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Autore: funklou    30/08/2013    22 recensioni
Al Norwest Christian College le cose vanno così: o sei popolare, o non sei nessuno.
Ma c'è anche chi, oltre ad essere popolare, è anche misterioso, quasi pericoloso. E nessuno sta vicino al pericolo.
Tutti sapevano quello che Luke Hemmings e i suoi amici avevano fatto.
Ricordatevi solo una cosa: le scommesse e i segreti hanno conseguenze.
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Dal secondo capitolo:
"A me, invece, non sembri un tipo così pericoloso. Forse strano" affermò Avril, senza distogliere l'attenzione dal suo libro.
"Due." Si guardò intorno, in cerca di un banco libero.
"Due?"
"Due."
"Cosa significa?" Alzò lo sguardo e lo guardò confusa.
"Sinceramente? Nulla. Quando non so cosa rispondere, o quando non voglio rispondere, dico due." Scrollò le spalle, come se fosse la cosa più ovvia e si allontanò.
"Questo conferma la mia teoria, Hemmings."
Doped!Luke
Scene di droga esplicite. Se ne siete sensibili, non aprite.
Il trailer di Two: http://www.youtube.com/watch?v=NE35nheHyZY
Genere: Drammatico, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Calum, Hood, Luke, Hemmings, Michael, Cliffors, Nuovo, personaggio
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
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Luke is empty.

Sentì uno strano formicolio alle gambe.
Si girò così veloce da far muovere tutti i capelli e lo vide.

Luke.
Stava sorridendo, lo poteva vedere, nonostante la lontananza che continuava ad aumentare. La macchina era ferma, parcheggiata in un prato a destra della strada. Aveva il braccio fuori dal finestrino e in mano teneva una sigaretta accesa. 
Si rivoltò ed era consapevole di avere paura. Di non stare per niente bene, di stare per avere una delle sue crisi. Così si ritrovò a pensare che avrebbe dovuto calmarsi, che avrebbe dovuto respirare profondamente, che tutto sarebbe andato bene. Era terribile essere a conoscenza del fatto che si stesse consolando da sola. Non sua cugina, non qualcun altro. Se stessa. Strinse forte gli occhi e una lacrima cadde rapidamente sui suoi pantaloni. Si portò una mano al petto e disse: "Non voglio vomitare." e cominciò a dimenarsi sul sedile. 
La testa di Vicky scattò in sua direzione e sembrava che fosse sconvolta. Ovviamente non era a conoscenza della sua emetofobia.
"Avril, che stai dicendo? Cos'hai?" le chiese ansiosa. Ma lei sentiva solo il forte battito del cuore. 
Attraversò la strada principale e svoltò a sinistra, la via di casa sua. Quando la Range Rover si era ormai fermata davanti all'abitazione, era ancora in uno stato di panico. Vicky si slacciò in un nano secondo la cintura con mani frettolose e tremanti, scese dalla macchina e, subito dopo, aveva già aperto anche la sua portiera. Alle lacrime si erano aggiunti veri e propri singhiozzi. 
"Non voglio vomitare!" continuava a ripetere. 
"E non vomiterai, Avril. Tranquilla. Ora si sistema tutto." Le accarezzò la guancia, più scombussolata che mai.
Vicky non aveva idea di cosa stesse succedendo e non si azzardò a fare mosse false. Aspettò soltanto che Avril si calmasse. E dopo poco lo fece. Smise di piangere e il respiro ritornò regolare. Prese un fazzoletto dalla borsa, si asciugò le lacrime e si decise a scendere dalla macchina.
"Stai bene?" domandò premurosa Vicky, mentre si faceva più indietro per lasciar scendere la cugina.
"Sì." Mise una ciocca di capelli dietro l'orecchio e prese la borsa. "Scusa."
"No, tranquilla. Mi hai fatta solo prendere un colpo. Posso restare da te?"
Esitò un po' in quegli istanti di silenzio e "Okay" acconsentì.

