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Autore: Balaclava    31/08/2013    1 recensioni
"E non potevo più nascondermi. Ero nuda, in ogni senso. E non riuscivo a ricordare perché mi fossi coperta per tutto quel tempo. Cole era davanti a me. E io potevo scegliere come volevo che finisse. E scelsi la cosa che per me era la più pericolosa, più stupida e meno appropriata a Isabel Culpaper."
Per chiunque abbia voglia di riscoprire i lupi di Mercy Falls e, in particolare, Isabel e Cole ;)
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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I, I tried so hard to let you go
But some kind of Madness is swallowing me whole
 
I have finally see the light
And I have finally realized
What you mean
 
And now  I need to know: is this real love?
Or is it just Madness keeping us afloat?
 
(ho provato così tanto a lasciarti andare
ma qualche tipo di pazzia mi sta mangiando vivo
ho finalmente visto la luce
e ho finalmente capito
cosa intendi
e adesso ho bisogno di sapere: questo è vero amore?
O è solo la follia  che ci tiene a galla?)
(Muse, Madness)
 
COLE
 
Aspettavo che mi chiamasse per insultarmi. Oppure aspettavo di avere il coraggio necessario per telefonarle io.
Ero steso sul pavimento del salotto-abitudine che avevo preso a casa di Sam-e ascoltavo i tentativi di mio fratello di uscire da camera mia. Il pensiero che prima o poi potesse sfondare la porta mi aveva sfiorato, ma non me ne ero preoccupato più di tanto.
Cosa avrei dovuto fare ora? Andare a Mercy Falls? Avrei dovuto spiegare a tutti perchè ci tornavo, ed era fuori discussione. Aspettarla? Ero quasi sicuro che non sarebbe venuta.
Perchè mi ci era voluta quella lontananza per farmi capire cosa significava lei per me?
Decisi di aprire a mio fratello, perchè mi sembrava che i miei pensieri mi stessero portando in un campo troppo minato.
Salii le scale lentamente e, recuperata la chiave dalla tasca dei pantaloni, aprii la porta. Scoppiai a ridere.
Alex era finito a terra. Probabilmente era appoggiato alla porta.
Non riuscivo a smettere di ridere, mi piegai sulle ginocchia per il troppo sghignazzare. Era stupido ridere per una cosa del genere, ma non potevo farne a meno.
Intanto, Alex si era rialzato.
-Molto divertente- affermò senza troppa convinzione –Bè, vuoi spiegarmi chi è?- chiese.
-No, non voglio.- risposi, sperando che per ora gli bastasse questo.
Scesi le scale velocemente per evitare altre domande.
Volevo vedere Isabel. Volevo sapere che non aveva trovato un ragazzo simpatico. Non volevo ammettere le mie insicurezze neanche con me stesso. Volevo smettere di pensare a lei. Non mi era possibile.
 
ISABEL
-È tanto difficile trovare una valigia?- sbraitai.
-Ma signorina, appena la troveremo la contatteremo. Intanto, tenga- mi porse un piccolo astuccio.
Spazzolino, dentifricio…le cose principali. Neanche l’ombra di un paio di jeans o di una giacca.
Bene, non avevo alcun cambio. Niente pigiama. Non avevo prenotato un albergo.
Questo significava che avrei dovuto dormire da Cole con indosso solo la biancheria.
La perdita della mia valigia poteva portare a svolte interessanti.
 
