollendo in corpo si rivoltò di scatto e con una smorfia esclamò quasi gridando:

-Perché Sonic è un idiota e si è fatto soffiare tutti e quattro gli smeraldi da quel grassone!-

Rouge si sentì mancare.

-Come… si è fatto… soffiare tutti gli smeraldi…?- Mormorò poi con un fil di voce, sull’orlo di uno svenimento. Le scoppiavano i nervi a pensare a tutti quei bei gioielli scintillanti cadere inesorabilmente fra le grassocce mani di quel folle. Non poteva crederci.

-Sì!! Ha dovuto darglieli tutti per riprendere Amy e tornare a casa a fare il grande eroe!- Soggiunse Knuckles a metà fra il furibondo e il disgustato.

-…Come…?- Ripeté lei, stordita da quella tragica notizia. –Come… tutti?- Chiese ancora. Sentiva che stava per venirle la nausea: si portò una mano alla fronte e scosse la testa, ancora incredula. -E adesso come faranno lui, Tails e gli altri? Eggman ha recuperato qualcuno dei tre smeraldi di cui non eravamo in possesso?- Si informò lei, una volta ripresasi da quell’orribile nuova.

-Te l’ho detto… se ne vanno a cercare un nuovo smeraldo… chissà dove!- Replicò Knuckles, per rispondere alla prima domanda; poi scosse la testa lentamente e si accigliò leggermente, infine aggiunse: -E per quanto riguarda Eggman, mi dispiace ma non ho idea se ha qualche smeraldo oltre a quelli che ha sottratto a quel pivello, di cosa voglia farne men che meno e di cosa stia macchinando coi suoi scagnozzi meno di tutto il resto!-

Ci fu un rapido momento di riflessivo silenzio, poi:

-La morale della favola secondo me è questa… se continuiamo… cioè… se Sonic continua ad andare avanti così a casaccio senza cercare di avere un’idea precisa dei piani di Eggman per prevedere le sue mosse, di sicuro quel pazzo troverà sempre il modo di prenderci tutti in giro e di farla sempre franca!- concluse Knuckles, a metà fra il flemmatico e l’infastidito, dimostrando di saper giungere a delle conclusioni razionali e di non essere solo bravo a tirare pugni in faccia.

Rouge apprezzò quel ragionamento, nonostante lo trovasse inesorabile e, per come era stato proferito, quasi spietato; e annuì col capo abbozzando un sorriso di stanco assenso.

-Be’…Se non fossi ridotta a un vegetale ci tornerei a dare una mano a quel pivello e a quella povera volpe! Non hai idea di che pena mi facessero abbandonati a loro stessi e costretti a ricorrere ad “alleati” da strapazzo come te per salvare la ragazzina!- E qui Rouge si interruppe un attimo e il suo sguardo si perse nel vuoto, come se fosse sfuggito al controllo della ragazza, poi si riprese e confessò: -…Certo che loro dopotutto sono una famiglia… infantile, sgangherata, ma pur sempre una famiglia… insomma, quei due si sono fatti in quattro per salvarla!-

Knuckles grugnì, rimuginando che si erano fatti in quattro anche a sue spese, ma non osò interrompere la ragazza, che per una buona volta aveva messo più di una decina di parole insieme che non contenessero una provocazione o una polemica.

-A proposito!- Scattò Rouge, -ma Shadow collabora sempre con loro?- Chiese poi, anche se era quasi sicura di ricevere una risposta negativa.

Knuckles, che non volle domandarsi se quell’”A proposito” era un “ a proposito di alleati da strapazzo” o un “a proposito di famiglia” (ma che collegò senza farsi troppi problemi alla prima ipotesi), trasalì alla rimembranza dell’incontro-scontro che aveva avuto col riccio nero la notte avanti e gli ritornò alla mente con la stessa inaspettata rapidità di un fulmine a ciel sereno un pensiero che aveva già rimosso.

-Ah! Quasi dimenticavo! Ieri notte Shadow è venuto qui…-

-Davvero?! Perché?!- Chiese Rouge sinceramente colpita, senza rischiare di avventurarsi in conclusioni affrettate e sicuramente esageratamente più romantiche, poetiche ed egocentriche della realtà dei fatti.