"A che gusto lo vuoi lo yogurt?" urlò per farsi sentire. Aprì il frigo e "C'è al cioccolato, alla fragola..." scostò qualche bottiglia, "Gli altri li ho finiti io" ridacchiò.
"Va bene alla fragola." Sentì dire dal soggiorno.
Prese gli yogurt, due cucchiai e attraversò la cucina per andare nell'altra stanza. 
"Noi dobbiamo dirci molto, signorina." Vicky cominciò a mangiare il suo yogurt e nel frattempo osservava Avril come per ispezionarla.
"Si?"
"Si."
"Sono emetofobica." Prese un'altra cucchiaiata e "Ho paura di vomitare" aggiunse.
"Ah" si stupì "Da quando?"
"Non lo so precisamente."
"Mmh. Mi hai fatto prendere un bello spavento, cazzo! Ehi, aspetta, io non volevo parlare di questo, però."
"E di cosa?" 
"Di quei tre deficienti." 
Bene, tutto ciò di cui in realtà non voleva parlare. E un irruente male di pancia la travolse: ansia. Quei ragazzi erano la sua rovina, il suo vicolo cieco. 
"Mmh."
"Insomma, perché? Perché ti sei avvicinata a loro? A me mettono una certa suggestione" affermò.
"E' successo per caso. Mi sono scontrata con Luke, tutto qui" le rispose come se niente fosse. Come se fosse sempre stata una ragazza superficiale, come se tutto ciò non la muovesse neanche di un centimetro, come se fosse indifferente a quel casino, facendolo passare per una normalità.
"E come sono?" Posò il contenitore dello yogurt ormai finito a terra e si sistemò meglio sul divano per ascoltare attentamente la ragazza.
"Uhm..." ci pensò su. E in quell'istante decise che essere sincera sarebbe stata la cosa giusta da fare.
"Calum è un tipo a posto. Sembra quasi gentile e premuroso. Gli altri due un po' meno: Michael ha atteggiamenti davvero strani, credo sia bipolare. Alcune volte è calmo e silenzioso, appare quasi come chiuso in una bolla tutta sua. Non so se rendo l'idea. Ha il suo mondo, e quando ne esce è piuttosto cattivo. Poi c'è Luke, che è quello che più mi incute paura. Mi fa paura perché si nasconde col suo fare misterioso..." aggrottò la fronte per riuscire a concentrarsi e "Non saprei. Penso di essere un oggetto senza valore per lui. Anzi, un po' tutte le persone lo sono, a dir la verità" aggiunse infine.
Vicky la stava osservando, catturando ogni sua parola, ogni sua espressione e poi si girò a guardare la televisione.
"Okay" commentò. "Che tipi strani." 
"Già." 
Sapeva che Vicky fosse più che diffidente. Era convinta che Luke avesse ucciso il suo migliore amico e non si smuoveva da quella convinzione. 
Ma la convinzione è una cosa brutta.

Verso le 22:15 la porta si aprì e fece comparsa Isabella, la madre di Avril.
"Ciao mamma!" 
"Ciao Isabella" la salutarono entrambe con un sorriso.
Anche lei ricambiò il saluto.
"Allora? Come sta tua madre, Vicky?" Iniziò a sistemare qualcosa in cucina. Maniaca dell'ordine.
"Bene, ha detto che ti saluta." 
"Ah, anche io! Ora scusate, ragazze, ma sono davvero stanca. Vado a dormire. Buonanotte." 
I passi sulle scale si confusero con le parole proventi dalla televisione.
"Buonanotte."

Alle 23 anche le due cugine andarono a dormire nella piazza e mezza di Avril.
Ma lei non riusciva affatto. Continuava a girarsi nel letto, a cercare una posizione comoda, a sotterrare quei pensieri che uccidevano. 
Erano le due di notte quando iniziò a piangere silenziosamente. Fissava incessantemente il muro come se da tutto ciò dipendesse la sua vita. 
"Jason?" il sussurro di Vicky fece eco nella testa di Avril. Un sussurro tagliente.
"Sì." Lasciò sfuggire un singhiozzo. "Mi manca da morire." percepì due braccia intorno al corpo.
"Non ci sentiamo da giorni..." lasciò la frase in sospeso "e la cosa triste è che è triste solo per me." e l'abbraccio si fece più stretto, mentre una mano accarezzava la pelle febbricitante della schiena. Rimasero così fino a quando la tensione del corpo di Avril non si allentò e Vicky non allentò la stretta del suo abbraccio, pur restando aggrappata a lei. 

