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Autore: Mary CM 93    29/08/2013    1 recensioni
La storia di una ragazza, Angelique, dei suoi drammi famigliari, dei suoi amori e dissapori...di una ragazza bellissima, che vive giorno per giorno, un piccolo dramma dentro di sè...che tenterà di evadere da una realtà che l'ha sempre schiacciata...
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
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Era il periodo natalizio ed improvvisamente sembrava che nella mia vita esageratamente soffocante, tutto avesse mutato forma, mi sentivo alleggerita da tutti quei pesi che negli ultimi mesi avevano tormentato i miei pensieri. Tutte le lacrime, le incomprensioni e lo stress che mi avevano schiacciata fino a qualche tempo prima, sembravano impercettibilmente svaniti. Ogni dettaglio che mi circondava pareva plasmato per darmi un senso di sollievo e di calma. Era tutto estremamente equilibrato, dalla neve bianca che fioccava veloce, al caldo del camino nel salone del signor Loyal, ai mille pacchetti luccicanti sotto l’albero di casa Soiren. Le insopportabili abitudini quotidiane erano terminate e tutto mi donava un senso di piacevolezza, che non percepivo da parecchio ormai. Le vacanze natalizie avevano consentito che mi rimettessi in pari con lo studio, che in quei mesi aveva dato esiti pessimi e le estenuanti ore passate in tribunale erano, almeno per ora, sospese. L’ultima seduta era stata sciolta e rinviata al mese di febbraio, perciò gli incontri con il signor Loyal erano diventati più radi e gli avevano dato la possibilità di concentrarsi su ciò che in quei mesi aveva bramato silenziosamente: Pauline.
 
Per quanto si sforzassero di mantenere un tono distaccato e professionale, era evidente che nutrivano, se non affetto, quanto meno interesse l’uno per l’altra, e così, almeno da quel poco che mi era stato concesso di sapere, Loyal aveva invitato Pauline per qualche giorno nella sua baita in montagna.
Per l’occasione ero rimasta a casa di Jean, i cui genitori erano sempre entusiasti di avermi sotto il loro tetto ed, in un certo senso, ormai mi sentivo parte del nucleo familiare, il che colmava un vuoto che era sempre stato presente in me, ma che certamente negli ultimi tempi era pesato come un macigno. Forse, per quanto non volessi ammetterlo a me stessa, ciò che mi faceva desiderare di avere accanto Jean, era anche la sua famiglia, quella che a me era sempre mancata, quella per cui, almeno un po’, lo invidiavo.
 
Con lui il rapporto negli ultimi mesi era diventato meno ovattato, più nitido e semplice, nei miei sentimenti non regnava più il caos di qualche tempo prima, non vaneggiavo più in inutili fantasie, che somigliavano più a capricci. Non sapevo esattamente se la nostra sarebbe potuta essere considerata una relazione, c’era sempre un velo d’incertezza ogni volta che i nostri sguardi s’incrociavano prima di un bacio o di una carezza, come a chiedersi se quella fosse stata l’ultima, o l’ultima da amici e la prima da fidanzati. Quando ci pensavo, quella parola mi sembrava strana, quasi impronunciabile, come se il suo suono sconvolgesse completamente il nostro rapporto, come se quasi volesse sancire una sorta di etichetta, che prevedeva delle regole, dei cambiamenti, qualcosa che un po’ mi atterriva, ma che sapevo avrebbe reso Jean felice.
 
L’ultimo pomeriggio che avrei passato da lui, eravamo usciti per una tazza di the nel nostro bar preferito: “Cafè-Cafè”, era un luogo dalle luci soffuse, le pareti ocra e musica jazz. Servivano i dolci più prelibati e almeno un centinaio di the diversi, ogni volta io ne assaggiavo uno nuovo, sceglievo gli ingredienti più svariati, mentre Jean, dal primo giorno che avevamo scoperto il bar, aveva sempre ordinato il classico the marocchino alla menta. Eravamo soliti dividere un dolce al gusto d’arancia e giocare a scacchi sul tavolino in noce.
 
“Uhm…questa volta non ti lascerò mangiare la mia torre, ho elaborato una tattica”- esclamai portandomi alla bocca una fetta di dolce.
Jean aveva un’espressione perplessa in viso, mentre muoveva l’alfiere in direzione della mia torre: ogni dannata volta il suo dannato alfiere mangiava la mia torre in un paio di mosse ad inizio partita.
 
Giocherellavo con un pedone, indecisa sul mio attacco- “Senti, ma non è contro il regolamento degli avvocati o una cosa del genere avere rapporti con i propri clienti?”
“Credo si chiami etica professionale, ma comunque chiedilo a Simon, è lui il futuro avvocato”- mi aveva risposto Jean mentre toglieva la mia amata torre dalla scacchiera.
 
Mugugnai qualcosa di poco comprensibile e sorseggiai un po’ di the al cocco e banana.
“In ogni caso, sei tu la cliente di Loyal, non certo tua sorella”- aveva proseguito lui fissandomi.
Guardai i miei pezzi- “Dici che vale solo con il cliente effettivo?”.
“Non lo so Angelique, suono il violoncello, non studio giurisprudenza, chiedi a Simon ti ripeto, ma in ogni caso, che t’importa, la causa è quasi terminata, concedi a George di godersi la vita, che ne sai di che significa essere un avvocato scapolo con lunghi baffi che veste sempre in grigio”.
 
