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Autore: IdolsDimples    31/08/2013    4 recensioni
"Frequenti proprio questo corso eh?"
"Mi hai notata?"
"Non ti avrei chiesto di uscire, altrimenti."
"Comunque non l'avevo fatto apposta."
***
"Sei inglese?"
"Ci ho vissuto per qualche anno, sono australiana."
"Anche io."
"Lo so."
"E hai diciassette anni."
"Così pare."
"Pure io."
"Mi stai prendendo come se non lo sapessi, superstar, io so tutto di te."
"E io non so niente di te."
"A te l'onore di indagare sulla mia intrigante vita."
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Luke Hemmings, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi sveglio alle cinque del mattino.
L'aria gelida dell'inverno mi costringe ad accucciarmi sotto le coperte per restare al caldo.
Esattamente cinque mesi fa mia madre mi aveva accennato del possibile trasferimento e precisamente ora mi trovo costretta ad alzarmi per prendere l'aereo che ci porterà alla nostra nuova casa.
Alla fine del primo giorno di scuola di quest'anno, aveva detto che doveva parlarmi. 
Inizialmente non avevo pensato nemmeno lontanamente di dare troppo peso a quelle parole, non immaginavo volesse discutere di quello che mi avrebbe cambiato la vita.
Ero rincasata da quell'estenuante carcere e avevo trovato mia madre seduta sul divano con il suo inseparabile cellulare sottomano.
"Sono a casa!" avevo annunciato.
Immediatamente aveva alzato la testa e mi aveva fatto cenno di avvicinarmi a lei e di sedermici accanto, cosa che avevo fatto.
"Abbiamo trovato casa in Australia." aveva detto diretta.
Ero rimasta paralizzata da quell'affermazione.
Le uniche domande che mi vorticavano nella testa erano: ma come, di già? e come farò a dirlo a Dakota?.
Erano passati giorni dall'emozionante episodio, mesi, e ancora non l'avevo detto alla mia migliore amica.
Mi sentivo un mostro.
Oggi è ancora uno di quei giorni durante i quali lei non sa che sto partendo.
Mi alzo dal letto dopo aver rimuginato su queste faccende abbastanza da aprire completamente gli occhi, e vado in bagno.
Mi infilo sotto la doccia e lascio che i problemi mi scivolino addosso almeno per dieci minuti, facendo finta che quello che sto vivendo non stia succedendo davvero.
Non potendomi permettere di sprecare troppo tempo e acqua esco anche dalla doccia e successivamente dal bagno.
Mi concedo qualche secondo in più per osservare la mia stanza.
Le pareti lilla risaltano pesantemente sulla stanza ormai vuota.
Quattro valige grandi contenenti solo vestiti sono riposte ordinate vicino alla porta.
In fianco a queste ci sono scatoloni di diverse dimensioni rigorosamente chiusi con del nastro adesivo e con delle parole scritte a pennarello indelebile tipo scarpe, bagno, effetti personali e altro.
Con un sospiro e vari passi pesanti mi dirigo verso le valige dove ci sono dei vestiti da indossare che avevo preparato ieri.
Indosso un paio di jeans chiari, una maglietta bianca con una faccina gialla sorridente -esattamente come quella di Luke Hemmings, avevo voluto comprare qualcosa per sentirmi tipo 'legata' a lui per quanto possibile- e una felpa grigia.
Torno in bagno ad asciugarmi i capelli e a truccarmi come da routine.
Sono le sei e dieci minuti quando finisco di prepararmi.
Carichiamoo mobili e valige nel camion dei trasporti e, prima di salire nell'auto che ci porterà all'aeroporto, rientro in casa.
Come a volerne ricordare fino all'ultimo centimetro di polvere negli angoli più remoti.
Appena memorizzato il tutto mi chiudo la porta alle spalle ed entro in macchina.
Fino all'aeroporto è tutto silenzioso, o meglio: io sono silenziosamente rinchiusa nel mio mondo con le cuffie mentre i miei genitori parlano animatamente di qualche argomento che non m'importa sapere.
Dopo tutti i controlli ed essere entrati nella scatola gigante con le ali, mi siedo al posto 17 a me assegnato e sprofondo in un sogno senza sogni per tutta la durata del viaggio.
Almeno credo.
Mi sveglio nel bel mezzo del volo e noto che fuori è ancora illuminato.
"Mamma, che ora è?"
"Le 18:04."
"Da quanto siamo in volo?"
"Dieci ore, più o meno. Tra poco sbarchiamo e saliamo su un altro."
"Che?"
"Ci sono un paio di fermate prima di arrivare in Australia, il viaggio completo dura più o meno venti ore, fuso orario incompreso."
"Ma che palle."
"Il linguaggio."
Sai dove te lo ficco il linguaggio??
Decido di non rispondere.
Infilo le cuffie nelle orecchie e parte Carry You degli Union J.

Dopo quelle estenuanti venti -trenta secondo il fuso orario- ore, vari sbarchi e imbarchi in due diversi aeroporti e un via vai di gente straniera, ci troviamo all'aeroporto internazionale di Kingsford Smith, a Sydney.
Non ci serve andare alla riconsegna bagagli -fortunatamente- in quanto tutte le nostre cose sono nel camion traslochi che porteranno direttamente a casa, con tutto il resto -scatoloni e mobili-.
Usciamo in fretta dall'aeroporto, cercando di evitare i passeggeri irrequieti.
Entriamo nel primo taxi che riusciamo ad abbordare e ci facciamo portare fin davanti alla nostra nuova casa, nella periferia della capitale.

