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Autore: ziogio    31/08/2013    1 recensioni
“Ho chiamato un'agenzia che dice di poter realizzare un sogno... sono davvero così disperato?...”, penso mentre mi distendo sul letto, con una lacrima che scende lungo il viso troppo imperfetto per i miei gusti. Mentre i miei occhi continuano a vedere le stesse cose, i stessi mobili, gli stessi oggetti... le stesse imperfezioni. Gli stessi rimpianti (vecchie foto...), gli stessi fallimenti.
Gli adulti dicono che nella vita tutto cambia. Che le insicurezze di ora sono dovute ad un periodo della vita, che dopo passerà. Gli adolescenti dicono la stessa cosa dei bambini. Assomiglia alla scuola... dove ogni grado successivo, si lamenta di quante poche cose tu abbia imparato nel precedente.
Genere: Commedia, Drammatico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Un sogno...?

 

<< Agenzia sogni irrealizzabili, mi dica >>

<< … Voglio un'altra vita >>

<< Possiamo aiutarla a realizzare un sogno, non siamo dei veggenti. Che tipo di vita? Cos'ha che non va la sua vita attuale? >>

<< Non lo so... non mi piace >>

<< Mi dà un obiettivo o attacca. Decida lei >>

<< Voglio essere felice >>

<< Tutti vogliono essere felici. Abbiamo modi diversi di esserlo, ed esigenze differenti. Lei di cosa ritiene di aver bisogno, per esserlo? >>

<< Persone... >>

<< Che tipo di persone? >>

<< Amici veri... un ragazzo... >>

<< Quanti anni ha? >>

<< … 15 >>

<< Perché rivolgersi alla nostra agenzia ad una così tenera età? Ha tutto il tempo per trovare queste cose da solo. Sa che il viaggio mentale non è una così tanto semplice, vero? >>

<< Non mi interessa cosa ci sarà da fare... >>

<< Ritiene di non avere nulla da perdere? >>

<< Ho tutto da perdere... tutto di questa stupida esistenza... ma, non mi importa, se l'obiettivo può essere più positivo, e più vero >>

<< Ho bisogno di altre informazioni, sarò a casa sua domani. Veda di restare vivo fino a quel momento, arrivederci >>

<< Arrivederci, la aspetto... ma come sa il mio indirizzo? >>

<< Ognuno ha i suoi piccoli segreti, a domani >>.

 

“Ho chiamato un'agenzia che dice di poter realizzare un sogno... sono davvero così disperato?...”, penso mentre mi distendo sul letto, con una lacrima che scende lungo il viso troppo imperfetto per i miei gusti. Mentre i miei occhi continuano a vedere le stesse cose, i stessi mobili, gli stessi oggetti... le stesse imperfezioni. Gli stessi rimpianti (vecchie foto...), gli stessi fallimenti.

Gli adulti dicono che nella vita tutto cambia. Che le insicurezze di ora sono dovute ad un periodo della vita, che dopo passerà. Gli adolescenti dicono la stessa cosa dei bambini. Assomiglia alla scuola... dove ogni grado successivo, si lamenta di quante poche cose tu abbia imparato nel precedente. La cosa negativa della vita è che nessuno te la insegna. Una moltitudine di persone può provarci, ma può riuscirci solo la persona – o le persone – a cui lo permetterai tu.

A volte, un bambino dimostra più intelligenza di un adulto. Vedi gli adulti razzisti. I bambini non sono razzisti. Sì, ridono a vedere il diverso, ma non ridono per disprezzare. Ridono perché adorano scoprire qualcosa di nuovo. Subito dopo inizieranno a fare domande, sì stupide ma... significanti. Per loro significanti. Scopriranno qualcosa di nuovo, e saranno felici. Una semplice curiosità soddisfatta, per loro, può rappresentare felicità. Per un adulto no.