-Non lo so di preciso… Forse perché doveva portarti questo!- Ribatté l’echidna mentre, voltatosi verso il tavolo al quale stava appoggiato, ispezionava con lo sguardo la sua superficie. -…Ma dove diavolo è finito! Ieri sera era qua sopra!- Aggiunse poi, infine si chinò per constatare se l’oggetto ricercato fosse eventualmente caduto dal tavolo e così fu, perché esclamò: -AH! Eccolo!- Knuckles allungò un braccio e raccolse quello che a Rouge, che aveva proteso il collo per capire di cosa si trattasse, parve a prima vista un sacchetto nero.

Knuckles si rialzò in piedi e dopo essersi ripulito le ginocchia rassettandosele frettolosamente con le mani, porse l’elegante borsina di carta alla ragazza, che la prese fra le sue guardandola rapita.

-Probabilmente è un pensiero di Tails per quando ti saresti ripresa!- Le spiegò Knuckles.

La ragazza sembrò non ascoltare neanche la considerazione dell’altro tanto che era assorta nel contemplare quel sacchetto di carta; lo rigirò tra le mani ed estasiata constatò che proveniva dalla “boutique Poisonous Roses” , come esplicava l’elegante scritta in corsivo stampata sul sacchetto. Incapace di resistere alla curiosità frugò nel sacchetto e ne estrasse la graziosa salopette color nero lucido e si fermò a sfiorare con un dito il ricamo delle due rose in morbido velluto rosso; infine prese l’indumento all’altezza delle spalle e se lo espose davanti agli occhi per osservarlo meglio.

-Carina…- Giudicò, assumendo un’aria severa e soddisfatta e sorridendo maliziosamente. “Si vede che non è proprio la prima scelta del negozio… Deve essere una delle semplici creazioni di Katrina… però wow… devo ammettere che stavolta Shadow mi ha proprio stupito!!” Pensò, ampliando il suo sorriso, poi rivolta a Knuckles, che seccato passava lo sguardo da lei al capo d’abbigliamento con le braccia incrociate, gli disse con una punta di tangibile soddisfazione:

-Ti sbagli tesoro! Questo non può essere un pensiero di Tails! Perché viene da Casinopolis, e più precisamente dalla boutique più affascinante della città!-

-E allora?- Grugnì Knuckles, che non si era mai sentito più disinteressato a un argomento in vita sua.

-E allora questo significa che è stato proprio Shadow a comprare e a scegliere il vestito! E anche se l’avesse fatto per richiesta di Tails resta il fatto che è andato alla mia boutique preferita!! Quella di cui gli parlavo sempre! È stato davvero gentile a pensarci! Sono davvero colpita…- Aggiunse lei, senza staccare i suoi occhi dall’abito nuovo.

-Stupidaggini!- Bofonchiò Knuckles, non avendo la minima voglia di sentire altri elogi per quello sbruffone.

La ragazza rise a quella sgarbata esclamazione e disse:

-Senti zuccherino, non puoi negare che Shadow abbia avuto un pensiero carino nei miei confronti! Insomma guarda la  povera salopette che ho addosso!- Poi si interruppe un attimo e toccandosi il suo abito abituale, strappato e inutilizzabile ne esaminò i danni -Ormai è distrutta poverina… OH! Guarda che trincio… non mi ero accorta che il tessuto fosse tutto squarciato e sfilacciato anche dietro… Per fortuna che Shadow è stato tanto dolce e previdente da regalarmene una nuova!- Esclamò poi, onestamente sollevata dal fatto di avere un vestito di ricambio e di non doversene andare in giro con quel vecchio straccio logoro, quando si sarebbe rimessa.

Knuckles grugnì, faticando ad associare a Shadow gli aggettivi “gentile, carino e dolce” , maledì la frivolezza di quella ragazza e stramaledì Shadow; infine, più che mai desideroso di cambiare discorso asserì:

-Dato che stai meglio adesso puoi curarti la ferita anche da sola!- Si scostò dal tavolo e raggiunse la parete di travi dirimpetto a quella lungo la quale si trovava la brandina su cui stava seduta la donna pipistrello e prese in mano un anonimo sacchetto di plastica bianca che era stato adeguatamente riposto sulla sottile tavola di legno incastrata fra due travi della parete all’altezza degli occhi, che aveva tutta l’aria di essere la bozza di una mensola. Lanciò con spregio il sacchetto alla ragazza, che lo prese prontamente.