Entro nella nuova casa senza nemmeno guardarla, trovo una camera da letto con un letto -apparentemente- ad una piazza e mezza e mi ci butto a capofitto.
Non mi interessa altro che dormire.
Qui.
Ora.
Per sempre.
Non riesco nemmeno a rilassarmi che suona il campanello.
Ma io dico... proprio ora?
"Vai tu, Kim!" urla mamma da qualche parte.
Ma... aaaaaaagh.
Abbastanza seccata scendo le scale e mi trascino a fatica fino al piano inferiore -non mi ero nemmeno accorta ci fossero le scale- e apro violentemente la porta.
Mi si presenta davanti una ragazza che potrebbe apparentemente avere la mia età, castana e molto carina.
La mia espressione si addolcisce un po', non ha senso sputare in un occhio a chi non mi ha fatto -ancora- niente, no?
"Ciao." sorrido amichevolmente.
"Ciao, sono venuta a portarvi questo cesto... l'ha fatto mia madre per darvi il benvenuto nel quartiere." oooooh che carina.
"Oh, grazie."
"Ti va di fare un giro? Ti mostro il posto."
"Certo."
E dopo aver urlato a mia mamma un 'esco' e aver appoggiato il cesto per terra accanto alla porta, mi chiudo la porta alle spalle.
"Sento di aver avuto una botta di culo ad aver una ragazza della mia età come vicina, in questo posto ci abitano solo persone anziane o bambini piccoli. C'è solo un ragazzo della mia età." annuncia.
"E' fico."
"Io sono Spencer." dice porgendomi la mano.
"Io Kimberly, Kim per gli amici. Hai un bel nome, mi piace." rispondo stringendogliela.
"Quindi posso chiamarti Kim? Comunque no, è un nome da maschio. Non so cosa si fossero fumati i miei quando mi hanno dato il nome, per darmene uno da maschio. Sono completamente pazzi!"
"Io lo trovo originale, almeno non ti hanno chiamata tipo 'Alison' o 'Sarah', mezzo mondo si chiama così."
"Si beh, vista in questo modo hai ragione. Sei italiana?"
Scuoto la testa.
"Londinese, diciamo, perché?"
"Hai un'accento strano."
"Oh no, quella sei tu."
Ridiamo.
Se non altro ho trovato un'amica, forse.
"Dove vai a scuola?"
"Oh... ehm... non lo so" rido "ho dovuto abbandonare la scuola in cui stavo quindi ora mia madre dovrebbe provare ad iscrivermi da qualche parte."
"Io vado alla Art High School, ti piace la musica? O pitturare? Perché potresti venire lì, sarebbe figo."
"Scherzi vero? Io vivo di musica!" rispondo con una risata finale.
Sorride.
"Conosci i 5 Seconds of Summer?"
"Cert..." mi fermo di botto in mezzo alla strada "aspetta..."
Mi guarda abbastanza preoccupata.
Ok, molto considerata la mia espressione apparentemente perplessa e accigliata.
"Che hai?"
Non fa in tempo ad avvicinarsi che inizio a saltellare e urlare per tutta la via.
"Ommiodio! Ommiodio ommiodio ommiodio crepo soffoco decedo!" le uniche parole che escono dalla mia bocca.
"Che hai?" riprova, questa volta non riuscendo a mascherare una risata.
La prendo per le spalle.
"Siamo in Australia."
"Fino a prova contraria."
"Vicino a Sydney."
"Tecnicamente siamo a Sydney, in periferia."
"Sai cosa significa?"
In risposta mi rivolge un divertito segno di dissenso con la testa.
"Vivo nello stesso paese e città dei miei idoli e respiro la loro stessa aria! Calpesto la stessa terra. Mangio dove mangiano loro. Questo è un sogno, dammi un pizzicotto. Anzi no, altrimenti mi sveglio e finisce tutto."
In tutta risposta mi scoppia letteralmente a ridere in faccia.
"Quindi ti piacciono i 5 Seconds of Summer."
Ricomincio ad urlare ma prima di continuare a sclerare irrecuperabilmente le dico: "mi ci vogliono un po' di minuti per smettere, abbi pazienza." e continuo.
Non so come fa a sopportarmi, anche se effettivamente non ci conosciamo.
Senza accorgermene siamo tornate davanti a casa mia.
"Beh, il giro turistico lo rimandiamo a domani pomeriggio, dato che ora non l'abbiamo realmente fatto" ride "se vuoi, domattina ho scuola..."
"Oh certo che si, Hey, io ora ne parlo ai miei, poi magari domani mattina vengo a scuola con te per vedere di iscrivermi, se dice si."
"Ottima idea. Io abito lì." indicando la casa di fronte a noi."
"Perfetto, a domattina."
"A domattina."
"Gli orari sono...?"
"Alle sette e venticinque c'è l'autobus alla fine della via, vengo a suonarti io."
"D'accordo, ciao."
Prima di entrare in casa le urlo "comunque si, puoi chiamarmi Kim." cogliendo un sorrido subito dopo e mi volto con un pensiero fisso: convincere mia mamma a mandarmi a quella benedetta scuola.

E' solo il secondo capitolo, ma spero vi piaccia.
Nello scorso non ho ricevuto che una recensione.
Ci sono rimasta un po' male, considerando le 56 visite e il fatto che
è una storia preferita da 2 e seguita da 3.
Potevate fare di meglio ma cerco di non prenderla troppo sul personale, no?
In fondo era solo un capitolo e non diceva ancora molto.
Vi annuncio che i ragazzi verranno fuori tra un po'.
Quindi avremo almeno qualche altro capitolo con la nostra protagonista.
Spero vi piacerà, ci sto mettendo l'anima!
Vi ri-posto i link, sperando che li cagherete di più.
Baci
.
-Giorgia.

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