L'adulto ha bisogno della materialità. Della ricchezza, del successo lavorativo, del successo... materiale. L'”uomo”, la tipologia “perfetta” di uomo, è quella che ha frantumato i suoi sentimenti da sempre, che li ha sempre nascosti, come una conchiglia fa con la sua perla. In realtà è il suo tesoro più prezioso, ma la nasconde comunque. Perché pensa che in realtà sia il suo guscio a renderla importante, perché è grande. La perla è così piccola, ha un colore così leggero... ma è speciale. Perché la contraddistingue. Nessuna conchiglia è uguale e nessuna perla è identica ad un'altra, ma il guscio ha davvero un aspetto sgradevole. Una perla è elegante. E' più naturale, più colorata, più vera. Il guscio irradia solo solitudine e tristezza, una perla riesce a strappare un sorriso anche all'essere umano più cupo. Chi non conosce la brillantezza e lo splendore di una perla? Chi non desidererebbe riceverne una? E non è l'unico esempio. Le vongole. Le cozze. C'è qualcuno che si mangia... gusci?

Il guscio di una conchiglia non vale niente. Così come non vale nulla il guscio in generale. E allora perché l'esterno, la parte fisica e materiale dell'uomo, vale di più dei suoi sentimenti? Della sua... realtà? Possiamo per caso attribuire alla sua essenza fisica la sua reale essenza?

Guardo il mio gatto e mi rendo conto di quanto abbiamo e di quanto ci manca. E' rinchiuso tutto il giorno in una casa, non ha amici felini, non ha una di quelle vite che noi chiamiamo “sociali”. Però ha coccole e carezze quando vuole, perché è un gatto. Perché è bello poter accarezzare una creaturina così piccola. E' bello sentire le sue fusa per esprimerti gratitudine. Non parla, ma un miagolio a volte può significare tutto e niente. E' vero, forse è meglio essere umani... ma di certo non penseremmo mai di “accarezzare” una persona. Però, pensateci un attimo, cosa siamo noi... se non animali evoluti?
E' vero, esistono diverse teorie a riguardo. Dio, non Dio, chi odia Dio, chi crede che non esista, chi crede che ci abbia creati... ma in tutte queste, non sono forse presenti gli animali? E i paragoni fra questi e l'essere umano? Non sto dicendo che bisogna essere vegetariani per capire, quelle sono scelte di vita, nemmeno io lo sono. Però se ci penso, mi rendo conto che il bisogno di affetto è presente in tutti gli animali. Le famiglie animali sono decisamente più unite di quelle umane, se ci facciamo attenzione... e le ricerche dimostrano che gli animali si affezionano alla madre soprattutto perché rappresenta il loro bisogno di cibo, di protezione e di affetto. Riconoscono in base a questo la loro madre, e non per un semplice “madre” a fianco ad un nome. La riconoscono perché ne hanno bisogno, ma non solo puramente materiale... anche affettivo, emozionale. Per il padre vale lo stesso.

 

Vado a letto.

Sono le undici, il campanello suona. E' arrivato quell'uomo che non avrei mai potuto chiamare in una situazione normale. Che non avrei mai voluto chiamare. Che non ritengo faccia un qualcosa di possibile... ma quanto credi di aver perso tutto (è indifferente che questo sia successo davvero o sia solo una tua ipocrita ed egoistica teoria), non hai paura di “perdere” - ipoteticamente – qualcos'altro. Gli apro.

 

<< Salve, è lei il ragazzino che ha chiamato in sede ieri? >>, è alto, magro, ha degli occhi ghiacciati, di un azzurro intenso. Una faccia quasi scolpita, quasi senza barba. Dei capelli corti, di un biondo lucido e una bocca che sembra non sorridere da troppo tempo da aver perso l'abitudine. Ad occhio e croce, un uomo di circa venticinque o trent'anni.