-Dentro ci sono dei rotoli di garza e dei tubetti di una pomata. Cambiati la benda mattina e sera.- Disse schietto lui, prima che Rouge potesse chiedergli spiegazioni.

-Da quando sei un medico così esperto?- Chiese scherzosa lei, lanciando un’occhiata nel sacchetto.

-Da quando Tails ha deciso di sbolognarti qui ad Angel Island perché nemmeno lui riusciva più a sopportarti.- Ribatté prontamente l’echidna.

La ragazza rise e, preso un tubetto di crema lo aprì e osservò costernata la sostanza giallognola e unticcia che da quel momento in poi si sarebbe dovuta spalmare addosso per ben due volte al giorno. Poi si guardò la blanda fasciatura al fianco e riconobbe la stessa sostanza spalmata alla meno peggio qua e là e commentò ironica:

-Ah! Ecco chi mi aveva fatto questa meraviglia di intervento medico!-

-Tranquilla! Da oggi in poi ti medicherai da sola così non dovrai più fare la saccente e io potrò starmene a fare il mio lavoro di guardiano senza altre perdite di tempo!- Rispose bruscamente lui, avviandosi verso la porta per mettere immediatamente in pratica le sue parole.

Rouge sorrise e puntò gli occhi dentro quelli di Knuckles, infine, dopo qualche attimo di silenzio mormorò sincera:

-Grazie dolcezza! Sei stato carino e gentile anche tu!-

-Blah!- Brontolò l’echidna e si chiuse rumorosamente la porta alle spalle, lasciando la ragazza da sola a ridere nella capanna.

***

Sonic, Amy e Tails proseguirono sulla strada di marmo che fiancheggiava l’ampio canale dell’insenatura marina che penetrava all’interno della città lanciando qualche sguardo curioso o affascinato alle agili e slanciate barchette a remi che solcavano leggere la superficie dell’acqua, ai loro sorridenti conducenti che spesso chinavano il capo in segno di rispettoso saluto, agli eleganti ponti che collegavano le due parti della città divise dal mare, agli altezzosi e solenni palazzi che si ergevano alla loro destra e dall’altra parte del corso d’acqua; non potendo rimanere indifferenti di fronte a tanto stile e a tanta maestria ed eleganza architettonica. Attraverso una viuzza che si insinuava fra le alte e seriose pareti dei palazzi raggiunsero una strada leggermente più ampia da un lato e dall’altro della quale affabili venditori invitavano passanti ad avvicinarsi per ammirare o per provare la merce che esponevano sulle loro bancarelle.

Amy si avvicinò ad una sorridente ragazza scoiattolo che vestiva abiti larghi e dalle fantasie colorate, accattivata dai suoi cordiali occhioni neri e dalla marea di lunghe treccine che le partivano dalla testa e le si adagiavano sulle spalle in ciuffi scomposti. La ragazza teneva tra le mani circa una ventina di collane e braccialetti in legno dipinto di sua creazione, che mostrava orgogliosa a tutte le passanti. Ma quando la venditrice tentò un approccio con la riccia esclamando un cordiale buongiorno, questa non poté fare altro che ricambiare frettolosamente l’augurio e raggiungere il fianco di Sonic, che aveva chiamato il suo nome e l’aveva invitata a non fermarsi con un cenno del capo. La ragazza non se la prese troppo, alzò lo sguardo e vide le file di panni stesi che andavano da una finestra all’atra dei palazzi, i gerani floridi e sgargianti sui davanzali e gli eleganti cornicioni intagliati con maestria.

Sonic le lanciò un rapido sguardo e sorrise a vederla così entusiasta da quella che più che un’ardua ricerca si stava quasi rivelando una piacevole gita in città. Per avere la conferma del tranquillo stato della riccia le sfiorò il palmo della mano col suo, come per chiederle timidamente se andasse tutto bene; la ragazza si voltò verso di lui, lo guardò in faccia poi scoppiò a ridere e corse verso Tails, che si trovava un paio di metri più avanti, intento a guardare il radar, ammirare le bellezze della città e fare attenzione a non sbattere contro nessuno dei passanti che giravano per la strada intorno alle bancarelle sempre concentrate. Sonic si fermò per un attimo in mezzo alla strada come un ebete, fissando Amy che chiedeva sorridendo all’amico volpino quanto mancasse al raggiungimento del fatidico smeraldo. Giurò a se stesso che non l’avrebbe mai capita: la trascurava e lei si arrabbiava al punto di minacciarlo, la considerava e cercava di essere il più premuroso possibile nei suoi limiti e lei gli rideva in faccia. Lasciò perdere ulteriori riflessioni inutili sulla complicata natura delle donne e su quella di Amy specialmente, e raggiunse anche lui Tails facendosi strada fra la gente, per rivolgergli la stessa domanda che gli aveva appena fatto la riccia:

-Allora Scheggia, quanto manca? Siamo vicini?-

-Eh già!- Rispose estasiato il volpino. –A quanto pare il Chaos Emerald si trova proprio in una stradina nei pressi della piazza principale della città!! Così abbiamo anche la scusa per farci una giratina al mercato!-

-No, aspetta vuoi dire che il mercato non finisce alla fine di questa via?- Domandò Sonic allarmato, che non ne poteva più di dover camminare per non urtare contro la marea di persone che inondava la strada.

-No affatto!- ribatté prontamente il volpino. –Anzi! Questo non è altro che l’inizio, questa strada sbuca in piazza ed è proprio lì che si tiene il vero mercato! Questo non è altro che un piccolo assaggio!-

Sonic si sentì mancare, ed ebbe il tragico presentimento che non sarebbe mai riuscito a tornare a casa.

-Oh! Che bello!!- Esclamò gioiosa Amy, che non vedeva l’ora di arrivare in piazza e di fare una giratina al mercato per confondersi in mezzo a tutta quella fiumara di gente.

-Bene allora sbrighiamoci ad arrivare in piazza!- Sentenziò demoralizzato Sonic, che se non poteva far smettete all’istante tutto quel trambusto di Mobiani, almeno voleva accorciare quello strazio e andarsene via il prima possibile; magari anche con un bel Chaos Emerald. Tails ed Amy accolsero volentieri la proposta dell’amico, interpretandola come un invito a raggiungere il prima possibile quel divertente trambusto del mercato, e decisero di allungare il passo, per quanto era loro possibile senza andare addosso a qualcuno.

-Non potremmo deviare… per una di queste stradine ed evitare la piazza?- Si azzardò a dire Sonic in un orecchio all’amico che gli stava davanti per non rischiare di essere irrimediabilmente travolto dalla valanga di proteste che gli avrebbe sicuramente scaraventato contro Amy; alludendo alle viuzze laterali che si diramavano come radichette dalla strada maggiore che stavano percorrendo.

-Non preoccuparti, Sonic! Passando dalla piazza non ci metteremo molto!- Rispose l’amico volpino tentando di rassicurare l’animo perennemente claustrofobico dell’altro.

-Ma…- Fu la debole opposizione del riccio.

-Dai Sonic! Non fare l’asociale!- Lo rimproverò la riccia con non troppa convinzione dopo averlo preso a braccetto. –Oggi che abbiamo la scusa per farci un giro in questa bella città cogliamo l’occasione al volo, no? Chissà quando ci ricapiterà!- Soggiunse poi, con enfasi.

-Concordo con Amy!- Esclamò solare il volpino.

Erano due contro uno, a Sonic non restò altro che fare un sospiro di sconfitta e lanciare un rapido sguardo a una viuzza alla sua destra, una di quelle vie di salvezza che Tails non gli aveva permesso di imboccare e che rimaneva inesorabilmente sempre più lontana da lui. Ma non fece in tempo a voltarsi di nuovo che fu costretto a girare immediatamente la testa verso la medesima direzione. L’aveva visto. Non ne aveva dubbio. Era appiattito contro la parete di un palazzo all’imboccatura della viuzza e ben protetto da una bancarella poco davanti a lui e dai passanti che gli fluivano incessantemente a pochi metri e tra i quali anche Sonic era immerso. Il riccio strinse le palpebre e puntò il suo sguardo indagatore negli occhi rossi e metallici che fissavano ogni suo minimo movimento, e che scomparvero in una frazione di secondo. Sonic rimase con la testa voltata fino a che quella strada uscì dalla sua visuale, valutando se ciò che aveva appena visto era reale o solo frutto della sua motivata preoccupazione e sperando con tutto il cuore che l’ipotesi esatta fosse la seconda. Abbassò lo sguardo e continuò a camminare a fianco di Amy e dietro a Tails più meditabondo e silenzioso che mai.