Avril si svegliò e si accorse di essere sola con la coperta aggrovigliata, immersa nella fioca luce grigia del primo mattino. L'aria nella stanza era fredda e umida, leggermente stantia.
Si alzò in piedi a fatica con gli arti indolenziti. Scese al piano inferiore e trovò il viso allegro della cugina che spalmava la marmellata su una fetta biscottata.
"Buongiorno dormigliona!" 
"Buongiorno." La voce di chi si è appena svegliato fece ridacchiare Vicky. La cugina le sorrise e si avvicinò, aprendo una scatola di cereali. 
"Oggi è sabato" esordì.
Avril la osservò perplessa "E...?"
"E andiamo a divertirci stasera." Mise su un ghigno.
"Nel duemilaecredici" ribatté l'altra quando ebbe finito di prepararsi la colazione.
"Ma questo posto dicono sia molto alla moda. Si chiama...uhm. Ah, si. Black And Gold! Solo il nome ti fa pensare a qualcosa di figo. No?" Sembrava davvero eccitata solo all'idea. Avril poteva immaginare le scene che apparivano nella testa di Vicky: tavoli che quasi brillavano, musica alta che rimbombava nel petto, masse di corpi che si muovevano a caso. Immaginava anche di avere una faccia schifata al momento, siccome la cugina si affrettò subito a convincerla.
"Dai, Avril! Hai bisogno di un po' di divertimento!" fece il labbruccio.
"Sei una rompipalle." 
"Questo è un sì?" incrociò la dita.
"Non lo so" sospirò.
"Chiamo io tua madre, spiego tutto, ho anche un vestito per te! Verranno anche Alexia e Nicole." 
Il sorriso che in quel momento aveva Vicky le diede la spinta per accettare. Un po' di distrazione non le avrebbe fatto per niente male, ma era una ragazza con diversi gusti rispetto alle altre adolescenti. Preferiva di gran lunga passare la serata seduta su un letto, con la schiena poggiata al muro, la luce della abat-jour che illuminava parzialmente la camera e un libro in mano. Questo era il paradiso per Avril. Perché i libri non la giudicavano. Non si arrabbiavano, non picchiavano, non si lamentavano e c'erano sempre quando volevi. Altro che tutta quella gente stupida in discoteca.

In ogni caso, dopo un pomeriggio passato ad oziare, le 22 erano già arrivate. 
Avril era davanti allo specchio da ormai venti minuti ad osservare la persona che non era. Vicky l'aveva trasformata: indossava un vestito di chiffon color perla rosa, senza spalline, che le arrivava qualche centimetro sopra le ginocchia e lasciava nuda la schiena. La scollatura a cuore le risaltava il seno e proprio per questo non si sentiva a suo agio. Per fortuna, aveva lasciato decidere a lei come truccarsi. 
Vicky la chiamò e col suo tacco 12 cercò di scendere il più normale possibile le scale per raggiungere la cugina senza sembrare un bradipo incinto.
Lei la accolse con un sorriso da "stasera ce li hai tutti ai tuoi piedi" e così "Non fare commenti" Avril la ammonì. 
"Okay, okay" ridacchiò, "andiamo a divertirci!"