<< Sì, salve >>

<< Posso sedermi? Dovrei porle alcune domande >>

<< Certo, venga di là >>, lo dico portandolo in soggiorno, dopo avergli proposto di posare la giacca, proposta seguita da un suo netto rifiuto...

<< Allora... mi dica, dove sono i suoi genitori? >>

<< E' importante?

<< Decisamente importante >>

<< Mio padre è a lavoro. Mia madre è morta due anni fa. Però, anche se tornasse, sarebbe come essere soli. La differenza è che al posto di preparare io la cena la preparerebbe lui >>

<< Ha fratelli o sorelle? >>

<< Vale la stessa cosa che per mio padre >>

<< Capisco. Suo padre ha superato il lutto di sua madre? >>

<< No, ancora oggi pensa a lei fin troppo spesso. Se andiamo in vacanza, addirittura, pensa sempre che potrebbe esserci anche lei... e che invece non c'è >>

<< Lei cosa ne pensa? >>

<< Penso semplicemente che se una persona muore, muore. Penseresti mai a un qualcuno che non credi esista più? La stessa cosa vale con mia madre. Non l'ho adorata, certo, ma so perfettamente che io non sarei qui se lei non ci fosse stata, e non avesse fatto ogni cosa che ha fatto. Ma questo non è importante, dopo la fine di una vita. Ricorderai i bei momenti, e forse anche quelli negativi... ma non dovrai mai confondere i ricordi con la realtà. E la realtà è che non c'è più >>

<< Non vedo buchi sulle tue braccia. Non mi ha chiamato per risolvere problemi di droga, alcool, o fumo? Di solito i ragazzini della sua età, per rendersi più “importanti” ad occhi altrui fanno questo genere di cose. Poi si rendono conto di essere fragili, e vogliono tornare indietro >>

<< Non ho mai fatto niente di quello che ha elencato >>

<< Allora era un autolesionista? >>

<< Sì >>, risposi seccato dalle troppe domande, che iniziavano a stufarmi.

<< Per quanto tempo lo è stato? >>

<< Circa cinque mesi >>

<< Ora ha smesso? >>

<< Sì >>, nello stesso modo di prima.

<< Perché? >>

<< Perché un mio amico, importantissimo per me, mi ha scritto che voleva tagliarsi. Non posso dire che non ha senso, o aiutare qualcuno a risolvere un problema, se io stesso ho vietato a qualcuno di aiutarmi. Alla fine il mio amico non si è tagliato, ma io ho smesso per poter aiutare le persone che, come me, pensavano servisse, o sapevano che non serviva ma volevano farlo comunque >>

<< Ha pronunciato la parola amico... quindi, non è più un autolesionista, ha degli amici – come mi ha esposto al telefono -, una famiglia che tutto normale non si distacca da quelle comuni, e non mi ha riportato episodi di bullismo o esclusione. A cosa le serviamo? La sua vita non sembra essere così triste ed angosciante come la dipinge >>, con occhi straniti.

<< Come può sapere che quel che io dipingo è la realtà? >>

<< E' l'unica persona a potermela indicare, la realtà, signor...? >>

<< David. Mi chiamo David Biski >>

<< Signor David Biski, come posso aiutarla se non mi indica su cosa? Qual è il suo desiderio? >>

<< Gliel'ho detto. Voglio essere felice >>

<< Ma lei mi sembra che possa tranquillamente esserlo, cosa le manca? >>

<< Mi manca la sincerità >>

<< Lei ha detto che ha degli amici, di conseguenza crede che siano sinceri >>

<< E' quello che dico io il problema >>

<< Cosa intende? >>, torcendo le testa per un interrogativo che, forse, non aveva ancora mai sentito.