-Ehi, però non essere così arrabbiato… Se non ti va di passare per la piazza ci facciamo concedere una deviazione dal nostro navigatore! Non è vero Tails?- Disse garbatamente Amy, interpretando l’espressione oscura di Sonic come una silente protesta alla decisione che avevano preso lei e il volpino. In fondo per lei un sorriso del suo amato valeva più di tutti quanti i mercati e le piazze di Mobius messi insieme.

-Verissimo!- Dichiarò Tails alzando l’indice in segno di conferma.

-Non preoccuparti Amy, se passando per la piazza faremo prima, mi va bene fare così!- La tranquillizzò Sonic con un sorriso che tentava faticosamente di celare i suoi brutti presentimenti e il suo vero stato d’animo. “Prima ce ne andiamo di qui e meglio è…” Rifletté il riccio scurendosi di nuovo in volto.
Finalmente, dopo una buona ventina di minuti spesi a cercare di scansare quante più persone possibile e a farsi largo tra la gente rumoreggiante, i tre raggiunsero il cuore pulsante della città. Uno spettacolo mozzafiato riempì i loro occhi estasiati e le loro menti: la piazza principale di Soleanna era di una grandezza abnorme, di forma quadrangolare: lungo ognuno dei suoi quattro lati si ergevano in tutta la loro maestosità alti palazzi bianchi dalle solenni facciate ricoperte di alti finestroni. Il più imponente di essi, che doveva essere senza dubbio la sede di certe riunioni o consigli politici, si trovava sulla destra ed era articolato in quattro livelli: la parte più bassa era un lungo e sontuoso portico  in archi volte di pietra chiara, stipato da decine e decine di bancarelle, il secondo e il terzo piano del mastodontico edificio erano caratterizzati da una sfilata di strette ed eleganti finestre bifore l’una accanto all’altra e infine scandivano l’apice del palazzo una sfilza di tante piccole torrettine che contribuivano a rendere il palazzo altero e nel contempo pittoresco. A fianco di esso si innalzava un’alta e maestosa torre in mattoncini rossi che culminava in una piramide di pietra bianca e verde.

Il gigantesco spiazzo circondato dalle suggestive meraviglie architettoniche descritte sopra era interamente ricoperto di bacarelle e di una folla indistinta e formicolante che vagava da un banchetto all’altro.

Sonic, Amy e Tails si avventurarono in quella babele di persone, e per quanto riuscì a vedere la ragazza, la merce esposta era la più varia e differenziata, c’era chi vendeva pesce direttamente pescato dai canali della città, miriadi di venditori di abiti per gente di tutte le età, chi vendeva souvenir di tutte le specie possibili e immaginabili (da tazze con sopra l’immagine della torre culminante con la piramide, a ventagli con su scritto Soleanna e stampata una suggestiva veduta della città, a sciarpe, e così via). L’unico elemento che accomunava tutte le cose esposte sulle bancarelle era che per vederle bisognava inevitabilmente aspettare il proprio turno o farsi spazio fra la gente accalcata davanti ai banchi, motivo per cui, dopo aver speso un po’ di tempo per vedere due o tre bancarelle, Amy rinunciò a guardarne altre e disse desolata a Tails con grandissima approvazione di Sonic che potevano tirare di lungo e raggiungere il luogo indicato dal radar senza indugiare ulteriormente in piazza.

-Scusami Sonic, ho sbagliato a insistere tanto a passare di qui… in mezzo a tutta questa bolgia è impossibile godersi il mercato… giuro che non mi aspettavo che fosse così…- Mormorò la riccia rivolta a Sonic senza celare un po’ di amarezza.

-Dai, stai tranquilla Amy... un giorno torneremo qui a Soleanna e faremo un giro al mercato con più calma…- Constatò Sonic con non troppa convinzione premettendo mentalmente un “forse” alla seconda parte della frase.

Amy alzò lo sguardo verso di lui e sorrise gioiosa.

-Va bene!- Esclamò poi. – Allora muoviamoci a trovare questo Chaos Emerald!- Sentenziò infine con energia e determinazione.

-Agli ordini!- Ribatté felice Tails e i tre continuarono il loro cammino attraverso la piazza brulicante di Mobiani. –Vi va bene se passiamo per un ponte che si trova a destra dopo la piazza? Attraversando quello taglieremo ancora un po’ la strada! Che ne dici Sonic?- Soggiunse dopo un po’ il volpino.