Il viaggio durò non più di quindici minuti. Quando la macchina trovò finalmente un parcheggio libero, Vicky spense il motore ed entrambe scesero dalla Range Rover. Il tacco di Avril venne a contatto con l'asfalto umido e si diressero verso l'entrata. La fila che c'era si dissolse quasi subito e, sotto l'occhio vigile del boy guard, entrarono in quella discoteca. 
Avril lanciò uno sguardo incerto a Vicky, che le sorrise per rassicurarla. 
Ma lei non era per niente sicura. Odiava se stessa, il suo corpo, le sue gambe, le braccia; tutto. Eppure, tutti avrebbero detto che fosse perfetta, ma si vedeva sempre sotto uno sguardo critico. Per questo, quando avanzò e la musica si fece più viva, si sentì più a disagio che mai. Si morse il labbro e dovette attraversare il centro della pista, dove la musica alta sovrastava ogni tipo di conversazione che avveniva. Grazie alla gente così appiccicata, riuscì a non cadere su quei tacchi odiosi e arrivò in un angolo più tranquillo. 
Con la coda dell'occhio, intravide il bancone del bar e si avvicinò, per poi sedersi su una sedia piuttosto alta. Osservò la pista in cerca di Vicky che sembrava essere scomparsa, ma nessun viso assomigliava al suo.
"Vuoi qualcosa da bere, dolcezza?" la voce squillante di un ragazzo arrivò ovattata e si girò, guardandolo per qualche istante con uno sguardo perso. Lui attese.
"Qualcosa di leggero" ordinò, ritornando alla sua ispezione, dopo che il ragazzo le sorrise.
Però, ce n'era uno, di viso, che conosceva, ora che osservava meglio. Dio, sì, quella era Sophie, la ragione per cui Jason aveva lasciato Avril. Ma c'era qualcosa di comico in quella situazione: quella puttana stava ispezionando la bocca di un altro ragazzo che, chiaramente, non era Jason.
"Ecco a te, bellezza." Prese il bicchiere con un gesto veloce e diede un solo sorso. Immediatamente, prese anche il cellulare in mano e aprì la fotocamera. Inquadrò la scena e, proprio quando stava per scattare, si fermò di colpo. Sbarrò gli occhi. 
"Calum" disse, quasi senza rendersene conto. 
La situazione era degenerata ancora di più. 
La fidanzata del suo ex con il migliore amico del ragazzo che la terrorizzava: combinazione perfetta.
Riposò il cellulare e si rimise a bere il suo drink che, onestamente, non sapeva neanche cosa avesse dentro. Scosse la testa e diede le spalle a quella scena disgustosa. 
"Ehi Avril." 
Sussultò per quel saluto inaspettato e metà del drink finì a terra.
"Che ci fai da queste parti?"
"Porca puttana, Calum. Mi hai spaventata a morte. Pensavo fossi là." Poggiò il bicchiere sul bancone e lo guardò.
"Scusa, non era mia intenzione." Comparve uno sguardo divertito sul suo volto e ordinò un Cuba Libre.
Subito l'umore di Avril calò con quella presenza vicina.
"Allora? Con chi sei qui?" Perché diavolo le parlava come se fossero amici di infanzia?
"Mia cugina" gli rispose e Calum annuì, prendendo il suo bicchiere.
"Quella che stavi baciando è la ragazza per cui il mio ragazzo mi ha lasciata." Rise amaramente con lo stomaco sottosopra. 
"Wow. Beh, mi dispiace." 
"Anche a me." Scrollò le spalle. "Ma gli altri?"
"Sono solo. Luke e Michael rifiutano di entrare in queste discoteche affollate." Gesticolò mentre si spiegava. Avril avrebbe voluto alzarsi da quella sedia ormai appiccicata alle sue cosce, ma non lo fece. Non era per niente confortante la presenza di Calum, però.
"Capisco." Guardò da un'altra parte.
"Hai paura?" le chiese.
"Di cosa?" 
"Di loro." Il tono ovvio di lui la infastidì parecchio. Forse solo la domanda le diede fastidio. Improvvisamente la musica, le frasi spezzate che le arrivavano all'udito e tutto il resto si annullò, come se avesse dovuto per forza rispondere a quella domanda. O magari, tutto ciò si chiama paura, Avril? Deglutì.
E nel frattempo Calum non aveva ricevuto nessuna risposta e trasse da solo le conclusioni.
"Non devi averne." 
"Non ne ho" ribatté, cercando di essere sicura. Troppo sicura.
"Luke non è pericoloso. Luke non è stupido, anzi, è molto intelligente. Tuttavia è egoico, egocentrico, fissato sul suo aspetto, attaccato a cose superficiali, insicuro. E' dipendente da se stesso e vive del suo io. Spesso sembra vuoto, amorale, umorale, tendente all'apatico, qualche giorno. Soffre e riesce a trovare la felicità solo grazie... Va beh, ha manie di protagonismo e non riesce a costruirsi un rapporto umano stabile e duraturo. A eccezione di me e Michael, s'intende" ridacchiò, "Ma tutto sommato, è okay." 
"Minchia." L'espressione di Avril era palesemente stupita. Luke era così tante cose, non lo conosceva per niente. Non che avesse avuto modo di venirne a conoscenza, ovvio. Nonostante questo, pensò che, per nascondere tutto ciò che era, dovesse avere proprio una spessa corazza. E chissà quanto gli pesava.
"Lo so, nessuno lo conosce bene. Vuoi la descrizione dettagliata anche di Michael?" sogghignò.
"Michael mi ha baciata" affermò automaticamente. Parlava senza pensare, parlava ascoltando la musica attenuata. Non aveva più controllo di niente.
"Oh." Era sconcertato. "Questo è un po' inaspettato." Si alzò dalla sedia e "Non dirlo a Luke, in ogni caso" le suggerì.
Avril assunse un'espressione scombussolata. "E perché?" gli chiese, ma Calum si allontanò, lasciandole solo uno sguardo furbo.
La ragazza sbuffò. Si alzò anche lei, non prima di aver lasciato qualche moneta sul bancone e andò alla ricerca di Vicky.