Rimasi incantata a fissare il suo perfetto sorriso, le sue labbra dal sapore di…beh, di amore, ecco il sapore che aveva Jean, di amore, quello fiabesco e quasi irreale.
“Ti sei fatta ammaliare dal mio sorriso eh? Non sei la prima…tranquilla…”
 “Sì…è davvero irresistibile…”. Ero arrossita improvvisamente e non ero riuscita a trattenere un’espressione trasognata, ne ero certa.
 
Uno strano miscuglio di emozioni si era innescato nelle mie parole, sentivo il petto bruciare, il cuore battere, lo stomaco contorcersi e le orecchie surriscaldarsi.
Mi sembrava di avere taciuto per troppo tempo, di non avere dato la possibilità a Jean di svelare i miei sentimenti per lui.
 
Mi afferrò le mani: “Angelique…ti prego dimmi che cosa vuoi che io sia per te, questi baci io li attendo, ma appena li sento, essi fuggono con la tua bellezza…vorrei che questi baci e questi tuoi sguardi rimanessero fermi su di me…non m’importa che mi feriscano, che mi trapassino il cuore tradendomi ed illudendomi, ma ti prego…falli miei…perché questa è un’attesa logorante, e se questa non fosse un’attesa…allora vorrei fosse il dolore a logorarmi, ma non un altro tuo bacio fuggito, perché sai bene che innamorami di te…mi fa…Angelique…ti amo”.
 
Respiravo le sue emozioni, le sentivo attraverso, sentivo il ritmo frenetico scandito dalle sue parole, percepivo caldo stuzzicarmi la pelle, l’amore di Jean proiettarmisi lento sul corpo, un brivido mi fece tremare le labbra…mi avvicinai e gli sussurrai: “Anche io ti amo Jean”.
 
Veloce mi tirai indietro, prima che lui potesse baciarmi, avrei ripetuto quello che avevo appena asserito all’infinito, finché delle mie parole non sarebbe rimasto che un leggero respiro sul suo collo.
 
Un sorriso malizioso comparve sul suo viso “Meno male che mi ami…”- lasciò la frase in sospeso e mi prese dolcemente le mani- “Altrimenti potresti offenderti se ti dicessi che ho appena fatto scacco matto, principessa…ma hai mai vinto una partita? No, anzi, la domanda migliore dovrebbe essere se mi hai mai anche soltanto mangiato un pezzo!”.
 
“Vuoi essere il mio…ragazzo?” – le parole mi erano uscite di bocca all’improvviso, senza che ci avessi pensato, senza che le ponderassi, ma era così bello mentre rideva…
“Solo se prometterai di non farti più mangiare la torre”.
“Giuro, che non me la farò più mangiare dal tuo alfiere, dagli altri pezzi non lo so…dici che può essere un buon compromesso?”.
Mi baciò con quel suo bacio al profumo d’amore misto arancia e menta…e forse anche di vittoria, pensai, mentre mi metteva tra le mani l’alfiere bianco e prendeva tra le sue la mia torre nera.

Il mattino seguente mi svegliò una telefonata di Jean: “Mmm…pronto…”-riuscii a mugugnare con gli occhi ancora socchiusi, ma il mio interlocutore sembrava essere di buon umore come al solito. “Buon giorno signorina fidanzata! Dato il titolo che lei stessa si è arrogata ieri pomeriggio, mi permetto di invitarla ad una cena questa sera!”.
Feci una pausa: “Una di quelle romantiche solo io e te al lume di candela?”-domandai un po’ perplessa.
“Magari sarà anche al lume di candela, ma sicuramente non saremo soli…è la cena con il mio gruppo musicale, insomma le stesse persone che hai sentito suonare e cantare al concerto con Simon…mi farebbe piacere tu venissi..”-mi rispose lui.
Abbozzai un sorrisetto: “Quindi mi devo conciare da super figa, beh lo sono sempre in realtà…”
Ma dall’altra parte ci fu una risposta poco divertita: “No, non figa, elegante e raffinata, se ti riesce, non come sei venuta la scorsa volta al concerto, ecco!”.
Ma che stronzo, pensai: “Ma che stronzo!”-esclamai.
“Angelique ti passo a prendere alle sette e mezza a casa tua, ciao!”-Jean aveva agganciato incurante del mio insulto.
Quand’ecco che si spalancò la porta di camera mia: “Chi è che insulti già di prima mattina dolce angelo?”-commentò ironica Pauline, che evidentemente, come sempre, si era permessa di farsi i fatti miei.
Le lanciai uno dei miei sguardi peggiori: “Te tra poco se non chiudi subito la porta di camera mia”. Ma Pauline non demordeva: “Ah no, oggi la tua acidità non mi tocca minimamente…e sai perché?”-esclamò frizzante, ma ammazzai subito il suo tono entusiasta: “No e non m’interessa saperlo”.
Storse il naso e proseguì come nulla fosse: “Perché questa sera, quando tu andrai alla cena con Jean…”-non fece in tempo a concludere la frase, che la ripresi stizzita: “Ma origli proprio tutto eh, non ti sai fare i fatti tuoi…guarda me: non m’importa nulla di quello che farai tu oggi, e nemmeno domani, ne mai Pauline!”.
La sua espressione pareva sempre più irritata, ma quella mattina, in effetti, tutte le cattiverie di questo mondo non avrebbero fatto crollare la sua contentezza, certo non dopo le fantastiche giornate nella baita del signor Loyal, pensai.
“Questa sera, chissà cosa farai tu, ma io sono stata invitata per una cena romantica da Loyal, cioè da George”- e se ne andò sghignazzando come un’adolescente.
 
  
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