Sonic fece per rispondergli che gli andava bene senz’altro, ma non fece in tempo perché si sentì gelare il sangue nelle vene e rimase pietrificato: sentiva quattro artigli metallici sfiorargli lentamente la schiena partendo dalla nuca e non aveva la forza né di parlare né di muoversi: sentiva solo che si trattava sicuramente della materializzazione delle sue preoccupazioni e della conferma di ciò che aveva visto di sfuggita poco prima. Tails si voltò verso l’amico per rivolgergli di nuovo la domanda dal momento che credeva che l’altro non gli rispondesse perché non l’aveva sentita, ma quello che vide lo lasciò sconvolto: Sonic era immobile come una statua, con gli occhi fissi spalancati e la bocca semiaperta. Ad un tratto il riccio si voltò di scatto per verificare se i suoi sospetti erano fondati, ma una volta giratosi e assunta all’istante la posizione di combattimento si trovò davanti ciò che non si sarebbe mai immaginato di vedere: una vecchietta bradipo giallastra e spelacchiata. La bizzarra vecchietta teneva tra le mani un lungo manico d’acciaio culminante in quattro punte del medesimo metallo e strabuzzava i suoi occhietti incavati, tremando terrorizzata dalla subitanea reazione di quello che le era sembrato un potenziale acquirente dei suoi grattaschiena che cercava di rifilare ad ogni passante. Sonic la fissò per un attimo, poi abbandonò la posizione di combattimento e tirò un sospiro di sollievo, mentre l’anziana e striminzita venditrice di quella stravagante merce non riusciva a riaversi dallo shock. Infine, una volta ripresasi, la donnina si allontanò voltandosi continuamente verso Sonic e pensando che se il riccio non aveva intenzione di comprare nulla bastava che lo dicesse normalmente, invece di farle quasi prendere un attacco di cuore.

Sonic si grattò la testa imbarazzato, mentre la guardava allontanarsi tra la folla.

-Va tutto bene?- Gli chiese preoccupata Amy che aveva assistito allibita a tutta la scena, prendendogli timidamente una mano; mentre Tails lo fissava con uno sguardo che esprimeva la medesima domanda.

-Sì, sì…- Farfugliò lui, poi strinse la mano alla riccia e, rivolto all’amico volpino gli disse: -Passiamo da dove ti pare, Scheggia… basta che facciamo il più in fretta possibile!-

Il suo sguardo e il tono della sua voce erano talmente seri che Tails non se la sentì di fare domande e riprese immediatamente a camminare seguito a ruota da Amy e Sonic, che continuava a stringere forte la mano della ragazza. Amy capì immediatamente che c’era qualcosa che non andava, e che se Sonic le teneva la mano non lo faceva affatto per essere affettuoso, ma perché era preoccupato, e molto. Mentre camminavano osservò la sua espressione grave e inquieta, ma non osò insistere sull’argomento, nonostante cominciasse a sentirsi leggermente nervosa anche lei.

Finalmente raggiunto il limite della piazza, i tre svoltarono a destra e riuscirono finalmente ad uscire dalla confusione del mercato per prendere la stradina che fiancheggiava la parete laterale di uno dei grandi palazzi che si affacciavano sulla piazza. A destra della via scorreva uno dei tanti canali d’acqua marina che penetravano la città dalla periferia al centro e, attraversato il ponte a loro più vicino sul canale imboccarono un’altra stradina in pietre di diverse fattezze che si insinuava nell’antico centro abitato. Camminarono per un tratto in quella stradina che man mano che andavano avanti si faceva sempre più stretta e angusta, ma che infine sbucò in una via asfaltata più larga e ampia.

-Dovremmo essere quasi arrivati…- Sentenziò Tails, passando il suo sguardo dal radar alle abitazioni deserte da un lato e dall’altro della strada.

-Non c’è nessuno qua… probabilmente sono andati tutti in piazza…- Rifletté Amy a voce alta.

I tre camminarono guardandosi attentamente intorno. Gli unici rumori che sentivano erano i loro passi lenti sull’asfalto e il fastidioso e continuo “bip” del radar che si dava da fare per segnalare la presenza del Chaos Emerald nelle immediate vicinanze.