La trovò solo dopo una mezz'ora piena, in compagnia di Alexia e Nicole. Una decina di ragazzi le si era avvicinata, ma aveva liquidato tutti con un'espressione schifata.
"Dove sei stata tutto il tempo? Mi sono annoiata da morire!" esclamò Avril spazientita, tenendo per mano la cugina per riuscire ad uscire da quel locale. Quando mise piede fuori, le sembrò di essere in un'altra dimensione. Tutto così tranquillo e pacifico. L'aria era umida e la temperatura piuttosto bassa, sicuramente nel giro di qualche minuto sarebbe iniziato a piovere.
"Sono io che non trovavo te!" si difese Vicky.
"Sì, okay, ora vai a prendere la macchina. Ti aspetto qui." 
L'altra annuì e fece come le era stato detto. Avril stava tremando dal freddo con quel vestito, avvertiva il battere i denti e la pelle d'oca. Sfregò le mani tra di loro per riscaldarle, ma al contempo una voce la fece sobbalzare.
"Rosa? Ma dai." 
La riconosceva perfettamente, e non a caso il cuore prese ad accelerare. Girò il capo verso destra e avvistò Luke spuntare dall'angolo del Black And Gold.
"Cosa?" gli domandò, guardando verso il parcheggio, sperando che Vicky arrivasse in quel preciso momento.
"Il vestito." Lo indicò con un gesto non curante della testa. "Non ti si addice il rosa." e si appoggiò con un fianco al muro.
"Grazie?" Fece una smorfia.
Dio, che gentilezza. 
Intanto il rumore dei pneumatici di una macchina si faceva sempre più vicino a loro due e Avril ringraziò mentalmente la cugina per il suo atto di salvataggio. 
"Sono venuto a prendere Calum. L'hai visto in giro?" Si avvicinò lentamente sorridendole beffardo. Alzò la mano, cercando contatto con la guancia di lei, ma prima che fosse troppo tardi, fece un passo indietro e "Sì, era al bar prima" gli rispose, andando verso la Range Rover con una tachicardia e delle mani che non volevano stare ferme.
 




 

Hei people!
Mi era stato chiesto di scrivere un capitolo più lungo, ma non so se ci sono riuscita, credo proprio di no. 
Credo sia la prima volta che aggiorno così presto! O forse sembra a me passato poco tempo lol.
In ogni caso, cosa ne pensate di questo capitolo? Ho cercato di far emergere un po' la personalità di Luke, in modo da capirci un po' meglio.
Che bello, alcune lettrici fantasma si sono fatte vive! Continuate a farvi sentire, mi fa sempre piacere sapere cosa pensate :)
Ah, avrei un'altra domanda: a voi piacerebbe se comparisse un punto di vista di Luke?
E come sempre, ringrazio chi ha recensito, chi ha messo la storia nelle preferite o nelle seguite. "Two." è prima fra i popolari! 
Ok, ora scappo. Vi voglio bene!

*rullo di tamburi* è torntata la mia amata consigliera! 


il mio twitter: funklou
quello di Martina: danswtr
  
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