<< Sono io a non essere sincero, con me stesso. Io vorrei avere degli amici, quindi chiamo ogni conoscente oppure ogni persona... amico >>

<< Capisco. Il suo desiderio è quindi... cambiare se stesso? >>

<< Esattamente >>

<< E cosa vuole cambiare di sé? >>

<< La visione delle persone. Non chiedo di essere un veggente, ma di poter capire chi veramente terrà a me, se questo esiste. Diciamo che è da molto che ho perso la speranza >>

<< Ha citato di volere un ragazzo al telefono >>

<< Sì >>

<< Ne ha mai avuti? >>

<< Sì >>, evidentemente gli piace farmi innervosire.

<< Com'è andata? >>

<< Male, tutti rimpiazzi di altre persone oppure “prove” >>

<< Capisco. Si fida di qualcuno, in questo momento? >>

<< No >>

<< Quindi se avesse bisogno di qualcuno, non saprebbe chi verrebbe ad aiutarla? >>

<< So chi verrebbe. Verrebbe quello che al momento è “l'amico che sento di più”, “ l'eccezione di cui mi fido”, “l'unico/a”. Però rimarrà per un periodo... ed io mi sono stufato dei periodi. E' giusto, anche la vita è un periodo, ma vorrei che almeno qualcuno ricoprisse per intero questo periodo che ci segna tutti >>, gli occhi iniziano a diventarmi rossi. Non tanto perché mi stessi rattristando, ma perché mi rendevo conto che tutto questo lo stavo dicendo ad uno sconosciuto che avevo chiamato per una cosa che ritenevo... impossibile.

<< Sì, ma se si dà delle risposte concrete da solo, e crede che vadano bene così come sono, a cosa le serve un sogno che ritiene impossibile? >>

<< Come sa che lo ritengo impossibile? >>

<< Non mi ha parlato una singola volta del suo sogno. Le ho sempre fatto io le domande, e le sue risposte sono concise e mirate a rispondere ad una domanda. Lei crede che io sia uno psicologo, ma il mio “lavoro” - ambiguo, certo -, è quello di realizzare sogni. Se lei non crede che questo sia possibile, però, non può succedere >>

<< E cosa dovrei dirle? Le ho già raccontato buona parte delle cose che penso, che ho fatto, e della mia vita in genere... >>

<< Non mi ha dato nessun nome >>

<< Cosa vuol dire?... nomi di chi? >>

<< Mi ha detto che ritiene amiche molte persone, ma non mi ha dato il nome di nessuno. Perché, se li ritiene amici? >>

<< Perché non ne vedo il motivo >>

<< Il motivo è dare a qualcuno un nome, e non una figura, come “amico”. Non pensa che è lei stesso a rifiutare una persona con un nome, etichettandola come amico? E come persona, quindi, che non vale niente e che rimarrà per un periodo? >>

<< Ha ragione >>

<< Perfetto. Il sogno è cambiare questa visione, giusto? >>

<< Sì >>

<< Analizzeremo la sua richiesta. Le faremo sapere ad analisi compiute. Buona giornata, la risposta le arriverà entro 48 ore >>

<< Grazie, arrivederci >>

 

Dopo averlo accompagnato alla porta, sale sulla sua macchina e va via. Chissà se sarebbe mai tornato. Non mi ha neanche chiesto il numero di telefono, in effetti... come si sarebbe fatto vivo? E se fosse venuto quando in casa c'era anche mio padre? Poca cambia, anche se sarà presente, ma dovrei spiegargli chi è... non è che impazzisca dalla voglia di dare spiegazioni a un qualcosa che non so spiegare.

Torna mio padre, mi saluta e va a fare le “faccende di casa”, così le chiama. Come se la casa non potesse stare un giorno senza essere pulita, ordinata e controllata. Poco importa, non mi interessava più di tanto in quel momento. Saluto anch'io e vado in camera mia.