Ad un tratto Tails allungò il passo e precedette Sonic ed Amy, poi si fermò e si voltò verso una vetrina; abbassò lo sguardo verso il radar e lo rialzò verso la vetrina, poi rifece lo stesso per un paio di volte finché i due ricci non lo raggiunsero; a quel punto lasciò perdere definitivamente il radar e tornò a fissare quello che aveva davanti, mentre Sonic ed Amy, al suo fianco, facevano lo stesso.

Davanti a loro, dietro una vetrina scheggiata e leggermente opaca c’era un tavolo di legno scadente, su cui era steso a mo’ di tovaglia un polveroso tappetone dai colori scuri ma sgargianti e dalle fantasie geometriche. Sopra il tappeto erano adagiate una lampada di metallo antiquato, un servizio da the molto probabilmente usato, un turbante con qualche pietra preziosa rigorosamente falsa incollata qua e là, una svariata quantità di coltelli e coltellini dalla punta ricurva, e parecchie boccette e ampolle di diverse forme e dimensioni, probabilmente contenitori di oli profumati o di chissà che intrugli. Ogni cosa aveva il proprio cartellino del prezzo legato con un filo, anche se Sonic e gli altri pensarono che molto probabilmente non veniva venduta molta di quella roba, a giudicare dalla qualità che a prima vista si presentava piuttosto scadente. Dando un’occhiata all’interno del negozio si poteva ben vedere che le pareti erano interamente tappezzate di tappeti della stessa stregua di quello posto sul tavolo e ovviamente anche sul pavimento c’era qualche bel tappeto che però, adagiato in terra così alla rinfusa perdeva tutto il suo fascino orientale. Ovunque sul pavimento erano sparsi vasi, borse e oggetti dei più svariati generi, ma nessuno dei tre dall’esterno riuscì a capire di cosa effettivamente si trattasse.

Alla destra della vetrina si trovava una porticina di legno in cima alla quale era affissa, o meglio, era inchiodata in malo modo una tavola di legno su cui era dipinta la scritta in stampatello “KEFIAH”, sotto la quale era anche scritto “il turbante”, probabilmente la traduzione. In poche parole, da quello che poterono capire a primo impatto, si trovavano di fronte a un negozio di prodotti di stampo arabo. Non si aspettavano assolutamente di trovare un negozio di merce orientale a Soleanna. E meno che mai si aspettavano che, con tutti i posti in cui poteva andarsi a ficcare un Chaos Emerald, fosse finito proprio lì.

Amy e Sonic si scambiarono uno sguardo confuso e Tails, anche lui confuso, guardò il radar. Per un attimo i due ricci si persuasero che c’era la remota ed incredibile possibilità che il loro amico si fosse sbagliato, e lo stesso accadde anche a Tails, che però credeva che più probabilmente fosse il radar ad essere guasto, ma, dopo aver verificato che non era così e che si trovavano proprio nel punto giusto, preso un ber respiro sentenziò quasi apatico:

-Siamo arrivati.-

NOTE DELL’AUTRICE:

*Dopo essere scivolata miseramente all’ottava pagina del fandom striscia come un verme ad aggiornare e si vergogna di prendersi addirittura lo spazio delle note*

Ebbene, sì. Dopo quattro mesi sono riuscita a concludere il nuovo capitolo... Mi dispiace tantissimo di avervi fatto aspettare tutto questo tempo, perché voi lettori siete veramente eccezionali e non dovrei trascurarvi così T______T  Lo so che non ci sono scusanti per un ritardo del genere, però sto passando un periodo un po’ particolare per motivi personali e familiari e inoltre recentemente ho avuto anche qualche grattacapo con il computer e con la connessione ad internet (infatti alcuni di voi avranno notato che ho smesso di leggere e recensire le loro storie .______________________. Giumo ti prego, perdona la tua socia orribile che ti ha abbandonato! E Marta, scusami se non ho aggiornato entro i primi di agosto come ti avevo detto! >____<”)

Vi prometto che mi impegnerò di più e che il prossimo capitolo arriverà il prima possibile! T.T

Ringrazio IMMENSAMENTE chi ha messo di recente la mia storia fra le preferite o le seguite… siete veramente troppo buoni <3

Detto questo vi ringrazio ancora di cuore per aver letto, spero di ricevere presto le vostre recensioni :)

Un saluto a tutti,

Lucia **
 
  
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