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Autore: MaraLPB    30/08/2013    1 recensioni
Questa non è la storia di due persone che si incontrano per caso e che buttandosi il caffè addosso si scambiano quegli sguardi che sono fatali. Questa non è un storia fatta di frasi dolci, di momenti romantici, di frasi epiche, di tensione sessuale, di baci da brivido. Ryan e Rosalie non si sono conosciuti per caso. Ryan ha conosciuto Rosalie perché lo voleva. Perché voleva lei. E non c’era cosa più naturale di questa..
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 1


Questa non è la storia di due persone che si incontrano per caso e che buttandosi il caffè addosso si scambiano quegli sguardi che sono fatali. Questa non è un storia fatta di frasi dolci, di momenti romantici, di frasi epiche, di tensione sessuale, di baci da brivido. Ryan e Rosalie non si sono conosciuti per caso. Ryan ha conosciuto Rosalie perché lo voleva. Perché voleva lei. E non c’era cosa più naturale di questa..
Londra 2011.
 
Odiavo il clima della mia città. Quel freddo umido che ti entra nelle vene e nelle ossa, che ti fa sentire in un orrendo stato. Come quando quando esci dall’acqua e non sei completamente asciutto ma neanche completamente bagnato.
Lo odiavo.
E mi sentivo a disagio. Avevo fitte nella schiena quasi insopportabili.
Ma mi aspettava un capitolo del mio libro prima di andare a lavoro.
Solito bar, solito caffè, solito computer dove ogni santissimo giorno cercavo di scrivere. Non invano, o almeno cercavo di autoconvincermi.  Fare l’avvocato non era proprio la mia priorità, anzi, in realtà non era assolutamente tra i miei progetti. Ma dopo essermi iscritto a lettere il primo anno e aver ammazzato mentalmente ogni possibilità di fare lo scrittore, ero passato a giurisprudenza, semplicemente perché non sapevo che altro fare.
Ma la mia unica e vera passione insieme alla birra scura e i film di Scorsese, era la scrittura e non l’avevo poi del tutto abbandonata. Ci speravo, sempre, ogni fottutissimo giorno, ci speravo da morire in quella chiamata : -Salve signor Dixon abbiamo letto il capitolo che ci ha mandato praticamente 4 mesi fa e l’abbiamo gradito, vorremo leggere qualcos’altro prima di poterla scritturare.-
Si ma infondo cos’erano 4 mesi. Sai quanti giovani scrittori mandavo capitoli delle loro storie? In quale universo parallelo avrebbero letto il mio? Ma nonostante tutto continuavo a scrivere, a qualsiasi ora, in qualsiasi condizione, su qualsiasi superficie quando avevo l’ispirazione. Ma erano settimane che avevo un totale e buio vuoto in testa. Come se avessi avuto l’ispirazione fino all’ultima riga scritta e poi l’avessi persa in un minuto.
E ora nel mio solito bar, con una leggera pioggia che batteva contro i vetri appannati, cercavo, immaginavo, scrivevo e cancellavo.
Mancava un’ora prima che dovessi andare a lavoro.  Ed era solo la seconda volta che riempivo la mia tazza di caffè nero bollente.
Le mie dita tamburellavano nervose sui tasti del pc, i miei occhi fissavano dai vetri opachi la strada affollata di ombrelli, cappotti non troppo pesanti, sciarpe, gambe che correvano veloci. Era solo ottobre e sembrava già pieno inverno a Londra.
Non credo nel destino, nelle coppie perfette, negli incontri improvvisi, quelle cose le lascio ai libri. Non so cosa fosse ma lei era lì. Non era fato. E non era un caso. Era qualcosa, non sapevo ancora precisamente cosa ma di certo non era parte del disegno divino.
In ogni caso lei era lì ed era davvero bellissima.
Era bellissima, aveva capelli leggermente lisci, lunghi e di un nero lucido che abbagliavano i miei occhi ed erano tutti di lato. Aveva gli occhi verso il basso , stava leggendo qualcosa, una biografia. Quei leggins di jeans le cadevano sulle gambe perfettamente e il top che usciva dal suo maglioncino faceva intravedere una perfetta scollatura. Non era magrissima, aveva una leggera pancetta che si notava appena.
La volevo, volevo conoscerla, volevo guardare i suoi occhi, volevo le sue labbra. Volevo sentire il suo profilo, volevo sentire la sua voce.
Mi avvicinai al suo tavolino quasi incosciamente, la tazza di caffè in una mano lasciando l’altra libera per poter stringere la sua. Sentivo una strana sensazione, che non so descrivere, che quasi mi faceva paura ma che mandava la mia adrenalina mille. Mi sedetti accanto a lei e le porsi la mano
 – Ciao, io sono Ryan..tu?-
Alzò lentamente il viso lasciando per qualche altro secondo gli occhi sul libro. Mi guardò e quegli occhi erano così scuri, forse accentuati anche dal trucco smokey che aveva ma la cosa che mi colpì e mi lasciò senza fiato era la loro profondità, la loro densità. Come se avessero pianto molto, come se nascondessero qualcosa ma forse era solo la mia mente da scrittore fallito che mi faceva vedere cose magari anche false.
Esitò prima di rispondermi, aprì leggermente le labbra e mi guardò in un modo così intenso che volevo distogliere lo sguardo, senza riuscirci.
  • Rosalie, sono Rosalie. –
Era ancora più bella da vicino. La pelle chiara ma non troppo, quel naso, quelle labbra, quei denti, ero incantato e avevo perso tutte le parole.
Lei richiuse il libro, lo mise nella borsa nera di pelle, che sembrava davvero costosa, e si alzò. Era bassina eppure aveva una presenza capace di riempire una stanza intera.
-Beh, Ryan -disse sottolineando il mio nome- non ho intenzione di stare tutto il giorno qui, ma è stato un piacere. – Sorrise dolcemente ma anche con un leggero tocco di malizia che mosse tutti i miei organi e i miei muscoli.
Uscì dal bar guardando prima a destra e poi a sinistra, i capelli mossi dal vento, si aggiustò il ciuffo e iniziò a camminare. Ero praticamente senza fiato e come un coglione ero lì seduto, senza muovermi con il caffè che mi bruciava tra le mani. E lei era andata via.
Ma la volevo da impazzire.
La voleva ogni centimetro del mio corpo.
 
   
 
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