 

Mi dico “Anche se non succederà nulla, com'è ovvio, è stato un discorso interessante... tutto sommato, quel tipo non sembrava uno stupido”. Mi chiama Andrew: “Dave, ti va di uscire domani con me, Giampy e gli altri?”, io rispondo “Mi andrebbe anche bene, ma ho da fare...”, lui “Sì, devi sempre fare qualcosa tu. Al pc immagino! Ma muoviti da quella sedia, e vieni!”, a questo punto mi rassegno, solo per non passare per dipendente da internet – che sono – e dico “Va bene, scrivimi dove e l'ora quando la sai per sms”. Finisce la chiamata e inizio a preoccuparmi. Se quel tipo fosse venuto quando io non ero in casa? Se avesse suonato e in casa ci fosse stato solo mio padre? Arriva il messaggio “Via Sant. Pietro, alle 11.00”. Un sospiro, è di mattina. E' improbabile che venga di mattina.

Mi collego su Facebook. Conosco quella schermata a memoria. Nessuno di nuovo, le solite facce che scrivono le solite cose. Io che rispondo allo stesso modo, con la stessa noia e con la stessa monotonia di sempre.

Mi collego sui siti su cui navigo ogni giorno. Poi vedo un nome, uno su skype, con cui ho “litigato”. Tsè, litigato. L'ultima volta che ho litigato è stato per una segnalazione alla polizia. E ora sto male per una persona che semplicemente non si è presentata ad una specie di appuntamento.

Inizio a pensare che magari un taglietto, tanto per tornare ai vecchi tempi, ci starebbe. Ma ripenso alla conversazione del mio amico che voleva farlo, ripeto a me stesso le risposte che ho dato a lui, e provo a smettere di pensarci. Allora prendo il cuscino, e lo abbraccio.

 

Mio padre entra in camera, e urla << Dave, è pronto! Muoviti >>. Oh, ma allora sa parlare.

Vado a tavola, e mi trovo per l'ennesima volta una cena che mai avrei desiderato, e che viene il vomito solo a guardarla, per i miei gusti. Dico a mio padre che non ho fame, e torno in camera. Però, mi ferma e dice << Che ci facevi col cuscino? >>, rispondo << Fatti miei >>. Non fa altre domande.

Torno in camera, e mi rendo conto – guardando l'ora – di aver abbracciato un cuscino per oltre un'ora. Incredibile, dovrei andare al Guinnes World Record per solitudine.

 

A furia di chattare si è fatto tardi. Inizia la classica polemica di papà << Vai a letto che è tardi! >>. Oggi decido di non lamentarmi troppo... tanto, anch'io prima o poi mi stufo di... non vivere? Come devo chiamare tutto questo? L'unica volta che esco è la domenica, quando vado ad un gruppo di ragazzi gay. E basta. A volta esco con loro, anzi, diciamo anche che esco ogni volta che posso con loro. Il problema è che hanno venti anni o più... non che per me sia un problema, ma per una volta sono d'accordo con la psicologa: “Il problema non è che esci con persone più grandi. E' che esci solo con persone più grandi”. Infatti, dopo aver conosciuto Giovy, un ragazzo della mia età che ritengo speciale, diciamo che le cose son cambiate un po'... nel mio modo di vedere i coetanei. Il problema? E' a 650 chilometri da me.

Basta pensieri però, è tardi e ho sonno... devo svegliarmi alle dieci, inoltre, per poter essere in tempo in quella Via di cui non ricordo il nome, con delle persone che si vergognano anche di voler bene a qualcuno. Perché ormai il mondo gira così. Le persone hanno il terrore di dimostrare affetto per qualcuno, hanno il terrore di amare. Perché sennò esiste qualcosa come l'omofobia? Hanno paura dell'amore. Temono che due persone possano semplicemente amarsi, senza dover procreare. E non è un commento eterofobo, io sono solo contro i bigotti. Due etero possono fare un figlio, benissimo, sono felice per loro. Ma me ne frega poco. Si amano? Allora la cosa è diversa, a quel punto sono seriamente felice e credo stiano facendo la cosa giusta stando insieme.