COLE
-Bene, Cole. Sono in partenza per Manhattan, papà e mamma sono a Chicago per una settimana.- disse Alex. Mi sembrava di essere un poppante che sta per la prima volta a casa da solo.-Questo vuol dire che la casa sarà vuota, per un po’ di giorni.
-Fantastico- risposi, lo sguardo perso nel vuoto.
-Ok, mi basta che non lo fate nel mio letto. Per il resto, divertitevi!
Nella sua voce c’era una nota maliziosa. Se pensava che sarebbe venuta Isabel, si sbagliava. Se pensava che avremmo fatto sesso si sbagliava ancora di più. Se pensava che lo avremmo fatto in ogni stanza della casa, si sbagliava enormemente.
-Divertiti anche tu, a Manhattan- augurai, sempre gli occhi che fissavano un punto imprecisato.
-Ci si vede Cole.
Detto questo, uscì. Ero solo.
Ritornai in camera mia. Alle pareti c’erano i primi poster dei NARKOTIKA. Quelli che attaccavo come manifesto di ciò che stavo realizzando quando ancora tornavo a casa tra un tour e l’altro.
Su una parete c’era la linea del tempo. La storia dei NARKOTIKA a tappe. Anche questa era stata aggiornata solo fino a quando tornavo a casa, qualche volta.
Alle pareti c’erano anche alcune foto di me assieme a delle ragazze. Le foto che mi faceva Victor quando al mattino mi svegliava e sgattaiolavamo fuori dall’albergo lasciando ogni volta una ragazza diversa disorientata e furiosa.
Le staccai una ad una dal muro e le portai al davanzale.
Una per volta, le stappai a metà e le lasciai cadere. Osservai ogni pezzo raggiungere terra, e gli dissi addio. Dissi addio a quella vita, perchè adesso non ero più uno dei NARKOTIKA. Non ero più la rock star che se ne faceva una diversa ad ogni concerto. Ero Cole St. Clair. E anche se dovevo ancora abituarmici, e anche se in me erano rimaste molte caratteristiche che avevo sviluppato durante i NARKOTIKA, sarei stato una persona migliore.
 
ISABEL
 
Il motivo per cui ora stavo arrivando a casa di Cole, verso le dieci e mezza di sera era che dopo aver attraversato le fasi di tristezza, rabbia, aggressività e autocommiserazione con la colonna sonora della voce di Grace e Sam, mi ero decisa a parlare con loro. Mi avevano spiegato perchè era a New York, ma avevano convinta che non poteva sapere che stavo arrivando. Mi avevano detto che spesso chiedeva a Grace se le avevo mai parlato di lui.
Allora ho deciso di andare da lui. Per vedere chi era diventato e per vedere se quel suo nuovo lui pensava ancora a me, o era tornato da qualche Angie del passato.
 
COLE
 
Erano le ventidue e quarantacinque quando suonò il campanello. Prima una volta, un suono di un istante, molto incerto, poi una seconda, più decisa.
Ero stravaccato sul divano, con indosso solo i pantaloni della tuta. Corsi alla porta, con una speranza stupida nella mente. Isabel. Ma non poteva essere lei. Non a quest’ora, non a quel modo, non dopo essere andata fino in Minnesota e non avermi trovato.
Ma quando aprii fu proprio lei che mi trovai davanti.
-Cole- la sua voce era un po’ sorpresa un po’ acida come sempre.
-Isabel- risposi –Vuoi entrare?
-No, idiota. Avevo intenzione di dormire sul tappeto davanti alla porta!
Quella frase fece riaffiorare il mio consueto ghigno.
Quando fu entrata, dopo che ebbi chiuso la porta, parlai.
-Non pensavo saresti venuta-
Lo dissi soprattutto perchè non mi stava guardando.
-Neanche io- rispose.
Feci i pochi passi che mi dividevano da lei. Era ancora di schiena.
-Siamo soli. E lo saremo per una settimana.- la informai.
-Non è rilevante Cole!- esclamò, la voce un  po’ troppo acuta. Il che mi fece pensare che per lei-come per me- era rilevante eccome.
-Ero convinta che una come te si portasse come minimo due valigie da venti chili ogni volta che si spostava.-
-Me l’hanno persa, la valigia- disse acida. Questo cambiava tutto. Avrebbe dormito nuda? Avrei dovuto prestarle dei vestiti? Nella situazione in cui ci trovavamo ci sarebbero serviti i vestiti? Cosa stava per succedere?
-Oh- dissi solamente.
-Già. Dove dormo?- chiese, forse cercando di alleggerire l’atmosfera.
Per la prima volta abbassai lo sguardo dal suo viso. Il suo busto era fasciato da una maglia aderentissima bianca, che lasciava intravedere il reggiseno. Un paio di jeans attillatissimi vestivano le gambe.
Deglutii.
-Cole?-
-Si?- dissi, cercando di nascondere la mia precedente distrazione.
-Dove dormo?- chiese di nuovo.
-Oh bè, avrei un’opzione, che però non comprenderebbe il dormire…- mi fermai, perchè mi stava scoccando occhiate di fuoco. –Divano?
-Perfetto- rispose, sbrigativa.
-Bene, ti faccio vedere la casa.-
La guidai su per le scale e cominciai dalla mia stanza. Speravo che le sarebbe servito sapere dov’era.
-La mia camera.
Isabel entrò e si guardò attorno per un po’. Chissà cosa stava pensando. Si sedette sul bordo del letto e io la raggiunsi.
-Sono stanca- confessò. Le stesse parole che mi aveva affidato quel giorno, mentre eravamo distesi sul suo letto.
-Anch’io. Per quello sono qui.- risposi. Sospirò.
-Bene, continuiamo- suggerì.
 
