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Autore: PennarelliScarichi    30/08/2013    1 recensioni
Su questo tetto,adesso,mi convinco che le distanze sono una cosa bellissima.
Che anche se sei andata all'estero, i treni non sono poi così male.
Che se ci vogliamo,al massimo posso abbracciarti al computer.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sono le sei del mattino, fuori dalla finestra il cielo si sta schiarendo,i motori delle macchine si svegliano e fanno un po' di rumore.

Come al solito non ho dormito. 
Verso le quattro sono salito sul tetto per fumarmi una sigaretta: il sottile vento mi scompiglia i capelli,come facevano le tue mani un po' di tempo fa.
Sorrido, ripensando a quelle sottili dita che si attorcigliavano ad ogni ciocca, che stringevano lievemente ogni ricciolo della mia testa.

Mi dicono che sono migliorato,che adesso non parlo più di te,che non ti penso.
Il che forse è vero: sono passato dal pensarti ogni secondo, al pensarti quando sono solo.
E forse è  anche peggio,visto che in questo periodo non voglio vedere nessuno. 

Sai,non mi va di essere trattato come se fossi di vetro,pronto ad esplodere ad ogni passo falso. 
Non voglio essere tra le braccia di qualche sconosciuto impietosito dalle mie occhiaie e dal mio essere scontroso, non voglio che qualche bocca si avvicini al mio orecchio mimando un “va tutto bene” comprensivo.
Lo so anche io che va tutto bene,che quelle occhiaie spariranno dopo una notte di meritato riposo, che un giorno arriverà una ragazza che mi farà dimenticare il dolore che sto provando adesso.
Ma non ho bisogno di braccia, di bocche, di sospiri sconosciuti: devo ancora abituarmi alle tue,di braccia, che per me sono ancora  una mappa da esplorare, figuriamoci se ne ho bisogno di altre.

Poggio le labbra al filtro della sigaretta e aspiro: mi accorgo forse troppo tardi che una lacrima sta solcando il mio viso.
Forse sarà il vento, o forse no.

Sai che non sono il tipo che piange, ma se piango davvero lo faccio in grande.
Non sono un tipo da mezze misure: o nero o bianco, il grigio non mi è mai piaciuto,anche se tu dicevi che valorizzava i miei occhi verdi.
Dicevi che ci vedevi dentro gli smeraldi, i prati,e forse anche un po' il mare.

Il mare.
Ti ricordi quando mi hai portato al mare? Ci siamo seduti sulla spiaggia, con il tuo telo blu, forse troppo piccolo per tutti e due.
Ma ci siamo avvicinati,abbracciati, fissando quel mare mosso di Aprile:e ti ho guardata. E ho pensato che dovevo essere proprio fregato,se vedevo il mare anche nei tuoi occhi marroni.
 Ricordo che ti piaceva,il mare.
Dicevi che ogni volta che ci andavi, ti saliva un po' di malinconia.
Io non l'avevo mai visto prima, e non mi ha stupito poi più di tanto: per me, era solo uno specchio d'acqua. Un lago troppo cresciuto, una vasca da bagno enorme,senza bolle e bagnoschiuma.
Ma a te piaceva: c'eravamo solo io,te,il mare e i nostri baci.Posto perfetto per iniziare un amore disastroso,non trovi?

Il rumore delle onde mi accompagna tutt'ora.
Mi ritrovo con gli occhi socchiusi, la bocca socchiusa e il sapore di sale sulle labbra: ma non sono lì, sulla spiaggia.
Sono sul mio tetto,alle sei di mattina.
E tu non ci sei.

Se ci pensi,ma ci pensi con il cuore, è un bene che tu sia andata via.
Io non so tenere le persone per mano,io non mi soffermo nei particolari.
Per me, una stella,rimane una stella. 
Per me essere soli,vuol dire essere soli.Stop.
E so che sbaglio,so che il vero significato non è ciò che vedi,ma ciò che senti...ma che ci posso fare io?
Io parlo a vanvera,anche adesso che sono qua,sul tetto, non riesco a fare un discorso completo.


Fisso i grattacieli, le fabbriche in lontananza, le macchine che si svegliano: è un bene,che tu sia andata via, di questo ne sono sicuro.
Adesso sarai a Parigi, o ad Amsterdam, o in qualche altro strano posto lontano da me. 
Hai fatto bene, ma ad essere sincero, continuo a parlare al plurale.
Nel senso, ogni mattina ci svegliamo,andiamo a vedere cosa c'è in frigo, facciamo mangiare il gatto e usciamo.
Ci lamentiamo di questa città, di quanto i giovani non possano parlare, di come ci troveremo a lavorare in un Autogrill o in un posto del genere.
Delle volte rido ad una tua battuta. 
Ma sono solo, e forse dovrei cominciare a parlare al signolare.

Su questo tetto,adesso,mi convinco che le distanze sono una cosa bellissima.
Che anche se sei andata all'estero, i treni non sono poi così male.
Che se ci vogliamo,al massimo posso abbracciarti al computer.
Che aumenta il desiderio,tutto questo mistero: insomma,quando è stata l'ultima volta che ci siamo sentiti al telefono?Due settimane?Tre? Un mese?
So che hai avuto da fare, è l'unica spiegazione che mi so dare a questo tuo distacco.
È perchè sei andata via, è perchè con la nuova scuola e tutto il resto,è difficile trovare un po' di tempo per me.
E lo so anche io che le telefonate costano,che ti servono i soldi per i libri e tutto il resto.
Tanto sarebbe inutile,no? Io sono qua che ti aspetto.
Quando avrai finito,tornerai dall'estero...vero?


Il sole si è alzato, ormai il traffico sotto di me mi suggerisce che il tempo per la mia sigaretta mattutina è finita.
Mi alzo, i jeans strappati sono un po' sporchi, li laverò oggi pomeriggio.
I riccioli mi sfiorano la fronte,me li sistemo con un gesto veloce della mano, e guardo il cielo:
lo so che non tornerai. Lo sapevo dapprima che partissi,e va bene così.
Vorrei solo che tornassi per portarmi via con te.

So anche che non sei all'estero,che non sei mai partita: ma è quello che mi dico per giustificare il fatto che non ci sei. E che non tornerai.
Ti ho amato dal primo sguardo.
E ti amo tuttora.
  
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