Comunque, sarebbe il momento di addormentarsi. Insieme al cuscino. Suona comico, ma è forse uno degli oggetti più morbidi con cui interagiamo. Può assomigliare ad una persona.

 

Mi sveglio alle dieci, guardo sul sito della GTT come arrivare, e parto.

I miei “amici” non ci sono. Chiaramente. E' facile chiedere la puntualità e non essere puntuale. L'essere umano è un genio a chiedere e non dare.

Però, il mio stupore dura poco. Mi rendo conto che mi è successo tante, troppe volte... e torno a casa. Non triste, non stupito, non depresso. Non chiamo neanche per chiedere informazioni. Non ho voglia, non ho tempo da perdere. Arrivo a casa, e apro la porta. Ci sono tutti.

La domanda parte spontanea << Che ci fate qui? Non dovevamo vederci in Via... non ricordo il nome? >>, chiedo incuriosito e, forse per una volta, stupito.

Vedo un uomo muoversi in mezzo a loro, erano comunque tutte le persone che conoscevo a Torino della mia età. E' quel tipo dell'agenzia. Inizio a preoccuparmi, non so cosa ci faccia lì. Poi inizia a parlare.

<< E' questo il tuo sogno, giusto? >>

<< … dobbiamo parlarne davanti a loro? >>

<< Stai vietando a delle persone di conoscerti, o sbaglio? >>

<< Hai ragione... no, comunque, non è il mio sogno. Queste persone non sono miei amici, non li ho mai considerati tali >>

<< Ho parlato con tutti loro, ti vogliono tutti bene, e vorrebbero che tu fossi più aperto con loro e meno timido. Dicono che spesso tu non hai mai provato a dimostrargli affetto. Indifferente maschi o femmine. Non ci hai mai provato e basta. Hanno sempre voluto dimostrarti che ci tenevano, dato tutto quello che andavi raccontando in giro, ma tu non gliel'hai mai permesso. A volte, sei tu a doverti porti in prima fila nei tuoi sogni >>

<< Allora avevo ragione che l'agenzia non serviva a niente, no? >>

<< L'agenzia... credi davvero che esista un'agenzia di questo tipo? Mio figlio mi ha detto che un suo caro amico sembrava strano e depresso. Sono uno psicologo e mi ha chiesto di parlarti >>

<< … non conoscevo neanche il padre di un mio amico?... >>

<< Non hai mai chiesto nulla di questo tipo. Eri troppo improntato a credere che tutti ti avrebbero abbandonato, senza mai voler conoscere niente di loro, oltre il loro interessamento verso di te. Le persone, spesso, dimostrano di volerti bene con poco. Anche indirettamente >>

<< Queste parole dette da un padre, che senso hanno? Perché non me le ha dette tuo figlio? Non posso credere alle parole di un genitore. Persone esterne son sempre in grado di commentare una situazione >>

<< Va bene. Mark, ti va di parlargli? >>.

 

Sento un “Sì” e inizio a pentirmi di quello che avevo chiesto... io non volevo davvero una discussione. Non ero neanche pronto, forse, ad una discussione del genere dalla realtà. Nella virtualità è tutto così facile... invece la realtà rende tutto più difficile...

 

Sento ancora un << Allora? Prima chiedi di parlarmi poi non vieni? Se vuoi andiamo in un'altra stanza >>, rispondo accettando la proposta.

<< Allora, cosa non ti convince di quello che ha detto mio padre? >>

<< Sono tutti bravi a pa- >>, si alza e mi abbraccia. Io tento di spingerlo via, ma lui resta “attaccato” come una sanguisuga. Come... un cuscino.