ISABEL
 
Il giro della casa fu breve: Cole mi mostrò solo le stanze principali.
Vederlo a casa fu un vero sollievo. Non avevo ancora trovato il coraggio di chiedergli se c’era qualcuna nella sua vita, ma quella mezza proposta sul dormire insieme mi aveva spinto a pensare di no.
Eravamo in camera sua, io mi stavo infilando un paio di leggins fino al ginocchio della madre di Cole e una maglietta con l’immancabile scritta NARKOTIKA troppo larga. Cole era girato di schiena, appoggiato allo stipite della porta. Dio, quando avrei voluto raggiungerlo e baciarlo e togliermi quei maledetti vestiti e usare la cassettiera in modi inconsueti. Ma volevo che fosse lui a fare la prima mossa. Avrei aspettato, se necessario.
-Hai trovato qualcuno con cui non dormire, in California?- chiese improvvisamente. Sembrava che gli fosse costato farmi quella domanda, quindi non lo presi in giro. Ma non volevo neanche dirgli che avevo pensato a lui tutto il tempo.
-Sono qui- dissi alla fine.
Si voltò. Per fortuna avevo finito di vestirmi. O forse era una sfortuna?
Si avvicino fino ad essere a portata di bacio, ma la cosa più audace che fece fu sfiorarmi la pelle del braccio nascosta dalla manica.
-È ora di andare a letto.- disse, poi si allontanò.
Uscii dalla camera e mi voltai verso di lui, sperando che mi baciasse.
-Buonanotte- disse, come a spegnere le mie speranze.
-‘Notte.
Mi voltai e scesi le scale, poi mi accomodai sul divano enorme del salotto, cercando di non pensare al fatto che se lui non cedeva entro domattina, gli sarei saltata addosso.
 
COLE
 
Avevo fatto una fatica immane a mandarla fuori dalla mia camera. E ancora di più per non baciarla. La volevo, la desideravo.
Ma ancora non ero sicuro che per lei fosse lo stesso.
Camminai avanti e indietro per una buona mezzora, poi non resistetti più.
Scesi silenziosamente le scale fino al quintultimo gradino, poi mi sedetti. Da lì la potevo contemplare mentre dormiva. Quando si girò verso di me, la coperta le scivolò di dosso e mi offrì la vista delle sue gambe nude. I leggins erano gettati qualche metro più in là.
Se fossi rimasto lì un secondo di più non avrei resistito oltre.
 
ISABEL
 
Mi svegliai quando sentii una porta chiudersi. Avevo paura, così salii le scale che mi dividevano da camera di Cole. Mi fermai appena prima di aprirla. Che gli avrei detto? E lui che avrebbe fatto? Mi avrebbe fatto dormire con lui?
Non credo proprio. Fu quando stavo per tornare al divano che Cole mi chiamò.
 
 
 
 
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Ciao a tutti!!!!
Prima di tutto, grazie Nuala per il sostegno che mi stai dando, forse, se non fosse stato per te non avrei neanche continuato a scrivere!
Poi volevo consigliare a tutti la canzone di cui ho scritto alcuni verso all’inizio, Madness, dei Muse perchè secondo me rappresenta molto Isabel e Cole. Potrebbe essere Cole a cantarla ;).
Grazie a tutti, alla prossima.
  
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