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Autore: _Dark Side    30/08/2013    3 recensioni
Come evitarla? Theodora è ovunque, riesce sempre a trovarci. Ci sta alle calcagna. Ci toglie la dignità e si serve di noi per fare quel liquido che confeziona in provette da iniettare, con l'etichetta IVDI. Ci fa del male col nostro sangue. Così ai suoi occhi siamo noi gli artefici della nostra morte!
Genere: Introspettivo, Suspence, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un dolore fortissimo al petto mi fece sobbalzare.

Poi, delle gocce mi caddero sul viso e, quando aprii definitivamente gli occhi mi accorsi che era sangue. Ero sdraiata a terra, legata ai piedi di un grosso albero, probabilmente una quercia. Ogni tentativo di slegarmi si rivelò inutile. Facevo persino fatica a respirare nonostante fossi all'aria aperta. Dov'era finito mio fratello? E quella goccia di sangue da dov'era caduta? Ero in preda ad un attacco d'ansia.

Poi cadde un'altra goccia, proprio sotto il mio mento e fu in quell'istante che mi accorsi da dove proveniva il sangue.

Lassù, tra la chioma folta della quercia, c'era un corpicino esile immobile e anch'esso legato. Da lì gocciolava il sangue. Cacciai un urlo, speranzosa che qualcuno potesse salvarmi. O meglio, salvarci, anche se non vedevo bene chi fosse quella personcina agonizzante tra le foglie. Sperai con tutta me stessa che non si trattasse di mio fratello, ma ero certa che Rick fosse più alto. Questo bastò per consolarmi. Ma subito dopo rispresero a pulsarmi le tempie e la voce sempre più acuta ormai stava diventandomi flebile, ridotta quasi ad un sussurro. Tanto non mi sentiva nessuno lostesso.

Così tentai di parlare all'ignoto tra le foglie, che continuava a perdere sangue. Non potevo nemmeno spostarmi per evitare che le gocce cadessero sulla mia faccia, dato che la corda era saldamente legata al tronco possente dell'albero.

 

«Ehi! Puoi sentirmi?»

Nessuna risposta.

«Se sei vivo muovi un piede, una mano... ti prego!»

Nessun cenno di vita.

«Ti prego! Ti scongiuro!»

Questa volta però qualcuno venne. Per mia immensa sfortuna, però, chi si materializzò ai miei piedi era l'ultima persona che volevo vedere al mondo. Theodora.

Ed ecco che mi tornò alla mente tutto: la sera precedente, io e Rick eravamo scappati dai due uomini e anziché ricevere aiuto, eravamo finiti di nuovo tra le grinfie della donna. Ma poi non ricordavo più nulla. Buio totale.

 

«Ma insomma, piccola Sharon. Possibile che proprio non volete ubbidirmi tu e quella canaglia di tuo fratello?»

Si mise a punzecchiarmi con una siringa il braccio sinistro e cercavo di schivarla, inutilmente.

«Che...che hai fatto a Rick?»

«Oh, non preoccuparti. Il tuo adorato fratellino è in gran forma. Pensa che il suo sangue è quello che preferiscono i miei amici!»

«Cosa? L'hai ucciso? Vipera! Strega! Ridammi mio fratello, subito!»

«Prova a urlarmi un'altra volta e ti sgozzo come si fa con le galline. Ti ho detto che Rick è vivo. E non insultarmi o lo riempirò di buchi fino a farlo morire dissanguato, capito?»

Piangevo. Come avrei potuto sopportare quello strazio? In testa mi frullavano mille domande. In che senso il sangue di mio fratello era il più amato dai suoi amici? Lo avevano ucciso? Erano cannibali?

 

Theodora si allontanò a passo veloce, lasciandomi lì col volto coperto di sangue... non il mio fortunatamente, ma quello del bimbo (si capiva che aveva la stessa età di me e mio fratello dalla stazza) sanguinante dalla cima della quercia.

«Tu, lassù...ti supplico, se sei vivo, fammi un gesto! Un solo gesto!» Ero disperata.

In tutta risposta, Theodora ritornò accanto a me, mi fossò con quegli occhi neri pieni di odio e sul suo volto apparve un soprriso malefico, un ghigno soddisfatto.

«Penso che anche un cretino capirebbe che è morto. Ma visto che ancora non l'hai capito... verifica tu stessa»

Con un rapido gesto della mano fece scorrere la corda che teneva attaccato al ramo più alto il bambino. Di colpo il corpo cadde a terra, proprio accanto a me.

«Ecco qui. Lui è Martìn»

 

Ciò che vidi fu scandaloso. Credo sia stata la cosa più schifosa che avessi mai potuto immaginare. Il corpicino esile del ragazzino era ormai ridotto ad uno scheletro ricoperto da brandelli di carne putrida e insanguinata. Capii subito perchè anziché scorrere rivoli di sangue scendeva a gocce: non c'era più sangue dentro quelle vene, non scorreva altro che aria e vermi.

Il volto era una fossa in cui le orbite grigie sembravano guardare nell'inferno. La lingua era a metà, come quella dei gatti morti. La pelle violacea del volto e di tutto il resto (quel poco che rimaneva) emanava un tanfo indescrivibile. Ma la cosa che più mi fece venir voglia di vomitare fu i brandelli di carne che penzolavano dalle costole, nella gabbia toracica. Sembravano pezzetti di carta velina staccate dai bambini sul muro degli asili.

Vomitai. Vomitai anche quello che non avevo mangiato. Infatti sembravano secoli che non mettevo qualcosa sotto i denti. Cercai Theodora con lo sguardo, ma se n'era andata. E lì dovevo sopportare quella vista orripilante, uno scheletro semi intatto di quel Martìn. Povero bambino. Poteva essere un nostro amico di giochi, cugino, fratello. Se solo la vita non l'avesse condannato a quella fine ingiusta...

 

Con quel poco fiato che avevo ancora in gola urlai. Theodora ricomparve, e stavolta in mano teneva un vassoio di ferro.

  
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