Gli chiedo << Perché fai tutto questo? >>

Lui risponde << Tutto questo? Non sto facendo nulla. Sto facendo una cosa che ho sempre pensato per te non contasse nulla. Se questo è quello che desideravi, bastava dirlo Dave. Se questo è quello che tu “sogni”, potevi dirlo fin da quando mi hai parlato la prima volta. E' vero, hai tanti amici online, ma perchè non provi ad accettare che anche la realtà ha qualcosa da offrire? >>

Io << Perché finora... non ho visto niente di posi- >>

<< Perché non hai mai permesso a nessuno di fartelo vedere! Ti nascondi online per questo. Non è una questione di amici falsi o veri, di amici grandi o coetanei. E' una questione solo tua. Non vuoi vedere qualcosa di positivo, e se qualcuno contrasta questa tua idea lo contrassegni come persona inaffidabile e che scomparirà >>

<< … la penserai diversamente domani o fra pochi giorni >>

<< Solo per darti la soddisfazione di dirmi “Visto che avevo ragione”? Non credo. Non darmi ruoli che non ho mai giocato e che mai giocherò. Non mi credi sulla parola? Mettimi alla prova. Ma mettermi alla prova non significa mettermi nelle condizioni che il gioco vada secondo le tue regole, ma far decidere sia a me sia a te come andrà a finire >>

<< Mark... >>

<< Non dire nulla. Ti voglio bene. Andiamo di là >>

 

Torniamo in sala, mentre io penso a tutto quello che è successo. In due giorni, è come se tutto, nella mia vita, fosse cambiato. E' assurdo. Cos'è che dicono i grandi? Il cambiamento è duro da affrontare, ecc... beh, a dire il vero, non mi viene difficile accettare questo cambiamento.

Dico al padre di Mark << Ti sei dimenticato il ragazzo, eh? >>, sorridendo.

Lui << Quello non posso dartelo su un piatto d'argento. Però, credo che Mark conosca un po' di persone adatte! Solo se tu vuoi conoscerle seriamente, chiaramente >>, ridendo.

 

Ci mettiamo tutti a ridere, e mi connetto un attimo su Facebook. Scrivo uno stato.

“Scusate di tutto. Chiunque leggerà questo stato sapendo il mio nome, il mio cognome e qualcosa in più, sono sicuro si stupirà. Però, non ho che farci.

Vi voglio bene. Le persone interessate sanno di esserlo. Non faccio nomi, ma non vi categorizzo. Sto scrivendo solo per dirvi che, spesso, ho sbagliato a giudicarvi. Non giudicavo voi, ma ho sempre giudicato me stesso. Ho addossato a voi ogni cosa che mi facevo da solo.

Oggi i miei amici mi hanno dimostrato, in pratica e non solo a parole, che ci tenevano a me e che gli dispiaceva vedermi triste. Mark particolarmente, ma non lo chiamerò migliore amico. Questo solo perché resto dell'idea che la parole migliore davanti ad amico non ci stia bene. Amico è già una parolona da non usare con ogni persona.

Non importa quanti anni avete, potrete incappare tutti in una situazione come la mia. Ma ricordate sempre, qualcuno che ci tiene c'è. C'è e ci sarà sempre. Perché non siamo soli. Viviamo insieme alle persone, siamo un tutt'uno con alcune e ci aggrappiamo ad altre. Non possiamo essere abbandonati, perché se lo fossimo smetteremmo di vivere.

Mio padre non è cambiato, ma tutto sommato il suo comportamento dipende anche dal mio. Tutto sommato, vale in ogni caso il ragionamento “Gli altri si comportano con me come io mi comporto con loro”. Se mi comporto male con mio padre, come faccio sempre, devo aspettarmi di essere ripagato con la stessa moneta.

Tutto può cambiare, ma cambierà solo se il nostro pensiero e la nostra visione cambieranno”.

 

Tutti i presenti urlano “Questo è il Dave che volevamo”. Io rido e li ringrazio tutti. Non dimenticherò mai questi giorni. I giorni in cui, finalmente, dopo le parole, qualcuno è passato ai fatti. Non so se davvero non dimenticherò questi momenti, ma, almeno per ora, so per certo che sono avvenuti. E... sono felice.

 

Giorgio

  
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